Licenziamento illegittimo per il dipendente che diserta l’audizione per motivi di salute (Cass. n. 16374/2012)

Redazione 26/09/12
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Svolgimento del processo

1. Con sentenza del 4 maggio 2010, la Corte d’Appello di Roma accoglieva parzialmente il gravame svolto da M.A. contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato legittimo il licenziamento intimatogli dalla Almirall s.p.a., con missiva del 28 marzo 2006, e legittima la sanzione disciplinare dalla stessa società inflitta con missiva del 15 marzo 2006.

2. La Corte territoriale puntualizzava che:

– M.A., informatore farmaceutico alle dipendenze della Almirall s.p.a., lamentava la violazione delle garanzie difensive di cui alla L. n. 300 del 1970, art. 7, per aver la società concluso il procedimento disciplinare benchè non avesse dato corso all’audizione del lavoratore, il cui impedimento a comparire era stato documentato con certificazione medica; la mancata affissione del codice disciplinare; l’intempestività della sanzioni inflitte;

l’insussistenza dei fatti addebitati concernenti la falsa attestazione in attività dimostrativa in realtà mai effettata dal dipendente;

– la società deduceva, fra l’altro, che la malattia idonea a giustificare la sospensione del procedimento disciplinare coincideva con lo stato di assoluta incapacità del lavoratore o impedimento di carattere assoluto, onde ipertensione arteriosa e stato d’ansia non potevano giustificare la mancata comparizione e la società era tenuta a concludere il procedimento disciplinare nel rispetto del termine di decadenza indicato dalla contrattazione collettiva, termine che impediva l’invocato differimento dell’audizione orale; ha ritenuto documentalmente provati i fatti addebitali e, con i motivi di gravame, ha ritenuto nuova la domanda relativa alla pretesa natura ingiuriosa del licenziamento, non dedotta tempestivamente negli atti introduttivi dei due giudizi riuniti in primo grado.

3. A sostegno del decisum la Corte territoriale riteneva, per quanto qui rileva, che:

– a fronte della tempestiva richiesta del lavoratore di differimento dell’audizione, con impedimento attestato da idonea certificazione, il datore di lavoro non può ritenersi autorizzato ad omettere la convocazione dovendo, al contrario, attendere la cessazione della malattia, con la sola ipotesi in cui risulti prima facie evidente il carattere pretestuoso e meramente dilatorio della richiesta;

– la malattia del lavoratore, tempestivamente comunicata e certificata da documentazione medica proveniente, oltre che dal sanitario curante anche da struttura pubblica, consente di richiedere il differimento dei termini dell’audizione e sospende i termini del procedimento, giacchè il rispetto dei principi di correttezza e buona fede impedisce di ritenere la tempestività del provvedimento nei casi in cui l’esercizio del potere disciplinare sia stato ritardato al solo fine di assicurare le garanzie difensive riconosciute dalla L. n. 300 del 1970;

– dalla ritenuta violazione delle garanzie disciplinari derivava l’illegittimità della sanzione disciplinare e del licenziamento, assorbite le ulteriori censure relative all’assenza di proporzionalità tra i fatti contestati e i provvedimenti adottati;

– infine, non trovava accoglimento la domanda di riconoscimento dei danni ulteriori che il dipendente pretendeva di ricollegare all’illegittima estromissione dall’azienda, non essendo risarcibile il danno patrimoniale, nelle sue varie componenti, asseritamente prodotto dall’illegittimo recesso.

4. Avverso l’anzidetta sentenza della Corte territoriale, la Almirall s.p.a. ha proposto ricorso per cassazione fondato su tre motivi.

L’intimato ha resistito con controricorso, eccependo l’inammissibilità ed infondatezza del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione

5. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente, denunciando violazione della L. n. 300d del 1970, art. 7, e degli artt. 2110 e 2697 c.c., e omessa e insufficiente motivazione su un fatto controverso e decisivo del giudizio, si duole che la Corte territoriale sia incorsa in errore di diritto ritenendo l’incompatibilità, medicalmente accertata, fra malattia e svolgimento della prestazione lavorativa equivalente all’incompatibilità tra la stessa malattia e l’espletamento dell’audizione orale nell’ambito del procedimento di contestazione disciplinare e, in secondo luogo, non abbia tenuto conto che spetta al lavoratore dimostrare la sussistenza di uno stato patologico inibente lo svolgimento dell’audizione, omettendo di motivare la convinzione, del tutto apodittica, secondo cui lo stato di ipertensione ed ansia non consentisse lo svolgimento dell’audizione.

