Sentenza della Corte dei Conti del Friuli Venezia Giulia n. 117 depositata il 3.3.2007 in materia di incarichi di consulenza esterni.

sentenza 12/04/07
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL
FRIULI VENEZIA GIULIA
Composta dai seguenti magistrati:
Dott. **************                                            Presidente
Dott. ************                                            Consigliere
Dott. ******************                                      Primo Referendario,Rel.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di responsabilità iscritto al n. 11363 del registro di Segreteria, promosso ad istanza della Procura Regionale della Corte dei conti presso la Sezione Giurisdizionale per il Friuli Venezia Giulia, nei confronti di ***
 
—————- omissis ——————–
 
Considerato in
DIRITTO
Preliminarmente all’esame del merito e con riferimento alla richiesta di estensione del contraddittorio nei confronti del dott. ******** ***, formulata dagli avv.ti Marpillero, ******** e *******, rileva il Collegio come nella vicenda in esame non possa dubitarsi del ruolo di assoluta centralità assunto dal direttore dell’*** quale promotore dell’iniziativa di conferimento dell’incarico di consulenza (circostanza comprovata dal contenuto univoco delle controdeduzioni dei destinatari dell’invito a dedurre) e garante, ai sensi dell’art. 12 della L.R. n. 7/2000, della legittimità della delibera n. 39 del 29.5.2002, con la quale il consiglio di amministrazione dell’ente conferì all’avv. ************** l’incarico di consulente giuridico e amministrativo dell’ente.Evidenzia, tuttavia, il Collegio come nella fattispecie in esame possa prescindersi dalla chiamata in causa del direttore dell’ente, in applicazione del principio giurisprudenziale secondo cui ove siano ipotizzabili profili di responsabilità erariale a carico di soggetti diversi rispetto a quelli citati in giudizio, non è necessaria l’integrazione del contraddittorio, richiedendosi, tuttavia, nel caso di condanna dei convenuti, di tener conto delle condotte dei terzi che abbiano avuto una rilevanza causale nella produzione dell’evento dannoso (cfr. Sez. III n. 510/2004; Sez. II n. 286/2003; Sez. II n. 218/2001).
Sempre in via preliminare va respinta la domanda formulata dagli avv.ti Marpillero ed ******** e diretta alla separazione del giudizio relativo al prof. ***, ex artt. 103 e 277, co. 2, del c.p.c. ed alla sua immediata definizione. Al riguardo reputa il Collegio di dover escludere che lo status di “membro di diritto” del consiglio di amministrazione possa giustificare una posizione differenziata del nominato convenuto ai fini della valutazione della responsabilità erariale; è di tutta evidenza, del resto, che l’adesione a tale opzione ermeneutica implicherebbe la definizione di un’area di esenzione da responsabilità per una categoria di soggetti che, nell’ambito degli organi di governo degli enti pubblici, assolve ad un essenziale ruolo di iniziativa e di controllo, oltre che di raccordo fra le politiche delle istituzioni pubbliche. Funzione in relazione alla quale deve ritenersi irrinunciabile, a garanzia degli interessi sottesi al pieno ed effettivo esercizio del mandato istituzionale, un adeguato livello di conoscenza e approfondimento delle problematiche in discussione. Alla stregua delle suesposte premesse, deve ritenersi infondata la tesi secondo cui lo status di “membro di diritto” del consiglio di amministrazione di un ente pubblico possa giustificare l’adozione di un criterio differenziato per la valutazione della responsabilità erariale.
   Passando all’esame del merito, è bene rilevare che nella prospettazione attorea, il nucleo fondamentale della contestazione mossa agli odierni convenuti, concerne l’illiceità di un incarico che, avendo ad oggetto la risoluzione di questioni riconducibili all’attività ordinaria dell’ente, avrebbe dovuto trovare una soluzione diversa da quella del ricorso alla consulenza esterna. In particolare è stato affermato che la trattazione delle problematiche correnti, così come le indicazioni necessarie per il corretto svolgimento dei procedimenti, dovessero ritenersi materia di competenza del personale dirigenziale dell’ente, mentre alla necessità di risolvere questioni particolarmente complesse si sarebbe potuto ovviare ricorrendo alla consulenza offerta dall’ufficio legislativo e legale dell’amministrazione regionale. Sotto diverso profilo l’incarico di consulenza risulta censurato per la sua genericità ed indeterminatezza – concernendo tutti i settori di attività dell’ente -, oltre che in relazione alla sua durata, stante la disposta proroga di due anni rispetto alla durata originaria di un anno; un ulteriore profilo di censura ha riguardato la mancata determinazione del compenso, essendo stata ritenuta inadeguata, a tal fine, la previsione di un corrispettivo orario, sia pure nell’ambito di un tetto massimo di spesa annuale.
Le contestazioni della Procura Regionale risultano avversate dalle difese dei convenuti sotto vari profili; al riguardo si è evidenziato, in particolare, che il conferimento dell’incarico di consulenza fu deliberato a seguito della constatata indisponibilità dell’ ufficio legale regionale a rendere, con la necessaria sollecitudine, i pareri richiesti dall’ente; si è inoltre rimarcata l’inoffensività, sotto il profilo del danno, degli atti deliberativi assunti dal consiglio di amministrazione dell’ ***, e ciò sul rilevato presupposto che gli stessi non comportavano l’assunzione diretta di oneri finanziari per l’ente, ma si limitavano a prevedere la facoltà, per gli uffici amministrativi, di ricorrere alla consulenza legale nei casi in cui ciò fosse ritenuto necessario per il proficuo svolgimento dell’attività amministrativa; in ogni caso, le difese dei convenuti hanno ribadito la piena conformità dell’incarico in questione ai requisiti previsti dall’art. 7, co. 6, del D.Lgs. n. 165/2001, rimarcando che gli eventuali abusi nel ricorso alla consulenza avrebbero dovuto formare oggetto di contestazione nei confronti dei dirigenti e dei responsabili degli uffici.
Così sintetizzate le posizioni delle parti, osserva il Collegio come la fattispecie in esame debba ritenersi disciplinata, ratione temporis, dall’art. 7, 6° co., del D.Lgs n. 165/2001, nella formulazione antecedente alla novella recata dal D.L. n. 223 del 4.7.2006 convertito in legge n. 248/2006: norma che in deroga al principio di carattere generale secondo cui le amministrazioni devono provvedere alla cura dei compiti loro affidati con il personale di cui dispongono, consentiva alle amministrazioni pubbliche, per esigenze non fronteggiabili con il personale in servizio, di conferire “incarichi individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione”.
Va inoltre rilevato come la giurisprudenza della Corte dei conti abbia avuto modo di puntualizzare, nella vigenza dell’art. 7, co. 6, del D.Lgs n. 29/1993 (norma che antecedentemente all’entrata in vigore dell’art. 7, co. 6. del D.Lgs. n. 165/2001 disciplinava in termini similari la materia delle consulenze esterne), che il conferimento di un incarico di consulenza a soggetti esterni all’apparato amministrativo, può ritenersi legittimo ove si renda necessario per affrontare problematiche di particolare complessità o urgenza che non possano essere adeguatamente o tempestivamente risolte avvalendosi delle professionalità interne ed a condizione che lo stesso sia determinato nei suoi contenuti e nella sua durata, e sia retribuito con un compenso congruo e proporzionale all’attività prestata dal consulente (****** n. 792/1992; ****** n. 27/1998/A).
E’ bene a questo punto esaminare le delibere con le quali il consiglio di amministrazione dell’ *** ebbe a conferire ed a rinnovare l’incarico di consulenza legale, per verificare – alla stregua dei richiamati principi normativi e giurisprudenziali – se le condotte degli odierni convenuti siano censurabili sotto il profilo della contestata responsabilità erariale.
