La domanda di risarcimento del danno è fondata, risultando dimostrata la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie generatrice di responsabilità civile
Quanto all’elemento oggettivo dell’illecito, esso è chiaramente riscontrabile nell’adozione degli atti illegittimi con cui la stazione appaltante ha esperito una gara d’appalto non realmente rispettosa delle regole della concorrenza, avendo la stessa predisposto, come puntualmente rilevato dal Consiglio di Stato in sede di ricorso straordinario, una sorta di “bando fotografia” che, attraverso la previsione a pena di esclusione di requisiti tecnici estremamente dettagliati e, talvolta, corrispondenti a “meri dettagli di apparenza”, ha descritto “un prodotto già esistente, realizzato da uno specifico fornitore poi risultato vincitore della gara”, lo stesso che aveva già fornito in precedenza parcometri al Comune di Genova.
Di tutta evidenza è anche il nesso di causalità giuridica tra i fatti lesivi e i pregiudizi lamentati dalla ricorrente, poiché le accennate clausole di gara hanno impedito a Ricorrente S.p.a. di partecipare ad un effettivo confronto concorrenziale e, quindi, di giocare le proprie chance di accesso al settore di mercato interessato dall’appalto.
L’elemento della colpevolezza dell’apparato amministrativo, infine, sussiste con altrettanta evidenza, atteso che la pretesa esigenza della stazione appaltante di garantire modalità operative identiche a quelle già applicate sul territorio (si vedano le diffuse argomentazioni difensive svolte con riferimento all’importanza della cosiddetta funzione del “Fuori Orario”) non vale certo a rendere scusabile la patente violazione delle regole comunitarie realizzata nel caso di specie.
Passaggio tratto dalla sentenza numero 606 del 27 aprile 2012 pronunciata dal Tar Liguria, Genova
In ordine alla quantificazione del danno da risarcire, la ricorrente, come riferito in premessa, pone in evidenza le seguenti voci: perdita di chance, danno curricolare e costi sostenuti per la partecipazione alla gara.
5.1) Per quanto concerne la prima di esse, l’esponente precisa di non essere in grado di dimostrare con certezza che la gara, qualora svoltasi in modo imparziale, si sarebbe conclusa con la sua vittoria e di avere tuttavia diritto al risarcimento del danno, da liquidarsi in via equitativa, derivato dalla lesione delle sue chance di vittoria.
In merito alla quantificazione del danno, la ricorrente propone di fare riferimento all’utile risultante dall’offerta economica presentata in gara e di suddividere tale importo per il numero di concorrenti che hanno presentato offerta.
La pretesa è da ritenersi fondata, alla luce del prevalente orientamento della giurisprudenza amministrativa che, ormai da tempo (cfr., ad es., Cons. Stato, sez. VI, 11 gennaio 2010, n. 14), ammette il risarcimento del danno rappresentato dalla cosiddetta perdita della chance (valida opportunità), da intendersi non come mera aspettativa di fatto, ma come entità patrimoniale a sé stante che si risolve nella possibilità di conseguire un vantaggio futuro.
Si afferma, nello specifico, che l’impresa pretermessa in una gara d’appalto illegittimamente aggiudicata, anche laddove non riesca a dimostrare che in assenza delle illegittimità riscontrate si sarebbe aggiudicata la gara, subisce comunque un danno in quanto perde la possibilità, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione (la chance), di aggiudicarsi la gara (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 20 ottobre 2010, n. 7593).
Per quanto concerne la quantificazione della specifica voce di danno, appare corretto, in quanto coerente con il prevalente orientamento giurisprudenziale, il criterio che parametra la posta iniziale del risarcimento all’utile economico che sarebbe derivato all’impresa dall’esecuzione dell’appalto, quantificandolo in via presuntiva nella misura del 10%.
Nel caso in esame, pertanto, deve farsi riferimento all’offerta economica presentata da Ricorrente S.p.a. (cfr. doc. 16 ricorrente) che proponeva un prezzo complessivo di € 694.000, Iva esclusa, per la fornitura e i servizi connessi, da cui deriva una stima equitativa dell’utile ritraibile dall’esecuzione dell’appalto pari a € 69.400.
Su tale importo, però, devono applicarsi due fattori riduttivi, consistenti nella mancata prova di non aver potuto utilizzare le risorse aziendali per l’espletamento di analoghe commesse e nelle concrete possibilità di vittoria in relazione al numero dei partecipanti all’appalto.
L’applicazione del primo fattore di riduzione, non considerato dalla ricorrente, comporta che l’utile astrattamente ritraibile dall’esecuzione dell’appalto debba essere rapportato in termini percentuali, non al 10%, ma al 5% dell’utile individuato in base all’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 aprile 2007, n. 1514).
L’utile forfetario del 5% deve ulteriormente essere ridotto in ragione delle possibilità di vittoria derivanti dal numero di concorrenti partecipanti alla gara d’appalto (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 15 febbraio 2005, n. 478) che, nella fattispecie, era pari a due; trattandosi di gara svolta, infatti, si devono considerare le sole imprese che hanno effettivamente presentato offerta e non, come pretenderebbe la difesa dell’amministrazione, tutte quelle che erano state invitate alla procedura ristretta.
L’applicazione dei suindicati fattori riduttivi comporta, pertanto, il riconoscimento equitativo di un lucro cessante determinato nella percentuale del 2,5% del valore dell’offerta, quindi pari alla somma di € 17,350.
5.2) Deve essere considerato come voce di danno a sé stante, in secondo luogo, il cosiddetto “danno curricolare”, consistente nella perdita della possibilità di arricchire il curriculum professionale dell’impresa a causa della mancata esecuzione dell’appalto (cfr., fra le molte, Cons. Stato, sez. VI, 18 marzo 2011, n. 1681), pregiudizio altrimenti definito come “danno per immagine depotenziata” che riguarda sia il mancato incremento, pari all’appalto non eseguito, dell’immagine della società nel territorio sia il potenziamento dell’impresa concorrente che si è aggiudicata l’appalto in modo illegittimo.
Tale danno viene generalmente rapportato dalla giurisprudenza a valori compresi tra l’1% e il 5% dell’importo globale dell’appalto.
Si ritiene peraltro equo riconoscere per tale voce di danno un importo pari a quello determinato per la perdita di chance.
Anche la somma da risarcire a titolo di danno curricolare ammonterà, pertanto, a € 17.350.
5.3) Non spetta alla ricorrente, invece, il risarcimento dei costi sostenuti per la partecipazione alla gara in quanto tale riconoscimento farebbe conseguire all’impresa, che ha già ottenuto il risarcimento del danno per la perdita della possibilità di aggiudicazione, un beneficio maggiore di quello che le sarebbe derivato dall’aggiudicazione (cfr. Cons. Stato, n. 1681/2011 cit.).
5.4) In conclusione, Genova Parcheggi S.p.a. deve essere condannata a risarcire alla ricorrente la somma complessiva di € 34.700 (€ 17.350 per la perdita di chance ed € 17,350 a titolo di danno curricolare).
Tale somma, trattandosi di debito di valore, va incrementata con la rivalutazione monetaria dalla data dell’ordine con valore di contratto (4 maggio 2009) sino a quella di pubblicazione del dispositivo di sentenza (29 marzo 2012).
Sulla somma così rivalutata spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale dalla data di pubblicazione del dispositivo di sentenza fino al soddisfo effettivo.
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