Assume la ricorrente che la malattia inidonea a consentire al lavoratore di difendersi deve essere valutata caso per caso, deve inerire ad uno stato patologico, di assoluta incapacità, oggettivamente idoneo a sospendere il procedimento disciplinare, con relativo onere probatorio, a carico del lavoratore, che le patologie diagnosticate (ipertensione e stato di ansia) rendano impossibile non solo la prestazione di lavoro, ma anche rendere le giustificazioni nell’ambito del procedimento disciplinare. La statuizione della Corte territoriale secondo cui l’audizione avrebbe esposto il lavoratore ad ulteriore stress, aggravando lo stato di ipertensione del quale risultava affetto, è inconferente ed irrilevante giacchè nulla dice della compatibilità della patologia con l’audizione orale.

6. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente, denunciando violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c., si duole che la corte di merito abbia escluso il carattere dilatorio e pretestuoso della richiesta del lavoratore con motivazione del tutto apodittica, assumendo, invece, che quand’anche il lavoratore fosse stato effettivamente impossibilitato a partecipare agli incontri, correttezza e buona fede imponevano che ben potesse giustificarsi delegando all’incontro un rappresentante sindacale con l’assistenza del quale aveva richiesto di esser sentito pure formulando giustificazioni scritte.

7. Con il terzo motivo di ricorso la ricorrente deduce violazione dell’art. 50, comma 4, CCNL industria chimica e chimico-farmaceutica, assumendo che la predetta disposizione poneva a carico del datore di lavoro un termine perentorio di decadenza per l’irrogazione della sanzione disciplinare (entro 16 giorni dalla contestazione, in ogni caso) e che nessuna norma specifica della contrattazione collettiva imponeva espressamente la sospensione del procedimento disciplinare nel caso di impedimento del lavoratore a presentare le sue giustificazioni. Assume, inoltre, che se la società avesse atteso il termine della malattia per irrogare la sanzione, sarebbe stata fondatamente eccepibile la violazione dell’art. 7 dello statuto per carenza del requisito dell’immediatezza tra contestazione dell’addebito e irrogazione della sanzione.

8. Innanzitutto va respinta l’eccezione di improcedibilità per mancata produzione del testo integrale del contratto collettivo, atteso che lo stesso è stato ritualmente e tempestivamente depositato come risulta dalla nota di deposito del 29 marzo 2012. La ricorrente, peraltro, ha trascritto anche nel ricorso l’elenco degli atti poi indicati nella nota di deposito, e anche depositato il fascicolo di parte del giudizio di merito contenente un’ulteriore copia integrale del contratto collettivo in questione.

9. Sussiste, quindi, la condizione di procedibilità di cui all’art. 369 c.p.c., perchè abbia ingresso la censura di violazione dell’art. 50, comma 4, del CCNL industria chimica e chimico-farmaceutica, la cui interpretazione è rilevante ai fini dell’esito della presente controversia.

10. Va premesso che la L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 prevede, in particolare, come garanzie procedimentali per il lavoratore incolpato di addebito disciplinare, che il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa (comma 2) e che i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa (comma 5).

11. Ferme restando queste garanzie procedimentali, come già ritenute in numerose decisioni di questa Corte (ex multis, da ultimo, Cass. 5116/2012), la contrattazione collettiva può modularle in termini di maggior favore per il lavoratore incolpato prevedendo, come nella specie, anche un termine per l’adozione del provvedimento disciplinare; ossia uno spatium deliberandi massimo fissato in una misura ben precisa – che va a schermare il canone (meno preciso) della tempestività dell’adozione del provvedimento disciplinare – perchè il datore di lavoro possa valutare le eventuali giustificazioni addotte dal lavoratore incolpato; giustificazioni che, in ragione delle menzionate garanzia di fonte legale, il lavoratore può comunicare per iscritto nel suddetto termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito ovvero può anche illustrare verbalmente chiedendo l’audizione di cui al cit. art. 7, comma 2.

