Sistemi alternativi di amministrazione e controllo e analisi delle relazioni tra gli organi

Scarpa Dario 18/06/09
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1. Relazione interorganiche nei sistemi dualistico e monistico.
Gli ammi­nistratori, secondo il dato normativo del sistema tradizionale, riferiscono tempestivamente, secondo le modalità stabilite dallo statuto e con periodicità almeno trimestrale, al colle­gio sindacale sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior ri­lievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla so­cietà o dalle società controllate; in particolare riferiscono sulle operazioni nelle quali essi abbiano un interesse, per conto pro­prio o di terzi, o che siano influenzate dal soggetto che esercita l’attività di direzione e coordinamento[1].
Nel sistema dualistico, tale obbligo è adempiuto dal consi­glio di gestione nei confronti del consiglio di sorveglianza, men­tre in quello monistico, dagli organi delegati nei confronti del comitato per il controllo sulla gestione. La disposizione stabilisce un obbligo dei preposti al controllo interno verso l’organo di controllo presente nello specifico modello ge­stionale adottato in concreto da ogni società: nella società quotata l’informazione periodica nei confronti del collegio sindacale e del consiglio di sorveglianza deve essere realizzata dal consiglio di amministrazione e dal consiglio di ge­stione.
I singoli amministratori sono tenuti a trasmettere ai singoli componenti del collegio, con la stessa periodicità fissata dallo statuto o con la periodicità minima fissata dalla legge, tre mesi, i medesimi flussi informativi indirizzati all’organo di con­trollo. Lo stesso dovere di informazione può assumersi con riferimento al sistema monistico[2].
Il comitato per il controllo interno svolge primariamente una funzione di vigilanza sulla gestione della società, volta ad impedire il compimento di atti scorretti o opportunistici da parte degli amministratori. Il comitato per le proposte di nomina valuta le caratteristiche personali e professionali degli amministratori e informa gli azionisti, in modo che questi ultimi possano fare una scelta consapevole. Il comitato per le remunerazioni toglie ai consiglieri esecutivi la possibilità di determinare i propri compensi, riducendo le possibilità che vengano indebitamente sottratte risorse alla società per essere corrisposte a titolo di retribuzione.
Il nuovo testo dell’art. 150 TUIF prende in considerazione come beneficiario dei flussi informativi solo il co­mitato per il controllo sulla gestione e come fornitore dei flussi gli organi delegati; potrebbe tuttavia prospettarsi l’ipotesi che l’originaria formulazione della norma abbia condizionatola novella dell’art. 150 TUIF, che avrebbe finito per mantenere l’impostazione sog­gettiva originaria, senza tenere conto che nel sistema monistico il comitato, a differenza degli organi di controllo negli altri modelli, è elemen­to integrato nel consiglio di amministrazione.
Non può verificarsi un’a­simmetria informativa di tipo istituzionale nella circolazione del­le informazioni endoconsiliari. Va imposto agli organi delegati di trasmettere con eguale periodicità ai consiglieri non membri del comitato per il controllo sulla gestione gli stessi flussi indirizzati a componenti di quest’ultimo, considerando che il modello monistico è teso ad una più efficiente circolazione dell’informazione. Nel caso in cui non siano state conferite deleghe, è stato osservato che viene a mancare il centro soggettivo di imputazio­ne del dovere di informazione, cioè gli organi delegati[3].
Il modello tedesco è congegnato per consentire il confronto e la composizione tra gli interessi dei maggiori stakeholder, attraverso il sistema noto come Mitbestimmung (cogestione o codeterminazione), che garantisce larga rappresentanza nel governo dell’impresa. Questo modello si basa sulla distinzione tra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza. Il primo ha competenze e funzioni grossomodo analoghe a quelle del consiglio di amministrazione del modello tradizionale italiano. Il secondo assomma le competenze che nel modello tradizionale appartengono al collegio sindacale e all’assemblea ordinaria, quindi: funzioni di controllo sulla gestione sociale, approvazione del bilancio, nomina e revoca degli amministratori e promozione dell’azione sociale di responsabilità nei loro confronti.
La differenza principale tuttavia, rispetto al modello tradizionale italiano, fondato sulla distinzione tra consiglio di amministrazione e collegio sindacale, è che in quest’ultimo entrambi gli organi sono nominati dall’assemblea, mentre nel modello dualistico l’assemblea nomina solo il consiglio di sorveglianza, che a sua volta nomina il consiglio di gestione[4]. E’ grazie a questo procedimento di nomina, per come è disegnato negli ordinamenti tedesco e olandese, che viene garantita la presenza di esponenti delle minoranze azionarie nell’organo di controllo, il che determina di fatto una supervisione continua e la negoziazione delle scelte di gestione.
