Informativa antimafia c.d. atipica (Cons. Stato n. 4551/2013)

Redazione 12/09/13
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FATTO e DIRITTO

1. La controversia origina dai lavori di costruzione della E90 tratto SS 106 e di prolungamento della SS 280, affidati, in esito a procedura di gara esperita dall’ANAS S.p.a., alla società di progetto Co.Me.Ri. S.p.a., la quale ha stipulato un accordo di gestione di progetto con Astaldi S.p.a., ex art. 37-quinquies, comma 1-bis, legge 109/1994.
Nell’ambito di tale rapporto, Astaldi ha stipulato con l’odierna appellata Cosbau S.p.a. un contratto di affidamento di alcune delle opere.
Nel corso dell’esecuzione, è intervenuta l’informativa antimafia atipica prot. 20416 in data 9 marzo 2010, con la quale il Commissario di Governo di Bolzano, precisando l’insussistenza di cause interdittive ex artt. 10 legge 575/1965 e 4 d.lgs. 490/1994, comunicava alla Prefettura di Catanzaro alcune vicende relative alla società Cosbau ed ai suoi amministratori.
2. Il Prefetto di Catanzaro con nota prot. 18400 in data 10 marzo 2010 ha trasmesso l’informativa ad Astaldi, che, ai sensi dell’art. 29, comma 6, del contratto di affidamento, ha comunicato a Cosbau la risoluzione del contratto.
Cosbau ha impugnato l’interdittiva ed ha chiesto il risarcimento dei danni subiti a causa della risoluzione di appalto. L’azione risulta proposta nei confronti dell’Amministrazione, con riserva di agire in sede civile verso Astaldi.
Il TAR Calabria, con la sentenza appellata (Catanzaro, n. 879/2012), ha accolto il ricorso, ritenendo l’informativa viziata per difetto dei presupposti, istruttoria e motivazione (secondo il TAR, si sarebbe trattato di un tentativo di “scalata societaria” da parte di soggetti sospetti di appartenere ad associazioni di stampo mafioso, non andato a buon fine).
Conseguentemente all’annullamento dell’informativa, riconosciuti i presupposti del risarcimento, il TAR ha pronunciato condanna generica, stabilendo i criteri per la proposta da parte dell’Amministrazione statale, ex art. 34, comma 4, cod. proc. amm.
3. Appella il Ministero dell’interno, condannato al risarcimento (per una somma del prevedibile ordine di grandezza di circa 2,6 milioni euro), lamentando che:
– si trattava di informativa atipica, ex art. 10, comma 9, del d.P.R. 252/1998, la cui efficacia interdittiva è rimessa ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione destinataria dell’informativa stessa;
– la motivazione dell’informativa, tenuto conto delle caratteristiche prognostiche ed ampiamente discrezionali del provvedimento, era sufficiente;
– difettava il nesso di causalità tra informativa atipica e danno da risoluzione, in quanto di mezzo c’è lo “schermo” della valutazione autonoma e discrezionale della stazione appaltante o, come nel caso in esame, del contraente generale; tale nesso non può essere ravvisato né nella clausola risolutiva, frutto della volontà negoziale dei contraenti, né nel c.d. Protocollo di legalità del 2005, che prevedeva la risoluzione solo in presenza di informative tipiche per tentativi di infiltrazione mafiosa;
– difettava l’elemento soggettivo, trattandosi di informativa non automaticamente interdittiva, ma affidata alla valutazione della stazione appaltante (qui il contraente generale).
4. La società appellata propone ricorso incidentale per ottenere l’intera somma richiesta, ammontante a quasi 6,2 milioni di euro.
5. Intimata, si è costituita in giudizio anche Astaldi, ribadendo la propria estraneità alla vicenda, sia per la natura privatistica del rapporto con Cosbau sia per la mancanza di domande nei propri confronti.
6. L’appello principale è fondato.
6.1. Secondo la giurisprudenza (cfr., da ultimo, il quadro ricostruttivo fornito da CGA, 8 maggio 2013, n. 456), nel nostro ordinamento la informativa antimafia c.d. atipica (o supplementare), elaborata dalla prassi, rinviene il suo fondamento normativo nel combinato disposto dell’art. 10, comma 9, del d.P.R. 252/1998 e dell’art. 1-septies, del d.l. 629/1982, conv. in legge 726/1982, nonché nell’art. 10, comma 7, lett. c), del d.P.R. 252/1998, che consente al Prefetto autonomi accertamenti.
