Se, invero, sotto un profilo generale, ha rilievo, sotto più aspetti, la forza maggiore al fine di sottrarre il soggetto obbligato dalle conseguenze dell’inadempimento, deve dirsi che ciò non può affermarsi con riguardo agli obblighi derivanti dalla prest

Lazzini Sonia 21/09/06
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Il Tar Veneto, Venezia, con la sentenza numero 1933 decisa il 22 giugno 2006, merita di essere segnalata la sentenza del per alcuni importanti principi in essa contenuti:
 
< nessuna evenienza caratterizzata da forza maggiore si è verificata in capo al soggetto garante in relazione all’obbligazione di fideiusione, cosicché esso fideiussore non può certo invocarla (come avrebbe potuto fare il concessionario in ordine agli obblighi da esso assunti con la sottoscrizione della convenzione), pena la frustrazione della funzione di garanzia dell’obbligazione assunta.>
 
ma non solo.
 
< La partecipazione del soggetto che ha prestato cauzione al procedimento di revoca della concessione non sembra, invero, condizione imprescindibile di legittimità, stante la natura e la finalità dell’obbligazione di garanzia.
Certo, si tratta di un soggetto che risentirà effetti riflessi del provvedimento finale (revoca); ma si tratta di effetti scaturenti da un’autonoma fonte contrattuale di garanzia.
A tutto dire, nella sede procedimentale il fideiussore avrebbe potuto addurre argomenti miranti a contrastare l’assunzione del provvedimento di revoca, ma, ancora una volta, ricadenti nella sfera di interessi del concessionario, destinatario della revoca.
Ma certo non avrebbe potuto mettere in discussione gli obblighi assunti con la stipulazione della fidejussione.>
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
 Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, prima Sezione,:
 
 
SENTENZA
 
sul ricorso n. 1124/2005, proposto da *** *** S.p.A., in persona del rappresentante legale pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv. Carlino Scofone e Giorgio Pinello, con domicilio eletto presso il secondo in Venezia, S. Polo, Calle de Mezo, n. 3080/L, come da procura a.l. in calce al ricorso
 
contro
 
– il Ministero dell’Economia e delle Finanze in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege nella sede di Venezia, piazza S. Marco n. 63;
 
– l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato in persona del direttore generale e rappresentante legale, come sopra rappresentata, difesa e domiciliata,
 
e nei confronti
 
della *** s.r.l. in persona del rappresentante legale in carica, in corso di fallimento,
 
per l’annullamento
 
a) del decreto del direttore generale dell’Amministrazione dei monopoli di Stato prot. n. 2005/6126/COA/BNG dell’8.02.2005 con il quale è stata disposta la revoca della concessione di gestione del gioco del bingo nei confronti della *** s.r.l. e l’escussione dell’intero importo della cauzione prestata dalla *** S.p.A.;
 
b) di ogni altro atto presupposto, preparatorio, connesso o conseguente, quali le lettere di trasmissione del 3.3.2005 e dell’11.2.2005 e quella del 9.3.2004 recante comunicazione di avvio del procedimento di revoca alla *** e di escussione della cauzione alla ***, nonché
 
per l’accertamento
 
in sede di giurisdizione esclusiva, dell’infondatezza della pretesa della P.A di incamerare integralmente la cauzione.
 
   Visto il ricorso, notificato il 10.5.2005 e depositato presso la Segreteria il 20.5.2005, con i relativi allegati;
 
   vista la memoria di costituzione del Ministero dell’Economia e finanze e dell’Amministrazione dei Monopoli di Stato, depositata il 3.6.2005;
 
   visti gli atti tutti della causa;
 
   uditi alla pubblica udienza del 22 giugno 2006, relatore il Consigliere Italo Franco, l’avv. Arvalli in sostituzione dell’avv. Pinello, per la parte ricorrente, e l’avv. dello Stato Cerillo per la P.A. resistente.
 