Il modello monistico (il secondo dei modelli alternativi al tradizionale previsti dalla riforma del diritto societario) è di derivazione anglosassone, ed è caratteristico delle realtà britannica e statunitense (viene infatti anche chiamato, in contrapposizione al modello dualistico, che viene detto tedesco, modello anglosassone). La caratteristica principale di questo modello è che non prevede l’esistenza di due organi, uno per la gestione e uno per il controllo sulla gestione, come avviene invece nel modello dualistico, ma di un unico organo, il consiglio di amministrazione, all’interno del quale sono creati dei comitati dedicati a specifiche materie.
La maggioranza o la totalità dei membri che compongono questi comitati devono essere amministratori indipendenti. Le specifiche materie cui è stato fatto riferimento sopra sono tre. Può essere istituito un remuneration committee, ovvero un comitato che determina gli stipendi degli amministratori e dei managers, tranne quelli degli amministratori indipendenti che compongono il comitato stesso, che sono determinati dal consiglio di amministrazione.
Può essere istituito un nomination committee, ovvero un comitato che propone all’assemblea i soggetti da eleggere come membri del consiglio di amministrazione, esplicitando le caratteristiche personali e professionali dei candidati, in modo da assicurare che tutti i soci possano esercitare un voto consapevole e informato. Infine, il comitato più meritevole di attenzione, quello che in questo sistema sostituisce il collegio sindacale del modello tradizionale (o il consiglio di sorveglianza di quello dualistico) nello svolgere la vera e propria funzione di controllo interno, è l’audit committee; termine che in italiano viene tradotto con comitato per il controllo sulla gestione o comitato per il controllo interno.
Tale comitato costituisce il fulcro su cui ruota il funzionamento del modello in esame e costituisce anche l’elemento che consente alla letteratura economico-giuridica di definire il modello monistico con l’espressione monitoring model.
L’informazione periodica deve riguardare le operazioni di maggior rilievo, per le loro dimensioni o carat­teristiche, effettuate dalla società e dalle sue controllate[5]. L’espressione economico, finanziario e patrimoniale dell’art. 150 TUIF è stata inserita consapevolmente in forma lata e pluricomprensiva al fine di non lasciare escluso alcun campo in cui possa esplicarsi l’attività dell’impresa sociale, sia l’acqui­sto o alienazione di beni strumentali rilevanti, sia le operazioni che riguardino i beni e i servizi prodotti o forniti dalla società, sia le operazioni di pura finanza strumentali alle prime due ca­tegorie.
Il requisito quantitativo dimensionale presenta una caratterizzazione ancora più chiara avendo come parametro identificante la capacità delle operazioni di inci­dere sulla situazione economico-patrimoniale della società. Esiste una tendenziale omogeneità di dati normativi che rende corretto ritenere che la nozione di operazione rilevante ai fini dell’esercizio del dovere di informazione transitiva periodica ha la medesima valenza per le società aperte e per le società chiuse. Il concetto di efficienza cambia in relazione al criterio e alle variabili accolte dall’organo decisionale: la variabile principale è il fattore temporale, così che scel­te apparentemente inefficienti nel breve periodo possono rive­larsi strategicamente profittevoli in un arco temporale più este­so[6].
 
 
2. Modalità del controllo sull’andamento gestionale della società.
La vigilanza sul rispetto dei principi di corretta amministrazione si sostanzia nel verificare la conformità delle scelte di gestione ai generali criteri di razionalità economica posti dalla scienza del­l’economia aziendale[7]. Il collegio sindacale verifica che gli amministratori non abbiano trascurato di assumere sufficienti informazioni in relazione all’operazione e che abbiano posto in essere tutte le cautele e verifiche preventive normalmente richie­ste per la scelta di quel tipo, operata in quelle circostanze e con quelle modalità; l’accento è dunque posto sulla fase istruttoria della decisione imprenditoriale.
I principi di corretta amministrazione sembrano riassumersi nell’adozione di procedure decisionali adeguate, che includono la raccolta e l’elaborazione di informazioni perti­nenti, nonché nell’evitare operazioni manifestamente irragione­voli, in conflitto di interessi o estranee all’oggetto so­ciale.
