Sanzioni amministrative in materia di Codice della Strada Competenza funzionale inderogabile per territorio Sentenza dichiarativa di incompetenza territoriale – Pronunce correlate

Amoroso Renato 07/05/09
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L’art. 22 1° comma della legge 689/81 attribuisce la competenza per territorio al Giudice del luogo ove è stata commessa la violazione. Con sentenza 20.04.2005 n. 8294([1]) la Cassazione ha precisato che si tratta di competenza funzionale e inderogabile, rilevabile anche d’ufficio ma solo entro la prima udienza di trattazione.
Pertanto il Giudice di Pace, investito di ricorso avverso violazione al Codice della Strada commessa in territorio appartenente alla competenza di altro Giudice, deve rilevare tale incompetenza alla prima udienza e pronunciare sentenza con la quale dichiara la propria incompetenza funzionale ex art. 22 comma 1° della legge 689/81.
Ci si è posti il quesito se il Giudice di Pace che dichiara la propria incompetenza per territorio sia tenuto ad indicare il Giudice competente e se debba rimettere le parti dinanzi a quest’ultimo.
Premesso che per i giudizi dinanzi al Giudice di Pace non è esperibile il regolamento di competenza, né obbligatorio né facoltativo (art.46 cpc – Cass.8294/2005([2])), la Cassazione con sentenza 18 aprile 2008 n. 10236 (conforme Cass.2703/1966) ha affermato che “rientra nel potere-dovere del Giudice adito l’identificazione del Giudice competente, anche se diverso da quello indicato dalla parte. Tale potere-dovere compete anche alla Corte di Cassazione in sede di regolamento, rientrando fra i compiti di detta Corte quello di riparare alla mancata indicazione del Giudice competente a parte del Giudice a quo che ha dichiarato la propria incompetenza territoriale”.
Nella motivazione la detta sentenza afferma esplicitamente che l’art. 44 cpc impone al Giudice che dichiara la propria incompetenza per territorio di indicare il Giudice competente (e ciò coerentemente con i motivi che affermano la propria incompetenza).
Resta da considerare, tenuto conto della non esperibilità del regolamento di competenza, l’ipotesi che il Giudice ad quem si ritenga a sua volta non competente per territorio.
In merito Cassazione 04 agosto 2006 n. 17695([3]) ha affermato che, ove la parte non proponga appello avverso la sentenza che ha dichiarato l’incompetenza territoriale inderogabile, resta accertata incontestabilmente la competenza stabilita. Sembra di poter affermare, tuttavia, che ciò abbia valore obbligatorio nei soli confronti delle parti acquiescenti.
Avverso la sentenza del Giudice ad quem che si dichiari a sua volta non competente per territorio non resta che l’impugnazione o il ricorso per Cassazione.
 
Il Giudice di Pace che ritenga di non essere competente per territorio deve, quindi, indicare il Giudice competente; non è specificato se egli debba espressamente rimettere le parti dinanzi al Giudice competente, fissando il termine per la riassunzione.
Ove tale provvedimento fosse pronunciato, non si ravvisa alcuna nullità e le parti sono tenute all’osservanza del termine, o alla proposizione dell’impugnazione.
Ove il Giudice non dica nulla in ordina la termine di riassunzione, vale la norma di cui all’art. 50 cpc, dettata peraltro in relazione al regolamento di competenza, che impone alle parti l’obbligo di riassumere il giudizio entro sei mesi.
Alla conclusione predetta si perviene a seguito delle pronunce a sezioni unite della Cassazione in data 22 febbraio 2007 n. 4109 e 20 maggio 2008 n. 14831.
“Considerato che il giusto processo non è diretto allo scopo di sfociare in una decisione di mero rito, ma di rendere una pronuncia di merito stabilendo chi ha torto e chi ha ragione, in base a una lettura costituzionalmente orientata della disciplina della materia, che tenga conto delle argomentazioni emergenti dalle intervenute modifiche legislative e delle prospettazioni svolte di recente dalla dottrina, deve ritenersi che nell’ordinamento processuale è stato dato ingresso al principio della “translatio iudicii” dal giudice ordinario a quello speciale, e viceversa, in caso di pronuncia sulla giurisdizione (sia ad opera della Cassazione, sia ad opera di qualsiasi altro giudice)”.(Cass.SSUU 4109/2007( [4])).
In applicazione al detto principio Cass. SSUU 14831/2008([5]) ha affermato il dovere per il Giudice adito che si ritenga in parte o in tutto incompetente per materia o per territorio inderogabilmente, di separare (se del caso) i processi, trattenendo presso di sé la parte di propria competenza e rimettendo le parti al Giudice competente per la parte residua.
Infine si rinviene un ulteriore argomento a sostegno del dovere del Giudice dichiaratosi incompetente per territorio di rimettere le parti dinanzi al Giudice competente, nel fatto che il ricorso avverso le sanzioni amministrative è soggetto a termine perentorio di proposizione della domanda e che la sentenza che pronuncia sulla incompetenza per territorio deve provvedere a conservare gli effetti sostanziali e processuali della domanda proposta, ancorchè detta domanda sia stata proposta a Giudice privo di competenza (si veda in proposito Corte Cost. 12 marzo 2007 n. 77([6]).
 
