Start-up innovativa: nuovo parere del Ministero dello Sviluppo economico

Redazione 14/10/13
Scarica PDF Stampa

Anna Costagliola

Il Ministero dello sviluppo economico, in risposta ad un preciso quesito formulato da una Camera di Commercio, ha precisato, in una nota dell’8 ottobre scorso, che anche un’impresa individuale che «si trasforma» in S.r.l. unipersonale, conferendo il proprio patrimonio aziendale, con separato atto di cessione, può diventare start-up innovativa.

Si ricorda che la start-up è istituto introdotto dal D.L. 179/2012 (cd. decreto sviluppo-bis), conv. in L. 221/2012, nel contesto di una serie di misure ritenute urgenti per la crescita del Paese, che rappresenta una nuova realtà societaria caratterizzata da una forte connotazione tecnologica e destinataria di una normativa di favore. Con tale nuovo istituto si punta a favorire la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico, l’occupazione, in particolare giovanile, l’attrazione di talenti e di capitali dall’estero, nonché la promozione di una cultura della trasparenza, dell’imprenditorialità e del rischio. Il settore di riferimento a cui la nuova normativa si rivolge è dunque l’innovazione tecnologica, mirando il legislatore a farne un fattore strutturale di crescita del nostro sistema produttivo e di rafforzamento della competitività delle imprese.

Ai sensi dell’art. 25 del D.L. 179/2012, l’impresa start-up innovativa è la società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, residente in Italia, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione. La norma pone dei limiti (oggettivi e soggettivi) all’accesso al regime speciale, come quelli di cui alla lett. g), del comma 2, del citato art. 25 («g) non è stata costituita da una fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda»), ma detti limiti, come ritiene il Ministero, devono essere considerati e valutati dalla Camera ricevente la domanda nello spirito generale della norma (rilancio dell’economia e crescita del Paese).

Tanto premesso, nel caso di specie, essendo il titolare della privativa industriale un soggetto individuale (impresa individuale) e volendo questi avviare l’attività in forma societaria (con limitazione della responsabilità), stante l’impossibilità di trasformare in società un’impresa individuale, non ha potuto seguire altra strada che quella della creazione ex novo di una S.r.l. unipersonale alla quale ha successivamente trasmesso il proprio patrimonio aziendale (comprensivo del Know-how oggetto della privativa) con separato atto di cessione. Il soggetto in questione non ha in sostanza potuto garantire una continuità di effetti attivi e passivi tra soggetti giuridici autonomi, assicurata dal nostro ordinamento positivo dall’istituto della trasformazione, che peraltro non rientra (a differenza della scissione, fusione e cessione d’azienda o ramo di essa) tra i requisiti ostativi al riconoscimento del regime di cui agli artt. 25 ss. del D.L. 179/2012.

Se tutto ciò è vero, il Ministero sottolinea la necessità di interpretare quegli stessi requisiti ostativi alla luce dello spirito della norma di cui si tratta, inserita in un contesto mirante a garantire lo sviluppo e la crescita del nostro sistema produttivo. E’ evidente in tal senso come la voluntas legis sia diretta alla creazione del maggior numero di start-up innovative, destinate al rilancio delle eccellenze imprenditoriali e di conseguenza alla crescita del sistema Paese.

Escludere all’imprenditore in questione l’accesso ai benefici della start-up innovativa significherebbe per il Ministero avallare un regime di discriminazione nei confronti di quei soggetti imprenditori individuali che, pur titolari di una privativa industriale, non potrebbero avvalersi del disposto normativo di cui all’art. 25 ss. D.L. 179/2012, in quanto non costituiti in forma societaria ed in quanto al contempo impediti a trasformarsi in società. Ciò comporterebbe conseguenze sicuramente negative sul piano economico-produttivo, con la estromissione di soggetti che, non potendo beneficiare del regime speciale, non concorrerebbero al rilancio produttivo del Paese e potrebbero essere costretti ad emigrare all’estero per lo sviluppo del Know-how.

Redazione

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento