Corte d’Appello Sezione minorenni 6/5/2008 n. 685; Pres. de Robertis L.

Redazione 06/05/08
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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale per i Minorenni dell’Emilia Romagna in Bologna, con sentenza in data 20/12/2007-7/1/2008, dichiarava lo stato di adottabilità della minore A.I.M. (omissis) nata a Bologna l’8/3/2004.

Nel motivare la decisione, il Tribunale osservava che sin dalia. nascita la situazione della minore aveva destato preoccupazione. La madre M. A., cittadina rumena immigrata irregolarmente, era priva di permesso di soggiorno e di fonti di guadagno. La bambina, secondo quanto riferito dalla madre, era nata da una relazione con un cittadino romeno (già sposato e padre a sua volta) rimasto in Romania.

La donna, già più volte identificata nel corso di attività di meretricio e connotata da alias (D.S.R., nata in Romania l’11/11/1983; D.S.R. nata in Romania l’11/2/1983), in data 26/3/2004 era stata sorpresa a prostituirsi mentre la figlia, nata prematuramente, era ancora ricoverata in ospedale.

Il Tribunale per i minorenni, su istanza del P.M., con decreto 23/4/2004, aveva quindi disposto l’apertura di procedimento per l’accertamento dello stato di adottabilità della minore. Con lo stesso decreto aveva sospeso la madre dalla potestà e aveva nominato il Comune di Bologna (o comunque il servizio del territorio ove la minore fosse stata trasferita) tutore della minore e collocato la minore stessa in struttura protetta insieme alla madre, incaricando il servilo sociale di osservare la relazione madre-figlia e le capacità genitoriali della madre.

Dopo un periodo di apparente accettazione delle regole della Comunità, la donna (nel frattempo identificata, sulla base di un passaporto dalla stessa esibito, come M. A., n. in Romania il 7/9/1983), il 16 febbraio 2007, si allontanava dalla struttura insieme alla figlia e vi faceva ritorno due giorni dopo per poi allontanarsene nuovamente, senza la minore, due giorni dopo.

La bambina veniva quindi trasferita in altra struttura (una casa famiglia dell’Associazione Papa **************), ove instaurava un rapporto di fiducia ed affetto con gli operatori; fino al luglio del 2007 incontrava la madre presso la struttura manifestando facilità a staccarsi da lei e irrequietezza nel corso delle visite.

M. A. era nel frattempo seguita, dal novembre del 2006, dal centro Salute mentale di Modena per una "reazione mista ansioso depressiva in verosimile disturbo della personalità caratterizzato da deflessione del tono dell’umore, associata a sintomi ansiosi ad andamento parossistitico, insonnia e labilità emotiva". Dalla relazione del Centro di Salute Mentale risultava che erano emersi tratti di personalità che non avevano consentito di instaurare una solida alleanza terapeutica (instabilità relazionale, impulsività, scarsa tolleranza alle frustrazioni) e che nel maggio 2007 la paziente aveva interrotto ogni rapporto con la struttura terapeutica dopo avere disertato numerosi appuntamenti ed avendo assunto la terapia farmacologia prescrittale con discontinuità e scarsa convinzione.

A partire dall’aprile 2007 la madre aveva diradato gli incontri con la bambina fino a disertare gli ultimi appuntamenti. Tale condotta aveva determinato una reazione preoccupante nella bambina (vomito, agitazione e repentini cambi di umore nel corso della giornata).

Andreea – osservava il tribunale – si trovava dunque in stato di evidente abbandono, posto in essere, da ultimo, attivamente, dalla madre, "che l’aveva lasciata in Comunità per iniziare una vita irregolare caratterizzata, a volte, da incontri protetti" (ai quali, peraltro, talvolta non si era neppure presentata) "che non erano altro che la conferma di una situazione di abbandono e della volontà nemmeno costante della madre di ridurre il rapporto con la figlia a poche e una volta al mese"

Avverso tale sentenza M. A. proponeva appello con atto di citazione notificato in data 16/2/2008 deducendo:

che la sentenza era nulla per mancata audizione del tutore e dell’istituto affidatario;

che la sentenza era inoltre nulla perché il tribunale aveva omesso di nominare un difensore al minore ai sensi dell’art. 8 n. 4 della legge 184/1983;

che il primo giudice aveva erroneamente interpretato le risultanze istruttorie; in particolare aveva omesso di valutare se la situazione venutasi a creare fosse o meno di carattere transitorio o dovuta a forza maggiore connessa ad uno stato di malattia transitoria e curabile.

All’udienza del 17/4/2008 la ricorrente si è riportata ai propri scritti difensivi e il procuratore generale ha rassegnato le conclusioni trascritte in epigrafe.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Le eccezioni di carattere preliminare sollevate dall’appellante sono infondate.

