Senza una idonea cauzione, l’offerta è “tamquam non esset”, cioè del tutto improduttiva di effetti:la conseguenza successiva è la non aggiudicazione della gara, come riverbero indiretto della presentazione di una offerta inefficace

Lazzini Sonia 19/02/09
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Quali possono essere le conseguenze di un’omessa presentazione della cauzione provvisoria? Qual è la sorte del contratto, nel frattempo sottoscritto, in caso di annullamento dell’aggiudicazione? Qual è il giudice competente, quello ordinario oppure quello amministrativo?
 
L’impugnata aggiudicazione dell’incanto di beni comunali è illegittima, atteso che l’offerta presentata dall’aggiudicataria è priva di una valida cauzione._Poiché il bando di gara, nella sezione recante <> prevede la presentazione di una cauzione pari ad euro 5000,00, specificando che la stessa può essere costituita a mezzo di assegno circolare non trasferibile intestato al Comune, ovvero in contanti, o ancora a mezzo di polizza fidejussoria e considerato che la ditta controinteressata ha allegato alla dichiarazione di offerta un assegno bancario, non idoneo a costituire la cauzione richiesta a garanzia dell’offerta., l’offerta della stessa non poteva essere accettata e di conseguenza l’aggiudicazione deve essere considerata illegittima_ Mentre l’assegno circolare è un idoneo strumento di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, in tutto equivalente al versamento in contanti delle somme dovute , l’assegno di conto corrente bancario è insuscettibile di garantire l’effettiva copertura e la serietà dell’offerta, di talché non assolve all’obbligo di effettiva garanzia, né è sufficiente a integrare il corretto deposito cauzionale _Come è noto, in caso di annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione da parte del giudice amministrativo, resta devoluta alla cognizione del giudice ordinario la questione della sorte del contratto nel frattempo stipulato per i beni aggiudicati all’asta (. Sennonché, il giudice amministrativo può comunque pronunciarsi incidentalmente, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 1034 del 1971, di guisa che, per fattispecie analoghe a quella in esame, si è ormai formato un orientamento giurisprudenziale che postula che l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione operi quale causa di inefficacia successiva, ma non retroattiva
 
Merita di essere segnalata la sentenza numero 1 del 14 gennaio 2009, emessa dal Tar Molise, Campobasso, dalla quale impariamo che:
 
Il bando prevede la presentazione della cauzione <> e se ne comprende bene la ragione: la cauzione costituisce parte integrante dell’offerta, non semplice elemento di corredo della stessa, avendo la finalità di garantire la serietà della partecipazione alla gara e l’adempimento dell’impegno a contrattare in caso di aggiudicazione>> e se ne comprende bene la ragione: la cauzione costituisce parte integrante dell’offerta, non semplice elemento di corredo della stessa, avendo la finalità di garantire la serietà della partecipazione alla gara e l’adempimento dell’impegno a contrattare in caso di aggiudicazione (cfr.: Cons. Stato IV, 15.11.2004 n. 7380; idem V, 15.11.2001 n. 5843). Ne consegue che, senza una idonea cauzione, l’offerta è <>, cioè del tutto improduttiva di effetti. La conseguenza successiva è la non aggiudicazione della gara, come riverbero indiretto della presentazione di una offerta inefficace.
 
Ma non solo
 
La parte controinteressata, costituitasi nel giudizio, eccepisce che l’offerta della ditta ricorrente potrebbe non essere stata valida ed efficace, per una qualche ragione. Quand’anche ciò rispondesse al vero, l’eccezione, a giudizio del Collegio, è inconferente ai fini della decisione del ricorso. Non viene proposto, infatti, dalla parte controinteressata un ricorso incidentale, di guisa che la posizione della ricorrente nella gara non può essere oggetto di alcuna particolare considerazione, che non sia la valutazione del suo interesse diretto o strumentale a vedere annullata l’aggiudicazione della gara. Il ricorso, pertanto, resta ammissibile e procedibile.>
 
Ma vi è di più
 
La domanda di risarcimento dei danni è inammissibile e infondata.
 
Non è affatto provato che vi sia stata la produzione di un danno risarcibile conseguente all’atto impugnato, anche perché il “quantum” del danno resta generico e indeterminato, proprio nella domanda risarcitoria del ricorrente.
 
