Sospensione dei processi penali: le direttive della Suprema Corte

Redazione 24/03/20
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SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il rinvio delle udienze. – 3. La sospensione dei termini. – 4. I procedimenti indifferibili per legge o su richiesta di parte. – 5. Sospensione della prescrizione e dei termini delle misure cautelari. – 6. Il regime applicabile dopo il 15 aprile 2020.

1. Premessa.

A seguito dell’emergenza sanitaria Covid-19, è stato emanato inizialmente il d.l. 8 marzo 2020 n.11, che individuava un primo periodo di sospensione dell’attività giurisdizionale fino al 22 marzo 2020, cui ha fatto seguito il d.l. 17 marzo 2020, n.18 che ha sostanzialmente esteso il periodo temporale delle misure in precedenza adottate, specificandone meglio il contenuto.
Occorre evidenziare come entrambi i provvedimenti normativi abbiano carattere generale e si applichino ai procedimenti penali pendenti in ogni stato e grado, senza fornire una normazione di dettaglio che tenga conto della peculiarità del giudizio di legittimità.

Ciò comporta l’inevitabile difficoltà di applicare disposizioni – in gran parte pensate con riguardo al giudizio di merito – anche ai procedimenti pendenti e che sopravvengono dinanzi alla Corte di Cassazione.
Tenendo in considerazione l’impostazione generale del provvedimento normativo, con la presente relazione si intende evidenziare quelle che sono le ricadute immediate sul giudizio di legittimità, sia con riguardo al differimento delle udienze, che per quanto attiene ai limiti ed alle modalità della trattazione dei procedimenti non rinviabili.

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2. Il rinvio delle udienze

L’art.83, comma 1, d.l. n.18 del 2020, ove prevede che “le udienze dei procedimenti civili e penali pendenti presso tutti gli uffici giudiziari sono rinviate d’ufficio a data successiva al 15 aprile 2020”, è disposizione evidentemente applicabile a tutti i procedimenti pendenti dinanzi alla Corte di Cassazione, salve le esclusioni di cui si dirà in seguito.
La formulazione della norma non precisa le modalità di effettuazione del rinvio, ma la ratio della previsione, chiaramente volta ad evitare gli spostamenti per raggiungere la sede dell’ufficio giudiziario, depone nel senso che il rinvio debba essere effettuato d’ufficio e fuori udienza, mediante comunicazione alle parti con modalità telematiche (art.83, commi 13 e 14).
La previsione, riguarda, all’evidenza, qualsiasi tipologia di udienza, non facendo alcuna distinzione, sempre per quanto concernente il giudizio di legittimità, tra udienze pubbliche e udienze camerali, partecipate o non partecipate.
Per quanto concerne l’individuazione della data del rinvio, al di là di quelli che sono gli aspetti prettamente organizzativi che esulano dal presente esame, si rileva la necessità di tener conto dell’incidenza della parallela sospensione dei termini ricadenti nel medesimo periodo temporale sopra indicato.
Di particolare rilievo, per quanto concerne il giudizio di Cassazione, è la previsione contenuta all’art.83, comma 2, relativamente ai cosiddetti termini a ritroso.
La norma prevede che “quando il termine è computato a ritroso e ricade in tutto in parte nel periodo di sospensione, è differita l’udienza o l’attività da cui decorre il termine in modo da consentirne il rispetto”.
Secondo l’art. 610, comma 5, cod. proc. pen., “almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale ed ai difensori, indicando se il ricorso sarà deciso in udienza pubblica o in camera di consiglio”.

Nel caso di procedimento in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 611, comma 1, cod. proc. pen., “fino a quindici giorni prima dell’udienza, tutte le parti possono presentare motivi nuovi e memorie e fino a cinque giorni prima presentare memorie di replica”.
Ne consegue che, alla sospensione dei termini per il deposito di memorie e repliche consegue necessariamente il differimento dell’udienza camerale ad una data non solo successiva al 15 aprile 2020, ma che tenga anche conto della necessità di riconoscere l’intero termine previsto per l’esercizio delle facoltà difensive.
Sembra dunque di poter dire che le udienze di rinvio dovranno essere fissate in una data che assicuri che il termine con computo a ritroso possa essere interamente sfruttato, tenendo conto a tal fine della porzione di esso eventualmente trascorsa al di fuori del periodo di sospensione.
A tal fine sarà necessario considerare che, ove il termine iniziale di 15 giorni sia già decorso senza rientrare nel periodo di sospensione e qualora le parti non abbiano depositato memorie, si potrebbe procedere alla fissazione della nuova udienza senza rispettare il termine di cui all’art.611 cod. proc. pen. per il deposito delle repliche, applicando il principio secondo cui «le parti possono presentare memorie di replica cinque giorni prima dell’udienza, ai sensi dell’art. 611, comma 1, ult. parte, cod. proc. pen., nel solo caso in cui la controparte abbia presentato sue memorie, per contrapporre le proprie argomentazioni a quelle avverse» (Sez.2, n.32033 del 21/03/2019, PG in proc. Berni, Rv. 277512).

