Reati tributari: la confisca per equivalente è applicabile non solo al prezzo ma anche al profitto del reato (Cass. pen. n. 9052/2013)

Redazione 25/02/13
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Svolgimento del processo

1. Con ordinanza in data 22.3.2012 il Tribunale di Lecco rigettava la richiesta di riesame proposta nell’interesse di T.F. avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, emesso dal GIP del Tribunale di Lecco il 27.1.2012, ipotizzandosi a carico dell’indagato i reati di cui all’art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 4, e artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, artt. 81 cpv. e 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 8, art. 81 cpv. c.p., art. 61 c.p., n. 2, art. 110 c.p., D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10.

Rilevava il Tribunale, quanto, in particolare, alla dedotta inapplicabilità dell’art. 321 c.p.p., e art. 322 ter c.p., così come richiamato dalla L. n. 244 del 2007, comma 143, che, per giurisprudenza della Corte di Cassazione, nei reati tributari, il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente può essere disposto non solo per il prezzo, ma anche per il profitto del reato. Sussisteva, poi, il fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, commesso il (omissis), essendo irrilevante il dato formale della presentazione della dichiarazione da soggetto diverso dal T..

2. Ricorre per cassazione T.F., deducendo, con il primo motivo, la violazione dell’art. 322 ter c.p., in relazione alla L. 24 dicembre 2007, n. 244, art. 1 comma 143, e art. 321 c.p.p.. Dopo aver evidenziato che pacificamente (alla luce delle pronunce della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, della Corte Costituzionale e delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione), ormai, la confisca per equivalente viene considerata una vera e propria sanzione penale (e non una misura di sicurezza patrimoniale), assume che ogni sua applicazione debba essere valutata nel rispetto del principio di legalità, con conseguente esclusione di ogni interpretazione estensiva tanto più in malam partem.

Il Tribunale, nel rigettare l’eccezione della difesa, si è limitato a richiamare le recenti sentenze della sezione terza della Corte di Cassazione, secondo le quali l’integrale rinvio al disposto di cui all’art. 322 ter c.p. (operato dalla L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143), consentirebbe l’applicazione della confisca per equivalente sia al prezzo che al profitto del reato (una diversa interpretazione, secondo la S.C., determinerebbe la totale inapplicabilità dell’istituto ai reati tributari, nonchè la manifesta illogicità del dettato normativo).

Tale orientamento merita di essere rimeditato, essendo fondato su un presupposto errato e cioè che nei reati tributari non sia configurabile il prezzo del reato. Ed infatti la smentita di tale assunto erroneo si ha proprio nel presente procedimento, in cui il ricorrente, di professione commercialista, è indagato per una serie di reati commessi in concorso con il rappresentante legale della società, da cui ha percepito la remunerazione (e quindi il prezzo) per l’attività professionale svolta. La P.A. Non ha identificato nè quantificato tale prezzo, vanificando così la possibilità di applicare fa misura reale.

In ogni caso, sotto altro profilo, l’art. 322 ter c.p., disciplina la confisca per equivalente in relazione a vari delitti contro la P.A., ma prevede per il solo reato di cui all’art. 321 c.p., la confiscabilità del prezzo e del profitto del reato; la previsione di cui al secondo comma deve pertanto ritenersi speciale rispetto a quella del primo comma, per cui non si vede come, in assenza di una espressa disposizione in tal senso per i reati tributari, possa farsi luogo ad una interpretazione estensiva in malam partem.

Con il secondo motivo deduce l’assoluta carenza di motivazione in ordine al fumus commissi delicti in relazione alla posizione processuale del ricorrente, con conseguente violazione dell’art. 125 c.p.p., comma 3. Nonostante le specifiche deduzioni contenute nella richiesta di riesame, la motivazione del Tribunale è del tutto inidonea e quindi inesistente in relazione al delitto di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, commesso il (omissis) (capo 2), unica fattispecie per la quale è applicabile la disciplina del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.

La semplice lettura del Mod. Unico 2009 (per il periodo di imposta 2008) e del Mod. F24 avrebbe consentito di accertare che il deposito era avvenuto ad opera di altro commercialista (***********). Per il Modello Unico 2008 (periodo di imposta 2007) consulente fiscale era stato lo Studio Commercialisti Associati Conte & *****. Non era quindi materialmente possibile attribuire al ricorrente, anche se solo a titolo di concorso, la condotta D.Lgs. n. 74 del 2000, ex art. 10 quater.

Motivi della decisione

1. Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.

2. Correttamente il Tribunale ha ritenuto che, in relazione ai reati tributari, la confisca per equivalente si applichi non solo al prezzo ma anche al profitto del reato.