Invero, il danno emergente appare indeterminato e, a tutto voler concedere, di importo presumibilmente modestissimo: le spese di partecipazione alla gara non vengono minimamente indicate dalla ditta ricorrente e si può supporre che siano contenute in limiti molto bassi, considerato il valore modesto della base d’asta della gara pubblica (500,00 euro) e del prezzo offerto dal ricorrente (700 euro).
 
Quanto al lucro cessante, si suppone che, nella considerazione del ricorrente, il valore del compendio messo in vendita (tutto materiale usato e sottratto alla rottamazione) sia pressoché pari all’importo offerto da lui medesimo per l’acquisto. E’, peraltro, inconferente – ai fini della valutazione del lucro cessante – il fatto che la ditta ricorrente avesse un contratto del valore di 35 mila euro con un terzo committente per la fornitura e posa in opera dei beni oggetto dell’incanto, atteso che, dalla lettura della copia del contratto di fornitura e posa in opera, non è dato evincere se vi sia un qualche margine di guadagno del fornitore operato sulla vendita al committente del materiale acquisito all’asta (né il ricorrente dichiara nulla in proposito), mentre il contratto medesimo prevede, comunque, la possibilità del rinnovo dell’accordo tra le parti per analoga fornitura, anche in caso di asta non andata a buon fine.
 
Si legga anche
 
Le cauzioni continuano a far parlare i giudici amministrativi
 
Con la decisione numero 5843 del 16 novembre 2001 , in tema di appalti di servizi, Il Consiglio di Stato esprime un conciso, ma efficace parere in merito alla funzione della cauzione provvisoria negli appalti pubblici.
A differenza della la cauzione definitiva (dovuta solo dall’aggiudicatario a garanzia della corretta esecuzione dell’appalto) i giudici di Palazzo Spada sottolineano che lo scopo della cauzione provvisoria (dovuta da tutti i partecipanti alla gara a sostegno della serietà e congruenza dell’offerta), di cui deve essere corredata l’offerta, risiede nel garantire l’affidabilità dell’offerta, non solo in vista dell’eventuale aggiudicazione, ma anche, e in primo luogo, a tutela della serietà e della correttezza del procedimento di gara.
Tale garanzia deve inoltre essere considerata, ai fini dell’ammissione, come una condizione vincolante e permanente fino all’aggiudicazione.
 
 
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 Nel caso in cui la lettera d’ invito ad una gara d’ appalto contenga espressa clausola di esclusione per incompletezza o irregolarità di qualcuno dei documenti richiesti, è legittima l’ esclusione dell’ impresa la cui documentazione sia incompleta? Quali sono gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato con l’aggiudicataria.? A quanto ammonta il risarcimento del danno da riconoscere all’affettiva legittima aggiudicataria,considerato che una parte del servizio è già stato eseguito?
 
Nel caso in cui il bando di gara commina espressamente l’ esclusione obbligatoria in conseguenza di determinate violazioni, anche soltanto formali, l’ Amministrazione è tenuta a dare precisa ed incondizionata esecuzione a tali previsioni, senza alcuna possibilità di valutazione discrezionale circa la rilevanza dell’ inadempimento, l’ incidenza di questo sulla regolarità della procedura selettiva e la congruità della sanzione contemplata nella lex specialis, alla cui osservanza la stessa Amministrazione si è autovincolata al momento dell’ adozione del bando; l’annullamento dell’aggiudicazione fa venire meno retroattivamente un presupposto condizionante del contratto determinandone, con automatico effetto caducante, la perdita di efficacia
 
Appare importante segnalare il seguente passaggio tratto dalla sentenza numero 1925 del 9 novembre 2007 emessa dal Tar Liguria, Genova in tema di obbligo da parte delle Stazioni appaltanti ad escludere le imprese la cui offerta non sia completa come richiesta dalla documentazione di gara
 
 
Quindi la Commissione ha inteso superare il difetto della autocertificazione dell’aggiudicataria facendo riferimento non solo alla planimetria allegata alla autocertificazione ma anche alla relazione tecnica allegata all’offerta tecnica prodotta in sede di gara dall’aggiudicataria.
 
Non risulta, infatti, che alla autocertificazione della aggiudicataria sia stata allegata alcuna relazione tecnica.
 
