Spool di stampa e omogeneità nei processi di digitalizzazione documentale: come interpretare correttamente le norme sulla fatturazione elettronica e sulla conservazione sostitutiva

Redazione 11/09/08
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Siamo a pochi mesi dal previsto (o quanto meno presunto) avvio della fattura elettronica obbligatoria verso la P.A.[1], ma manca ancora il secondo e più importante Decreto attuativo, atteso per il mese di ottobre[2]; e poi sin dai primi mesi del 2009 anche in Italia si dovranno rompere gli indugi e partire!
 
Come sappiamo, in caso di accordo tra emittente e destinatario, la fatturazione elettronica porta con sè l’obbligo di conservazione sostitutiva sia per chi emette e sia per chi riceve le fatture, quindi dovremmo assistere finalmente all’avvio deciso dei progetti di digitalizzazione degli archivi fiscali.
 
L’Agenzia delle Entrate con la risoluzione nr. 260/2008[3] ci ha autorevolmente chiarito che è possibile tenere dei regimi misti di fatturazione, analogici e elettronici, e quindi – previa descrizione con apposite serie numeriche in sezionali anche di un unico Libro IVA – a regimi di conservazione sostitutiva anch’essi misti, in parte analogici (su supporto cartaceo) e in parte in modalità sostitutiva.
 
Pur apprezzando lo sforzo interpretativo teso a legittimare prassi di conservazione sostituiva in via di sviluppo e soprattutto a far avviare in Italia processi di fatturazione e conservazione elettronica attraverso un approccio più elastico, è opinione di chi scrive che tale “regime di trattamento misto dei documenti fiscali” vada a inficiare seriamente le modalità di verifica e controllo dell’Amministrazione Finanziaria con conseguenti ricadute negative quali:
– una maggiore durata dei controlli
– la necessità di richiedere la riproduzione su carta anche dei documenti elettronici (previsto nell’art. 6 del D.M.E.F. del 23/01/2004).
 
Ci si chiede pertanto se non sia più opportuno ricorrere (almeno tendenzialmente) ad una gestione omogenea della documentazione fiscale, almeno per quanto attiene alla conservazione digitale dei documenti. In termini di processo organizzativo della gestione documentale, infatti, tale pratica dovrebbe essere fortemente raccomandata per gli effetti positivi che produce, sia in termini operativi sia economici.
 
C’è purtroppo un ostacolo forte a tale approccio: la posizione dell’Agenzia delle Entrate in merito alla conservazione sostitutiva del ciclo attivo emesso in modalità analogica, fortemente ribadito nella “famigerata” risoluzione n. 14 del 21/01/2008[4].
 
Proviamo a dare una lettura diversa in chiave evolutiva di quanto espresso in quella risoluzione e, più in generale, di cosa si ritiene che l’Agenzia abbia indicato come linea interpretativa su questo argomento[5].
 
Il punto cruciale è legato al passaggio diretto in conservazione sostitutiva degli “spool di stampa”. Possiamo affermare, come già fatto in passato, che l’Agenzia ha perfettamente ragione nel dichiararsi contraria a tale pratica. Sorvolando sulle spiegazioni tecniche, che ci convincono meno, diciamo che uno spool di stampa di fatture attive, prima di essere conservato, deve essere necessariamente trattato in modo tale che tutti i requisiti richiesti negli articoli 3 e 4 del D.M.E.F. del 23 gennaio 2004 siano rispettati[6]. Quindi, deve essere elaborato, “spezzato” in singoli documenti, che devono essere opportunamente stabilizzati e indicizzati. Che questo comporti incontrovertibilmente la stampa dei singoli documenti trattati e la loro successiva “scannerizzazione” è una interpretazione forzata (e, a tal proposito, si legga la Circolare 36 del 6 dicembre 2006 della stessa Agenzia che è giustamente meno perentoria su questo punto). Chi ha esperienza del trattamento degli spool a fini di gestione documentale sa bene, infatti, che la diretta trasposizione in un formato documentale “autoconsistente” (PDF, TIFF, JPEG, etc) è la via ideale per garantire controllo e integrità dei documenti stessi.
 
