Se la parte offesa contesta il provvedimento di archiviazione Il termine per l’opposizione non deve considerarsi “perentorio”

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Cass.pen.Sez.II, 16 marzo-8 maggio 2006, n.15888

In tema di archiviazione, il mancato rispetto del termine di dieci giorni, previsto dall’art.408, comma 3, del C.p.p., non incide sull’ammissibilità dell’atto di opposizione, che il giudice, se non abbia già pronunciato archiviazione, dovrà esaminare, pur se tardivamente proposto, assumendo le conseguenti deliberazioni ai sensi dell’articolo 410 del C.p.p..(Conseguentemente la Corte, proprio sul rilievo che il termine in questione non può essere considerato “perentorio”, ha annullato il provvedimento con il quale invece il G.i.p.aveva pronunciato decreto di archiviazione, previa declaratoria di inammissibilità dell’opposizione presentata dalla persona offesa, ritenuta intempestiva, perché non depositata presso la cancelleria nel termine dei dieci giorni dall’avviso della richiesta di archiviazione notificato alla persona offesa stessa ai sensi dell’art.408, comma 2, del codice di procedura penale.

            La giurisprudenza prevalente ha sempre ritenuto, almeno sino ad oggi, che il termine di dieci giorni previsto dalla legge per poter presentare valida opposizione alla richiesta di archiviazione avesse natura “perentoria”, conseguendo a ciò che un eventuale opposizione depositata o presentata fuori dai termini previsti, doveva sempre e comunque ritenersi “tardiva” e, quindi, inammissibile, in quanto il G.i.p. ben poteva non considerarla ed emettere decreto di archiviazione de plano, ex art.410, comma 3, Cpp (cfr.Cass.Sez.IV, 18 settembre 2003, Stara; 19 novembre 2005 Cafarelli; 29 marzo 2000, De Gennaro).

            La soluzione interpretativa fornita dai giudici di legittimità con la sentenza in commento ha mutato decisamente la visuale.

            Assumendo la non “perentorietà” del termine di dieci giorni previsto dall’art.408 Cpp per proporre opposizione, la Corte ha stabilito che il G.i.p., qualora non abbia già provveduto all’archiviazione, sarà comunque tenuto a valutare, pur se tardiva, l’eventuale opposizione proposta dalla persona offesa e, se del caso, assumere i conseguenti provvedimenti di cui all’art.410 Cpp (fissare cioè l’udienza camerale nel contraddittorio tra le parti).

            Le argomentazione della S.C. si dispongono su due ordini di considerazioni: uno di tipo letterale e l’altro sistematico.

            Quanto al primo aspetto, i giudici di legittimità fanno riferimento al dettato letterale dell’art.173, comma 1, Cpp, il quale dispone che “i termini si considerano stabiliti a pena di decadenza soltanto nei casi previsti dalla legge”, conseguendo a ciò che, in assenza di espressa previsione normativa, il termine per l’opposizione non potrà essere valutato come stabilito a pena di decadenza.

            Inoltre, sempre secondo la Corte, anche l’art.126 delle Disposizione di attuazione del Cpp stabilisce espressamente il carattere esclusivamente “dilatorio” per il P.M. e per il G.i.p. del termine di dieci giorni previsto dall’art.408 Cpp, i quali devono tenerne in conto la decorrenza ai fini rispettivamente della trasmissione degli atti e dell’emissione del provvedimento di archiviazione.

            Da queste premesse si fa derivare il carattere “acceleratorio” del termine rispetto alla persona offesa, che rispettandolo potrà contare sulla piena efficacia dell’opposizione proposta, mentre diversamente rischierà di fare conoscere al G.i.p. la propria opposizione quando questi abbia già comunque provveduto alla definizione del procedimento.

