In caso di sequestro conservativo adottato con sentenza, come l’imputato può sollecitare il riesame
1. La questione
Il giudice monocratico del Tribunale di Torino, in sede di giudizio direttissimo, applicando all’imputato, su richiesta delle parti, in relazione al delitto di cui all’art. 73 comma 5 TU Stup., una pena finale pari a mesi sei di reclusione ed euro 800,00 di multa, disponeva altresì il sequestro conservativo di una somma di denaro, già in sequestro, a garanzia del pagamento della multa.
Ciò posto, avverso la suddetta sentenza proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato che presentava un unico motivo relativo alla “illegalità della misura di sicurezza della confisca del denaro in sequestro”, sostenendo che, a suo avviso, il giudice aveva errato nel disporre la confisca del denaro, misura possibile, per i reati di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, solo nei casi di cui all’art. 240 cod. pen. ovvero quando sia concretamente provata la illecita provenienza del bene in sequestro, presupposti che, sempre secondo la difesa, non erano rinvenibili nel caso di specie.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte riteneva il ricorso proposto inammissibile sulla scorta di quell’orientamento nomofilattico secondo il quale, in caso di sequestro conservativo adottato con sentenza, l’imputato può sollecitarne il riesame solo attraverso l’impugnazione della sentenza medesima, non potendo altrimenti impedire l’irrevocabilità della pronuncia e, conseguentemente, l’inammissibilità di un’autonoma richiesta di riesame (da ultimo, v. Sez. III, n. 37858/15), rilevandosi al contempo come questo principio sia applicabile anche qualora la conversione del sequestro probatorio sia stata disposta in una sentenza di “patteggiamento” (Sez. III, n. 3265 del 29 novembre 2012).
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito come l’imputato può sollecitare il riesame in caso di sequestro conservativo adottato con sentenza.
Si afferma difatti in cotale pronuncia, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico, che, ove questa misura cautelare reale sia disposta con sentenza, si può contestarla solo attraverso l’impugnazione della sentenza, e non autonomamente.
E’ dunque consigliabile, perlomeno alla luce di questo approdo ermeneutico, non impugnare tale misura autonomamente quando essa sia stata applicata dal giudice nella sentenza, ma contestarla nell’impugnazione avverso siffatta decisione.
Il giudizio in ordine a quanto statuito in codesto provvedimento, proprio perché chiarisce come mezzo di impugnazione si deve considerare nel caso di specie, dunque, non può che essere che positivo.
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