Consiglio di Stato sez. VI 29/1/2010 n. 380

Redazione 29/01/10
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione. – 1. Viene in decisione l’appello proposto dal Ministero dell’Interno per ottenere la riforma della sentenza del T.a.r. Venezia, sez. III, n. 3080/2004.
2. Con la sentenza impugnata è stato ritenuto che la normativa di cui all’art. 1 D.L. n. 195/2002, conv. in L. n. 222/2002, in tema di legalizzazione del lavoro irregolare di extracomunitari, richieda il requisito della prestazione dell’attività lavorativa nell’arco del trimestre antecedente all’entrata in vigore del D.L. cit., ma non necessariamente per l’intero periodo di tempo compreso nel trimestre.
3. La conclusione cui è pervenuto il primo giudice non è condivisa dal Collegio che, in linea con quanto già statuito dalla Adunanza Plenaria con decisione n. 4/2006, esclude la possibilità della regolarizzazione in presenza di una prestazione lavorativa inferiore al trimestre.
A favore di tale soluzione concorrono le considerazioni già fatte proprie dall’Adunanza Plenaria e che possono riassumersi nei seguenti punti:
a) la disposizione in questione (art. 1 D.L. n. 195/2002) reca regole di carattere eccezionale in quanto volte a consentire una deroga alla normativa ordinaria concernente il regime contingentato degli ingressi dei lavoratori extracomunitari, ai fini della "legalizzazione" delle prestazioni di lavoro irregolare, sì che – in virtù dei criteri ermeneutici dettati dall’art. 14 delle preleggi – non può trovare applicazione oltre i casi ed i tempi in essa considerati;
b) la soluzione interpretativa in base alla quale si esclude la necessità di una prestazione lavorativa di carattere continuativo per l’intero periodo di tre mesi risulta incompatibile con il sistema delineato dalla normativa in questione (in quanto il contributo richiesto dal 3° comma, art. 1 D.L. n. 195 è correlato all’attività lavorativa svoltasi per un intero trimestre), oltreché con le finalità proprie della normativa stessa (che non sono nel senso di assecondare iniziative concernenti situazioni che possono rappresentare la dissimulazione di un rapporto fittizio o sorto unicamente per la sola finalità della regolarizzazione).
Alla stregua delle considerazioni sinora svolte, (già in passato espresse con numerose conformi decisioni: si veda, da ultimo, Cons. Stato, sez. VI, n. 4258/2009) l’appello deve pertanto essere accolto, con conseguente annullamento dell’appellata sentenza, e reiezione del ricorso di primo grado.
Le spese dei due gradi del giudizio devono essere compensate, sussistendo giusti motivi ravvisabili nella particolarità degli aspetti fattuali della controversia.

P.Q.M. – Il Consiglio di Stato, sezione Sesta, accoglie l’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Spese compensate.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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