    Ritenuto in fatto e considerato e in diritto quanto segue:
 
FATTO
La *** s.r.l., ottenuta la concessione n. 179/02 per la gestione di una sala- gioco del “bingo” sita in Rubano (PD) ai sensi del D.M. 31.01.2000 n. 29, stipulava l’apposita convenzione il 18.04.2002. Questa prevedeva, all’art. 3.5, l’obbligo di garantire la continuità del servizio per almeno 11 mesi l’anno e, all’art. 11, che la P.A. concedente ha facoltà di revocare la concessione in ipotesi di sospensione dell’attività per più di trenta giorni, anche non consecutivi. Infine, l’art. 6 prevedeva che il concessionario è tenuto a prestare la cauzione (prevista dall’art. 9 del D.M. citato) al fine di garantire l’adempimento dei propri obblighi per il tramite di fideiussione bancaria a prima richiesta o polizza fidejussoria. Nella fattispecie, la cauzione definitiva veniva prestata con polizza assicurativa della *** S.p.A. rilasciata il 2.4.2002, per un importo pari ad € 516.456,90.
 
Ora, poiché la società concessionaria attraversava un periodo di difficoltà economiche che l’avevano condotta al fallimento (il 25.9.2003, come si evince dal “dossier ***” agli atti), il direttore generale dell’amministrazione dei monopoli di Stato, sul presupposto che la ditta concessionaria non ha (mai) esercitato l’attività dal mese di gennaio 2003, dapprima comunicava all’interessata l’avvio del procedimento di revoca ai sensi dell’art. 11 della convenzione e poi disponeva la revoca, con provvedimento prot. n. 2005/6126 dell’8.2.2005. Con lettera dell’11.02.2005 (poi ritrasmessa al nuovo indirizzo con nota del 13.02.2005), la stessa P.A. comunicava anche alla *** l’avvenuta revoca, richiedendole il versamento “a prima semplice richiesta” dell’intero importo della cauzione, stante che “il danno erariale medio derivante dalla cessazione dell’attività della sala- bingo è stimabile in misura superiore a € 1.000.000 su base annua, atteso che nell’anno 2004 le entrate erariali sono state pari a circa € 360.000.000 e le sale- bingo attive a circa 3000”. Stante il mancato pagamento, il direttore generale, con raccomandata AR del 22.04.2005, invocando l’inadempimento contrattuale, comunicava l’avvenuto avvio del procedimento di riscossione coattiva dell’importo di € 516.456,90.
 
Contro tali determinazioni (tranne l’ultima, non espressamente impugnata) insorge la *** *** S.p.A. con il ricorso in epigrafe, chiedendo l’annullamento degli atti impugnati e l’accertamento dell’infondatezza della pretesa dell’Amministrazione.
 
Premesso, con i primi due mezzi di impugnazione, rispettivamente, che si versa in materia di concessioni, soggette alla giurisdizione esclusiva del G.A. ai sensi dell’art. 5 della legge n. 1034 del 1971, e che la competenza territoriale è del TAR adito poiché il provvedimento esplica effetti nel relativo ambito territoriale, con il terzo motivo si deduce violazione dei principi generali in tema di incameramento delle cauzioni nei procedimenti a evidenza pubblica, del principio di proporzionalità dell’azione amministrativa; eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti, travisamento del fatto, difetto assoluto di motivazione.
 
Si sostiene che non poteva la P.A. pretendere di incamerare l’intero importo, dovendo dare dimostrazione analitica del danno subito, essendo ormai opinione dominante in giurisprudenza che la cauzione non è clausola penale e non è soggetta agli art. 1382-84 c.c., dal che si evince che la P.A. non è esonerata dal dimostrare l’entità del pregiudizio effettivamente subito, prova nella fattispecie non fornita dall’amministrazione, che non ha fornito dati sugli incassi della sala- bingo in questione, limitandosi a dare indicazioni in ordine all’importo presuntivo sugli introiti, così conferendo una finalità sanzionatoria alla cauzione, del tutto estranea alla sua funzione tipica. Né la P.A. poteva prescindere da un’attività istruttoria diretta ad accertare l’an e il quantum del pregiudizio subito. Inoltre, appare violato il principio di proporzionalità, poiché la *** mai ha ritratto entrate consistenti, tanto che è fallita.
 
