Sistemi alternativi di risoluzione delle controversie ( A.D.R.) in materia di appalti

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Accanto ai ricorsi amministrativi che rappresentano l’ipotesi tipica di rimedio contenzioso, il processo di democratizzazione del rapporto tra amministrazione e cittadini ha portato al rafforzamento del concetto di dialogo e di partecipazione nell’ambito del procedimento amministrativo.

Il procedimento amministrativo, che potrebbe definirsi come luogo in cui gli interessi privati e pubblico dialogano, si incontrano, si compongono in modo da raggiungere l’interesse pubblico prevalente in sostanza può rappresentare l’anticipazione della tutela del cittadino ed assolvere ad una funzione di deflazione del contenzioso.

In materia amministrativa vanno diffondendosi sempre più meccanismi di deflazione del contenzioso o, per meglio dire, di risoluzione alternativa delle controversie

La nuova normativa introdotta nel codice degli appalti ( D. Lgs. 163/2006) ne individua alcuni:

Informativa in ordine all’intento di proporre ricorso giurisdizionale

L’art. 243 bis individua un meccanismo nato con lo scopo preciso di ridurre le ipotesi di ricorso al Giudice in materia.

Si tratta di meccanismo preventivo di risoluzione delle controversie teso a stimolare l’esercizio del potere di autotutela in capo alla stazione appaltante.

La sua configurazione appare predisposta in modo da presentare un aspetto condizionante rispetto al futuro ricorso giurisdizionale in quanto il mancato ricorso a tale procedura può avere conseguenze in ordine alla soluzione giudiziale della controversia.

Il suo ambito di applicazione è delimitato dal 1 comma dell’art. 243 bis che rinvia alle materie dell’art. 244 comma 1 ovvero al contenzioso relativo all’affidamento. Resta pertanto fuori dall’ambito di applicazione dell’art. 243 bis co.1 il contenzioso relativo alla fase di esecuzione del contratto.

Il comma 2 dell’art. 243 bis disciplina in modo dettagliato forma e contenuto dell’informativa:

Essa appare strutturata come una richiesta avente natura stragiudiziale che non richiede la forma del ricorso.

E’ diretta al responsabile del procedimento e :

a) è fatta mediante comunicazione scritta e sottoscritta dall’interessato o da un suo rappresentante, anche con l’assistenza di un difensore (oppure oralmente nel corso di una seduta pubblica della

commissione di gara);

b) reca una sintetica e sommaria indicazione dei presunti vizi di legittimità e dei motivi di ricorso che s’intendono articolare in giudizi. Resta salva in ogni caso la facoltà di proporre nell’eventuale giudizio successivo motivi diversi o ulteriori;

c) non impedisce l’ulteriore corso del procedimento di gara, né il decorso del termine dilatorio per la stipulazione del contratto e neppure il decorso del termine per impugnare;

d) può essere presentata fino a quando l’interessato non abbia notificato un ricorso giurisdizionale.

La stazione appaltante che riceva la predetta informativa è tenuta ad avviare un vero e proprio procedimento amministrativo, disciplinato dalla legge n. 241/1990 e entro quindici giorni dalla comunicazione, “comunica le proprie determinazioni in ordine ai motivi indicati dall’interessato, stabilendo se intervenire o meno in autotutela”.

La mancata pronuncia dell’amministrazione entro il termine di quindici giorni equivale a silenzio rigetto “l’inerzia equivale a diniego di autotutela”.

Proprio nell’ottica della sua efficacia ai fini della riduzione del contenzioso la dottrina non ha mancato di osservare che l’assenza di un effetto sospensivo del procedimento o del termine per impugnare rende l’istituto scarsamente efficace.

Richiesta di parere all’autorità di Vigilanza

Altra ipotesi di soluzione alternativa delle controversie relative ai contratti pubblici di lavori, servizi e forniture e’ prevista dall’art 6 , comma 7, lettera n. del D.Lgs. 163/2006.

Essa si concreta nella possibilità di proporre istanza di parere all’Autorità di Vigilanza per i Contratti Pubblici che “su iniziativa della stazione appaltante e di una o più delle altre parti, esprime parere non vincolante relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara”.