In sede di differimento, invece, non occorrerà rispettare il termine a ritroso nel solo caso in cui al momento del rinvio dell’udienza i termini ex art.611 cod. proc. pen. erano già scaduti, atteso che in tal caso le parti hanno già usufruito della facoltà difensiva ed il rinvio a nuovo ruolo non determina una sorta di rimessione in termini (per una fattispecie similare, Sez.1, n.16740 del 16/04/2019, Borsari, Rv. 275808).
I principi sopra indicati dovrebbero essere pacificamente applicati nel caso delle udienze camerali ex art.611 cod. proc. pen.; peraltro, pare corretto ritenere che analoga disciplina dovrebbe estendersi anche ai giudizi con udienza pubblica. A tal riguardo, va richiamato il principio giurisprudenziale secondo cui «L’art. 611 cod. proc. pen., che prevede, per il giudizio di cassazione, la presentazione di motivi nuovi e memorie fino a quindici giorni prima dell’udienza in camera di consiglio, si applica anche per il procedimento in udienza pubblica, in quanto disposizione finalizzata a garantire la pienezza e l’effettività del contraddittorio ed a consentire al giudice di conoscere tempestivamente le varie questioni prospettate» (Sez.3, n.14038 del 27/03/2018, Faldini, Rv. 272553).
Si sottolinea come l’esigenza di rispettare i termini processuali sopra indicati dovrebbe essere adeguatamente garantita dall’indicazione contenuta nel decreto n.36/20 del Primo Presidente, con il quale è stato disposto che le udienze ricadenti nel periodo di sospensione debbano essere rinviate a data successiva al 31 maggio 2020.
Con il medesimo provvedimento, peraltro, è stata anche espressamente prevista la facoltà per i difensori di inviare a mezzo PEC motivi aggiunti o memorie, con riguardo ai procedimenti da trattare nel periodo intercorrente tra il 23 marzo 2020 ed il 31 maggio 2020.

3. La sospensione dei termini

L’art. 83, comma 2, del d.l. prevede che “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020 è sospeso il decorso dei termini per il compimento di qualsiasi atto dei procedimenti civili e penali”.
Questo primo periodo è particolarmente ampio nella formulazione, facendo riferimento a “qualsiasi atto dei procedimenti … penali”. Il periodo successivo opera una specificazione, precisando che si intendono sospesi:
 i termini “stabiliti per la fase delle indagini preliminari”;  i termini “per l’adozione di provvedimenti giudiziari e per il deposito della loro motivazione”;  i termini “per la proposizione degli atti introduttivi del giudizio e dei procedimenti esecutivi, per le impugnazioni”.
Il periodo si conclude con una clausola aperta, in forza della quale s’intendono sospesi “in genere, tutti i termini procedurali”.

Nel medesimo comma, poi, si stabilisce che “ove il decorso del termine abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine di detto periodo (cioè dal 16 aprile 2020).
Per quanto concerne il giudizio in sede di legittimità, la norma determina in primo luogo una ricaduta sui termini per proporre il ricorso, di cui si dovrà tener conto nella valutazione della tempestività nei futuri procedimenti.
Altro aspetto rilevante è quello concernente la sospensione dei termini riferita all’adozione ed al deposito dei provvedimenti giudiziari, ciò che, peraltro, non pare impedire che detto deposito possa validamente proseguire anche durante il periodo di sospensione.

A tal riguardo, inoltre, devono richiamarsi il provvedimento organizzativo adottato in data 19 marzo 2020 dalla Prima Presidenza volto a consentire il deposito da remoto delle minute delle sentenze, in modo da consentire ai Consiglieri di non recarsi presso la Corte per tale adempimento, e l’indicazione delle specifiche tecniche, in pari data, ad opera del Ced.