All’organo di controllo interno, rappresentato dal collegio sindacale, il TUIF riserva una serie di informazioni, il cui valore essenziale dipende, oltre che dalla loro qualità, anche dalla loro continuità nel tempo; esse assicurano una conoscenza dei fatti della gestione aziendale man mano che essi si verificano e consente quindi interventi tempestivi ed efficaci per la correzione delle eventuali irregolarità riscontrate[8].
L’art. 150 dispone che gli amministratori devono riferire tempestivamente, secondo le modalità stabilite dall’atto costitutivo e con periodicità almeno trimestrale, al collegio sindacale sull’attività svolta e sulle operazioni di maggior rilievo economico, finanziario e patrimoniale, effettuate dalla società o dalle società controllate ed in particolare sulle operazioni in potenziale conflitto di interessi. Dispone inoltre che il collegio sindacale e la società di revisione si scambino le informazioni e i dati rilevanti per l’espletamento dei relativi compiti ed infine stabilisce che le persone preposte al controllo interno riferiscano anche al collegio sindacale o su richiesta anche di uno solo dei sindaci.
Da una lettura organica del dato normativo si ricava che i sindaci assumono informazioni di propria iniziativa sulla gestione dell’impresa, ricevono fasci di notizie provenienti dagli amministratori, dalla società di revisione e dalle persone preposte al controllo interno, in un contesto agevole per rilevare irregolarità e devianze impiegando gli strumenti messi a loro disposizione dalla legge.
La legge impone alle società con titoli quotati nei mercati regolamentati di adeguare i loro statuti in modo da inserirvi regole che obblighino gli amministratori a dare ai sindaci le prescritte informazioni sia sulla loro attività complessivamente considerata, sia sulle operazioni di maggiore rilevanza sul piano economico, finanziario e patrimoniale[9].
E’ opportuno che nello statuto vengano anche indicati il modo in cui deve essere fornita l’informazione sull’attività svolta dagli amministratori e la dimensione delle operazioni che devono considerarsi di importanza tale da essere segnalate all’attenzione dei sindaci.
Non è positivamente disciplinato in quale modo i preposti al controllo interno riferiscono ai sindaci, se per mezzo di relazione scritta ovvero oralmente, periodicamente o qualora sia necessario, richiedendosi al riguardo che provveda lo statuto informativo. Pertanto, la legittimità del comportamento delle predette persone in relazione all’obbligo informativo, di cui si tratta, potrà essere valutata di volta in volta secondo le circostanze concrete.
Il modo dello scambio di informazioni fra sindaci e società di revisione non è esplicitamente disciplinato dalla legge, la quale quindi si rimette agli eventuali accordi che i soggetti interessati stringano fra di loro[10]. Sarebbe opportuno che lo statuto comprendesse una clausola con la quale precisare il tipo di comportamento che nella specie deve essere osservato.
Alla società di revisione infine gli amministratori sono tenuti a fornire tutte le notizie utili che venissero richieste. Queste informazioni potranno avere per oggetto anche il contenuto e la qualità delle operazioni di gestione ma solo se relativamente a determinate operazioni in contabilità siano stati riscontrati elementi che producano dubbi che sia necessario sciogliere per verificare la correttezza della rilevazione fattane in contabilità o in bilancio[11].
I sindaci sono tenuti ad informare i soci sull’attività di vigilanza svolta e sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati; la normativa speciale non chiarisce la modalità dell’informazione, che tuttavia deve consistere in un atto scritto da depositare nella sede sociale insieme con il bilancio di esercizio, dato che la suddetta informazione ha la funzione di mettere i soci in grado di giudicare complessivamente la condotta degli amministratori alla fine dell’esercizio[12].
L’informazione ai soci[13] viene fornita dagli amministratori, dai sindaci e dalla società di revisione per mezzo dei canali predisposti dalla legge. Gli amministratori, di norma, informano i soci, oltre che con l’atto contabile fondamentale costituito dal bilancio di esercizio, corredato secondo i casi dai bilanci o dai loro elementi essenziali delle controllate e delle società anche con la relazione sulla gestione che deve accompagnare il bilancio di esercizio[14]. Altre informazioni essi sono tenuti a fornire ai soci in occasione delle proposte di riduzione o aumento del capitale sociale, di proposte di fusione e scissione ovvero di riduzione o soppressione del diritto di opzione in relazione a particolari operazioni di aumento del capitale sociale.
 
 
3. Considerazione conclusive.
Per le società quotate o con titoli diffusi si determina un ulteriore momento informativo, da cui derivano oneri e adempimenti obbligatori che non sembra opportuno riprodurre per le società chiuse che non intendono finanziarsi sul mercato dei capitali[15].