Sono legittimati a proporre richiesta di parere anche soggetti portatori di interessi pubblici o privati o di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati.

L’istanza è inammissibile se proposta relativamente a questione per la quale è già stato proposto ricorso all’Autorità Giudiziaria.

Sono specificatamente indicate le informazioni e la documentazione che le parti devono produrre a pena di inammissibilità della domanda.

Interessante appare la disposizione del n. 5 dell’art. 4 che prescrive per la stazione appaltante un obbligo di non porre atti pregiudizievoli ai fini della risoluzione della controversia durante il tempo in cui l’istanza è all’esame della autorità e fino alla decisione della stessa.

Tale parere dell’Autorità di Vigilanza dei Contratti Pubblici non è vincolante, ciò comporta che comunque il soggetto che ha ritenuto di dover richiedere il parere, potrà comunque adire l’autorità giudiziaria una volta definita la questione da parte dell’Autorità. E’ importante richiedere tale parere per verificare se secondo l’Autorità è riscontrabile nel caso concreto, una violazione della procedura o normativa applicabile. La procedura da seguire per richiedere il parere, richiede la presentazione di un’istanza da parte della stazione appaltante o da parte dell’operatore economico che ne ha interesse, indicando la categoria di appalto (lavori, servizi, forniture) con tutti i riferimenti del caso. E’ necessario poi inserire l’eventuale controinteressato (es. stazione appaltante, aggiudicatario provvisorio, secondo classificato, etc.) elemento essenziale dell’istanza che deve essere obbligatoriamente indicato, pena la non ammissibilità dell’istanza.

L’art. 7 dispone che è istituita la “Commissione per la soluzione della controversie” composta da due consiglieri dell’Autorità, individuati a rotazione ed incarica per due mesi.

Fino alla costituzione della Commissione l’ufficio precontenzioso trasmette al Consiglio le richieste di parere.

La commissione alla prima adunanza utile presenta al Consiglio lo schema di parere ma laddove il Consiglio non concordi adotta proprio parere per la soluzione della controversia.

L’ufficio precontenzioso trasmette tempestivamente alle parti interessate la decisione della commissione.

Si fa in ogni caso presente che l’Ufficio del pre-contenzioso valuta, sulla base della documentazione e delle informazioni acquisite, la necessità di procedere ad audizione delle parti interessate. All’istanza deve essere allegata la relativa documentazione come bando di gara, disciplinare di gara, capitolato tecnico, lista delle categorie delle lavorazioni (appalto di lavori), eventuale provvedimento di esclusione, corrispondenza intercorsa fra la stazione appaltante e l’operatore economico, in caso di esclusione, copia dell’eventuale segnalazione del fatto al Casellario informatico, memoria contenente la definizione della questione sottoposta all’attenzione dell’Autorità e rappresentazione delle rispettive posizioni delle parti interessate. Tale documentazione deve obbligatoriamente essere allegata a pena di non ammissibilità dell’istanza.

Transazione e accordo bonario

Inoltre anche la disciplina positiva del contratto di transazione contenuta nella parte IV del codice

degli appalti, relativa al contenzioso in materia di appalti pubblici si pone in perfetta sintonia con quanto detto precedentemente.

L’art. 239 del codice ammette la transazione solo per le controversie relative a diritti soggettivi derivanti

dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, mentre il procedimento relativo

all’accordo bonario, al quale l’art. 240, comma 18, del medesimo codice espressamente riconosce la

natura di transazione è destinato ad operare soltanto “qualora a seguito dell’iscrizione di riserve sui

documenti contabili, l’importo economico dell’opera possa variare in misura sostanziale e in ogni

caso non inferiore al dieci per cento dell’importo contrattuale, ossia in relazione a controversie

relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione del contratto di appalto.

L’art. 239 del decreto legislativo n. 163/2006 contiene una disciplina piuttosto scarna del contratto di transazione in materia di appalti pubblici (22).

