L’obbligo di repechage va riferito limitatamente alle attitudini ed alla formazione di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento (Cass. n. 5963/2013)

Redazione 11/03/13
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 31 maggio 2007 pubblicata il 4 febbraio 2009 la Corte d’Appello di Roma, in riforma della sentenza del Tribunale di Roma del 27 aprile 2006 ha rigettato la domanda proposta da C. G. volta ad ottenere la declaratoria della nullità del licenziamento intimatogli dalla R. s.p.a. in data 2 dicembre 2003 per giustificato motivo oggettivo costituito dalla soppressione del reparto manutenzione carrozzeria dei veicoli al quale era addetto il lavoratore. La corte territoriale ha motivato tal pronuncia considerando che, dall’espletata istruttoria testimoniale, è emerso che solo saltuariamente il C. aveva svolto altre attività quale, in particolare, quella di autista, qualifica per la quale la società aveva provveduto ad assunzioni in epoca successiva al licenziamento. La corte romana ha considerato che comunque l’obbligo del repechage non impone comunque al datore di lavoro la riqualificazione del personale con il sacrificio dell’ottimizzazione delle prestazioni sulla base della professionalità precedentemente acquisita.
Il 9 propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.
Resiste con controricorso la R.
Il C. ha presentato memoria.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 5 della legge 604 del 1966 ai sensi dell’art. 360 n. 3 cod. proc. civ., ed omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360, n. 5 cod. proc. civ. In particolare si assume che sarebbero state valutate in modo non corretto le risultanze istruttorie dalle quali sarebbe emerso che il C. ha svolto frequentemente le mansioni di autista. Comunque le mansioni di autista, nelle quali poteva essere utilizzato il lavoratore, sarebbero contrattualmente equivalenti a quelle svolte precedentemente, per cui il C., peraltro in possesso della patente K necessaria per la guida di tutti i veicoli in dotazione alla società, avrebbe potuto essere utilizzato utilmente dalla R.
Il ricorso non è fondato. Il presupposto di fatto posto a fondamento della tesi del ricorrente secondo cui egli, pur addetto alla manutenzione dei pullman, li ha usualmente condotti ed era quindi utilizzabile anche nelle mansioni di autista, non è stato ritenuto sussistente dalla corte territoriale che ha infatti affermato che il C. ha svolto solo in via episodica le mansioni di autista. L’accertamento del fatto è riservato al giudice di merito per cui tale giudizio non è censurabile in questa sede se logicamente motivato come nel caso in esame in cui vi è una sia pur succinta motivazione al riguardo. Comunque, in punto di diritto va osservato che non è condivisibile l’assunto del ricorrente secondo cui il datore di lavoro avrebbe il compito della formazione professionale dei dipendenti; infatti tale affermazione, se astrattamente considerata, si riferisce indistintamente ai dipendenti per le specifiche mansioni per le quali sono stati assunti ed utilizzati, ma non può valere per i dipendenti utilizzati in mansioni diverse in modo che il datore di lavoro non ha l’obbligo di formazione professionale e di consentire l’eventuale titolo professionale per dipendenti per i quali tale formazione e tale titolo non è previsto o necessario.
L’obbligo di repechage va dunque riferito limitatamente alle attitudini ed alla formazione di cui il lavoratore è dotato al momento del licenziamento con esclusione dell’obbligo del datore di lavoro a fornire tale lavoratore di un’ulteriore o diversa formazione per salvaguardare il suo posto di lavoro.
Il difforme esito dei giudizi di merito e le incertezze rilevate anche in seno alla giurisprudenza della Corte inducono a compensare per l’intero per le spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte, rigetta il ricorso;
Compensa fra le parti le spese di giudizio.
Così deciso in Roma il 18 dicembre 2012

Redazione