La tensione normativa[16] verso la migliore circolazione di informazioni non può, come già specificato, trascurare una valutazione in merito al trade-off tra costi informativi gravanti sulla piccola impresa ed esigenze legate all’informazione dei terzi[17].
La presente ricerca vuole dimostrare che lo statuto informativo[18] assolve in prevalenza la funzione informativa nei confronti dei terzi, rappresentando il documento fondamentale per la conoscibilità della struttura e dell’organizzazione societaria. E’ necessario, quindi, un potenziamento del contenuto informativo dello statuto, da realizzare attraverso una maggiore precisazione dell’oggetto sociale per rendere più trasparente l’attività dell’impresa, le principali aree di affari, gli obiettivi gestionali, e, di guisa, rendere maggiormente sindacabile l’operato degli amministratori[19].
Volendo concludere le nostre riflessioni, si può affermare che la misura dell’ampiezza della voluntary disclosure scaturisce da un’analisi costi-benefici che la società effettua, in quanto la produzione e diffusione di informazione comporta dei costi per i soggetti interessati. Attesa la presenza di esternalità, è possibile indurre le società a destinare alla disclosure una quantità ottima di risorse qualora siano assicurati dei meccanismi in grado di internalizzare le esternalità[20].
Assumono rilevanza il contenuto e la modalità di circolazione dei flussi dell’informazione all’interno della organizzazione societaria. Alla lacunosità della norma giuridica si accompagna la generale eterogeneità della fonte informativa, a seconda dei rispettivi gradi di competenza specifica, di vicinanza alle fonti delle informazioni e di capacità di raccolta e analisi.
Il momento di criticità deve essere superato con l’introduzione di una regolamentazione dei processi di formazione, diffusione e utilizzo dell’informazione, volte a garantire le condizioni necessarie per l’efficienza dei mercati finanziari, tenendo distinte le informazioni endogene, che derivano automaticamente dall’attività propria dei singoli soggetti, da quelle che sono invece il risultato di elaborazioni e di specifiche ricerche; l’organizzazione di un processo di analisi e di produzione di nuovi flussi informativi da parte di singoli soggetti ha senso se è strettamente collegata alla possibilità di una fruizione esclusiva, o quantomeno prioritaria, da parte degli stessi soggetti.
 
 
Dario Scarpa


[1] In tema Piccini, Evoluzione delle idee sulla amministrazione delle società – Le responsabilità degli amministratori e dei principali azionisti di una società, in Rass. forense, 1981, 461; Rovelli, Limiti alla delega di poteri amministrativi (nota a Trib. Bologna 10 ottobre 1989 – decr.), in Le Società, 12/1989, 1319; Salafia, Durata dell’incarico amministrativo difforme dallo statuto (nota a Trib. Milano 6 marzo 1986), in Le Società, 6/1986, 616; Macri’, Ancora sul diritto di informazione dei soci e sulla chiarezza del bilancio, in Giur. comm., II, 2006, 192; Salodini, Obblighi informativi degli intermediari finanziari e risarcimento del danno. La Cassazione e l’interpretazione evolutiva della responsabilità precontrattuale, in Giur. comm., II, 2006, 632; Denozza, La nozione di informazione privilegiata tra “Shareholder Value” e “Socially Responsible Investing”, in Giur. comm., 2005, 585.
[2] Cfr. Bianchi, Considerazioni introduttive alla Corporate Governance, in Riv. soc., 1996, 405; Marchetti, Corporate governance e disciplina societaria vigente, in Riv. soc., 1996, 418; Id., Il sistema legislativo italiano e i sistemi di governo, dagli atti del convegno di Assolombarda “I meccanismi dell’integrità aziendale: il sistema di corporate governance, Milano, 1996 (in Molteni M., a cura di, I sistemi di corporate governance nelle grandi imprese italiane, Milano, EGEA, 1997); Id., L’autonomia statutaria nelle società per azioni, in Riv. soc., 2000, 573; Allegri V., Gli amministratori delle società per azioni in una prospettiva di riforma, in Riv. soc., 1999, 387. La funzione di vigilanza degli amministratori era prevista sul generale andamento della gestione, quindi non su singoli atti gestori, anche se incombeva comunque su di essi il dovere di attivarsi per impedire o rimediare ad atti singoli di cui fossero venuti a conoscenza e che avrebbero potuto recare pregiudizio alla società. Tuttavia, vigente la precedente disciplina, anche questa previsione presentava dei problemi poiché risultava estremamente difficile stabilire se l’amministratore abbia assolto al proprio obbligo di sorveglianza avendo mediatamente ponderato le informazioni ricevute o se sia stato invece negligente in quanto avrebbe dovuto richiedere ulteriori informazioni. Si veda Montalenti, Corporate Governance: raccomandazioni Consob e prospettive di riforma, in Riv. soc., 1997, 713.