Deve dunque ritenersi sempre consentito al Prefetto di fornire alle stazioni appaltanti un’informativa atipica. Tuttavia, essa, a differenza di quella c.d. tipica, non ha carattere (direttamente) interdittivo, ma consente alla stazione appaltante l’attivazione di una valutazione discrezionale in ordine all’avvio o al prosieguo dei rapporti contrattuali, alla luce dell’idoneità morale del partecipante alla gara di assumere la posizione di contraente con la P.A., sicché la sua efficacia interdittiva può eventualmente scaturire soltanto da una valutazione autonoma e discrezionale dell’Amministrazione destinataria. (cfr. Cons. Stato, III, 14 settembre 2011, n. 5130; VI, 28 aprile 2010, n. 2441; I, 25 febbraio 2012, n. 4774).
In altri termini, l’informativa antimafia atipica, ancorché non sia priva di effetti nei confronti delle Amministrazioni, non ne comprime integralmente le capacità di apprezzamento, con la conseguenza che i provvedimenti di mantenimento o di risoluzione del rapporto debbono essere comunque il frutto di una scelta motivata della stazione appaltante (sulla attribuzione, alla stazione appaltante destinataria di una informativa atipica, di spazi valutativi sulla incidenza effettiva degli elementi di apprezzamento forniti dalla Prefettura nella procedura di riferimento, cfr. Cons. Stato, VI, 11 dicembre 2009, n. 7777; 3 maggio 2007, n. 1948; V, 28 marzo 2008, n. 1310).
6.2. La informativa atipica è pur sempre assoggettabile a sindacato giurisdizionale di legittimità sotto i profili della sufficienza della motivazione e della logicità, coerenza o attendibilità del giudizio, con riferimento al significato attribuito agli elementi di fatto e all’iter seguito per pervenire a determinate conclusioni.
Nel caso in esame, il TAR Calabria ha ritenuto che, emergendo dalla informativa unicamente un tentativo di “scalata societaria”, non andato però a buon fine, ed essendo detta circostanza già nota al Prefetto al momento della informativa, la situazione avrebbe richiesto un particolare approfondimento istruttorio, al fine di far emergere, a carico della società, eventuali ulteriori e diversi elementi, idonei a supportare l’informativa, vista l’insufficienza di quelli a disposizione.
Può sottolinearsi che l’informativa in questione è assolutamente univoca, oltre che nel qualificare come non interdittivi i propri effetti, anche nel non accompagnare gli elementi di fatto esposti con considerazioni sulla loro significatività in termini di tentativi di infiltrazione mafiosa, e nel precisare essere ancora in corso indagini da parte della Procura della Repubblica.
La nota prot. 20416/2010, infatti, introduce l’opportunità dell’informativa richiamando l’orientamento giurisprudenziale che ne prevede l’adozione in presenza di elementi «che, pur denotando il pericolo di collegamenti tra l’impresa e la criminalità organizzata, non raggiungano la soglia di gravità prevista dall’art. 4 del d.lgs. 490/1994, perché non integranti del tutto il tentativo d’infiltrazione mafiosa», e, in conclusione, si qualifica nel senso che «essendo priva di efficacia interdittiva automatica, viene rilasciata per le valutazioni e le conseguenti determinazioni nell’esercizio delle proprie competenze a termini di legge».
In sostanza, sembra che il TAR abbia inteso sanzionare l’interdittiva per l’intempestività della sua adozione, effettuata prima della conclusione dei necessari approfondimenti di indagine.
Ciò precisato, posto che non risulta dagli atti, né viene affermato dal TAR che vi sia stata un’esposizione di elementi di fatto errata, lacunosa o tendenziosa, il Collegio ritiene che l’informativa non possa considerarsi illegittima, e che non si possa imputare al Commissario di Governo per la Provincia di Bolzano ed al Prefetto di Catanzaro di averla trasmessa con immediatezza al contraente generale, dal momento che l’atto si presentava come prodromico ad ulteriori approfondimenti e limitava ogni effetto esterno.
6.3. L’effetto interdittivo che l’informativa ha concretamente avuto è dipeso dalle previsioni del contratto di affidamento con Astaldi, che ricollegavano ad ogni informativa, anche se atipica, un automatico effetto risolutorio.