Innanzi tutto vengono precisati l’ambito di applicazione del contratto ed i rapporti con l’accordo

bonario prevedendo, al comma 1, che “Anche al di fuori dei casi in cui è previsto il procedimento di

accordo bonario ai sensi dell’articolo 240, le controversie relative a diritti soggettivi derivanti

dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono sempre essere risolte

mediante transazione nel rispetto del codice civile”.

L’art. 31 bis della legge n. 109/1994 (c.d. legge Merloni), prevedeva una forma di definizione precontenziosa delle controversie insorte in sede di esecuzione dei lavori pubblici, mediante una procedura volta al raggiungimento di un accordo bonario tra la stazione appaltante e l’esecutore dei lavori.

La norma dell’art. 31 bis è stata trasfusa nell’art. 240 del codice degli appalti, con limitate, ma significative innovazioni

Innanzi tutto l’accordo bonario, che nella legge Merloni era un istituto tipico degli appalti di lavori nei settori ordinari (presupponendo la formulazione di riserve da parte dell’appaltatore), viene esteso, nei limiti della compatibilità, ai servizi e alle forniture, nonché ai settori speciali, qualora a seguito di contestazioni dell’esecutore del contratto, verbalizzate nei documenti contabili, l’importo economico controverso sia non inferiore al dieci per cento dell’importo originariamente stipulato (62), nonché agli appalti di lavori affidati dai concessionari di lavori pubblici, e dunque alla controversie tra concessionario-stazione appaltante e appaltatore, a prescindere dalla necessità che il concessionario sia a sua volta un’amministrazione aggiudicatrice.

Il comma 18 dell’art. 240 stabilisce che l’accordo bonario accettato dalle parti ma pure quello formulato dalla commissione su mandato delle parti, hanno natura di transazione

E’ importante sottolineare che nell’appalto di lavori l’onere della riserva a carico dell’appaltatore, è finalizzato a rendere immediatamente note all’amministrazione committente tutte le situazioni suscettibili di incidere sul costo complessivo dell’opera che si verificano nel corso dell’esecuzione stessa, in modo tale da porre l’amministrazione stessa in condizione di valutare, in ogni momento, l’opportunità del mantenimento ovvero del recesso dal rapporto di appalto.

Le riserve devono essere tempestivamente iscritte nel registro della contabilità dei lavori e poi confermate sul conto finale, ma non costituiscono un’intimazione di pagamento e tantomeno sono idonee a costituire in mora l’amministrazione appaltante perchè solo con l’approvazione del collaudo viene liquidato il credito dell’appaltatore.

L’art. 240 consente quindi il raggiungimento di un accordo sulle riserve poste dall’appaltatore già in fase in corso d’opera senza attendere il collaudo.

Se l’accordo fallisce è concessa all’appaltatore la possibilità di adire il Giudice o il collegio arbitrale già in corso d’opera.

Il comma 16 dell’art. 240, rende il tentativo di raggiungimento di un accordo condizione di procedibilità sia del giudizio ordinario sia dell’arbitrato

Difatti dispone che “possono essere aditi gli arbitri o il giudice ordinario in caso di fallimento del tentativo di accordo bonario,risultante dal rifiuto espresso della proposta da parte dei soggetti di cui al comma 12, nonché in caso di inutile decorso dei termini di cui al comma 12 e al comma 13”

L’art. 240 poi disciplina due distinti procedimenti volti al raggiungimento dell’accordo bonario, in relazione all’importo dell’appalto (o della concessione) che sia pari o superiore, ovvero inferiore a 10

milioni di euro, e in relazione al momento in cui la controversia insorge.

Tali procedimenti poi differiscono se si svolgano a cura di un’apposita commissione ovvero del responsabile del procedimento.

Per gli appalti di importo pari o superiore a 10 milioni di euro l’art. 240, comma 5, prevede che il

responsabile del procedimento promuova la costituzione di un’apposita commissione affinché

formuli una motivata proposta di accordo bonario. Invece per gli appalti di importo inferiore a 10

milioni di euro la costituzione della commissione è facoltativa (art. 240, comma 14, prima parte) e,

nel caso in cui non venga promossa la costituzione della commissione, la proposta di accordo

bonario è formulata dal responsabile del procedimento (art. 240, comma 15).