Orbene, quanto all’ esperienza professionale del consulente incaricato, non si ritiene di poter dubitare che il profilo dell’avv. ************** rispondesse al requisito richiesto dalla norma; al riguardo è bene evidenziare come nessuna censura sia stata espressa, sul punto, dalla Procura Regionale; per contro, risulta che il nominato professionista, iscritto all’albo degli avvocati, aveva già collaborato con l’***, con risultati valutati in modo ampiamente positivo dall’ente conferente (vd. premesse della deliberazione del consiglio di amministrazione n. 39 del 29.5.2002).
Quanto al requisito della preventiva determinazione della durata dell’incarico, giova evidenziare che dopo la prima scadenza annuale prevista dalla delibera n. 39 del 29.5.2002, lo stesso fu rinnovato, con le successive delibere n. 34 del 19.3.2003 e n. 95 dell’1.12.2003, per ulteriori due anni; al riguardo reputa il Collegio di dover escludere che il rinnovo della consulenza, disposto per un così breve periodo e sulla base della proficua attività prestata dalla consulente, possa mettere in discussione la natura temporanea del rapporto, così come determinata negli atti deliberativi del consiglio di amministrazione dell’ente e legittimamente rinnovata nell’assenza di specifici impedimenti normativi.
Per quanto afferisce al profilo della predeterminazione del compenso, va osservato che il disciplinare allegato alle delibere autorizzative dell’ incarico di consulenza aveva previsto un corrispettivo orario nell’ambito di un tetto di spesa rappresentato dallo stanziamento di bilancio; non sembra, tuttavia, che il suddetto compenso, fissato nella misura oraria di euro 155,00 oltre accessori e rimborsi, sia suscettibile di censura, sia in relazione alla sua congruità, tenuto conto dei valori medi della tariffa degli onorari e delle indennità spettanti agli avvocati in materia stragiudiziale, che alla sua determinazione, considerata l’esistenza del limite previsto per tale voce di spesa nell’apposito stanziamento di bilancio.
Con riferimento, invece, al requisito della determinatezza dell’incarico, rileva il Collegio che lo stesso ha avuto ad oggetto la “consulenza ed assistenza giuridico amministrativa per la trattazione di problematiche e la predisposizione di atti e documenti, nonché l’assistenza agli uffici nello svolgimento dei vari procedimenti, con particolare ma non esclusivo riferimento agli appalti indetti o da indire da parte dell’Ente”.
Orbene, per quanto l’ambito della consulenza richiesta all’avv. ***** risultasse indubbiamente esteso a tutti i settori dell’attività dell’ente, non sembra che tale aspetto possa costituire motivo di censura, dovendosi la consulenza legale considerare, per sua natura, attività di supporto decisionale all’attività amministrativa dell’ente in senso ampio. Destituita di fondamento si appalesa, infine, la censura relativa alla natura delle questioni sottoposte all’avv. *****, che nella ricostruzione attorea andrebbero sostanzialmente ricondotte “all’attività ordinaria dell’ente”: al riguardo, non può non rilevarsi come la suddetta affermazione sia rimasta priva di riscontri oggettivi nella produzione documentale della Procura Regionale; né, invero, il Collegio ritiene che il carattere “ordinario” delle questioni che hanno formato oggetto di consulenza possa desumersi dagli avvisi di parcella dell’avv. *****, considerato che le suddette comunicazioni contengono una descrizione estremamente sintetica delle prestazioni rese dal nominato professionista. Per contro, appare significativo rilevare come l’unico elemento di verifica (sia pure limitato ad un numero ristretto di atti) dell’ effettivo contenuto dei pareri resi dal consulente legale, sia dato dalla produzione documentale dall’avv. Sbisà, che delinea i tratti di un’ attività di consulenza che ha avuto ad oggetto non solo problematiche relative alla gestione degli appalti, ma anche questioni in materia di assegni di studio, assegnazione di alloggi, manutenzione di servitù, trattamento economico del personale, definizione transattiva di crediti, orario di lavoro e missioni per servizio: fattispecie di varia natura, ma comunque connesse all’espletamento delle attività istituzionali dell’ente ed involgenti la risoluzione di casi esorbitanti dall’ambito della normale gestione amministrativa dell’ente; tali, comunque, da far ritenere utile o comunque giustificato il ricorso al parere di un legale.
