Sequestro di dispositivi informatici e rispetto del principio di proporzionalità e adeguatezza

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La Corte di Cassazione, con sentenza n. 222 del 3 gennaio 2024, ha chiarito quando il sequestro probatorio di dispositivi informatici è illegittimo per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza.

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Corte di Cassazione – Sez. VI Pen. – Sent. n. 222 del 03/01/2024

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Indice

1. I fatti

La pronuncia della Corte di Cassazione scaturisce dal ricorso presentato dalla persona sottoposta ad indagine, in qualità di direttore di un’azienda, per il delitto di cui all’art. 353 cod. pen. in quanto avrebbe turbato la procedura ad evidenza pubblica per il reperimento di forniture per circa 30 milioni di euro, stabilendo nel bando requisiti tecnici posseduti unicamente dalla società e per il delitto di cui agli artt. 110, 479 cod. pen., in quanto avrebbe falsamente attestato di aver sottoposto un soggetto a una visita medica per giustificarne l’assenza dal lavoro.
Il ricorso è stato presentato avverso l’ordinanza del Tribunale dell’Aquila il quale ha rigettato la richiesta di riesame riguardante il decreto di sequestro probatorio emesso dal Pm e ha confermato il decreto impugnato con riferimento all’acquisizione dei dati digitali necessari.
Tre i motivi proposti: 1) violazione dell’art. 325 cod. proc. pen. per difetto del nesso di pertinenzialità e del rispetto del principio di proporzionalità in quanto il decreto del pubblico ministero non avrebbe indicato i soggetti con i quali sarebbero intervenute le chat oggetto dei dati da ricercare. Tale carenza renderebbe l’apprensione dei dati informatici generalizzata ed esplorativa; 2) violazione dell’art. 253 cod. proc. pen., in riferimento all’art. 117 Cost., 8 CEDU e agli artt. 7, 8 e 52, par. 1, CDFUE, per mancata osservanza del principio di proporzionalità, in quanto il Tribunale del riesame avrebbe operato una limitazione del vincolo reale esclusivamente sotto il profilo temporale, consentendo, in violazione del diritto di riservatezza del ricorrente, l’acquisizione dell’intera massa dei dati contenuti nel dispositivo sequestrato, anche se irrelati rispetto all’ipotesi di accusa; 3) mancanza assoluta di motivazione in ordine all’omessa previsione della restituzione della copia-clone e della copia mezzo (ossia della copia informatica di tutto il contenuto digitale appreso e memorizzato su supporto) all’esito delle operazioni informatiche.

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2. Sequestro di dispositivi informatici e principio di proporzionalità: l’analisi della Cassazione

La Corte di Cassazione, dichiarando fondato il ricorso, analizza la questione osservando come, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, il principio di proporzionalità assolva “ad una funzione strumentale per un’adeguata tutela dei diritti individuali in ambito processuale penale, e ad una funzione finalistica, come parametro per verificare la giustizia della soluzione presa nel caso concreto“.
Riprendendo, inoltre, autorevole giurisprudenza delle Sezioni Unite, la Corte sottolinea che “ogni misura cautelare, per dirsi proporzionata all’obiettivo da perseguire, dovrebbe richiedere che ogni interferenza con il pacifico godimento dei beni trovi un giusto equilibrio tra i divergenti interessi in gioco. Dunque, solo valorizzando l’onere della motivazione è possibile […] tenere sotto controllo l’intervento penale quanto al rapporto con le libertà fondamentali ed i beni costituzionalmente protetti quali la proprietà e la libera iniziativa economica privata“.
Ad avviso della Suprema Corte, dunque, la proporzionalità della misura cautelare costituisce oggetto di una ineludibile valutazione preventiva da parte del giudice della cautela reale affinché non comporti un’ingerenza nell’esercizio dei diritti fondamentali più incisiva rispetto a quella strettamente funzionale a tutelare le esigenze cautelari da soddisfare nel caso di specie.
Per quanto riguarda, invece, il decreto di sequestro probatorio di materiale informatico, la Cassazione chiarisce che “l’acquisizione indiscriminata di un’intera categoria di beni, nell’ambito della quale procedere successivamente alla selezione delle singole res strumentali all’accertamento del reato, è consentita a condizione che il sequestro non assuma una valenza meramente esplorativa e che il pubblico ministero adotti una motivazione che espliciti le ragioni per cui è necessario disporre un sequestro esteso e onnicomprensivo, in ragione del tipo di reato per cui si procede, della condotta e del ruolo attribuiti alla persona titolare dei beni, e della difficoltà di individuare ex ante l’oggetto del sequestro“.

3. La decisione della Cassazione

Alla luce di quanto finora esposto, la Corte di Cassazione ha sancito che è “illegittimo, per violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza, il sequestro a fini probatori di un dispositivo elettronico che conduca, in difetto di specifiche ragioni, alla indiscriminata apprensione di una massa di dati informatici, senza alcuna previa selezione di essi e comunque senza l’indicazione degli eventuali criteri di selezione“.
Infatti, chiarisce la Corte, nell’adottare il decreto di sequestro probatorio di uno strumento informatico, il pubblico ministero non solo deve motivare sulla impossibilità di conseguire il medesimo risultato in altri modi, ma deve modulare il sequestro, ove possibile, in maniera tale da non compromettere la funzionalità del bene sottoposto al vincolo reale, anche oltre le effettive necessità dettate dalla esigenza che si intende neutralizzare. Il vincolo cautelare deve, dunque, essere conformato in modo tale da non arrecare un inutile sacrificio di diritti.
La Cassazione sottolinea come il Tribunale del riesame non abbia fatto buon governo di tali principi e, nell’annullare senza rinvio l’ordinanza impugnata e il decreto di sequestro, ha ordinato la restituzione all’avente diritto del materiale sequestrato, rammentando un autorevole orientamento giurisprudenziale secondo il quale, in tema di sequestro di materiale informatico, “la mera integrazione nella disponibilità del titolare del bene fisico oggetto di un sequestro probatorio non elimina il pregiudizio determinato dal vincolo cautelare su diritti fondamentali certamente meritevoli di tutela, quali quello alla riservatezza e al segreto o, comunque, alla disponibilità esclusiva del patrimonio informativo“.

Riccardo Polito

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