Tale modus operandi, che viene giustificato sul presupposto di una prevalenza della sostanza sulla forma non appare condivisibile. Infatti a fronte dell’inadempimento (non già dichiarazione sintetica ma dichiarazione insufficiente), di una clausola di capitolato prevista a pena di esclusione l’Amministrazione invece di procedere all’esclusione ha reperito anche altri documenti diversi dalla autocertificazione come la relazione annessa all’offerta tecnica ed ha valutato dagli stessi la idoneità della autocertificazione.
 
Ma non solo
 
È stato, infatti, ritenuto che in sede di gara d’ appalto, la relazione tecnica richiesta fra i documenti da produrre a corredo dell’ offerta rileva solo al fine di acquisire opportune informazioni circa le modalità con le quali ciascun concorrente organizzerebbe il servizio, precostituendosi anche elementi utili nella verifica eventuale di sostenibilità o anomalia dell’ offerta
 
Ed inoltre si è affermato che nel caso in cui la lettera d’ invito ad una gara d’ appalto contenga espressa clausola di esclusione per incompletezza o irregolarità di qualcuno dei documenti richiesti, è legittima l’ esclusione dell’ impresa la cui documentazione sia incompleta, non essendo rilevante che la prescrizione non risponda ad un interesse sostanziale dell’ Amministrazione o che l’ omissione possa essere colmata con altri dati forniti in sede di offerta, giacché un accertamento in tal senso implicherebbe un’ indebita sostituzione del giudice amministrativo nella definizione della disciplina della gara e si tradurrebbe in una disapplicazione, altrettanto indebita, di atti aventi il crisma dell’ autoritatività
 
Ora, dal momento che il giudice ha considerato illegittimo il comportamento della Stazione Appaltante, la successiva domanda è la seguente:
 
Quali sono gli effetti dell’annullamento dell’aggiudicazione sul contratto stipulato con l’aggiudicataria?
 
L’adito giudice non ha dubbi:
 
Il Collegio condivide la tesi – nettamente prevalente nella giurisprudenza del Consiglio di Stato, e già accolta di recente dalla sezione – che configura la sorte del contratto in termini di caducazione automatica degli effetti o inefficacia sopravvenuta, variamente motivata con il venir meno di un presupposto o di una condizione di efficacia del contratto, con la mancanza del requisito della legittimazione a contrarre o con il sopravvenire di una ragione di inefficacia successiva
 
Il previo esperimento della fase di evidenza pubblica opera infatti, in forza della normativa applicabile (art. 20 comma 2 L. 109/1994) e dell’autovincolo derivante dalla lex specialis di gara, secondo un rapporto di presupposizione, assumendo la fisionomia propria di una condizione legale di efficacia del contratto, di talché l’annullamento dell’aggiudicazione fa venire meno retroattivamente un presupposto condizionante del contratto determinandone, con automatico effetto caducante, la perdita di efficacia>
 
E quindi, quale risarcimento del danno spetta alla ricorrente?
 
Per la parte del servizio ancora da eseguire, il contratto scadrà il 31 agosto 2008, l’annullamento dei provvedimenti impugnati e la conseguente inefficacia del contratto consente il risarcimento del danno in forma specifica mediante l’affidamento del servizio alla ricorrente.
 
Per quanto invece riguarda la parte del servizio già eseguita il risarcimento non potrà che avvenire per equivalente, donde la necessità di esame della domanda risarcitoria, conseguente all’accertata illegittimità della mancata esclusione della controinteressata e della conseguente aggiudicazione dell’appalto a quest’ultima.
 
Nel caso di specie sussistono tutti i presupposti per il riconoscimento della responsabilità della stazione appaltante.
 
Infatti, chiarito che il Collegio ritiene sussumibile la responsabilità della p.a. nello schema della responsabilità aquiliana , deve evidenziarsi come, sotto il profilo oggettivo, la mancata aggiudicazione derivi causalmente dall’illegittimità accertata; la ricorrente, infatti, era l’unica offerente rimasta in gara ed era prevista l’aggiudicazione anche nel caso di unica offerta valida (si cfr. deliberazione G.C. 17 marzo 2005 n. 233/2005 punto n. 8) secondo capoverso richiamata dalla deliberazione G.C. 7 luglio 2005 n. 621 al punto n. 4 e lettera di invito allegata alla delibera stessa).>
 
Ed inoltre:
 
Relativamente all’elemento soggettivo, non è possibile desumere automaticamente la sussistenza della colpa della p.a. dall’illegittimità del provvedimento posto in essere, non essendo in subiecta materia configurabile una generalizzata presunzione di colpa dell’amministrazione in presenza di un atto amministrativo illegittimo.
 