Una valutazione più ampia del contesto in cui si inserisce la vicenda, induce il Collegio a ritenere che la decisione di conferire ad un professionista esterno l’incarico di consulenza fu originata dalle difficoltà in cui venne a trovarsi la struttura amministrativa dell’*** per la carenza di professionalità idonee ad affrontare, con la necessaria competenza, la risoluzione delle problematiche giuridiche che impegnavano i diversi settori di attività dell’ente. Particolarmente significativa, in tal senso, va ritenuta la nota in data 9.11.2001, con la quale il dott. *** ebbe a rappresentare alla direzione regionale dell’organizzazione e del personale l’insufficienza dell’ organico dell’ente in rapporto ad un carico di lavoro notevolmente aumentato nel tempo, manifestando l’esigenza di potenziare l’ufficio di direzione con l’inserimento di un consigliere amministrativo cui affidare i procedimenti relativi agli affari generali, con specifico riferimento alla materia contrattuale. Va inoltre rilevato come la specifica esigenza di poter disporre di un supporto legale per la risoluzione delle questioni meritevoli di particolare approfondimento, fu rappresentata (melius: rinnovata) dal presidente dell’ente con la nota del 12.9.2001, diretta all’ufficio legale della Regione; richiesta alla quale seguì la nota di risposta del 24.9.2001, con la quale l’avvocato capo della Regione, pur evidenziando la disponibilità del proprio ufficio a fornire la richiesta assistenza legale, precisò che ciò sarebbe avvenuto compatibilmente con i carichi di lavoro: una disponibilità limitata, quindi, che non garantiva alcuna certezza in ordine alla tempestività dell’assistenza legale necessaria per l’attività dell’ente e che smentisce l’ asserzione attorea secondo cui per gli affari di particolare complessità l’ *** si sarebbe potuto avvalere dall’ufficio legale della Regione.
 Per completezza di motivazione, osserva il Collegio come non possa escludersi che da parte dei dirigenti o dei responsabili degli uffici si sia fatto ricorso alla consulenza esterna anche al di fuori delle situazioni che per urgenza o complessità giustificassero l’assunzione del relativo costo; è bene, ad ogni modo, rimarcare come il suddetto profilo di responsabilità, ove effettivamente provato, non potrebbe che riguardare le condotte di coloro che esercitarono tale facoltà in modo distorto e contrario ai principi di buona amministrazione e di economicità dell’azione amministrativa. A tal proposito giova evidenziare come l’impianto argomentativo dell’atto di citazione definisca in modo netto il perimetro della contestata responsabilità, individuando l’antecedente causale del presunto danno erariale nelle condotte dei consiglieri di amministrazione che ebbero ad approvare le delibere di conferimento dell’incarico, nonché dei revisori dei conti che omisero il “controllo concomitante”; né, invero, reputa il Collegio di poter ampliare il thema decidendum con acquisizioni dirette ad accertare il merito delle consulenze richieste dai dirigenti e dal personale amministrativo dell’ente. In ogni caso, non sembra potersi dubitare che l’approfondimento di un tema istruttorio afferente le responsabilità di soggetti non convenuti in giudizio, sarebbe in contrasto non solo con i principi di terzietà ed imparzialità del Giudice, ribaditi dall’ art. 111 Cost. nel testo novellato dalla legge n. 2 del 23.11.1999, ma anche con la previsione di cui all’art. 113 c.p.c., che non consente di porre a fondamento della decisione una fattispecie di danno diversa, sotto il profilo soggettivo, oggettivo e della causa pretendi, da quella ipotizzata dal requirente.
