Sulla dialettica scientifica

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Un individuo non può essere costretto a giocare per punizione, né il giocatore può essere ricompensato al di fuori del contesto proprio del gioco…” (Grastyàn)

Nella ricerca di una descrizione esaustiva della realtà senza ulteriori rimandi ad altri insiemi vi è un legame stretto ad un orientamento generale scientifico espressione della matrice filosofica prescelta.

La ricerca pone il problema ontologico del senso profondo del reale, così che ogni domanda sulla relazione tra l’essere e il mondo diventa una domanda ontologica, questo tuttavia non crea una direzione alla ricerca “verso” qualcosa in relazione ad una meta fissa di verità dovendosi accettare possibili salti di giudizio tali da cambiare la prospettiva dell’analisi ( Kuhn), venendo meno la visione positivista di un semplice progresso cumulativo.

L’uomo in quanto “essere” con una dimensione temporale e transitoria (Heidegger) vive calato in relazione con un insieme di elementi le cui interazioni formano comportamenti indipendenti dagli oggetti stessi ( anti-riduzionismo), nasce la necessità di attribuire un senso, una etica alla ontologia strutturale del mondo quale criterio di scelta nella problematicità che l’esistere comporta, questo vale anche per la ricerca in cui necessita la scelta di un criterio operativo e delle sue interazioni.

Partendo dall’analisi della costruzione di un fatto scientifico, Latour – Woolgar la scandiscono in cinque fasi ciascuna non necessariamente il prodotto della precedente :

  • L’asserzione ha per lo più natura speculativa che appare in discussioni private o sparse in un articolo;

  • L’asserzione acquista la forma di osservazioni valide per la generalità;

  • L’asserzione viene precisata e circola in articoli all’interno dell’ambiente competente;

  • L’asserzione è un fatto stabile che viene accettato e diffuso tramite i manuali;

  • L’asserzione è talmente scontata che non viene neanche citata durante le discussioni.

In qualsiasi discussione scientifica quello che tuttavia deve persistere è l’invarianza di una proposizione osservativa tra due teorie in competizione, indipendentemente dai linguaggi interpretativi e dai termini usati ( Feyerabend), se questo è vero per un verso da altro punto di vista nel dibattito teorico giuridico l’esistenza di termini dal significato comunemente accettato risulta essere inequivocabilmente necessario (Kording), differenziandosi in questo da altre discipline scientifiche da natura logico-matematica secondo l’epistemologia di Quine, per cui gli enunciati osservativi dipendono dal modo in cui vengono appresi e dal modo in cui impongono l’accettazione o il rifiuto, possedendo quindi un carattere sempre contingente e locale.

Mentre mediante una logica deduttiva formale si classificano gli “argomenti”, nella logica deduttiva si forniscono le regole per la loro valutazione mediante dialettica, qualsiasi argomento sebbene deduttivamente valido non è per questo automaticamente corretto sotto l’aspetto dialettico senza una accettazione preliminare delle premesse da parte avversa prima del contraddittorio, in quanto solo da questo minimo comune denominatore può nascere la persuasione a seguito della dialettica (Barrotta).

Il contesto in cui si svolge l’argomentazione rende plausibile la teoria senza per questo dimostrarla, nasce quindi la necessità di classificare l’argomento in un dato campo, senza tale classificazione non può esservi un argomento su cui effettuare la valutazione pena la caoticità quale premessa del caos.

Proprio perché “senza una appropriata classificazione non possiamo neanche affermare di avere un argomento” ( Barrotta), il problema della classificazione è comunque preliminare al problema stesso della valutazione ma la classificazione a sua volta dipende dal problema contesto entro cui sono calati gli atti linguistici che costituiscono gli argomenti sottoposti alla valutazione stessa.

Dobbiamo distinguere tra il concetto di “correttezza” di un argomento il quale si riferisce al nesso tra premessa e conclusione e quello di “forza” che fa riferimento al tipo di conclusione che si vuole sostenere o negare, collegata a tale distinzione vi è la necessità di evitare premesse mancanti dando per scontata l’appartenenza della premessa al campo argomentativo.

Si ha pertanto una argomentazione corretta quando ( Barrotta):

  • Le premesse appartengono effettivamente al campo argomentativo rilevante;

  • La conclusione è la conseguenza dell’applicazione delle regole derivanti dalla logica pertinente a tale campo;

le considerazioni psicologiche e sociologiche costituiranno parte integrante della logica pertinente al contesto dialogico, influenzando le premesse del ragionamento, questo non appare tuttavia evidente alle persone che argomentano ma sarà il teorico dell’argomentazione a ricostruire la pratica argomentativa.