[3] In arg. Calandra Bonaura, I modelli di amministrazione e controllo nella riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, 535. E’ la distinzione tra varie categorie di amministratori che consente l’articolazione del consiglio in comitati ed il funzionamento del modello monistico, per questo motivo si ritiene che le tale sistema di amministrazione e controllo sia incompatibile con la figura dell’amministratore unico. A conferma di ciò, in un recente scritto a commento di alcuni articoli della riforma si legge: la necessaria articolazione del consiglio comporta, dunque, che il modello monistico risulti incompatibile con lo schema dell’amministratore unico (Ghezzi, Commento agli artt. 2409 sexiesdecies, 2049 septiesdecies, 2409 octiesdecies, Università Commerciale Luigi Bocconi, Milano 2004). Gli stipendi sono uno strumento classico attraverso il quale gli amministratori che hanno di fatto il controllo di una società ad azionariato disperso, possono estrarre benefici privati dalla loro posizione privilegiata, fenomeno che si è ancor più accentuato con l’affermazione della prassi di retribuire gli amministratori con stock options.
[4] La legge sulla cogestione (Mittbestimmungsgesetz) del 4 maggio 1976 – che ha rafforzato i principi già contenuti nella Betriebverfassungsgesetz del 1952 – stabilisce che nelle imprese dotate di personalità giuridica con più di 2.000 lavoratori, il consiglio di sorveglianza deve essere strutturato in modo tale da assicurare la presenza – in pari numero – dei rappresentanti degli azionisti e di quelli dei dipendenti, in modo da assicurare la rappresentanza degli interessi delle due categorie e la co-decisione nelle scelte amministrative di competenza dell’Aufsichtrat. Una condizione di favore è tuttavia riservata ai rappresentanti degli azionisti, ai quali spetta ordinariamente – salvo che intervenga una speciale deliberazione, con il voto favorevole dei due terzi dei componenti del consiglio – la designazione del presidente dell’Aufsichtrat. Sulla riforma della legge azionaria, v. G.B. Portale, L’entrata in vigore della recente legge di riforma dell’ Aktiengesetz, in Riv. soc., 2002, 1310 ss.; le modifiche di maggiore rilievo concernono le attribuzioni ed il funzionamento del consiglio di sorveglianza – in una prospettiva di rafforzamento della funzione di controllo attribuita a tale organo e di maggiore separatezza rispetto al Vorstand – e un incremento degli obblighi di comunicazione sui piani gestionali annunciati a carico degli amministratori, oltre ad interventi sulla disciplina delle operazioni sul capitale. L’approvazione della legge è stata preceduta dai lavori della commissione presieduta da Baums, composta da ventitre esperti ed istituita dal Governo federale nel mese di maggio 2000, la cui relazione finale è stata pubblicata il 10 luglio 2001, vedi K.J. Hopt, Direzione dell’ impresa, controllo e modernizzazione del diritto azionario: la relazione della Commissione governativa tedesca sulla corporate governance, in Riv. soc., 2003, 182 ss.
[5] Cfr. Rabitti, Rischio organizzativo e responsabilità degli amministratori, Milano, 2004, 118. Si veda anche Hansmann, Kraakman, The Essenntial Role of Organizational Law, NYU Law and Economics Working Paper e Id.,Il ruolo essenziale dell’organizational law, in Riv. soc., 2001, 21. Dall’analisi economica del diritto, leit-motiv dell’evoluzione giurisprudenziale statunitense, emerge con forza la necessità di una regolazione dell’assetto organizzativo-patrimoniale della società per una migliore interrelazione con i soggetti terzi (gruppi) che hanno contatti con l’impresa, si veda, altresì. L’insieme delle informazioni e la loro direzione verso il pubblico, i soci, l’organo di controllo, la società di revisione e le Autorità di vigilanza rappresentano lo strumento di cui la legge si è servita per costruire sui titoli ammessi alla negoziazione nei mercati regolamentati un clima di particolare fiducia ed affidamento idoneo a garantire la sicurezza degli investimenti nella considerazione che tale fiducia va intesa, da parte di chi opera su tali mercati, quale elemento a tali mercati connaturale. La serietà delle garanzie offerte dalla legge è però condizionata dal corretto e accurato impiego del sistema sanzionatorio, il quale appare diretto soprattutto a scoraggiare le violazioni della legge e ad incrementare quindi il tasso di fiducia che i cittadini devono avere nei confronti delle istituzioni societarie e del mercato dei titoli. In tema si veda Rossi-Stabilini, Virtù del mercato e scetticismo delle regole: appunti a margine della riforma del diritto societario, in Riv. soc., 2003, 4 e ss.