Nel caso di specie, sussiste, tuttavia, anche l’elemento soggettivo dell’illecito.
 
Infatti, il ricorrente, nella parte impugnatoria del ricorso a cui peraltro rinvia in sede di domanda risarcitoria, ha dedotto che, a fronte di una attività vincolata, in presenza di una causa di esclusione imposta dal capitolato di gara con una previsione dal tenore letterale non ambiguo, l’amministrazione ha, nondimeno, con inescusabile negligenza, ammesso alla competizione la controinteressata, operando altresì una inammissibile eterointegrazione della richiesta autocertificazione.
 
Non pare, quindi, residuare alcun dubbio sulla sussistenza di un comportamento colposo della p.a. in quanto non rispettoso delle regole di correttezza e par condicio.>
 
Ma come va quantificato il danno?
 
La quantificazione del danno impone, in via preliminare, di rilevare come la ricorrente non abbia in alcun modo documentato il pregiudizio subito per effetto della mancata aggiudicazione, limitandosi genericamente a richiedere il risarcimento del danno, principalmente in forma specifica, subordinatamente per equivalente.
 
E’ noto come il risarcimento del lucro cessante da mancata aggiudicazione sia stato quantificato mediante l’applicazione analogica delle norme (art 345 l. 20.3.1865 n. 2248 all. F, art. 122 comma 1 d.p..r 21.12.1999 n. 554, 37 – septies l. 11.2.1994 n. 109, oggi art. 134 e 158 d.lgs. 12.4.2006 n. 163) che prevedono un indennizzo in favore dell’impresa ove la stazione appaltane receda dal contratto.
 
L’impresa illegittimamente esclusa dall’aggiudicazione dell’appalto ha, così, diritto ad un risarcimento da quantificarsi nella misura del 10 per cento del valore dell’offerta presentata, ovvero secondo altri pari al 10 per cento dei quattro quinti del valore della stessa.
 
Altro orientamento invece ritiene che l’utile di impresa normalmente quantificabile nel dieci per cento del prezzo offerto potrebbe essere riconosciuto spettante nella sua interezza se e in quanto l’impresa possa documentare di non avere potuto utilizzare mezzi e maestranze lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi mentre quando tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa avere ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi servizi, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con conseguente riduzione in via equitativa del danno risarcibile al cinque per cento
 
Sul punto il Collegio ritiene di aderire all’orientamento giurisprudenziale che ormai si sta imponendo come maggioritario, che appare condivisibile quante volte l’impresa non si attivi in alcun modo per dimostrare in concreto l’entità del pregiudizio effettivamente derivato dalla mancata aggiudicazione.>
 
E allora?
 
Ne consegue che alla ricorrente spetterà un risarcimento per equivalente pari al 5 per cento della propria offerta limitatamente al periodo di mancata aggiudicazione dell’appalto.>
 
 
A cura di Sonia Lazzini
 
 
N. 00001/2009 REG.SEN.
N. 00189/2007 REG.RIC.
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA
 
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise
 
(Sezione Prima)
 
ha pronunciato la presente
 
SENTENZA
 
sul ricorso numero di registro generale 189 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da ALFA Giuseppe, titolare della omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Almarinda Scasserra e Mario Davì, con elezione di domicilio in Campobasso, via Mons. Bologna n. 18,
 
contro
 
il Comune di Ripabottoni, in persona del Sindaco p. t., rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Ruta, con domicilio eletto in Campobasso, corso Vittorio Emanuele II, n. 23,
 
nei confronti di
 
BETA Francesco, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Nicola Palmiotti e Roberto Fagnano, con domicilio eletto in Campobasso, via Mazzini n. 101,
 
per l’annullamento
 
previa sospensione dell’efficacia,
 
dei seguenti atti: 1)aggiudicazione provvisoria datata 22.5.2007 della procedura indetta dal Comune intimato con il bando di gara del 12.5.2007, per la vendita a mezzo pubblico incanto di beni immobili (manto di copertura, infissi, porte, plafoniere dell’ex albergo “Il Sogno”); 2)determinazione del responsabile del procedimento n. 147 del 24.5.2007 con la quale è stata disposta l’aggiudicazione definitiva della gara alla ditta BETA Francesco; 3)nota del Comune di Ripabottoni prot. n. 1843 del 25.5.2007; 4)il contratto eventualmente stipulato; 5)i verbali di gara del 22.5.2007 e 23.5.2007; 6)ogni atto presupposto, conseguente o connesso; nonché per il risarcimento dei danni, di cui alla domanda proposta con i motivi aggiunti;
 