Con il quarto mezzo si deduce violazione di legge e del principio di proporzionalità e di ragionevolezza dell’attività amministrativa; eccesso di potere per difetto assoluto dei presupposti e ingiustizia grave e manifesta. Premesso che si è in presenza di una concessione- contratto, e che la fattispecie è di tipo contrattuale, come tale assoggettata alla disciplina codicistica, la convenzione de qua va interpretata alla luce di detta disciplina, con la conseguenza che il fallimento configura all’incirca una causa di forza maggiore quanto all’interruzione di attività, e una causa esimente da responsabilità o evento incolpevole che ha determinato l’inadempimento. 
 
Con il quinto motivo si deduce violazione degli art. 7 e 10 della legge n. 241/90 e del giusto procedimento, sul rilievo che l’amministrazione ha comunicato alla sola Bingo-Net l’avvio del procedimento di revoca, in tal modo impedendosi di intervenire nel procedimento alla ricorrente ***,che è stata resa edotta soltanto del provvedimento finale.
 
Si è costituito il Ministero, eccependo circa la totale infondatezza delle tesi avversarie, in particolare sostenendo che l’onere di informare la ricorrente gravava sulla società concessionaria, laddove il soggetto assicuratore nulla poteva opporre in ordine alla revoca.
 
All’udienza i difensori comparsi hanno confermato le conclusioni già prese, dopo di che la causa è stata spedita in decisione.
 
D I R I T T O
1- Poche osservazioni vanno dedicate, in via preliminare, alle questioni toccate con i primi due mezzi di impugnazione, miranti ad affermare –come si è riferito retro- la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo, e la competenza territoriale del TAR Veneto.
 
In ordine alla seconda questione, è appena il caso di osservare che, nessuna eccezione essendo stata formulata al riguardo dalla P.A. resistente, il Collegio nemmeno deve prendere in considerazione la medesima questione, poiché il giudizio, in mancanza di eccezione sul punto, rimane comunque radicato, secondo le note regole, presso il Tribunale amministrativo adito.
 
Quanto alla prima questione, la stessa parrebbe di più complesso apprezzamento, non tanto sotto il profilo teorico- sistematico, quanto in relazione alla circostanza, caratterizzante il caso di specie, che (quanto alla parte impugnatoria del ricorso) non viene espressamente impugnato l’atto di escussione –dei cui effetti parte ricorrente si lamenta-, quanto il presupposto provvedimento di revoca della concessione, diretta al soggetto cui era stata rilasciata la concessione (con sottoscrizione della connessa convenzione).
 
D’altra parte, stante la situazione nei termini di cui si è riferito nella narrativa in fatto, si deve convenire con la difesa ricorrente allorquando essa asserisce che si versa, nel caso all’esame, in materia soggetta alla giurisdizione esclusiva del G.A. Ictu oculi, qualche dubbio parrebbe sussistere onde stabilire con precisione se si versi in fattispecie di concessione di beni o di concessione servizi pubblici; tuttavia, sembra più corretta la prima ipotesi, potendosi considerale l’attività di gioco del “bingo”, un bene (finanziario) pubblico (qualità connessa al monopolio statale sui giochi), costituito dall’introito assicurato dall’esercizio di una consimile attività, laddove non sembrerebbe corretto configurare lo svolgimento di tale attività come un pubblico servizio.
 