Inoltre, l’interpretazione fornita in passato dall’Agenzia in materia di “spool di stampa” non regge neppure dal punto di vista giuridico, in quanto il formato immagine del documento opportunamente trattato e poi portato in conservazione altro non è che un documento digitale, come individuato ai sensi dell’art. 1 lett. d) del D.M.E.F. 23 gennaio 2004[7].
 
A questo si aggiunga che il passaggio da file a carta e da carta a file è lungo e pericoloso. Il rischio di perdita di informazioni è elevato a causa della doppia/tripla conversione da un formato ad un altro. Se pensiamo a cicli di migliaia o decine di migliaia di documenti da convertire in digitale è evidente che questo rischio aumenta a dismisura, oltre alla assoluta non economicità di tale pratica anche in termini ambientali.
 
Immaginiamo, invece, un procedura di trattamento dello spool, dettagliatamente descritta nel Manuale della conservazione e, quindi, sottoposta alla piena responsabilità del Responsabile della Conservazione che deve vigilare sull’intero processo di trattamento e conservazione: tutto e solo questo può assicurare controllo, sicurezza, velocità e, inoltre, convenienza (e qualche tonnellata di CO2 in meno!) all’intero sistema di conservazione di documenti.
 
A questo punto si potrebbe ritenere utile riconsiderare l’originale definizione di omogeneità dei documenti fiscali descritta dall’Agenzia delle Entrate nella circolare 45/2005 ovvero la possibilità di portare in conservazione o l’intero ciclo attivo o l’intero ciclo passivo senza soluzione di continuità per esercizio fiscale, salvo singole motivate eccezioni legate al caso singolo. I controlli risulterebbero più veloci, omogenei e, quindi, più accurati. Per il contribuente ci sarebbero forti vantaggi organizzativi ed economici, con minor rischio di sanzioni per errori formali.
 
Tutto quanto sopra descritto è attuabile a patto che i Responsabili della Conservazione si adoperino affinché le procedure tecniche siano rigidamente applicate in un contesto di rigore contabile e di ponderata sicurezza informatica, senza i quali risulterebbe davvero complesso assumere la delega di Responsabile e garantire così adeguata certezza ai processi di conservazione da sviluppare.
 
E’ nostra convinzione che interpretare correttamente le norme secondo quanto prospettato nel presente articolo possa essere di ulteriore impulso al passaggio in conservazione sostitutiva di molte società che ancora “resistono” all’ineluttabile cammino dalla carta al bit e che questo non sia di ostacolo allo sviluppo della fattura elettronica, ma che anzi possa creare le condizioni culturali per una sua più diffusa applicazione, anche a prescindere dall’obbligatorietà introdotta con la Legge Finanziaria 2008.
 
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Andrea Lisi
Presidente ANORC – Associazione Nazionale Responsabili Conservazione Sostititutiva – www.anorc.it
Docente a contratto di Informatica Giuridica – Scuola Professioni Legali – Università del Salento
Coordinatore del Digital&Law Department Studio Legale Lisi – www.studiolegalelisi.it
 