[6] Cfr. Rabitti Rischio organizzativo e responsabilità degli amministratori, cit., 13; Cabras, La responsabilità per l’amministrazione delle società di capitali, Torino, 2002, 33.
[7] I sindaci vigileranno periodicamente sull’efficienza del sistema e a tale fine attiveranno una serie di incontri con gli attori del controllo interno (quali il controllo di gestione, l’Internal Auditing, la società di revisione e gli altri preposti) per ottenere informazioni sulle modalità di esercizio delle funzioni di controllo diretto. L’attività descritta verrà esercitata con diverso impegno in dipendenza delle osservazioni preliminari sull’affidabilità del sistema organizzativo e liberamente svolta dal collegio sindacale nell’ambito dei poteri che gli sono conferiti dal D.Lgs 58/1998 ed in particolare: art. 149, 2° comma, con riferimento alla partecipazione alle Assemblee e alle riunioni del consiglio di amministrazione e del comitato esecutivo; art. 149, 3° comma, relativamente all’obbligo della comunicazione alla Consob delle irregolarità riscontrate; art. 150, 1° comma, con riguardo all’informativa trimestrale degli amministratori sull’attività svolta; art. 150, 2° comma, attraverso lo scambio di informazioni rilevanti con la società di revisione; art. 150, 3° comma, utilizzando le informazioni di coloro che sono preposti al controllo interno. Il collegio sindacale potrà inoltre avvalersi della collaborazione di dipendenti della società, previa comunicazione al presidente del consiglio di amministrazione, come di propri dipendenti e ausiliari debitamente autorizzati dalla società per accedere, se del caso, a informazioni riservate. Non è escluso che il collegio sindacale possa chiedere agli amministratori di incaricare un professionista esterno, per valutare il sistema di controllo tramite un confronto con quello di altre società che, a parità di obiettivi, sia riconosciuto particolarmente efficace.
[8] Si consiglia la lettura di Montalenti, Conflitto di interessi e funzioni di controllo: collegio sindacale, consiglio di sorveglianza, revisori, in Giur. comm., 2007, 555; Olivieri, I controlli “interni”nelle società quotate dopo la legge sulla tutela del risparmio, in Giur. comm., 2007, 409; Michieli, La solidarietà dei sindaci nella responsabilità degli amministratori, II, in Giur. comm., 2007, 417; Rordorf, Il nuovo sistema dei controlli sindacali nelle società per azioni quotate, in Foro it., 1999, V, 238. Vedi anche Irrera, Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari nella legge sul risparmio e nel decreto correttivo, in Giur. comm., 2007, 484; Montalenti, Corporate governance, consiglio di amministrazione, sistemi di controllo interno: spunti per una riflessione, in Riv. soc., 2002, IV, 821 e Id., L’amministrazione sociale dal testo unico alla riforma del diritto societario, in Giur. comm., 2003, 422.
[9] Cfr. Guglielmucci, La responsabilità di amministratori liquidatori e sindaci nelle società per azioni, in Le Società, 2/1982, 121; Fois, Le clausole generali e l’autonomia statutaria nella riforma del sistema societario, in Giur. comm., 2001, 421; Fabiani, Norme elastiche, concetti giuridi­ci indeterminati, clausole generali, "standards" valutativi e principi generali del­l’ordinamento, in Foro it., 1999, I, 3558; Rescigno, Appunti sulle clausole generali, in Riv. dir. comm., 1998, I, 1; Salvestroni, Principi e clausole generali, clausole "abusive" e "vessatorie" e diritto comunitario, in Riv. dir. comm., 1995, I, 11.
[10] Cfr. Di Giulio, Natura dell’incarico, revoca e determinazione del compenso degli amministratori (nota a trib. Milano 18 maggio 1995), in Le Società, 1995, 68; Fattori, Amministratore di fatto di società di capitali: natura e responsabilità (nota a Trib. Milano 11 dicembre 1997), in Le Società, 1998, 802; Pacchi Pesucci, Gli amministratori di società per azioni nella prassi statutaria, in Riv. soc., 1974, 606.