Ma tale circostanza, nella prospettiva della verifica di sussistenza di tutti gli elementi della fattispecie risarcitoria, compreso quello soggettivo, non è imputabile alle Amministrazioni statali appellanti.
Con riferimento ad altri accordi soggetti aggiudicatori ed Amministrazioni competenti in materia di sicurezza a fini di prevenzione e repressione della criminalità (c.d. protocolli di legalità, ex artt. 9, comma 3, lettera e), del d.lgs. 190/2002, e 176, comma 3, lettera e), del d.lgs. 163/2006), è stato affermato che non sarebbe logico introdurre un automatismo caducatorio del contratto a fronte di una informativa atipica che necessita un adeguato vaglio critico che risulti da una congrua motivazione, non potendo, una risoluzione automatica, derivare se non da fattispecie puntualmente definite dal legislatore, ipotesi che, in quanto tali, consentono di ritenere (con ragionevolezza) vincolata l’attività dell’amministrazione e che, imponendosi come factum principis, legittimano la risoluzione del rapporto contrattuale (cfr. CGA, n. 456/2013, cit.; Cons. Stato, VI, 4 luglio 2011, n. 3999).
Con riferimento al “Protocollo d’intesa” relativo ai lavori in questione, sottoscritto in data 4 agosto 2005 tra Prefettura di Catanzaro, ANAS e Co.Me.Ri., ancorché l’art. 4 preveda, genericamente, l’inserimento nei contratti della clausola risolutoria nel caso in cui le informazioni antimafia di cui all’art. 10 del d.P.R. 252/1998 «abbiano dato esito positivo», la disposizione dirimente è l’art. 5, secondo cui «ai fini dell’applicazione del presente protocollo, le informazioni di cui all’art. 10, comma 9, [del d.P.R. 252/1998] (c.d. informazioni atipiche) devono essere valutate ai fini dell’interdizione o dell’estromissione della società o dell’impresa cui le informazioni si riferiscono, legittimando in questo caso il CONTRAENTE GENERALE all’esercizio della facoltà di risoluzione dal contratto o di revoca dell’autorizzazione al subcontratto o sub affidamento, esercitato ai sensi dell’art. 11, comma 3 [del dPR 252/1998]».
Dunque, il contratto avrebbe dovuto prevedere una facoltà contrattuale, esercitabile, com’è la regola per le stazioni appaltanti di fronte ad un’informativa atipica, in base ad autonoma valutazione (doverosa nell’an, ma discrezionale nel quid).
Ma così non è stato, poiché, contrariamente alle previsioni del Protocollo, il contratto sottoscritto da Astaldi e Cosbau in data 10 novembre 2008, all’articolo 29, punto 6), conteneva una clausola risolutiva espressa globale, prevedendo la risoluzione anche «a seguito di segnalazioni … sotto forma delle “informazioni atipiche” di cui all’art. 10, comma 9, del citato d.P.R. n. 252/98».
Il contratto, per tale aspetto, deve ritenersi pattuito tra le parti autonomamente, al di fuori di un obbligo o di un condizionamento derivante dall’adesione al Protocollo.
La Cosbau eccepisce che il contratto era depositato presso l’Amministrazione e quindi l’Amministrazione era in grado di conoscere l’effetto che l’informativa avrebbe determinato.
Ciò non toglie, ad avviso del Collegio, che la clausola contrattuale si ponga come elemento causale determinante la risoluzione, quindi come causa del pregiudizio lamentato. Tale da interrompere il nesso di causalità tra adozione e comunicazione dell’informativa e risoluzione del contratto.
7. La fondatezza dell’appello principale è basata su due elementi – non illegittimità dell’informativa, in sé considerata; mancanza del nesso eziologico determinante tra essa e la risoluzione – entrambi impeditivi del riconoscimento della pretesa risarcitoria.
Ne consegue anche l’infondatezza del ricorso incidentale (autonomo), in quanto volto ad estendere l’ambito del danno risarcibile. Salva l’eventuale attivazione della pretesa risarcitoria nei confronti del contraente generale.
Considerata la complessità delle questioni sottese alla decisione, sembra equo disporre la compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, respinge il ricorso di primo grado. Respinge il ricorso incidentale.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2013

Redazione