Il tribunale, dopo avere disposto l’apertura del procedimento per l’accertamento dello stato di adottabilità della minore, ha infatti provveduto ad esaminare sia l’odierna appellante che gli operatori dei servizi sociali del Comune esercente la Tutela e della struttura di accoglienza (cfr. verbali 31/5/2005). Il primo giudice, inoltre, ha acquisito diverse relazioni della comunità ove la minore è collocata e dei servizi sociali incaricati del monitoraggio dei rapporti tra l’odierna appellante e la figlia.

Né può ritenersi fondata la doglianza in ordine alla mancata partecipazione del difensore agli accertamenti disposti dal tribunale.

Va infatti considerato che la norma di cui all’art. 10, 2° comma della legge n. 183/1984, come sostituito dall’art. 10 della legge 28/3/2001 n. 149, è entrata in vigore l’1/7/2008 (e quindi dopo il compimento degli accertamenti) e che, in ogni caso, il diritto di difesa della madre e il contraddittorio sono stati garantiti dal deposito degli atti effettuati prima della decisione.

Per quanto concerne, poi, la doglianza relativa alla mancata nomina di un difensore alla minore, deve osservarsi, per un verso, che anche la norma processuale di cui all’art. 8, 4° comma della legge n. 184/1983 (secondo cui il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall’inizio con l’assistenza legale del minore), introdotta con la legge n. 149 del 2001, è entrata in vigore solo il 1/7/2008 (e quindi in epoca successiva al compimento dell’attività istruttoria); per altro verso, che la legge non prevede la nomina di un difensore d’ufficio del minore (prevista invece per i genitori dall’art. 10, 2° comma, L. 184/1983) e che pertanto spetta al tutore il compimento delle scelte opportune per la sua difesa nell’ambito procedimento di adottabilità.

L’appello è infondato anche nel merito.

La sussistenza dello stato di abbandono della minore risulta evidente da quanto emerge dalle relazioni dei servizi sociali e dei responsabili della struttura presso la quale è collocata la bambina.

Come osservato dal tribunale, la madre, che ha avuto atteggiamenti ondivaghi nei confronti della figlia, ha di fatto da ultimo abbandonato la minore in comunità.

Dal marzo 2007, dopo alcuni gravi episodi (la A. si allontanava di notte lasciando la bimba da sola, mostrava atteggiamenti di rifiuto nei confronti della piccola abbandonandola a se stessa: v. relazione dei servizi per Minori e Famiglie del Comune di Bologna 17/8/2007), l’odierna appellante usciva dalla comunità e da allora mostrava disinteresse per la sorte della bambina (nell’aprile trasferita presso una casa famiglia dell’Associazione Papa ****************), disinteresse evidenziato dalla diradazione e poi diserzione degli appuntamenti fissati per le visite. Nei pochi incontri avuti con la bambina, d’altro canto, la madre ha mostrato un atteggiamento rassegnato e non ha espresso alcun bisogno legato ad un riavvicinamento alla bambina o ad una frequentazione più assidua (cfr. relazione 17/7/2007).

La A., sofferente per una seria patologia di ordine psichico, ha inoltre interrotto ogni rapporto con le struttura sanitaria (centro salute mentale di Modena) dalla quale era seguita (v., in proposito, comunicazione 25/2/2008 del Dipartimento Salute mentale di Modena), sicché, anche sotto tale profilo, la situazione appare stabilizzata e induce ad una prognosi negativa circa la possibilità di un recupero della capacità di prendersi cura della bambina. La volontaria sottrazione al programma terapeutico rende poi inutile l’approfondimento richiesto dalla difesa "in ordine allo stato di salute e alla possibilità di cura della madre".

A ciò deve aggiungersi che l’odierna appellante – che non è stato in grado di approfittare dell’aiuto offertole dai servizi sociali e dalle strutture sanitarie – conduce una vita irregolare che non offre alcun elemento che possa far sperare nella predisposizione di un ambiente familiare idoneo, in un futuro, ad accogliere la bambina.

In ultima analisi, l’abbandono della figlia – che ha già determinato nella piccola ******* una profonda sofferenza (manifestata da sintomi comportamentali puntualmente descritti nelle relazioni dei responsabili della comunità) – è caratterizzato da stabilità, trovandosi la madre nell’impossibilità di assumere un ruolo di effettivo sostegno per la figlia e di offrirle un progetto stabile e minimo di futuro comune.

Le valutazioni espresse dal Tribunale vanno, pertanto, pienamente condivise, con conseguente rigetto dell’appello.

P.Q.M.

La Corte respinge l’appello proposto da M. A..

Così deciso in Bologna, il 17 aprile 2008, nella camera di consiglio della Sezione Minorenni della Corte d’Appello.

Redazione