Cassazione: la coppia che si apparta in auto commette il reato di atti osceni anche se la strada è chiusa (Cass. pen. n. 8016/2012)

Redazione 01/03/12
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Svolgimento del processo – Motivi della decisione Con sentenza in data 9.02.2011 la Corte d’Appello di Catania confermava la condanna alla pena della reclusione inflitta nel giudizio di primo grado a G.C. quale colpevole del reato di cui all’art. 527 cod. pen. perchè sorpreso da una pattuglia di vigili urbani del Comune di Catania mentre consumava un rapporto sessuale con una donna extracomunitaria all’interno di un’autovettura posteggiata nella locale (omissis).

Proponeva ricorso per cassazione l’imputato denunciando violazione di legge e manifesta illogicità della motivazione sulla conferma dell’affermazione di responsabilità.

Riportate alcune massime in tema di atti osceni in luogo pubblico con riferimento agli atti sessuali consumati all’interno di autovetture in movimento o parcheggiate, il difensore del ricorrente evidenziava che il reato si può ravvisare, con valutazione ex ante quando sussistano indici rivelatori di una concreta visibilità dei fatti deducibile dalla tipologia del luogo o dall’ora di commissione, indici, nella, specie, insussistenti per Torà notturna (l’una), per la strada scarsamente illuminata, deserta, senza sbocco e chiusa a partire dalle ore 20.

Illogica era la motivazione nel riconoscere prevalenza probatoria alla testimonianza del verbalizzante rispetto alle valutazioni sulle condizioni metereologiche formulate dal consulente della difesa ed evidente era la carenza motivazionale rispetto alle censure contenute nell’atto d’appello sulla scarsa illuminazione, sull’assenza di edificazione dell’area e sul tempus commissi delicti.

Aggiungeva il ricorrente che era erroneo e immotivato il diniego di sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria L. n. 689 del 1981, ex art. 53, per l’insussistenza di elementi di emenda dovendo la sostituzione delle pene detentive essere rimessa a una valutazione discrezionale del giudice che deve essere condotta osservando i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. e alla prognosi positiva circa l’adempimento della prescrizione.

Chiedeva l’annullamento della sentenza.

Il primo motivo è infondato.

Premesso che, per costante giurisprudenza di questa Corte, “il reato di atti osceni è reato di pericolo, sicchè la visibilità degli atti posti in essere deve essere valutata “ex ante”, in relazione al luogo e all’ora in cui la condotta antigiuridica viene posta in essere” Sezione 3 n. 12419/2008 RV. 239838, va rilevato che i giudici di merito a essa si sono adeguati avendo accertato, alla stregua della deposizione del teste oculare, che le persone, denudate, che consumava il rapporto sessuale si trovavano all’interno di un’autovettura in sosta “nella locale piazza (omissis).

Il teste aveva precisato che “era ben visibile il loro comportamento” donde l’inconsistenza dell’assunto difensivo secondo cui la strada era senza sbocco stante che, invece, al momento dell’accertamento “l’accesso era pieno”.

Del tutto logico, inoltre, è il rilievo che sulle considerazioni relative alle condizioni metereologiche limitative della visibilità avanzate ex post dal consulente della difesa debba prevalere l’accertamento irripetibile del teste C. rapportate alle condizioni effettive di visibilità valutate e in relazione al luogo, all’ora e alle modalità del fatto.

E’ invece fondato il secondo motivo.

Con la sentenza impugnata non è stata accolta la domanda di conversione per l’insussistenza di “elementi di emenda”.

Il ricorrente denuncia mancanza di motivazione sui parametri di cui all’art. 133 c.p. e l’irrilevanza dell’indicato elemento valutativo (l’emenda) del tutto estraneo al catalogo dei criteri cui deve conformarsi il potere discrezionale del giudice di convertire la pena detentiva.

Questa Corte si è espressa in merito nel senso che “lo conversione della pena detentiva (L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 53 e segg.) è rimessa al potere discrezionale del giudice del merito, il quale deve valutare i presupposti legittimanti quali l’idoneità della sostituzione al fine del reinserimento sociale del condannato e della prognosi positiva circa l’adempimento delle prescrizioni applicabili” Sezione 5 n. 528/2006 RV. 235695 e che “ai fini della sostituzione della pena detentiva con pena pecuniaria il giudice ricorre ai criteri previsti dall’art. 133 cod. pen.; tuttavia, ciò non implica che egli debba prendere in esame tutti i parametri contemplati nella suddetta previsione, potendo la sua discrezionalità essere esercitata motivando sugli aspetti ritenuti decisivi in proposito Sezione 5 n. 10941/2011 RV. 249717.

Nella specie, è evidente che la corte territoriale non ha correttamente esercitato il suo potere discrezionale avendo solo accennato alla mancanza di elementi d’emenda senza rapportarla a dati concreti per ricostruire le modalità del fatto per cui è intervenuta condanna e la personalità del condannato.

La sentenza impugnata, pertanto, va annullata con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania per nuovo esame.

P.Q.M.

La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla conversione della pena detentiva con rinvio ad altra sezione della Corte d’appello di Catania.

Rigetta nel resto il ricorso.

Redazione