4. I procedimenti indifferibili per legge o su richiesta di parte

L’art. 83, comma 3, del d.l. n.18 del 2020 stabilisce che la sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio delle udienze di cui commi 1 e 2 non operano:
– per i procedimenti di convalida dell’arresto o del fermo;
– per i i procedimenti nei quali nel periodo di sospensione scadono i termini di cui all’articolo 304 del codice di procedura penale,
– per procedimenti in cui sono applicate misure di sicurezza detentive o è pendente la richiesta di applicazione di misure di sicurezza detentive.
Da questa prima norma emerge la prima importante eccezione alla sospensione, rappresentata dai procedimenti in cui sono state adottate misure cautelari per i quali, nel periodo di sospensione (cioè, dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020) scadono i termini massimi di cui all’art. 304 cod. proc. pen. Questo termine, pertanto, non rientra tra quelli che sono sospesi, come confermato dal mancato riferimento ad esso da parte del comma 4, su cui più oltre.
Inoltre, la sospensione dei termini e il rinvio d’ufficio delle udienze non operano, “quando i detenuti, gli imputati, i proposti o i loro difensori espressamente richiedono che si proceda”, per:
a) procedimenti a carico di persone detenute, salvo i casi di sospensione cautelativa delle misure alternative, ai sensi dell’articolo 51-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354;
b) procedimenti in cui sono applicate misure cautelari o di sicurezza;
c) procedimenti per l’applicazione di misure di prevenzione o nei quali sono disposte misure di prevenzione;

Quanto alla lett. a), deve escludersi che, nel riferirsi ai “procedimenti a carico di persone detenute”, la norma possa essere estesa fino a ricomprendere coloro che sono detenuti “per altro”.
Quanto alle “misure cautelari”, deve ritenersi che in tale generica e complessiva dizione vadano ricomprese tutte le misure cautelari personali, detentive, non detentive, e interdittive, nonché le misure cautelari reali. Si dovrebbero quindi ritenere non ricompresi i sequestri probatori (inseriti dal codice di rito tra i mezzi di ricerca della prova) e i D.a.s.p.o di cui all’art. 6 l. 14 dicembre 1989 n. 401, formalmente non definiti e non definibili quali misure cautelari o di sicurezza; peraltro non può non ricordarsi come la Corte costituzionale abbia definito tali misure come di tipo preventivo “idonee ad incidere sulla libertà personale del soggetto tenuto a comparire”, facendole pertanto rientrare a pieno titolo nelle previsioni di cui all’art.13 Cost. (Corte cost., n. 193 del 2006; nel medesimo senso, Sez. U., n.4443 del 29/11/2005, Spinelli, Rv. 232712), da qui derivando, del resto, la previsione di legge di modalità giurisdizionali di controllo sostanzialmente analoghe a quelle prevista per la convalida dell’arresto o del fermo.

La richiesta per la trattazione del procedimento non pare presupporre che gli interessati devano essere “informati” di tale facoltà, trattandosi dell’esercizio di una facoltà di legge che il detenuto e il suo difensore sono tenuti a conoscere.