Dario D’urso
Responsabile della Conservazione Sostitutiva
Socio fondatore ANORC


[1] Secondo quanto prevede la legge 24 Dicembre 2007, n. 244, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 300 del 28 dicembre 2007 (Legge Finanziaria 2008).
[2] Nel mese di marzo 2008 è stato individuato nell’Agenzia delle Entrate il Gestore del sistema di interscambio della fattura elettronica (Decreto 7 marzo 2008 Ministero dell’Economia e delle Finanze – Individuazione del gestore del sistema di interscambio della fatturazione elettronica nonche’ delle relative attribuzioni e competenze – G.U. n. 103 del 3 maggio 2008)
[3] Per un commento alla Risoluzione n. 260 del 23 giugno 2008 si vedano sul sito dell’Associazione Nazionale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti (A.N.O.R.C. – www.anorc.it) gli articoli pubblicati alle pagine http://www.anorc.it/notizia/49_Agenzia_delle_Entrate__importanti_aperture_interpretative_su_fattura_elettr.html e http://www.anorc.it/notizia/50_La_convivenza_di_fatture_analogiche_e_fatture_elettroniche__brevi_note_alla.html.
[4] Per un primo commento alla risoluzione si consiglia la lettura dell’articolo pubblicato sul sito di ANORC alla pagina http://www.anorc.it/notizia/15_Fattura_Elettronica__prima_analisi_della_Risoluzione_del_21_01_2008_n._14_-.html.
[5] Si ricorda sullo stesso argomento la Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate n. 161/E del 9 luglio 2007, commentata su SCiNTLEX alla pagina http://www.scintlex.it/notizia/288/143.html.
[6] Si ricorda in proposito che il Responsabile della conservazione deve ex lege predisporre un ambiente sicuro di conservazione dei documenti a lui affidati. Infatti, l’art. 44 del Codice dell’amministrazione digitale elenca nell’art. 44 i requisiti per la conservazione dei documenti informatici. In particolare, il sistema di conservazione dei documenti informatici deve garantire:
– l’identificazione certa del soggetto che ha formato il documento;
– l’integrità del documento.
– la leggibilità e l’agevole reperibilità dei documenti e delle informazioni identificative, inclusi ì dati di registrazione e di classificazione originari;
– il rispetto delle misure di sicurezza previste dagli articoli da 31 a 36 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dal disciplinare tecnico pubblicato in allegato B a tale decreto.
[7] Come già spiegato in altre occasioni, a livello strettamente giuridico considerare in modo autonomo l’immagine digitalizzata di un documento analogico permette di rendere ammissibile la presenza nel nostro ordinamento di un “documento che abbia natura analogica, ma veste informatica” o, più propriamente, di un “documento digitale” rilevante fiscalmente secondo l’art. 1 lett. d) del DMEF 23 gennaio 2004, quale riproduzione informatica di documento analogico ai sensi e per gli effetti dell’art. 2712 c.c. (come riformulato dall’art. 23 1° comma del Codice dell’Amminstrazione Digitale – D. Lgs. 82/2005).
Si deve, quindi, riconoscere la possibilità di portare direttamente in conservazione l’immagine digitale del “documento-fattura”, generata da un gestionale (o comunque inoltrata quale documento analogico ai suoi destinatari) e acquisita come immagine nel processo di conservazione, purchè venga assicurata la tracciabilità di tutti i passaggi interni al processo e soprattutto vengano garantiti sicurezza e controllo costante al processo di fatturazione e successiva conservazione. Infatti, l’art. 4 del DMEF 23 gennaio 2004 specifica solo che il processo di conservazione digitale di documenti e scritture analogici rilevanti ai fini tributari deve avvenire mediante memorizzazione della relativa immagine, secondo le modalità di cui all’art. 3, commi 1 e 2. La normativa, pertanto, non prevede che debba effettuarsi una necessaria stampa del documento analogico, quando si è proceduto a generare un’immagine del documento acquisito dal proprio sistema informativo.
Inoltre, si condividono le riflessioni di Alessandro De Pasquale pubblicate su ANORC alla pagina http://www.anorc.it/notizia/55_L_Agenzia_delle_Entrate_ci_ripensa_.html, secondo le quali con la Risoluzione 354/E dell’8 agosto 2008 l’Agenzia delle Entrate ha già messo in discussione il suo precedente pensiero sugli “spool di stampa”, condividendo una lettura interpretativa più in linea con le fonti di legge e le esigenze aziendali.
Per concludere, l’immagine digitale di un documento non può configurarsi, ai fini fiscali, solo e soltanto come un documento analogico, ossia "formato utilizzando una grandezza fisica che assume valori continui" (come riferito nella Ris. 14/2008 Ag. Entrate), ma anche come “documento digitale”, ai sensi dell’art. 1 lett. d) del D.M.E.F. 23 gennaio 2004.

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