[11] Sul loro contenuto si può dire che esse devono avere per oggetto quelle notizie che siano o possano essere rilevanti nell’ambito del compito di controllo a ciascuno dei predetti soggetti affidato; per esempio, mentre la società di revisione dovrà riferire ai sindaci le irregolarità o le anomalie della gestione che ha potuto ricostruire per mezzo dell’esame della contabilità e la valutazione dei documenti di sostegno, i sindaci dovranno riferire alla prima le anomalie o irregolarità contabili che hanno riscontrato nell’accesso alla contabilità che essi hanno fatto per verificare gli sviluppi delle operazioni di gestione.
[12] Cfr. La Rosa, Black out nei controlli: stato dell’arte e prospettive di riforma in tema di revisione contabile, in Giur. comm., 2005, 183; Loffredo, Modifiche, piccole e non, in tema di responsabilità dei sindaci di s.p.a., in Giur. comm., 2005, 630; Cacchi Pessani, Corporate governance, sistema dei controlli e intermediari reputazionali negli Stati Uniti d’America, in Giur. comm., 2003, 746; Ambrosini, L’amministrazione e i controlli nella società per azioni, in Giur. comm., 2003, 308; Caselli, Elogio, con riverse, del collegio sindacale, in Giur. comm., 2003, 251; Salodini, Il parere del collegio sindacale in merito alla revoca dell’incarico di revisione contabile nelle società quotate, in Giur. comm., II, 2004, 416.
[13] Cfr. in arg. Bocchini, Introduzione al diritto commerciale nella new economy, cit., 33. L’autore, sulla base della teoria economica dell’informazione, introduce il teorema della responsabilità: la responsabilità dell’amministratore è data dal rapporto fra il potere che lo stesso possiede e l’informazione che fornisce. I soggetti terzi devono ricevere informazioni sulla corrente situazione patrimoniale della società, informazioni che siano chiare, corrette e vere attesa, nelle società di capitali, la responsabilità limitata dei soci al contrario di quanto accade nelle società di persone ove oltre il patrimonio sociale i creditori sociali si avvantaggiano della responsabilità illimitata dei soci. L’informazione viene fornita dagli amministratori, dai sindaci e dalla società di revisione per mezzo dei canali predisposti dalla legge. L’organo amministrativo, di regola, informa i soci, oltre che con l’atto contabile principe costituito dal bilancio di esercizio, corredato secondo i casi dai bilanci o dai loro elementi essenziali delle controllate e delle società collegate nonché dall’eventuale bilancio consolidato, anche con la relazione sulla gestione che deve accompagnare il bilancio di esercizio. Ulteriori informazioni essi sono tenuti a fornire ai soci in occasione delle proposte di riduzione o aumento del capitale sociale, di proposte di fusione e scissione ovvero di riduzione o soppressione del diritto di opzione in relazione a particolari operazioni sul capitale sociale.
[14] L’insieme delle informazioni attese dai soggetti che entrano in rapporto con l’impresa riguarda, innanzitutto, l’operatività nei settori di business e le performance reddituali. Tali esigenze vengono soddisfatte mediante l’informazione contabile, che trova il suo fondamento nella disciplina e pubblicità del bilancio delle imprese (stato patrimoniale, conto economico e nota integrativa), arricchito dalle notizie contenute nelle relazioni degli amministratori sulla gestione e del collegio sindacale. La struttura del bilancio, regolata dagli artt. 2423-2425 c.c., risulta nella sostanza equivalente per le società quotate e per quelle non quotate, benché solo per le prime – inclusi, dopo il TUIF, gli emittenti strumenti finanziari diffusi tra il pubblico in misura rilevante – siano previste informazioni aggiuntive nei documenti contabili ufficiali, una maggiore frequenza nella diffusione dei risultati di gestione e la revisione contabile obbligatoria. L’impianto dell’informazione contabile sulle società quotate, sulle imprese non quotate e sui gruppi societari è il risultato dell’impulso dato dalla legislazione comunitaria ai singoli ordinamenti interni, modellati sulla relativa normativa. Interventi sugli schemi dei bilanci non possono che dipendere da modifiche delle fonti comunitarie, anche per evitare asimmetrie tra gli ordinamenti, all’origine di disparità concorrenziali tra gli operatori. Il Comitato economico e sociale, chiamato dalla Commissione europea a valutare prospettive e ostacoli potenziali ai mercati europei dei capitali per le PMI, ha ritenuto che le norme di contabilità non pongono alcun problema di rilievo, sebbene siano considerate opportune modifiche delle legislazioni nazionali per consentire alle imprese di applicare i principi contabili internazionali. Per l’informazione contabile di gruppo scattano nei confronti delle società controllanti e, in parte, delle controllate obblighi informativi sui rapporti infragruppo completati dalla prevista redazione del bilancio consolidato da parte della controllante, anche se il fenomeno del gruppo di imprese non trova una sua organica disciplina nel diritto societario.
