Separazione, le novità dalla Suprema Corte

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Una recente sentenza della Suprema Corte di Cassazione (Cass. ord. n. 6145/18 del 14.03.2018), ha ricordato le modalità dettate dal codice di procedura civile, in relazione alla separazione.

La separazione si verifica quando la convivenza è diventata intollerabile e c’è bisogno di autorizzare subito i coniugi a vivere separati e a sciogliere la relativa comunione.

Succede sempre più spesso che la causa si divida in momenti diversi, ciascuno con una propria funzione.

Ogni volta che le parti pongono in essere una separazione consensuale, si incontrano davanti al Presidente del tribunale, che tentata una conciliazione rapida e formale, li dichiara “separati”, e trascorsi sei mesi possono divorziare.

Se non c’è accordo, bisogna fare la separazione giudiziale con una vera e propria causa, che si concretizza con i coniugi uno contro l’altro.

Il procedimento inizia con un primo incontro davanti al Presidente del Tribunale, che tenta una conciliazione, se non riesce, adotta i provvedimenti urgenti in attesa di quelli definitivi che deciderà il giudice della causa vera e propria.

Il Presidente determina una misura provvisoria dell’assegno di mantenimento e la collocazione dei figli con il diritto a poterli vedere dell’altro genitore.

Il giudizio procede con il cosiddetto “giudice istruttore”, che valuterà le prove e adotterà la sentenza definitiva.

Il codice di procedura civile (ex art. 709 bis c.p.c.) stabilisce che “all’udienza davanti al giudice istruttore se il processo devea continuare per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche, il tribunale emette sentenza non definitiva relativa alla separazione, contro la quale è ammesso appello immediato che è deciso in camera di consiglio”.

La legge consente che il giudice istruttore si possa pronunciare subito sullo status di separati con sentenza non definitiva per poi consentire che il  processo prosegua per la richiesta di addebito, per l’affidamento dei figli o per le questioni economiche.

Se la situazione di intollerabilità della convivenza rende matura la decisione sulla separazione, il Tribunale è tenuto a pronunciare sentenza non definitiva, alla quale farà seguito la prosecuzione del giudizio per le altre decisioni.

Secondo i giudici, sarebbe uno strumento di accelerazione dello svolgimento del processo che non determina un’arbitraria discriminazione nei confronti del coniuge economicamente più debole, sia perché è sempre possibile richiedere provvedimenti temporanei e urgenti, sia per l’effetto retroattivo, sino al momento della domanda, che può essere attribuito in sentenza al riconoscimento dell’assegno di divorzio.

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