La norma in esame non ha inoltre previsto un termine entro cui le parti possano avanzare la richiesta di trattazione, il che pone il problema di consentire agli uffici giudiziari di predisporre la necessaria organizzazione dell’udienza anche nell’imminenza della sua celebrazione.
Il Consiglio Superiore della Magistratura, peraltro, quanto alla celebrazione delle udienze penali, ha invitato i Capi degli Uffici giudiziari a valutare la possibilità di acquisire, tramite interlocuzione con il foro, la richiesta con anticipo rispetto alla data fissata in modo da poter organizzare la videoconferenza, auspicando, quindi, una richiesta in tal senso della cancelleria (cfr. CSM Pratica n. 186/VV/2020 – Ulteriori linee guida in ordine all’emergenza sanitaria Covid-19 all’esito del d.l. n. 11 dell’ 8 marzo 2020).
Con il decreto n.36/20, il Primo Presidente ha inoltre previsto che la richiesta di trattazione del procedimento debba essere formulata dalla parte interessata entro il termine di tre giorni, decorrente dalla data di pubblicazione del decreto sul sito della Corte, da inoltrarsi anche via PEC inviata alla cancelleria della Sezione penale dinanzi alla quale è fissata l’udienza. Si tratta di una norma che va, sostanzialmente, ad integrare il precetto normativo, al dichiarato fine di consentire alle Sezioni di avere contezza di quali e quanti procedimento dovranno essere trattati nel periodo di sospensione, adottando i provvedimenti conseguenti in ordine alla composizione dei collegi, alla partecipazione del PG ed all’assistenza.
Il provvedimento del Primo Presidente è stato inserito sul sito della Corte Suprema il 16 marzo 2020, sicché il termine di tre giorni indicato per la presentazione della richiesta di trattazione doveva intervenire entro il 19 marzo 2020. La previsione di un ristretto termine, indicato in un provvedimento organizzativo pubblicato sul sito della Corte, potrebbe determinare la presentazione di istanze di trattazione “tardive” rispetto alle quali occorrerà verificare se ed in che misura vadano ugualmente accolte.
In linea generale, potrebbe dunque porsi il problema dell’efficacia preclusiva del termine previsto per la presentazione delle istanze, mancando una specifica previsione normativa che consenta di dichiarare la tardività delle istanze pervenute oltre il limite dei tre giorni.
Senza voler entrare nel merito della valutazione in ordine alla natura del termine, le cui finalità appaiono comunque essere di tipo “organizzatorio”, pare quanto meno ipotizzabile che le istanze pervenute dopo che sia stato disposto il rinvio d’ufficio dell’udienza non siano in ogni caso accoglibili. Essendo il rinvio stabilito ex lege e costituendo la richiesta di trattazione un’eccezione rimessa all’iniziativa della parte interessata, sembra corretto affermare che ove l’effetto del rinvio si sia già prodotto, in quanto il differimento sia stato precedente rispetto alla richiesta di trattazione, quest’ultima non possa essere accolta.

Altro aspetto problematico si pone nel caso in cui il procedimento sia cumulativo e solo uno o alcuni dei detenuti avanzino richiesta di trattazione, potendo chiedersi se in tal caso debba o meno procedersi mediante provvedimento di separazione. Sul punto, pare potersi ritenere che l’esigenza di tutelare la salute pubblica impedisca di far partecipare al giudizio persone, anche detenute, che non abbiamo richiesto di evitare il differimento. Non sembra estensibile, dunque, in considerazione delle ragioni sottese al rinvio del procedimento, l’indirizzo giurisprudenziale che si è formato in tema di legittima astensione dalle udienze dei difensori e che permette la trattazione del giudizio anche nel caso in cui uno solo di essi non aderisce alla richiesta di rinvio (cfr. Sez.4, n.40724 del 15/06/2017, Rv. 270768, Sez.5, n.54509 del 08/10/2018, Rv. 275334; contra Sez.1, n.37286 del 27/05/2015, Rv. 264523).
Per quanto concerne, infine, le modalità di svolgimento delle udienze pubbliche, l’art.83, comma 7, detta le regole relative alle modalità di svolgimento dell’attività giurisdizionale applicabili ai procedimenti insuscettibili di rinvio, nonché a quelli che verranno trattati nel periodo successivo alla sospensione, stabilendo la possibilità per i capi degli uffici giudiziari di adottare una serie di cautele improntate a mantenere misure di “distanziamento sociale”.
Per quel che direttamente ed in prima battuta interessa l’attività della Corte, assume rilievo la previsione contenuta al comma 7, lett. e), lì dove si prevede la possibilità di tenere le udienze pubbliche “a porte chiuse”, in applicazione del principio generale dettato dall’art.472, comma 3, cod. proc. pen.