La L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, prevede che “nei casi di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, artt. 2, 3, 4, 5, 8, 10 bis, 10 ter, 10 quater e 11, si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni di cui all’art. 322 ter c.p.”.

Il richiamo in “toto” all’art. 322 ter c.p. (senza specificazione di commi) rende, quindi, applicabile la confisca per equivalente sia in relazione al prezzo che al profitto del reato.

Analoga questione si è posta con riferimento all’art. 640 quater, che rinvia, come la L. n. 244 del 2007, art. 1, all’art. 322 ter, senza alcuna specificazione, ed è stata risolta (cfr. sent sezioni unite n. 41936 del 22.11.2005) nel senso che la confisca per equivalente si applichi anche in relazione al profitto del reato.

Hanno affermato, infatti, le sezioni unite che “Il sequestro preventivo disposto nei confronti della persona sottoposta ad indagini per uno dei reati previsti dall’art. 640 quater c.p., può avere ad oggetto beni per un valore equivalente non solo al prezzo ma anche al profitto del reato, in quanto la citata disposizione richiama l’intero art. 322 ter c.p.” (la giurisprudenza successiva è assolutamente conforme: ex multis Cass. sez. 1 n.30790 del 30.5.2006; sez.2 n.10838 del 20.12.2006; sez.2 n.23425 del 12.4.2007; sez.6 n.37090 del 30.5.2007; sez.6 n.5401 del 28.1.2009).

Anche in relazione ai reati tributari, secondo indirizzo giurisprudenziale ormai consolidato, il sequestro preventivo, funzionale alla confisca per equivalente può essere disposto non soltanto per il prezzo, ma anche per il profitto del reato (cfr. Cass. pen. sez. 3 n. 35807 del 7.7.2010; Cass. pen. sez. 3 n. 13276 del 24.1.2011).

3. I rilievi svolti con il ricorso non sono tali da indurre il Collegio a rivedere la sopraindicata giurisprudenza.

Non è ravvisabile, invero, alcuna violazione del principio di legalità, dal momento che la L. n. 244 del 2007, art. 1, comma 143, rinvia all’art. 322 ter c.p., sia comma 1 che al comma 2. Peraltro, la disciplina specifica prevista per il reato di cui all’art. 321 c.p. “trova una chiara spiegazione nel fatto che si è in presenza di ipotesi che, a differenza di tutte quelle previste dagli artt. da 314 a 320, attiene alla condotta del privato e non di pubblici ufficiali o incaricati di pubblico servizio; solo tale differenza fa sì che nell’ipotesi ex art. 321 c.p., si abbia riguardo al profitto del reato e nelle altre ipotesi al prezzo del reato stesso” (cfr. Cass. pen. Sez. 3 n.35807 del 7.7.2010).

L’interpretazione adottata non è quindi, certamente, estensiva in malam partem.

3.1. In mancanza di una definizione normativa, per profitto confiscabile deve intendersi, poi, non solo un positivo incremento del patrimonio personale, bensì qualsiasi vantaggio patrimoniale derivante direttamente dalla consumazione del reato e quindi anche in un risparmio di spesa (cfr. Cass. pen. Sez. 6, 27.9.2007 n. 37556; Cass. Sez. 5 n.1843 del 10.11.2011). Ed è indubitabile che nei reati tributari l’imposta evasa costituisca un indiscutibile vantaggio patrimoniale derivante, in modo diretto, dalla condotta illecita, riconducibile pertanto alla nozione di profitto (Cass. Sez. 3 n. 1199 del 2.12.2011); con conseguente applicabilità del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente.

4. Quanto al secondo motivo, è pacifico che (cfr. Cass. Sez. Un. n. 2/2004, Terrazzi), nel concetto di violazione di legge, può comprendersi la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, quali ad esempio l’art.125 c.p.p., che impone la motivazione anche per le ordinanze, ma non la manifesta illogicità della motivazione, che è prevista come autonomo mezzo di annullamento dall’art. 606 c.p.p., lett. e), nè tanto meno il travisamento del fatto non risultante dal testo del provvedimento.

La motivazione del provvedimento impugnato in ordine al fumus del reato di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 10 quater, commesso il (omissis), non può dirsi certo apparente o apodittica. Ha rilevato, infatti, il Tribunale che il ruolo di “ideatore” attribuito al T. dalla ipotesi accusatoria rendeva del tutto irrilevante, allo stato, “il semplice dato formale relativo alla identificazione del commercialista che ebbe a presentare la dichiarazione in persona diversa da T.F.”. (pag. 8-9 ordinanza).

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Redazione