Visto il ricorso con i relativi allegati, nonché i motivi aggiunti e le memorie del ricorrente;
Visti gli atti di costituzione e le memorie dell’Amministrazione intimata e della parte controinteressata;
Visti gli atti tutti della causa;
Udita, alla pubblica udienza del 17 dicembre 2008, la relazione del Consigliere, dott. Orazio Ciliberti;
Udite, altresì, le parti, come da verbale di udienza;
Ritenuto, in fatto e in diritto, quanto segue.
 
FATTO e DIRITTO
 
I – La ricorrente ditta, avendo partecipato al bando di gara indetto dal Comune intimato per la vendita all’incanto di beni immobili (strutture, infissi, componenti dell’ex albergo “Il Sogno” da riqualificare in casa protetta per anziani, con i fondi della ricostruzione post-sisma), insorge per impugnare i seguenti atti: 1)l’aggiudicazione provvisoria datata 22.5.2007 della procedura indetta dal Comune resistente, con il bando di gara del 12.5.2007, per la vendita a mezzo pubblico incanto di beni immobili; 2)determinazione del responsabile del procedimento n. 147 del 24.5.2007 con la quale è stata disposta l’aggiudicazione definitiva della gara alla ditta BETA Francesco; 3)nota del Comune di Ripabottoni prot. n. 1843 del 25.5.2007; 4)contratto eventualmente stipulato; 5)verbali di gara del 22.5.2007 e 23.5.2007; 6)ogni atto presupposto, conseguente o connesso. Deduce i seguenti motivi: 1)in via principale, l’esclusione della offerta presentata dalla ditta controinteressata dalla procedura di gara e la conseguente aggiudicazione alla ricorrente, per violazione delle disposizioni di cui al bando di gara, violazione dei principi di trasparenza, imparzialità, “par condicio”, eccesso di potere per travisamento dei fatti; 2)in subordine, la illegittimità dell’attività svolta dalla commissione di gara, violazione dell’obbligo di custodia dei plichi, violazione dell’art. 97 Costituzione, violazione dei principi di segretezza, imparzialità, “par condicio”.
 
Con i motivi aggiunti del 12.7.2007, la ricorrente ditta chiede il risarcimento dei danni e impugna nuovamente gli atti già gravati con il ricorso introduttivo. Deduce le seguenti censure: inefficacia dell’offerta proposta dalla ditta controinteressata, omessa presentazione della cauzione provvisoria, violazione delle disposizioni di cui al bando di gara.
 
Con due successive memorie, il ricorrente ribadisce e precisa le proprie deduzioni e conclusioni.
 
Si costituisce l’Amministrazione intimata, deducendo la infondatezza del ricorso e concludendo per la reiezione.
 
Si costituisce la ditta controinteressata, per resistere nel giudizio.
 
Con la ordinanza n. 230 del 2007, questa Sezione respinge la domanda cautelare della parte ricorrente.
 
All’udienza del 17 dicembre 2008, la causa viene introitata per la decisione.
 
II – Il ricorso è ammissibile e fondato.
 
III – L’impugnata aggiudicazione dell’incanto di beni comunali è illegittima, atteso che l’offerta presentata dall’aggiudicataria è priva di una valida cauzione.
 
Il bando di gara, al punto 4) della sezione recante <> prevede la presentazione di una cauzione pari ad euro 5000,00, specificando che la stessa può essere costituita a mezzo di assegno circolare non trasferibile intestato al Comune, ovvero in contanti, o ancora a mezzo di polizza fidejussoria. La ditta controinteressata ha allegato alla dichiarazione di offerta un assegno bancario, non idoneo a costituire la cauzione richiesta a garanzia dell’offerta. Mentre l’assegno circolare è un idoneo strumento di pagamento delle obbligazioni pecuniarie, in tutto equivalente al versamento in contanti delle somme dovute (cfr.: Cons. Stato IV, 28.4.2006 n. 2399), l’assegno di conto corrente bancario è insuscettibile di garantire l’effettiva copertura e la serietà dell’offerta, di talché non assolve all’obbligo di effettiva garanzia, né è sufficiente a integrare il corretto deposito cauzionale (cfr.: T.A.R. Catania II, 26.5.2004 n. 1478).
 
