Quando ricorre il delitto di sottrazione di persone incapaci nel caso in cui la condotta sottrattiva sia compiuta da un genitore a danno dell’altro.
(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 574)
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1. La questione
La Corte di Appello di Caltanissetta parzialmente riformava una sentenza di primo grado che, a sua volta, aveva dichiarato. responsabile una persona imputata del reato di cui all’art. 574 cod. pen. per avere, in violazione dell’affidamento congiunto disposto dal Tribunale di Enna, sottratto la figlia minore al padre conducendola in una città ove aveva stabilito il nuovo domicilio della minore in assenza di un provvedimento autorizzativo del Giudice, contestualmente riconoscendo in suo favore le circostanze attenuanti generiche e rideterminando in mesi cinque e giorni dieci di reclusione la pena irrogatale, con la conferma nel resto della decisione impugnata e la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile.
Ciò posto, avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’accusato, deducendo con un motivo unico plurimi vizi della motivazione con riferimento alla ritenuta configurabilità degli elementi costitutivi del reato ipotizzato, e segnatamente del dolo di sottrazione.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il ricorso summenzionato infondato perché, a suo avviso, la sentenza impugnata aveva fatto un buon governo delle implicazioni logicamente sottese al pacifico insegnamento della stessa Cassazione (Sez. 6, n. 22911 del 19/02/2013; Sez. 5, n. 28561 del 28/03/2018) secondo cui integra il reato previsto dall’art. 574 c.p. la condotta di un genitore che, contro la volontà dell’altro, sottragga a quest’ultimo il figlio per un periodo di tempo significativo, impedendo l’altrui esercizio della potestà genitoriale e allontanando il minore dall’ambiente di abituale dimora, così come analoghe considerazioni, sempre ad avviso degli Ermellini, dovevano altresì svolgersi in ordine alla ritenuta configurabilità dell’elemento soggettivo del reato de quo, sì come integrato dal dolo generico, ossia dalla coscienza e volontà di sottrarre il minore all’altro genitore esercente la potestà genitoriale e di trattenerlo presso di sé contro la volontà dell’altro (Sez. 6, n. 21441 del 18/02/2008)
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito quando ricorre il delitto di sottrazione di persone incapaci, con particolar riguardo al caso in cui la condotta sottrattiva sia posta in essere ai danni di un genitore, da parte dell’altro.
Si afferma difatti in tale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, per un verso, che, per ritenere sussistente l’elemento soggettivo del reato di sottrazione di incapaci, è sufficiente il dolo generico, ossia la coscienza e la volontà di sottrarre il minore all’altro genitore esercente la potestà genitoriale e di trattenerlo presso di sé contro la volontà dell’altro, per altro verso, che integra il reato previsto dall’art. 574 c.p. la condotta di un genitore che, contro la volontà dell’altro, sottragga a quest’ultimo il figlio per un periodo di tempo significativo, impedendo l’altrui esercizio della potestà genitoriale e allontanando il minore dall’ambiente di abituale dimora.
Tale provvedimento, quindi, deve essere preso nella dovuta considerazione ogni volta si debba appurare la sussistenza di codesto illecito penale, in riferimento al peculiare caso in cui la sottrazione sia compiuta da un genitore a danno dell’altro.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatta sentenza, dunque, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su tale tematica giuridica sotto il profilo giurisprudenziale, non può che essere che positivo.
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