            Quindi se ne desume che il rispetto del termine realizza per la persona offesa un mero onere, che non incide sull’ammissibilità dell’atto ma espone solamente la P.O. al rischio di promuovere un intervento del G.i.p. a procedimento già concluso, e non anche un obbligo la cui mancata osservanza diviene causa di decadenza dal diritto (cfr.Cass.Sez.IV, 22 ottobre 2003, Gozzo).

            In relazione all’aspetto di ordine sistematico invece, la Corte fa discendere la non perentorietà del termine dalla sua mancata assimilazione al regime delle impugnazioni, invece assolutamente previste come perentorie.

            Ciò perché l’opposizione presentata dalla persona offesa non è rivolta contro un provvedimento giurisdizionale, ma avverso una richiesta del Pubblico Ministero, in applicazione della generica facoltà prevista per le parti all’art.121 Cpp.

            Ne deriva pertanto ancora una volta la mancata previsione di inammissibilità dell’opposizione tardivamente presentata, non essendo ammessa l’applicabilità dell’art.591, comma 1, lett.c) del Cpp..

            Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano del resto già esplicitato tali argomentazioni con la sentenza n.29477 del 30 giugno 2004.

            La Corte aveva infatti chiarito che la mancata o tardiva enunciazione da parte della persona offesa di volere essere informata dell’eventuale richiesta di archiviazione, non poteva comunque impedire alla stessa di proporre comunque dichiarazione di opposizione all’archiviazione a’sensi e per gli effetti di cui all’art.410 Cpp, ovviamente sino a che il Gip non avesse provveduto sulla richiesta medesima.

            “La dichiarazione della persona offesa di voler essere informata circa l’eventuale archiviazione, come previsto dall’art.408, co.2, Cpp, può essere anche successiva alla comunicazione della notizia di reato ma, per comportare l’obbligo, da parte del pubblico ministero, di far notificare l’avviso della richiesta di archiviazione, deve necessariamente precedere la formulazione di tale richiesta, fermo restando che, qualora la persona offesa ne sia comunque venuta a conoscenza, essa ha pur sempre il diritto, finchè non sia intervenuta la pronuncia del giudice, di proporre opposizione ai sensi dell’art.410 del codice di procedura penale”.

            Pertanto, dovrà parimenti ritenersi ammissibile la presentazione dell’opposizione successivamente alla scadenza del termine indicato nell’avviso, con l’unica preclusione peraltro in entrambi i casi, che il Gip non abbia già provveduto sulla richiesta del Pm. In tali casi infatti la decisione del giudice sarebbe comunque legittimamente emessa de plano, essendo inesistente, sino a quel momento, una formale richiesta di opposizione da parte della P.O..

            Quanto infine alle forme di presentazione dell’opposizione, affinché la parte interessata possa salvaguardarsi dal rischio di una pronuncia de plano del G.i.p., è stato altresì chiarito che restano inapplicabili le disposizioni previste per le impugnazioni, di cui agli artt.582, co.2 e 583 Cpp, in quanto norme esplicitamente stabilite per le sole impugnazioni e, quindi, non estensibili anche all’opposizione de quo.

            Trattandosi di puro strumento di esercizio del diritto al contraddittorio, la forma dell’opposizione all’archiviazione costituisce specificazione della generica facoltà consentita alle parti dall’art.121 Cpp, in base al quale, per la presentazione di memorie e richieste le parti debbono necessariamente adottare le forme ivi previste, cioè l’atto scritto depositato nella cancelleria del giudice, non essendo ammessa altra modalità equipollente (cfr.ex pluribus: Cass.pen.Sez.V, 11 ottobre 2005, Mancini).

            Così ad esempio, un opposizione presentata via telefax, sebbene trasmessa nella cancelleria del giudice competente o nella segreteria del P.M., dovrebbe comunque ritenersi irrituale ed incapace di poter correttamente dare avvio al meccanismo diretto all’attivazione del contraddittorio camerale, evitando così una pronuncia de plano del giudice.

Avv. Buzzoni Alessandro

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