12. A questo proposito questa Corte ha affermato – e qui si ribadisce – che il datore di lavoro che intenda adottare una sanzione disciplinare nei confronti del dipendente non può omettere l’audizione del lavoratore incolpato che ne abbia fatto espressa ed inequivocabile richiesta contestualmente alla comunicazione – nel termine di cui alla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 7 – di giustificazioni scritte, anche se queste appaiano già di per sè ampie ed esaustive (cfr. anche Cass., sez. lav., 26 ottobre 2010, n. 21899).

13. In tale evenienza però la valutazione della tempestività dell’irrogazione della sanzione disciplinare non ha più come momento di riferimento iniziale il suddetto termine di cinque giorni, ma l’audizione (o il giorno fissato per la audizione) del lavoratore incolpato. E solo dopo l’audizione del lavoratore – comunque a partire dal giorno fissato per l’audizione del lavoratore – che il datore di lavoro può procedere a valutare le eventuali giustificazioni addotte dal lavoratore incolpato e quindi può determinarsi se adottare, o meno, il provvedimento disciplinare.

Pertanto il periodo di tempo tra il termine previsto dal cit. art. 7, comma 5 (perchè il lavoratore possa comunicare le proprie giustificazioni e la data eventualmente fissata per l’audizione richiesta dal lavoratore stesso al fine di illustrare le proprie giustificazioni è neutro e quindi non rileva nel senso che non è computabile ai fini della tempestività del provvedimento disciplinare.

14. Questa connessione – e la relativa incidenza sulla tempestività del provvedimento disciplinare – tra la garanzia del cit. art. 7, comma 2 (facoltà di comunicare le giustificazioni nel termine di cinque giorni dalla contestazione dell’addebito) e quella del comma 2 della medesima disposizione (facoltà del lavoratore di chiedere di essere sentito dal datore di lavoro) giova anche ai fini dell’interpretazione della normativa collettiva che abbia fissato un termine all’adozione del provvedimento disciplinare.

15. Ed è il caso dell’art. 50 del contratto collettivo citato che al comma 4 prevede l’eventuale adozione del provvedimento disciplinare entro 16 giorni dalla contestazione anche nel caso in cui il lavoratore non presenti alcuna giustificazione.

16. Tale disposizione contrattuale collettiva, nel suo dato testuale, contempla solo il termine massimo per l’adozione della sanzione e non considera l’ipotesi dell’illustrazione delle contro deduzioni del lavoratore (eventualmente anche) in sede di audizione orale, richiesta dal lavoratore ed accordata dal datore di lavoro. Si tratta però di una garanzia di fonte legale (quella dell’audizione orale) che ex lege si innesta nella disposizione contrattuale e ne impone un’interpretazione non strettamente letterale (nel senso della perentorietà del termine, nella specie di 16 giorni, a decorrere dalla contestazione). Deve quindi accedersi ad un’interpretazione sistematica di tale disposizione, coordinata con le garanzie procedimentali previste dal cit. art. 7, commi 2 e 5, nel senso che, allorchè il lavoratore chieda di essere sentito per illustrare verbalmente le sue giustificazioni, il termine contrattuale suddetto di 16 giorni, accordato al datore di lavoro per valutare se adottare, o no, il provvedimento disciplinare, decorre dall’audizione ovvero dal giorno fissato per l’audizione stessa.

17. Tale interpretazione sistematica si giova anche dell’argomentazione a contrario. Invero l’interpretazione letterale della clausola contrattuale porterebbe a un risultato che potrebbe essere contraddittorio: ove, infatti, l’audizione del lavoratore fosse fissata, per esigenze del datore di lavoro, per una data successiva al decorso dei 16 giorni, il datore di lavoro dovrebbe determinarsi all’adozione o meno del provvedimento disciplinare prima ancora di sentire il lavoratore incolpato.

18. In conclusione va privilegiata l’indicata interpretazione sistematica nel senso che ove il lavoratore abbia chiesto di essere sentito a discolpa, il termine di 16 giorni assegnato al datore di lavoro per l’adozione del provvedimento disciplinare, secondo il disposto del cit. art. 50, comma 4 del CCNL di categoria, decorre dall’audizione del lavoratore ovvero dal giorno fissato per la sua audizione.

