Notifica avviso di trattazione ricorso fiscale: illegittima se è stata consegnata ad un dipendente e non presso lo studio dell’avvocato dove l’ente ha eletto domicilio (Cass. n. 23571/2012)

Redazione 20/12/12
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Ritenuto in fatto

1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana indicata in epigrafe, con la quale, in accoglimento dell’appello della E. s.r.l. in liquidazione, la causa — concernente i ricorsi, riuniti, avverso avviso di accertamento per IRPEG, IRAP ed IVA dell’anno 2000 e atto di contestazione sanzioni per omessa indicazione, quale sostituto d’imposta, di dipendenti per il 1999 – è stata rimessa alla CTP di Firenze, poiché l’avviso di trattazione dei ricorsi era stato notificato presso la sede della società anziché presso il difensore domiciliatario, in violazione dell’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992.
2. La contribuente resiste con controricorso.
3. L’Agenzia ha depositato memoria, mentre i difensori della controricorrente hanno comunicato che la società è stata cancellata dal
registro delle imprese a far data dal 17 agosto 2011.

Considerato in diritto

1. Va preliminarmente rilevato che nel giudizio di cassazione, che è dominato dall’impulso d’ufficio, non trova applicazione l’istituto della interruzione del processo per uno degli eventi previsti dagli artt. 299 e segg. cod. proc. civ., onde, una volta ritualmente instauratosi il giudizio, l’estinzione della società (o, come nella specie, la sua cancellazione dal registro delle imprese), avvenuta in pendenza del giudizio stesso e comunicata dal suo difensore, non produce effetti (cfr. Cass. nn. 23294 del 2004, nonché, in generale, Cass., Sez. un., n. 14385 del 2007).
2. Con il primo motivo, la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice a quo annullato l’intera sentenza, laddove la contribuente aveva espressamente limitato il motivo di gravame relativo alla nullità della notificazione dell’avviso di trattazione soltanto ad uno dei ricorsi riuniti.
Il motivo è inammissibile perchè la ricorrente, omettendo di riportare in parte che il contenuto testuale dell’atto di appello della contribuente, non consente a questa Corte di valutare la fondatezza della censura.
3. Anche il secondo motivo è inammissibile, perché con esso si denuncia il vizio di “contraddittoria e comunque illogica motivazione su un fatto controverso e decisivo” senza, tuttavia, rispettare i requisiti prescritti dall’art. 366 bis c.p.c., il quale esige una chiara indicazione riassuntiva, sintetica ed autonoma, del fatto controverso in riferimento al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, o delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la rende inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. nn. 2652 e 8897 del 2008, 27680 del 2009).
4. Con il terzo motivo è denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 16 e 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, deducendo che il giudice d’appello non ha considerato che il citato art. 17 fa sempre salva la consegna dell’atto “in mani proprie”, con conseguente legittimità della notifica dell’avviso di trattazione, in quanto eseguita nella sede legale della società con consegna a persona addetta alla ricezione degli atti.
Il motivo è infondato, dovendosi ribadire il principio in base al quale, con riguardo alle società di capitali, la consegna “a mani proprie”, che rende valida la notifica anche in caso di elezione di domicilio, non può che essere — in considerazione della ratio e della natura derogatoria della previsione – soltanto quella effettuata a mani del rappresentante legale della società, non di un semplice dipendente incaricato a ricevere gli atti (cfr. Cass. nn. 21514 del 2004, 3245 del 2005, 5504 del 2007).
4. In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
5. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo secondo i criteri di cui al d.m. n. 140 del 2012 (Cass., Sez. un., n. 17405 del 2012).

 

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alle spese, che liquida in €. 7500,00 per compensi ed in €. 200,00 per esborsi, oltre agli accessori di legge.
Così deciso in Roma il 29 ottobre 2012.

Redazione