Se la logica formale pertinente al contesto dialogico risulta essere fondamentale per costruire un argomento al fine di definire la correttezza o scorrettezza, bisogna evitare le mosse sofistiche degli argomenti informali scorretti tese a confondere il processo logico decisionale attraverso falsi scopi, come chiarito da Eemeren e Grootendorst, ne consegue che un argomento è “confutato o corroborato” solo partendo dalle premesse del proponente a cui l’oppositore dovrà dimostrare le incongruenze, questo tuttavia non “giustifica” la tesi che avverrà solo con il passaggio attraverso tutti possibili attacchi, pertanto un argomento è corroborato in via provvisoria e giustificato in via definitiva.

Perché una tesi sia giustificata deve superare varie e distinte dialettiche essendo ogni volta in via provvisoria solo corroborata, la circostanza avverrà anche con il semplice venire meno di qualsiasi contestazione, tuttavia può esservi l’estremo opposto in cui entrambe le tesi cadono per difficoltà insite nelle premesse dei sistemi argomentativi.

Ogni argomento deduttivo oltre alle premesse esplicite assume in genere delle premesse implicite, genericamente inserite, modificando le quali si modifica qualitativamente l’argomento senza dovere aggiungere ulteriori premesse, se queste esplicitate possono evidenziare la correttezza della logica deduttiva possono anche portare a conseguenze indesiderate.

Attraverso il gioco domanda/risposta l’onere della prova viene a trovarsi in ogni passaggio dialettico, sebbene colui che propone una tesi ha l’obbligo di fornire l’argomentazione a sostegno e dimostrarne la non contraddittorietà di fronte alle obiezioni della controparte o ai più semplici ulteriori chiarimenti o concessioni ( Barrotta).

Ogni singolo argomento confutatorio è sufficiente a rifiutare la tesi e deve essere affrontato conseguenzialmente rispetto ad ogni nuova giustificazione, ma può essere anche ribaltato da una nuova argomentazione che parta da tesi opposte mutando il ruolo del resistente confutatore in proponente.

Ridurre tutto all’aspetto di una logica formale universale da cui si esclude la dialettica, secondo un modello popperiano di ricerca mediante la sola contrapposizione falsificazione/verificazione sembra riduttivo dell’ interazione critica di tutti i fattori argomentativi, questa osservazione è supportata dall’ulteriore osservazione che difficilmente una teoria è abbandonata a seguito di una prova di falsificazione o non validità, piuttosto si cerca di incorporare la prova in una nuova versione della teoria questo fino a che non risulti più emendabile e debba intervenire un balzo che Kuhn definisce come un nuovo paradigma culturale, magari secondo quello che Feyerabeand descrive come un “anarchismo epistemologico” proprio per questo difficilmente pianificabile e con forti elementi di causalità.

Le “cornici concettuali”, evidenzia Barrotta,hanno un doppio significato di adesione volontaria ai valori epistemici, ma anche di paradigma a cui il proponente è stato educato, questo porta ad una ulteriore differenziazione delle tesi che solo il raffronto dialettico cerca di ridurre, infatti l’accettazione di una teoria non deve essere confusa con l’unanimità delle ragioni a sostegno della stessa ( Kuhn), per non parlare dell’osservazione di Polanyi sulla stabilità delle teorie per inerzia e autocensura.

Diversa dalla dialettica scientifica sulle teorie risulta pertanto l’interpretazione dibattimentale, in cui intervengono altre logiche olistiche che velocizzano il ragionamento e quindi l’argomentazione contemperando esigenze culturali di partenza diverse.

Bibliografia

  • I. Lakatos – P. K. Feyerabend, Sull’orlo della scienza,. Pro e contro il metodo, Raffaello Cortina 1995;

  • L. Geymonat, Riflessioni critiche su Kuhn e Popper, Dedalo 1983;

  • C. Kording, La giustificazione del cambiamento scientifico, Armando ed. 1982;

  • W. Quine, Parola e oggetto, Il Saggiatore 1970;

  • P. Barrotta, La dialettica scientifica, UTET 2003;

  • P. Valore, L’inventario del mondo. Guida allo studio dell’ontologia, UTET 2008;

  • N. Abbagnano, Dizionario di filosofia, UTET 1974.

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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