Il bando prevede la presentazione della cauzione <
 
La parte controinteressata, costituitasi nel giudizio, eccepisce che l’offerta della ditta ricorrente potrebbe non essere stata valida ed efficace, per una qualche ragione. Quand’anche ciò rispondesse al vero, l’eccezione, a giudizio del Collegio, è inconferente ai fini della decisione del ricorso. Non viene proposto, infatti, dalla parte controinteressata un ricorso incidentale, di guisa che la posizione della ricorrente nella gara non può essere oggetto di alcuna particolare considerazione, che non sia la valutazione del suo interesse diretto o strumentale a vedere annullata l’aggiudicazione della gara. Il ricorso, pertanto, resta ammissibile e procedibile.
 
IV – La domanda di risarcimento dei danni è inammissibile e infondata.
 
Non è affatto provato che vi sia stata la produzione di un danno risarcibile conseguente all’atto impugnato, anche perché il “quantum” del danno resta generico e indeterminato, proprio nella domanda risarcitoria del ricorrente.
 
Invero, il danno emergente appare indeterminato e, a tutto voler concedere, di importo presumibilmente modestissimo: le spese di partecipazione alla gara non vengono minimamente indicate dalla ditta ricorrente e si può supporre che siano contenute in limiti molto bassi, considerato il valore modesto della base d’asta della gara pubblica (500,00 euro) e del prezzo offerto dal ricorrente (700 euro).
 
Quanto al lucro cessante, si suppone che, nella considerazione del ricorrente, il valore del compendio messo in vendita (tutto materiale usato e sottratto alla rottamazione) sia pressoché pari all’importo offerto da lui medesimo per l’acquisto. E’, peraltro, inconferente – ai fini della valutazione del lucro cessante – il fatto che la ditta ricorrente avesse un contratto del valore di 35 mila euro con un terzo committente per la fornitura e posa in opera dei beni oggetto dell’incanto, atteso che, dalla lettura della copia del contratto di fornitura e posa in opera, non è dato evincere se vi sia un qualche margine di guadagno del fornitore operato sulla vendita al committente del materiale acquisito all’asta (né il ricorrente dichiara nulla in proposito), mentre il contratto medesimo prevede, comunque, la possibilità del rinnovo dell’accordo tra le parti per analoga fornitura, anche in caso di asta non andata a buon fine.
 
V – Come è noto, in caso di annullamento giurisdizionale del provvedimento di aggiudicazione da parte del giudice amministrativo, resta devoluta alla cognizione del giudice ordinario la questione della sorte del contratto nel frattempo stipulato per i beni aggiudicati all’asta (cfr.: T.A.R. Milano I, 8.5.2008 n. 1370). Sennonché, il giudice amministrativo può comunque pronunciarsi incidentalmente, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 1034 del 1971, di guisa che, per fattispecie analoghe a quella in esame, si è ormai formato un orientamento giurisprudenziale che postula che l’annullamento giurisdizionale dell’aggiudicazione operi quale causa di inefficacia successiva, ma non retroattiva (cfr.: T.A.R. Parma I, 6.2.2008 n. 90; T.A.R. Genova II, 9.11.2007 n. 1925).
 
VI – In conclusione, il ricorso deve essere accolto, nei limiti della motivazione. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate in euro 3500,00 (tremilacinquecento) e poste a carico del Comune.
 
P.Q.M.
 
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla i provvedimenti amministrativi con esso impugnati.
 
Condanna l’Amministrazione resistente alle spese del giudizio, che liquida forfetariamente in euro 3500,00 (tremilacinquecento), al lordo.
 
Ordina all’Autorità amministrativa di dare esecuzione alla presente sentenza.
 
Così deciso in Campobasso, presso la sede del T.A.R., nella Camera di Consiglio del 17 dicembre 2008, dal Collegio così composto:
 
Giorgio Giaccardi, Presidente
Orazio Ciliberti, Consigliere, Estensore
Massimiliano Balloriani, Primo Referendario
   
L’ESTENSORE                                                               IL PRESIDENTE
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
 
Il 14/01/2009
 
(Art. 55, L. 27/4/1982, n. 186)
 
IL SEGRETARIO

Lazzini Sonia

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