Statuizione sulle spese di giudizio (Cons. Stato, n. 5056/2012)

Redazione 24/09/12
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FATTO

La Gestione liquidatoria dell’USL n. 1, con sede in Ariano Irpino (BN) fu convenuta innanzi al TAR Salerno dall’ odierna parte appellata, sua dipendente, per il riconoscimento ed il pagamento dei compensi per lavoro straordinario, oltre agli accessori di legge. L’odierna parte appellata e ricorrente in primo grado agiva in giudizio per veder riconosciuto il diritto al compenso per lo svolgimento di prestazioni lavorative in maggiorazione di orario, negli anni 1988, 1989 e 1990, effettuate in applicazione dell’incentivazione c.d. “plus-orario”, previsto dall’art. 71 del DPR 270/1987 e dall’art. 127 del DPR 384/1990. L’Amministrazione appellante dichiara di non aver mai emanato alcun provvedimento che consentisse alla parte ricorrente di svolgere tale attività in plus-orario e che comunque la parte ricorrente era divenuta dipendente della USL solo in data successiva al marzo 1989 e non poteva quindi rientrare negli appositi elenchi formati in precedenza, visto che il 31 marzo 1989 il programma relativo al plus orario era stato definitivamente revocato con apposita nota della USL, comunicata a tutti i dipendenti, dopo che l’incentivazione non aveva potuto in ogni caso attuarsi dato che la Regione non aveva accreditato alla USL n.1 le relative risorse finanziarie.
L’adito TAR, con la sentenza impugnata in questa sede, ha respinto la pretesa, disponendo, tuttavia, l’integrale compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
La Gestione liquidatoria della USL Campania 1 impugna la sentenza, deducendo che il TAR aveva errato nel compensare le spese, in considerazione della temerarietà della pretesa della parte ricorrente che insieme ad altri dipendenti aveva avanzato domanda anche per periodi di tempo in cui non lavoravano ancora presso la USL. Mentre in primo grado la USL aveva prospettato domanda risarcitoria ai sensi dell’art. 96 c.p.c. (risarcimento danni per aver agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave), in appello la Gestione appellante chiede la riforma della sentenza stessa, nella parte in cui reca la compensazione delle spese in assenza dei relativi presupposti, limitandosi quindi a richiedere la condanna alle spese per entrambi i gradi di giudizio. Parte appellata, pur se ritualmente intimata in questo grado di giudizio, non si è costituita.
La causa è andata in decisione alla pubblica udienza dell’8 giugno 2012.

DIRITTO

L’appello merita accoglimento.
Si fa riferimento alla giurisprudenza per la quale la statuizione sulle spese di giudizio è espressione di un potere latamente discrezionale del Giudice di prime cure, ma è sindacabile in questa sede per violazione del principio secondo cui le spese non possono essere poste a carico della parte vittoriosa o in caso di compensazione ictu oculi irragionevole (cfr., per tutti, Cons. St., V, 19 aprile 2011 n. 2391). È corollario di questo enunciato, nell’attuale ordinamento —ossia per le cause instaurate dopo dell’entrata in vigore (1° marzo 2006) della novella recata dall’art. 3 della l. 28 dicembre 2005 n. 263 all’art. 92 c.p.c.—, l’orientamento (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 20 aprile 2012 n. 2356) per cui, in ordine alla condanna o alla compensazione delle spese del giudizio, il Giudice è tenuto a valutare ogni elemento prima di emettere la relativa statuizione, ma non anche a indicare in modo articolato le ragioni della compensazione, con conseguente limitazione del potere di verifica in fase d’appello delle relative statuizioni. La condanna alle spese di giudizio non ha alcun intento sanzionatorio, ma serve solo a far gravare le conseguenze della lite sulla parte che ne ha ingiustamente dato causa, secondo il canone di attribuzione alla parte vittoriosa di tutto quanto la stessa avrebbe ottenuto, tra cui il mancato sostenimento delle spese e dei tempi di giudizio, ove fosse stato corretto il comportamento della sua avversaria (così Cons. St., IV, 30 agosto 2011 n. 4881). Sicché, l’art. 92, comma 2, c.p.c., dopo la predetta novella, impone al Giudice, che intenda compensare in tutto o in parte tali spese se concorrono giusti motivi, di fornirne una seria valutazione, in via diretta o per relationem, stante la maggior vincolatezza ex lege in ordine alla motivazione della compensazione (cfr., per tutti, Cons. St., V, 1° aprile 2009 n. 2072).
Trattandosi nella specie di controversia instaurata innanzi al TAR Salerno ben prima della citata novella, la statuizione di compensazione delle spese del giudizio è espressione di un apprezzamento latamente discrezionale del Giudice di primo grado, il quale non deve per forza indicare le ragioni che la sorreggono.
Ma ciò non toglie che la sentenza di prime cure possa esser censurata in appello, se tali ragioni risultino o palesemente erronee o illogiche o, a fronte di un’eccezione specifica (come nel caso in esame, sulla manifesta infondatezza della pretesa azionata in quella sede), incongrue rispetto al contenuto del giudizio che tal infondatezza accerta. Resta, quindi, ferma la regola per cui la statuizione delle spese del giudizio, per quanto espressiva d’una lata discrezionalità, è sindacabile, tra l’altro, appunto, in caso di compensazione disposta con motivazione contraddittoria o inadeguata (cfr. Cons. St., V, 4 ottobre 2007 n. 5201). Nel caso in esame la parte appellata chiese al TAR emolumenti per la maggiorazione di orario anche per un periodo in cui non era ancora in servizio, il Giudice di prime cure verificò tale aspetto, ma poi non trasse da tale accertamento una statuizione congrua rispetto alle spese di lite.
Ne deriva l’accoglimento del presente appello, con conseguente condanna della parte appellata alle spese del doppio grado di giudizio, che si liquidano come da dispositivo.

 

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sez. III), definitivamente pronunciando sull’appello (ricorso n. 10626/2000 RG) in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, condanna la parte appellata al pagamento, a favore della Gestione liquidatoria appellante, delle spese del doppio grado di giudizio che sono nel complesso liquidate in € 1.000,00 (Euro mille/00), oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2012

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