5. Sospensione della prescrizione e dei termini delle misure cautelari

Secondo l’art. 83, comma 4, nei procedimenti penali in cui opera la sospensione dei termini ai sensi dell’art. 83, comma 2, (e che non rientrano, ex art. 83, comma 3, d.l. n. 18 del 2020, tra i procedimenti in cui per legge o su richiesta di parte i termini non sono sospesi), sono altresì sospesi, per lo stesso periodo, tanto il corso della prescrizione, quanto i termini di cui agli artt. 303 e 308 cod. proc. pen. Questa norma pare costituire una specificazione di quella di cui all’art. 83, comma 2, relativa ai termini del procedimento cautelare. Essa, inoltre, aggiunge alla sospensione dei termini procedurali, cui si riferisce l’art. 83, comma 2, d.l. n. 18 del 2020, la sospensione dei termini dell’istituto sostanziale della prescrizione. Da questa norma si desume che i cd. termini di fase delle misure cautelari sono sospesi e che è sospeso anche il termine della durata complessiva della custodia cautelare (art. 303, comma 4, cod. proc. pen.), mentre, come è stato già indicato sopra, dall’art. 83, comma 4, del d.l. risulta che il termine massimo della custodia cautelare di cui all’art. 304 cod. proc. pen. non è sospeso, tanto che il procedimento in cui tale termine dovesse venire a scadenza nel periodo compreso dal 9 marzo al 15 aprile deve essere trattato per legge. Invero, la norma in esame, pur richiamando genericamente l’art.304 cod. proc. pen., dovrebbe interpretarsi nel senso che non sono sospesi esclusivamente i termini di durata massima della custodia cautelare previsti dal comma 6 dell’art.304, cod. proc. pen., atteso che le previsioni precedenti non concernono la durata della misura, bensì disciplinano ulteriori ipotesi di sospensione. Il riferimento esplicito all’art. 308 cod. proc. pen., contenuto nel secondo decreto legge emanato per affrontare l’emergenza, ha poi risolto il dubbio interpretativo concernente i termini delle misure cautelari non custodiali che si era posto a seguito del primo decreto. In forza di questa disposizione, la sospensione dei termini cautelari di cui all’art. 303 e 308 cod. proc. pen. è disposta dal decreto legge “per la stessa durata”, cioè per il periodo compreso “dal 9 marzo 2020 al 15 aprile 2020”.

6. Il regime applicabile dopo il 15 aprile 2020

Il d.l. n.18 del 2020 individua un primo periodo di sospensione generalizzata fino al 15 aprile 2020, fornendo anche indicazioni per quanto riguarda la graduale ripresa dell’attività giurisdizionale precisando, al comma 7, che i capi degli uffici, al fine di garantire il contrasto all’epidemia, “possono” adottare ulteriori misure, tra le quali la lett. g) contempla “la previsione del rinvio delle udienze a data successiva al 30 giugno 2020 nei procedimenti civili e penali, con le eccezioni indicate al comma 3”.

La norma non è di agevole interpretazione lì dove non chiarisce se il riferimento alle “eccezioni indicate al comma 3” faccia riferimento alle tipologie di procedimenti ivi contemplati, ovvero richiami anche i presupposti per la loro trattazione. La questione si pone essenzialmente per quanto riguarda la categoria disciplinata dall’art.83, comma 3, lett. b) lì dove si prevede che, come visto, per la trattazione dei procedimenti con imputati detenuti o sottoposti a misure cautelari o di sicurezza o di prevenzione, debba intervenire una espressa richiesta in tal senso (mentre pare pacifico che nessun rinvio possa essere comunque disposto per i procedimenti nei quali in detto periodo vengano a scadere i termini di cui all’art. 304 cod. proc. pen.).

Secondo una prima soluzione, si potrebbe sostenere che il generico riferimento ai procedimenti indicati al comma 3 indica solo la tipologia e, quindi, l’oggetto del procedimento, ma non anche i presupposti per la trattazione, ovvero la richiesta dell’interessato, che, in quest’ottica, sarebbe necessaria nel solo periodo fino al 15 aprile 2020 e non anche in quello successivo ed ai fini del differimento a data successiva al 30 giugno 2020. Ne conseguirebbe che, dopo il 15 aprile, non si potrebbero ulteriormente differire i procedimenti per i quali non sia stata formulata richiesta di trattazione. Se così fosse, il capo dell’ufficio – ai sensi dell’art.83, comma 7 – potrebbe disporre il differimento dei soli procedimenti diversi da quelli previsti dal comma 3.