Conclusivamente deve ritenersi che le deliberazioni del consiglio di amministrazione dell’ *** con le quali fu conferito e rinnovato l’incarico di consulenza in favore dell’avv. *****, siano coerenti con i principi generali della normativa in riferimento, rispondendo all’esigenza di assicurare alla struttura amministrativa dell’ente l’ ausilio necessario per affrontare questioni che non potevano essere risolte mediante l’utilizzo del personale in servizio, ovvero nei tempi richiesti dall’ufficio legale della Regione. Sulla base di tali premesse, reputa il Collegio che la facoltà riconosciuta alla struttura amministrativa dell’ente di avvalersi di una qualificata consulenza legale non sia censurabile sotto il profilo della contestata responsabilità erariale: ne consegue, da tanto, l’assoluzione di tutti i convenuti dalle richieste risarcitorie formulate dalla Procura Regionale. Ricorrendo una causa di proscioglimento nel merito, in applicazione degli artt. 3, co. 2 bis, D.L. n. 543/1996, convertito in legge n. 639/1996 e dell’art. 18, co. 1, D.L. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997, come interpretati autenticamente dall’art. 10 bis. co. 10 del D.L. n. 203/2005, convertito, con modificazioni, in legge n. 248/2005, va disposta la liquidazione delle spese di patrocinio, nella misura di seguito indicata: per l’ attività difensiva prestata dall’avv. *************à – unitariamente considerata stante l’identità delle posizioni processuali – in favore di ******************, ****************, ******************** e ************** liquida euro 58,48 per esborsi, euro 484,00 per diritti ed euro 2052,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva svolta dall’avv. ********************** in favore della sig.ra ***************, liquida euro 73,10 per esborsi, euro 377,00 per diritti ed euro 1100,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva svolta dagli avv.ti **************** e **************** in favore del convenuto ***** ***, liquida la somma complessiva di euro 73,10 per esborsi, euro 549,000 per diritti, ed euro 1260,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; 
per l’attività difensiva svolta dall’avv. ************* – unitariamente considerata stante l’identità delle posizioni processuali – in favore dei convenuti ****************, *** ****, *************** e *******************, liquida euro 58,48 per esborsi, euro 484,000 per diritti, ed euro 2052,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva complessivamente svolta dall’avv. ************** in favore dei convenuti ****************** e *****************, liquida euro 116,96 per esborsi, euro 484,00 per diritti ed euro 1360,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense;
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale Regionale per il Friuli Venezia Giulia, definitivamente pronunciando, ogni contraria eccezione, deduzione e conclusione reiette, assolve i convenuti dall’addebito erariale in contestazione. In applicazione degli artt. 3, co. 2bis, D.L. n. 543/1996, convertito in legge n. 639/196 e dell’art. 18, co. 1, D.L. n. 67/1997, convertito in legge n. 135/1997, come interpretati autenticamente dall’art. 10 bis. co. 10 del D.L. n. 203/2005, convertito, con modificazioni, in legge n. 248/2005, liquida, per l’ attività difensiva prestata dall’avv. *************à – unitariamente considerata stante l’identità delle posizioni processuali – in favore dei convenuti **** euro 58,48 per esborsi, euro 484,00 per diritti ed euro 2052,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva svolta dall’avv. ********************** in favore della sig.ra **, liquida euro 73,10 per esborsi, euro 377,00 per diritti ed euro 1100,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva svolta dagli avv.ti **************** e **************** in favore del convenuto ***, liquida la somma complessiva di euro 73,10 per esborsi, euro 549,000 per diritti, ed euro 1260,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva svolta dall’avv. ************* – unitariamente considerata stante l’identità delle posizioni processuali – in favore dei convenuti ***, liquida euro 58,48 per esborsi, euro 484,000 per diritti, ed euro 2052,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense; per l’attività difensiva svolta dall’avv. ************** – unitariamente considerata stante l’identità delle posizioni processuali – in favore dei convenuti **, liquida euro 116,96 per esborsi, euro 484,00 per diritti ed euro 1360,00 per onorari, oltre IVA, CAP e spese generali secondo tariffa forense.
Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Trieste nella Camera di Consiglio del 23 novembre 2007.
               L’Estensore                                                   Il Presidente
    f.to ************************                           f.to ********************
                        Depositata in Segreteria il 03/03/2007.
                             p. IL DIRETTORE DI SEGRETERIA
   IL FUNZIONARIO ADDETTO
    f.to dott. ***************
 

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