Ebbene, se l’assunto di cui sopra è corretto, deve ritenersi che si tratti di concessioni di beni pubblici, soggetta alla giurisdizione esclusiva del G.A., quanto alla materia. In relazione all’oggetto della controversia, deve del pari opinarsi che sussista la giurisdizione esclusiva, sia perché il provvedimento impugnato in principalità è un tipico provvedimento amministrativo espressivo di autoritatività, o comunque di esercizio di poteri pubblicistici, sia perché il collegato atto di escussione della cauzione, di cui sostanzialmente si duole la ricorrente, non può ritenersi ancora inerire alla fase di esecuzione del contratto (che, a quanto, risulta dagli atti, non è nemmeno iniziata). L’escussione, comunque, è strettamente ed automaticamente discendente dal provvedimento di revoca, cosicché le controversie ad essa inerenti vengono attratte nella menzionata giurisdizione esclusiva del G.A.
 
2- Si Può, a questo punto, passare ad esaminare nel merito la controversia.
 
Da un punto di vista formale, si osserva che l’odierna ricorrente, società assicuratrice che ha prestato la cauzione richiesta dall’art. 9 del D.M. 31.01.2000 n. 29, e dall’art. 6 della convenzione, mentre, con il ricorso all’esame, sotto il profilo sostanziale, intende contrastare l’atto di escussione della cauzione prestata, a termini di contratto, a garanzia dell’adempimento degli obblighi assunti dal concessionario, impugna il provvedimento di revoca ed atti connessi, che ha come destinatario la società che aveva ottenuto la concessione ora revocata. In certo modo essa agisce, per così dire, utendo juribus, nel senso che fa valere interessi e argomenti che gioverebbero primieramente a favore del concessionario, che è il primo a potersi dolere, ovviamente, della revoca della concessione ma che, però, nemmeno ha proposto impugnativa contro la revoca.
 
Orbene, se i dubbi in merito all’ammissibilità di una simile impugnativa possono essere superati dalla considerazione che i dedotti profili di illegittimità del provvedimento di revoca ridondano sull’atto di escussione che lo presuppone ed esclusivamente su di esso è basato, in quanto atto strettamente conseguenziale, sta di fatto che non possono condividersi nel merito le censure concernenti l’atto di escussione (di cui al terzo e quarto motivo).
 
In particolare, se può senz’altro convenirsi sull’asserita estraneità della cauzione de qua rispetto all’istituto della clausola penale (disciplinata dagli art. 1382-84 c.c.), non altrettanto può dirsi per le conclusioni che ne trae il patrocinio attoreo con riguardo alla materia cui inerisce il caso di specie. Quivi, invero, si applica la disciplina concernente la fideiussione (art. 1936 ss. del codice civile), da interpretare alla luce delle disposizioni richiamate in ordine all’obbligazione fideiussoria in discussione, poste dall’art. 9 del D.M. n. 31.01.2000 n. 29 e dall’art. 6 della convenzione. Ad esse bisogna fare capo per verificare cosa, effettivamente, garantisse la cauzione de qua.
 
Ora, l’art. 9 del D.M. citato parla di fidejussione bancaria a «prima richiesta» o polizza assicurativa equivalente, di lire 1 miliardo (pari a € 516.456,89) per ciascuna sala, al fine di garantire l’adempimento dei propri obblighi”. A sua volta, l’art. 6 della convenzione (concessione- contratto) adopera identica espressione, con la sola aggiunta (alquanto significativa a fini di circoscrivere l’obbligo) delle parole “per ciascuna sala”. Dunque, entrambe le disposizioni fanno riferimento, piuttosto genericamente, alla garanzia dell’adempimento degli obblighi del concessionario.
 
Per appurare quali siano questi obblighi garantiti, occorre risalire all’art. 3, comma 5, lettera h) della convenzione, dove si dice che il concessionario si obbliga, altresì … h) a garantire la continuità del servizio per almeno undici mesi l’anno, per almeno sei giorni alla settimana, compresi in ogni caso i giorni festivi, e per almeno otto ore al giorno”. Dalla lettura di tale clausola sembra potersi desumere con sufficiente certezza, per quanto indirettamente, che l’obbligo assunto (oggetto della fideiussione prestata, nel caso di specie, mediante cauzione) era, in realtà, quello di garantire all’erario un introito annuale minimo, ragguagliato ad un periodo continuativo di attività di almeno 11 mesi, insomma l’introito ordinariamente e (mediamente) ritraibile dalla gestione continuativa di una sala- gioco data in concessione.
 
