Il giudice non può ingerirsi nelle scelte fatte dall’assemblea relative alla manutenzione del caseggiato, a meno che la delibera non sia viziata da eccesso di potere

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riferimenti normativi: artt.  1137 c.c.

precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza n. 20135 del 7/08/2017

La vicenda

Alcuni condomini impugnavano tre delibere assembleari per approvare il consuntivo dei lavori di manutenzione straordinaria dell’edificio, ritenendole viziate per eccesso di potere. Il Tribunale annullava la prima e la terza delibera impugnata. La Corte d’Appello invece respingeva integralmente le richieste dei condomini e confermava la piena validità di tutte e tre le decisioni assembleari.

Secondo i giudici di secondo grado l’assemblea condominiale si era limitata ad approvare l’esecuzione dei lavori di manutenzione del caseggiato ad un determinato costo, seppur superiore alle originarie previsioni, e di tale scelta non era possibile sindacare in sede giudiziale la convenienza economica. I condomini, ricorrevano in cassazione, continuando a sostenere come le decisioni assembleari fossero viziate da eccesso di potere per aver l’assemblea approvato il pagamento di un corrispettivo per opere mai eseguite dall’appaltatore, o comunque sovrastimate.

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La questione

Il sindacato dell’autorità giudiziaria sulle delibere dell’assemblea di condominio può estendersi alla valutazione del merito e al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea?

La soluzione

La Cassazione ha dato ragione al condominio: le delibere impugnate erano assolutamente valide.

Secondo i giudici supremi, infatti, la sentenza della Corte d’Appello si è uniformata all’orientamento giurisprudenziale secondo cui, sulle delibere delle assemblee di condominio degli edifici, il sindacato dell’autorità giudiziaria non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, può abbracciare anche l’eccesso di potere; del resto secondo l’art. 1137 c.c. contro le deliberazioni contrarie alla legge o al regolamento di condominio ogni condomino assente, dissenziente o astenuto può rivolgersi all’autorità giudiziaria, chiedendone l’annullamento nel termine perentorio di trenta giorni, che decorre dalla data della deliberazione per i dissenzienti o astenuti e dalla data di comunicazione della deliberazione per gli assenti.

Tuttavia lo “strumento” di cui all’art. 1137 c.c. non è finalizzato a controllare l’opportunità o convenienza della soluzione adottata dall’impugnata delibera, quanto piuttosto a stabilire se la decisione collegiale sia, o meno, il risultato del legittimo esercizio del potere dell’assemblea; di conseguenza la Cassazione sottolinea come non sia contestabile la decisione della Corte d’Appello, dovendosi certamente negare che possa intendersi “gravemente pregiudizievole alla cosa comune” una deliberazione che, in realtà, venga impugnata in relazione non al danno che abbia apportato alla conservazione o al godimento delle parti comuni, quanto sotto il profilo della gravosità e della carenza di giustificazione delle spese da essa implicate a carico dei singoli condomini.

Le riflessioni conclusive

La decisione in commento conferma che qualora sia impugnata una delibera condominiale il giudice non può valutare le censure inerenti la vantaggiosità della scelta operata dall’assemblea sui costi da sostenere nella gestione delle spese relative alle cose ed ai servizi comuni.

Il riscontro esercitato dall’autorità giudiziaria infatti non può mai riguardare il contenuto di convenienza ed opportunità della delibera condominiale, in quanto il giudice deve solo stabilire se la delibera sia o meno il risultato di un legittimo esercizio dei poteri discrezionali dell’assemblea.

Pertanto i condomini non possono sollecitare il sindacato dell’autorità giudiziaria sulla delibera di approvazione dei lavori straordinari e di ripartizione delle correlate spese, censurando, ad esempio, l’opportunità della scelta dell’appaltatore operata dall’assemblea, né possono impugnare la decisione assembleare sostenendo l’inutilità o l’irrazionalità dei lavori approvati.

Risulta dunque evidente che nessun giudice può annullare la volontà della maggioranza dei condomini per cattivo uso dei propri poteri discrezionali: se la collettività ha operato scelte inopportune non si può parlare certo di contrarietà alla legge e quindi la delibera non sarà annullabile.

Per quanto sopra non può essere impugnata quella decisione che approva un preventivo di spesa per lavoro straordinario più oneroso rispetto ad altro più vantaggioso: in tal caso  l’unico modo per contestare l’operato della maggioranza dei condomini è provare un contrasto tra il contenuto della delibera e le norme di legge e del regolamento, in quanto risulta evidente che l’assemblea può aver deciso di scegliere un’impresa il cui preventivo sia più elevato sulla considerazione di una maggiore affidabilità della ditta scelta.

Sulle delibere delle assemblee di condominio il sindacato dell’autorità giudiziaria quindi non può estendersi alla valutazione del merito ed al controllo della discrezionalità di cui dispone l’assemblea quale organo sovrano della volontà dei condomini, ma deve limitarsi al riscontro della legittimità che, oltre ad avere riguardo alle norme di legge o del regolamento condominiale, si estende anche all’eccesso di potere.

Per poter parlare di eccesso di potere occorre la prova che, attraverso la delibera, l’assemblea abbia inteso realizzare finalità estranee agli interessi del condominio, o abbia (anche senza volerlo) posto in essere una situazione di pregiudizio per la collettività.

In ogni caso la situazione dannosa che ne deriva a carico della minoranza dissenziente deve essere di una certa gravità: così, ad esempio, se si decide di locare l’alloggio del portiere ad un canone lievemente più basso di quello che si può realizzare, la deliberazione relativa non è impugnabile.

Alle stesse conclusioni si deve pervenire anche nel caso in cui l’assemblea decida di provvedere alla manutenzione di una parte comune dichiarata pericolante da un tecnico e non pericolante da un altro tecnico, in quanto rientra nel campo delle decisioni che implicano valutazioni di merito per le quali l’assemblea è sovrana e la volontà della maggioranza vincola la minoranza dissenziente.

In altre parole l’assemblea è organo sovrano della volontà dei condomini, i quali sono padroni, ove esprimano una valida maggioranza, di scegliere questa o quell’impresa esecutrice dei lavori di manutenzione dell’edificio, questo o quel tecnico incaricato della progettazione e della direzione dei lavori, di stipulare questo o quel contratto, di arrivare a questa o quella transazione, ovviamente sempre nei limiti della gestione degli interessi condominiali, senza che il giudice possa essere chiamato a valutare la “convenienza” dell’affare.

Al contrario si può parlare di eccesso di potere, ad esempio, per quella delibera che – senza motivo – stabilisce di soprassedere ai lavori di rifacimento del tetto, in contrasto con una precedente delibera condominiale nella quale il condominio aveva già deciso le modalità di automatico affidamento dei lavori alla ditta prescelta, nel caso di mancata individuazione di un appaltatore alternativo da parte di una commissione composta da tre condomini; pertanto il contrasto tra le due delibere associato all’assenza di motivazione, fa emergere un’irragionevolezza dell’agire dell’assemblea riconducibile al vizio sopracitato.

E’ valida e non certo viziata da eccesso di potere invece la decisione assembleare che, per preservare la sicurezza dei condomini, ha imposto alla collettività condominiale di non accedere alla terrazza comune priva di parapetto conforme al regolamento edilizio comunale (Trib Milano 13/09/2019 n. 8230).

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Sentenza collegata

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Consulente legale condominialista Giuseppe Bordolli

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