Soggetto passivo in atti sessuali con minorenne

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La pregevole sentenza che qui si annota concerne il delicato tema degli atti sessuali compiuti con un minorenne, e pone taluni principi fondamentali per guidare l’interprete nell’intreccio normativo contenuto nella sezione codicistica dedicata ai delitti contro la libertà personale, ed in particolare per quanto concerne gli artt. 609 bis e seguenti c.p. La particolarità del caso portato all’attenzione della Suprema Corte è rappresentato soprattutto dalla fattispecie concreta, la quale mette in luce come in tale ambito ci si trovi spesso su un crinale irto di insidie, sia in relazione alle difficoltà ricostruttive su quanto esattamente accaduto sia in relazione alla corretta qualificazione giuridica dei fatti.

L’imputato veniva condannato dalla Corte d’Appello di Milano per il delitto di cui all’art. 609 quater c.p. (“Atti sessuali con minorenne”) in quanto in più occasioni era oggetto di attenzioni fisiche da parte della figlia minorenne, la quale poneva in essere nei suoi confronti atti di natura sessuale (in particolare, baci con la lingua e toccamenti in parti intime). Ciò, a detta dei Giudici di secondo grado, avrebbe integrato la fattispecie di cui sopra, a nulla valendo il fatto che l’imputato fosse mero soggetto passivo delle attenzioni della figlia, e non fosse stato lui stesso a prendere l’iniziativa nel porre in essere gli atti in questione.

Su tale pronuncia d’Appello ricorre la difesa dell’imputato, ritenendo errata la riconducibilità penale della fattispecie in questione in quanto la mera inerzia dell’imputato e l’assenza di un’induzione da parte sua nei confronti della piccola escluderebbero qualsiasi addebito alla condotta.

Tale tesi viene tuttavia respinta dai Supremi Giudici. Dopo aver ritenuto attendibili le dichiarazioni della parte offesa, gli ermellini compiono una esegesi accorta ed accurata dell’art. 609 quater c.p., anche in relazione alla fattispecie di cui all’art. 609 bis c.p. Invero, la locuzione “con” contenuta nella prima norma lascerebbe intendere in modo inequivoco come il legislatore abbia inteso punire qualsiasi atto di natura sessuale che veda coinvolto un minorenne, sia laddove questi rappresenti il soggetto passivo delle “attenzioni” dell’adulto, sia laddove invece l’iniziativa sia presa dalla vittima stessa. Peraltro, nel caso di specie, si sottolinea come il comportamento dell’imputato debba qualificarsi come partecipativo e non meramente omissivo, essendo presente un consenso (seppure implicito) agli atti in questione.

L’apparato argomentativo svolto dalla difesa viene dunque ritenuto privo di pregio per un duplice motivo: sia perché una lettura della disposizione in oggetto come proposta nel ricorso lascerebbe inaccettabili vuoti di tutela nel sistema penale; sia in quanto verrebbe altrimenti svilita la ratio della normativa de quo, volta a garantire uno sviluppo psico-fisico immune da turbamenti da parte di minorenni.

Sentenza collegata

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Avv. De Leonardis Alfredo

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