Diversamente opinando, potrebbe invece ritenersi che il richiamo ai procedimenti indicati al comma 3 concerne l’intera disciplina ivi prevista, sicché, anche dopo la sospensione ex lege prevista fino al 15 aprile 2020, la trattazione dei procedimenti con detenuti potrebbe essere differita a data successiva al 30 giugno 2020, sempre che non intervenga una espressa richiesta di trattazione. Tale soluzione, oltre ad essere maggiormente conforme alla ratio della decretazione d’urgenza, si porrebbe anche in linea di continuità con la parallela previsione originariamente contenuta all’art. 2, comma 2, lett. g), del d.l. n.11 del 2020. Quest’ultima norma stabiliva infatti la possibilità, sempre da parte dei capi degli uffici, del rinvio delle udienze a data successiva al 31 maggio 2020 nei procedimenti civili e penali, fatte salve le subito dopo elencate eccezioni, tra le quali, al n.2), erano contemplate quelle rappresentate dai procedimenti con detenuti ove questi ne avessero fatta espressa richiesta, in tal modo non potendo porsi dubbi in ordine al fatto che la trattazione dei procedimenti con detenuti, nel periodo “cuscinetto”, richiedeva in ogni caso l’espressa richiesta dell’interessato. Valorizzando dunque la medesima ratio sottesa ai provvedimenti in esame e ponendosi il d.l. n.18 del 2020 in continuità normativa rispetto al precedente decreto legge, ben potrebbe allora desumersi che anche la previsione contenuta all’art.83, comma 7, lett. g), consenta il differimento dei procedimenti con detenuti a data successiva al 30 giugno 2020 sempre che non intervenga un’espressa richiesta di trattazione.

Strettamente collegato a tale aspetto è anche l’esame dell’ulteriore previsione in materia di misure cautelari, dettata all’art.83, comma 9, cit. La norma prevede che la durata della sospensione possa essere ulteriormente ampliata, in conseguenza della sospensione dei termini per l’adozione della decisione di determinate procedure cautelari. Ai sensi di tale norma, infatti, il corso della prescrizione e i termini di cui agli artt. 303, 308, 309, comma 9, 311, commi 5 e 5-bis, e 324, comma 7, cod. proc. pen. e agli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159 rimangono sospesi per il tempo in cui il procedimento è rinviato ai sensi del comma 7, lettera g), e, in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020. La durata della sospensione, pertanto, può essere estesa dal 9 marzo 2020 al 30 giugno 2020, con riferimento ai seguenti termini: – per la decisione sulla richiesta di riesame avanzata dall’indagato sottoposto a misura cautelare (art. 309, comma 9, cod. proc. pen.); – per la decisione della Corte di cassazione avverso il provvedimento del tribunale del riesame (art. 311, comma 5, cod. proc. pen.); – per la decisione del tribunale del riesame a seguito di annullamento con rinvio della precedente ordinanza cautelare (art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen.); – per la decisione sulla richiesta di riesame reale (art. 324, comma 7, cod. proc. pen.); – per la decisione dei provvedimenti di prevenzione previsti dagli artt. 24, comma 2, e 27, comma 6, d. lgs. 6 settembre 2011, n. 159.

Salva restando la verifica in ordine alla possibilità o meno di rinviare i procedimenti con detenuti a data successiva al 30 giugno 2020, a seconda della diversa lettura che si dia dell’art.83, comma 7, lett. g), pare corretto affermare che la sospensione della prescrizione e dei termini indicati al comma 9 non possa in alcun caso operare oltre il 30 giugno 2020.

Si potrebbe sostenere, in definitiva, che dalla lettura congiunta degli artt.83, commi 4, 7 lett. g), e 9, scaturirebbe il seguente regime: 1. fino al 15 aprile 2020, in forza dell’art. 83, comma 4, opererebbe la sospensione della prescrizione e dei termini di cui all’art. 303 e 308 cod. proc. pen., mentre non è sospeso il solo termine massimo di cui all’art.304, comma 6, cod. proc. pen.; 2. nel periodo tra il 15 aprile ed il 30 giugno 2020 permarrebbe la sospensione della prescrizione e dei termini di cui all’art. 83, comma 9 (tra di essi ancora una volta non compresi quelli di cui all’art. 304 cit.), che espressamente stabilisce che tale regime non opera “oltre il 30 giugno 2020”; 3. dopo il 30 giugno 2020 – a prescindere dalla verifica in ordine alla possibilità ed alle condizioni per il rinvio dei procedimenti ai sensi dell’art.83, comma 7, lett. g) – riprenderebbe l’ordinaria decorrenza sia della prescrizione che dei termini di fase per le misure cautelari e dei termini processuali per le decisioni ad essere relative.

Relazione a cura dei Redattori: Luigi Giordano; Paolo Di Geronimo

Il presente scritto è reperibile sul sito Ufficiale della Suprema Corte (vedi link)

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