19. Tanto premesso, non sono meritevoli di accoglimento le censure indirizzate dalla ricorrente alla statuizione impugnata, incentrata sulla mortificazione del diritto di difesa del lavoratore, per aver il datore di lavoro trascurato la richiesta di tempestivo differimento per impedimento del lavoratore medicalmente accertato e documentato.

20. La questione è connessa alle esigenze di tutela del lavoratore che, proprio a causa del suo stato di salute, non sia adeguatamente in grado di avvalersi della facoltà di fornire le sue giustificazioni a seguito di una contestazione disciplinare, e l’esito cui è pervenuta la Corte territoriale si appalesa conforme a diritto, adeguatamente motivato ed immune da censure e da vizi logici.

21. Invero, ove il dipendente chieda tempestivamente il differimento dell’audizione, attestando un impedimento per motivi di salute, suffragato dalla produzione di idonea certificazione medica (del medico curante e di una struttura sanitaria pubblica) il datore di lavoro non può ritenersi autorizzato ad omettere la convocazione dovendo, al contrario, consentirla alla cessazione dello stato di malattia del lavoratore, salvo che risulti prima facie il carattere pretestuoso e meramente dilatorio della richiesta. Ed è onere del dipendente, che contesti l’impossibilità di aver potuto esercitare il proprio diritto di difesa a causa di condizioni di salute ostative, dimostrare di essersi trovato, nella pendenza del termine, nelle predette condizioni.

22. La giurisprudenza di questa Corte ha richiamato, a tal fine, lo stato di incapacità naturale del lavoratore (cfr., in tema, Cass. 20601/2006; Cass. 7374/2001), ma l’impossibilità di svolgere l’attività difensiva può pur raccordarsi a condizioni oggettive di salute, medicalmente accertate, che pur non compromettendo la seria capacità di valutazione e la consapevolezza cosciente dell’espletanda attività risulti incompatibile con l’espletamento dell’audizione orale, con valutazione riservata al giudice di merito e non sindacabile in sede di legittimità se adeguatamente motivata.

23. Nè possono diversamente rilevare gli strumenti alternativi di difesa cui potrebbe accedere il lavoratore impossibilitato ad espletare la pur richiesta audizione orale, come propugna la parte ricorrente, giacchè r è pur vero che è in facoltà del lavoratore esercitare il suo diritto di difesa nella più completa libertà di forme, anche per iscritto o mediante l’assistenza di un rappresentante dell’associazione sindacale cui aderisca o conferisca mandato (ex multìs, Cass. 1661/2008), ma lo stato di malattia non solo non può incidere sulla facoltà di scelta delle modalità di esercizio del diritto di difesa inducendo il lavoratore alla delega necessitata a terzi della propria difesa, ma potrebbe, invero, precludere, proprio a cagione delle peculiari condizioni di salute, la stessa possibilità di dare ad altri adeguata contezza delle proprie ragioni di difesa.

24. Nella specie la Corte territoriale, con motivazione immune da censure e da vizi logici, ha escluso che la richiesta di differimento dell’audizione orale da parte del lavoratore fosse ispirata da intento dilatorio e pretestuoso, apprezzando la documentazione medica delle condizioni di salute del lavoratore che, in breve sequenza temporale, in seguito ad un episodio di dolore toracico, è culminata nella diagnosi di “stato di agitazione psicomotoria, quadro di stress psichico, ipertensione arteriosa, precordialgia”, e ritenendola non compatibile con l’espletamento dell’audizione orale che, per di più, avrebbe esposto il lavoratore ad ulteriore stress, aggravando lo stato ipertensivo dal quale risultava affetto.

25. La Corte di merito ha esaminato, pertanto, come ampiamente indicato nello storico di lite, tutte le circostanze rilevanti per pervenire alla decisione; le valutazioni svolte e le coerenti conclusioni che ne sono state tratte configurano quindi un’opzione interpretativa del materiale probatorio del tutto ragionevole, espressione di una potestà propria del Giudice del merito che non può essere sindacata nel suo esercizio.

26. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, con distrazione a favore dell’Avv. **************.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, liquidate in Euro 40,00 per esborsi, Euro 3.000,00 per onorari, oltre IVA, CPA e spese generali, con distrazione a favore dell’avv. **************.

Redazione