Con riguardo a detto contenuto dell’obbligazione fideiussoria assunta, non sembra che si possa invocare da parte del garante escusso che la parte a cui favore era stata prestata la cauzione dovesse dimostrare l’entità effettiva del danno subito, stante l’inadempimento pressoché totale dell’obbligazione da parte del concessionario, che aveva sospeso l’attività (se mai l’aveva iniziata) per almeno 11 mesi, a partire dal gennaio 2003 (donde la conclusione che il danno corrispondesse all’intero gettito annuale).
 
Ora, non potendosi stabilire ab initio quale fosse esattamente l’introito garantito, non sembra irragionevole –ma, anzi, logico- richiamare, come ha fatto la P.A. resistente, al verificarsi dell’evento causativo dell’inadempimento, il criterio dell’introito mediamente ricavabile dalla gestione di una sala- gioco. Sembra evidente, inoltre, che esula dall’escussione del fideiussore una finalità sanzionatoria, stante la natura e la finalità della garanzia prestata, con riguardo al contenuto della concessione in discussione.
 
Per le ragioni su esposte va considerato privo di pregio il terzo mezzo di impugnazione.
 
3- Quanto al quarto motivo, nemmeno esso può ritenersi fondato. Se, invero, sotto un profilo generale, ha rilievo, sotto più aspetti, la forza maggiore al fine di sottrarre il soggetto obbligato dalle conseguenze dell’inadempimento, deve dirsi che ciò non può affermarsi con riguardo agli obblighi derivanti dalla prestazione di garanzia (fideiussione, cauzione) per di più allorquando, come nel caso di specie, si tratti di fideiussione bancaria o polizza assicurativa “a prima richiesta”, come esplicitamente stabilito tanto nel D.M. 31.01.2000, quanto nella convenzione.
 
A rigor di termini, peraltro, nessuna evenienza caratterizzata da forza maggiore si è verificata in capo al soggetto garante in relazione all’obbligazione di fideiusione, cosicché esso fideiussore non può certo invocarla (come avrebbe potuto fare il concessionario in ordine agli obblighi da esso assunti con la sottoscrizione della convenzione), pena la frustrazione della funzione di garanzia dell’obbligazione assunta.
 
Il quinto motivo, a sua volta, è irrilevante prima che infondato. La partecipazione del soggetto che ha prestato cauzione al procedimento di revoca della concessione non sembra, invero, condizione imprescindibile di legittimità, stante la natura e la finalità dell’obbligazione di garanzia. Certo, si tratta di un soggetto che risentirà effetti riflessi del provvedimento finale (revoca); ma si tratta di effetti scaturenti da un’autonoma fonte contrattuale di garanzia. A tutto dire, nella sede procedimentale il fideiussore avrebbe potuto addurre argomenti miranti a contrastare l’assunzione del provvedimento di revoca, ma, ancora una volta, ricadenti nella sfera di interessi del concessionario, destinatario della revoca. Ma certo non avrebbe potuto mettere in discussione gli obblighi assunti con la stipulazione della fidejussione.
 
Conclusivamente, per le considerazioni su esposte, il ricorso deve ritenersi infondato e va, pertanto, rigettato.
 
Sussistono, tuttavia, motivi per compensare integralmente fra le parti le spese ed onorari i giudizio.
 
P. Q. M.
 
      Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto, Sezione prima, definitivamente pronunziando sul ricorso in epigrafe, respinta ogni altra domanda o eccezione, lo rigetta.
 
      Compensa integralmente fra le parti le spese e onorari di giudizio.
 
      Ordina che la presente ordinanza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
      Così deciso in Venezia, in camera di consiglio, addì 22 giugno 2006.
 

Lazzini Sonia

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