I due procedimenti (innanzi alla commissione e innanzi al responsabile del procedimento) hanno in

comune, oltre ai presupposti oggettivi, anche la fase di avvio. Infatti, non appena le riserve

raggiungano l’importo legale, il direttore dei lavori deve dare immediata comunicazione al

responsabile del procedimento, trasmettendo nel più breve tempo possibile la propria relazione

riservata (art. 240, comma 3).

Il responsabile del procedimento, a sua volta deve valutare l’ammissibilità e non manifesta infondatezza delle riserve, al fine dell’effettivo raggiungimento del limite di valore (art. 240, comma 4).

Tale valutazione è indispensabile sia per stabilire se vi siano i presupposti per un accordo bonario, sia per la scelta tra procedimento davanti alla commissione ovvero davanti al responsabile.

L’art. 240, comma 5, dispone che “per gli appalti e le concessioni di importo pari o superiore a dieci milioni di euro, il responsabile del procedimento promuove la costituzione di apposita commissione, affinché formuli, acquisita la relazione riservata del direttore dei lavori e, ove costituito, dell’organo di collaudo, entro novanta giorni dalla costituzione della commissione, proposta motivata di accordo bonario”.

La composizione e i criteri di scelta dei componenti rendono la commissione simile ad un collegio arbitrale ma il suo compito è limitato alla formulazione di una proposta di accordo bonario. Non ha alcun potere di adottare decisioni vincolanti per le parti.

Si tratta comunque di un organo terzo che svolge compiti di composizione della controversia restando l’accordo un atto consensuale imputabile alle parti della controversia.

C’è la possibilità che le parti stesse conferiscano alla commissione il potere di assumere decisioni vincolanti ma in questo caso compito della commissione è redigere l’accordo per conto delle parti e tale accordo ha natura di transazione.

L’accordo resta atto delle parti su contenuto predisposto dalla commissione, per questo la dottrina ha definito la fattispecie come arbitraggio piuttosto che come arbitrato irrituale.

La commissione ha un termine di novanta giorni per l’istruttoria e per la formulazione della proposta, ma non è tenuta a sentire le parti, che si pronunciano ex post sulla proposta già formulata, entro trenta giorni dal ricevimento della stessa (art. 240, comma 12), dandone comunicazione al responsabile del procedimento. Ciò non esclude, peraltro, la facoltà della commissione di procedere all’audizione informale delle parti.

Le dichiarazioni e gli atti del procedimento non sono vincolanti per le parti in caso di mancata sottoscrizione dell’accordo bonario.

Se la proposta di accordo è accettata dalle parti, il responsabile del procedimento redige verbale che viene sottoscritto dalle parti

Qualora le parti abbiano conferito alla commissione “il potere di assumere una decisione vincolante”, non trova applicazione la regola secondo la quale le parti devono pronunciarsi sulla proposta di accordo bonario e neppure la regola sulla redazione del verbale di accordo bonario, ma le parti nell’atto di conferimento si possono riservare la facoltà, prima del perfezionamento delle decisioni, di acquisire eventuali pareri necessari o opportuni (art. 240, comma 11).

Anche al di fuori dei casi in cui e’ previsto il procedimento di accordo bonario ai sensi dell’articolo 240, le controversie relative a diritti soggettivi derivanti dall’esecuzione dei contratti pubblici di lavori, servizi, forniture, possono sempre essere risolte mediante transazione nel rispetto del codice civile.

Per le amministrazioni aggiudicatrici e per gli enti aggiudicatori, se l’importo della transazione eccede la somma di 100.000 euro, e’ necessario il parere dell’avvocatura che difende il soggetto o, in mancanza del funzionario di grado più elevato con competenza per il contenzioso.

Il dirigente competente, sentito il responsabile del procedimento, esamina la proposta di transazione formulata dal soggetto aggiudicatario, ovvero puo’ formulare una proposta di transazione al soggetto aggiudicatario previa audizione del medesimo.

La transazione ha forma scritta a pena di nullità.

Marsicovetere Maria Elisabetta

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