[15] Rovelli, Limiti alla delega di poteri amministrativi (nota a Trib. Bologna 10 ottobre 1989 – decr.),in Le Società, 12/1989, 1319; Montalenti, Corporate Governance: raccomandazioni Consob e prospettive di riforma, in Riv. soc., 1997, 71; Presti, Le raccomandazioni Consob nella cornice della corporate governance, in Riv. soc, 1997, 739; Rescigno M., La Consob e la corporate governance: prime riflessioni sulla comunicazione della Consob 20 febbraio 1997 in materia di controlli societari, , in Riv. Soc., 1997, 758.
[16] Il sistema di pubblicità legale in campo societario è imperniato sul registro delle imprese, le cui norme di attuazione sono recenti. Lo scopo degli interventi normativi consisteva nel sostituire la pubblicità legale basata sull’esame dell’atto con quella realizzata in forma tipizzata e strutturata in modo da facilitare la conoscibilità dei fatti societari; ciò avrebbe dovuto dar luogo a una selezione dell’informazione e garantire la tempestività della stessa su tutto il territorio nazionale. Da più parti si sostiene che i richiamati scopi non siano stati realizzati, principalmente a causa della mancata modificazione delle norme del codice, rimaste incentrate su principi poco compatibili con le esigenze di una moderna economia: così, ad esempio, l’opponibilità degli atti ai terzi si presume soltanto con l’iscrizione materiale dei singoli documenti nell’ufficio del registro delle imprese territorialmente competente, senza che sia riconosciuta l’equivalenza, e quindi il valore legale, alle forme di pubblicità in via informatica rese possibili dai recenti provvedimenti attuativi.
[17] Cfr. in arg. Cupido, Diritto del socio o del terzo "direttamente danneggiato" al risarcimento del danno (nota ad App. Milano 9 novembre 1993), in Le Società, 5/1994, 618; Di Marco, I comitati aziendali europei (commento a Commissione CEE – Proposta di direttiva del Consiglio 12 dicembre 1990), in Le Società, 8/1991, 1150; Domenichini, Responsabilità civile degli amministratori ex art. 146 L.F.: gli amministratori di fatto (commento a Trib. Milano, Sez. II Civ., 21 dicembre 1992), in Società e diritto, 1993, 355; Enriques, Azione sociale di responsabilità, abuso della minoranza e divieto di voto in capo ai soci amministratori, in Giur. comm., 1994, II, 144.
[18] Cfr. Bocchini, Introduzione al diritto commerciale nella new economy, cit., 39.
[19] Si veda De Angelis, Principi di comportamento del collegio sindacale (Presentazione – Consiglio nazionale dottori commercialisti), in Le Società, 3/1988, 294; Montinari, Il collegio sindacale dopo la riforma del diritto societario, in Le Società, 7/2005, 847; Salafia, La funzione di controllo del collegio sindacale, in Le Società, 9/1994, 1165; Id., La riforma del collegio sindacale, in Le Società, 10/1997, 1121; Id., Profili di responsabilità nel controllo legale dei conti di società e gruppi, in Le Società, 4/2005, 417; Tedeschi, I requisiti dei revisori contabili e dei sindaci, in Le Società, 5/1992, 598.
[20] Per una visione comparatistica si veda Kronman, Mistake, Duty of Disclosure, Information and Law of Contracts, in Journalof Leg. Stud., 1978, 4; Beales, Craswell, Salop, The Efficient Regulation of Consumer lnformation, in Journal of Law & Econ., 1981, 491; Schulze, Ebers, Grigoleit, Informationspflichten und Vertragsschluss im Acquis communautaire, Tùbingen 2003, con recensione di Troiano in Riv. dir. civ.,2005, 94; Herteux, L’informations des actionaires et des épargnants. Etude comparatire, Paris 1961; Balate, Stuyck, Pratiques du commerce. Informations et protection du consummateur, Bruxelles, 1988.

Scarpa Dario

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