Separazione dei coniugi e affidamento dei figli

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Quando un matrimonio finisce si deve regolamentare l’affidamento dei minori e il diritto di visita del genitore non convivente.

Allo scopo di favorire il principio di bigenitorialità, il giudice prevede che i bambini vengano affidati alla mamma e al papà anche se abiteranno con uno dei due.

Se uno dei genitori non dovesse risultare adatto dal lato educativo, si procede con l’affidamento esclusivo.

Quando la separazione si rende necessaria

Le coppie sposate che decidono di separarsi sono sempre più in aumento.

Le cause di una simile decisione possono essere diverse: fine dell’amore, tradimento, incompatibilità di carattere e simili.

Spesso si incorre nell’errore di pensare che al divorzio si possa arrivare subito.

Non accade in questo modo, perché, nonostante la legge abbia accorciato molto i tempi per divorziare, i coniugi devono passare prima dalla separazione.

Si deve attraversare una fase transitoria durante la quale i due coniugi mantengono il loro status nonostante abitino in case diverse.

Questo periodo provvisorio può sfociare in una riconciliazione, con la conseguenza che la procedura avviata decada, oppure che si arrivi alla pronuncia di divorzio che segnerà per sempre la fine del vincolo matrimoniale.

I coniugi separati, essendo ancora sposati, dovranno essere lo stesso tenuti all’obbligo di contribuzione nell’interesse della famiglia, all’assistenza morale e materiale reciproca e al dovere di mantenere, educare e istruire i figli, se siano presenti.

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In che modo avviene la separazione

La separazione può assumere la forma consensuale oppure quella giudiziale.

È consensuale quando i coniugi decidono di comune accordo ogni aspetto del loro rapporto, dal mantenimento all’affidamento dei figli minori.

In simili casi, possono scegliere di depositare un ricorso congiunto in Tribunale, procedere con la negoziazione assistita oppure recarsi nel Comune del luogo nel quale è stato trascritto il matrimonio e dichiarare la loro volontà di separarsi all’ufficiale di Stato civile.

Questa opzione, però, è ammessa esclusivamente se la coppia non ha figli minori o maggiorenni con handicap o non indipendenti economicamente.

È giudiziale quando rappresenta l’unica alternativa possibile se tra i coniugi ci siano dei contrasti.

È necessario depositare un ricorso in Tribunale e avviare un procedimento nel quale, una volta fallito il tentativo di conciliazione, vengono assunti provvedimenti temporanei e urgenti in relazione al mantenimento e all’affidamento dei figli minori.

Separazione collocazione e affidamento dei figli

A volte accade che si faccia molta confusione in relazione alla collocazione e all’affidamento e  dei figli, credendo che si tratti della stessa cosa, mentre in realtà, sono due istituti diversi.

Il collocamento è relativo alla residenza del minore, vale a dire, al luogo nel quale il figlio abiterà dopo la separazione dei genitori.

L’affidamento è relativo all’esercizio della responsabilità genitoriale, ai poteri decisionali sui figli minori sul mantenimento, l’educazione, l’istruzione.

I genitori devono decidere di comune accordo il collocamento, vale a dire, la residenza abituale dei figli, prendendo in considerazione le capacità, le inclinazioni naturali e le aspirazioni degli stessi.

In presenza di contrasti, la scelta spetterà al giudice.

Il collocamento dei figli può essere di tipo paritario, invariato o prevalente.

Paritario nel senso che il minore trascorre, in modo alternato lo stesso tempo presso l’abitazione del padre e della madre.

In realtà questa soluzione è abbastanza rara perché costringe il figlio a continui spostamenti e i genitori a vivere in luoghi vicini.

Invariato quando sono i genitori a trasferirsi, nel senso che il figlio resta nella casa coniugale e abiterà con il padre e la madre a periodi alternati.

Ad esempio, un mese con uno e un mese con l’altra.

Anche questa seconda soluzione non è di facile applicazione perché ogni genitore dovrebbe avere a disposizione un appartamento nel quale abitare quando non è con il figlio.

Prevalente è l’opzione più diffusa e consente ai figli di abitare con uno dei genitori, di solito la madre, alla quale viene assegnata la casa coniugale.

Il genitore non collocatario potrà esercitare il diritto di visita e vedere i figli secondo le modalità previste nel provvedimento di separazione, compresi i weekend e i periodi di vacanza.

Non esiste una formula che consenta una uguale suddivisione dei tempi di permanenza con i figli, ma è necessario valutare caso per caso e adottare la soluzione che risponda nel modo migliore all’interesse degli stessi.

Questo è il collocamento, diverso è l’affidamento dei figli minori.

Come accennato in precedenza, anche dopo la separazione o il divorzio i genitori sono tenuti a mantenere, educare e istruire i figli, che hanno il diritto di mantenere un rapporto di equilibrio e di continuazione sia con la mamma sia con il papà , conservando rapporti significativi con gli ascendenti e con i parenti di ogni ramo genitoriale.

Se esistono i presupposti, nella maggior parte dei casi si sceglie il regime di affidamento condiviso con la conseguenza che le decisioni di maggiore importanza per i figli, ad esempio, i bambini che devono frequentare una determinata scuola, dovranno essere prese dai genitori di comune accordo.

Se un genitore si dovesse dimostrare completamente inadeguato, nel senso che non sia adatto dal lato educativo perché con il suo comportamento potrebbe arrecare un pregiudizio ai figli, ad esempio, la madre violenta o il padre alcolizzato, il giudice sceglie in via eccezionale l’affidamento esclusivo.

In simili casi la responsabilità dei genitori viene esercitata dal soggetto affidatario nonostante l’altro conservi la titolarità e la possibilità di interferire nelle decisioni più rilevanti nell’interesse dei minori.

Anche in questo caso resta il diritto di visita del genitore non affidatario, se il giudice lo abbia sospeso, e il suo dovere di mantenimento nei confronti della prole.

L’affidamento esclusivo può anche essere richiesto da entrambi i genitori di comune accordo.

In questi casi, il presupposto non è la non idoneità ad essere adeguati educatori di uno dei genitori, ma un’esigenza di salute o lavoro.

Ad esempio, al papà che lavora in un altro Continente.

Questa è una proposta da sottoporre al giudice, il quale dovrà accertare che corrisponda a quelli che sono gli interessi dei minori.

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Dott.ssa Concas Alessandra

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