Liberazione anticipata al detenuto che durante gli arresti domiciliari ha molestato l’ex (Cass. pen. n. 8690/2012)

Redazione 06/03/12
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Svolgimento del processo

1. Il 3 maggio 2011 il Tribunale di sorveglianza di Milano accoglieva, limitatamente ai semestri dal 2 dicembre 2008 all’1 dicembre 2009, l’istanza di liberazione anticipata avanzata da V.M., mentre la rigettava in relazione ai semestri compresi dal 2 dicembre 2009 all’1 dicembre 2010. Il parziale diniego del beneficio invocato veniva giustificato con la condotta minatoria e violenta posta in essere da V. in danno della sua ex fidanzata, espressivo del mancato completamento del percorso rieducativo.

2. Avverso il suddetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, V., il quale lamenta erronea applicazione della legge penale con riferimento all’omessa valutazione dei singoli semestrali, all’incidenza della condotta ritenuta non conforme alle finalità rieducative e realizzata il 3 febbraio 2011, ossia al di fuori dei semestri oggetto della valutazione, decorrenti dal 2 dicembre 2009 all’1 dicembre 2010, nonchè contraddittorietà e illogicità della motivazione alla luce del fatto che il medesimo comportamento, fortemente ridimensionato alla luce delle dichiarazioni rese dalla pare offesa, non è stato ritenuto dal Tribunale così grave da giustificare la revoca del regime di detenzione domiciliare, cui era stato in precedenza ammesso.

 

Motivi della decisione

Il ricorso è fondato.

1. Il concetto di partecipazione all’opera di rieducazione espresso dalla L. n. 354 del 1975, art. 54, e successive modifiche ha un contenuto complesso, in quanto, da un lato, richiama comportamenti esteriori oggettivamente determinati e, dall’altro, evoca un’adesione psicologica al trattamento sintomatica di un coefficiente di risocializzazione. L’art. 103, comma 2, reg. es. ricollega il requisito della partecipazione a parametri precisi e, cioè, all’impegno dimostrato dal detenuto “nel trarre profitto delle opportunità offertegli nel corso del trattamento e al mantenimento di corretti e costruttivi rapporti con gli operatori, con i compagni, con la famiglia e la comunità esterna”. La norma, così modificata dal regolamento di esecuzione del 2000, facendo riferimento ai “rapporti” del condannato e non più all’atteggiamento”, come risultava nel regolamento di esecuzione del 1976, ha sostituito la vantazione di un dato soggettivo (quale appunto l’atteggiamento) con quella di dati oggettivi, comprensivi delle relazioni con la comunità esterna, oltre che con i compagni, gli operatori, i familiari.

La partecipazione all’opera di rieducazione, pertanto, deve attenere alla condotta esteriore e non presuppone alcuna diagnosi di risocializzazione già conseguita, ma soltanto l’adesione del condannato al processo di reintegrazione sociale in itinere.

Il comportamento tenuto extra moenia dalla persona entra a far parte della valutazione complessiva della condotta dell’interessato, in quanto, ai fini della riduzione di pena, non è sufficiente non avere commesso infrazioni disciplinari in istituto, bensì occorre che il condannato abbia dato prova di reale partecipazione alle attività rieducative. La condotta tenuta dal soggetto al di fuori dell’ambiente penitenziario deve essere, peraltro, espressiva del suo sostanziale rifiuto di risocializzazione e, per riflettersi negativamente sui semestri contigui rispetto a quello in cui si inseriscono, devono essere caratterizzata da obiettiva gravità. 2. Il provvedimento impugnato non ha fatto corretta applicazione di questi principi ed è connotato da una marcata frattura logica.

Infatti, dopo avere ampiamente descritto la condotta violenta serbata da V. nei confronti della donna cui era stato in precedenza legato, ha osservato che le successive dichiarazioni rese dalla parte offesa avevano fortemente ridimensionato il fatto, da ricondurre a problemi psicologici dell’uomo, sicchè la competente Autorità giudiziaria, dopo un iniziale provvedimento di sospensione, non aveva ritenuto sussistenti i presupposti per la revoca della detenzione domiciliare in precedenza concessa. A tali rilievi il Tribunale ha accompagnato l’argomentazione in ordine al complessivo buon andamento della condotta di V.. Dopo avere illustrato questi elementi fattuali, il Collegio è giunto a negare la liberazione anticipata per due semestri sulla base di un’apodittica affermazione di non conformità della condotta alla finalità rieducativa della misura, cui V. è sottoposto, che non è in alcun modo correlata all’indicazione di specifiche circostanze di fatto diverse da quelle in precedenza ritenute prevalentemente espressive di disagio psicologico.

Infine il Tribunale ha omesso di chiarire le ragioni della rilevanza della condotta serbata da V. in rapporto ai due semestri dal 2 dicembre 2009 all’1 dicembre 2010.

Per tutte queste ragioni s’impone, quindi, l’annullamento dell’ordinanza impugnata e il rinvio per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.

 

P.Q.M.

Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di sorveglianza di Milano.

Redazione