In conclusione, il Giudice di Pace, adito con ricorso avverso sanzione amministrativa del Codice della Strada, ove ritenga la propria incompetenza inderogabile per territorio, deve dichiararla d’ufficio, indicando il Giudice competente e rimettendo le parti dinanzi a quest’ultimo (con o senza fissazione del termine utile per la riassunzione).
Ove la rilevata incompetenza fosse parziale, il Giudice dovrà separare i processi, trattenendo dinanzi a sé la domanda ritenuta di competenza e rimettendo le parti dinanzi al Giudice competente per la parte di competenza territoriale inderogabile di quest’ultimo.
 
 
Possibili modifiche della competenza per territorio per ragioni di connessione
 
Una volta accertata la  natura della competenza del Giudice di Pace in tema di sanzioni amministrative connesse al Codice della Strada, si è posto il quesito se tale competenza, funzionale e inderogabile, possa subire modifiche in forza di ragioni di connessione, disciplinate dall’art. 40 cpc, nonché dagli artt. da 33 e 36 cpc.
L’ordinamento conosce altre figure di competenza funzionale e inderogabile, quale, ad esempio, la competenza a giudicare dell’opposizione a decreto ingiuntivo. La giurisprudenza costante e consolidata della Cassazione ha più volte affermato che, ove il Giudice dell’opposizione venga investito di una domanda connessa ma che risulti estranea alla sua competenza, egli è tenuto a separare i giudizi, trattenendo dinanzi a sé la causa in opposizione a decreto (in forza della inderogabilità della competenza funzionale) e rimettendo le parti dinanzi al diverso Giudice competente per la causa connessa([7]).
Ad analoghe conclusioni occorre pervenire allorchè la incompetenza sia di carattere territoriale, nell’ipotesi di inderogabilità della stessa, determinata dalla legge([8]).
Infatti in tali casi la competenza funzionale e inderogabile per territorio appare del tutto analoga alla competenza per materia, altrettanto funzionale e inderogabile; in simili condizioni le disposizioni attinenti le modifiche della competenza per ragioni di connessione non possono trovare applicazione ([9]).
 
Pertanto ove il Giudice di Pace, venga investito di una controversia che, pur presentando identità soggettiva ed oggettiva, faccia riferimento a fatti accaduti in luoghi diversi, che comportino la competenza (per materia o per territorio) funzionale e inderogabile di Giudici di Pace diversi, non potrà dare corso ad un simultaneus processus ma dovrà dichiararsi incompetente territorialmente per la causa avente ad oggetto il fatto accaduto fuori dalla sua giurisdizione, rimettendo le parti al Giudice competente; dovrà altresì trattenere la causa relativa al fatto accaduto nell’ambito territoriale di sua competenza, e ciò sia per ragioni di materia che per ragioni di territorio ([10]).
 
di Renato Amoroso
coordinatore dell’ufficio del Giudice di Pace di Monza


([1]) “La competenza sull’opposizione all’ordinanza – ingiunzione ex art. 22 l. 24 novembre 1981 n. 689, è devoluta funzionalmente e, quindi, inderogabilmente, al giudice del luogo in cui è stata commessa l’infrazione; pertanto, nei giudizi instaurati nel vigore del testo vigente (a seguito della modifica apportata dall’art. 4 della legge n. 353 del 1990) dell’art. 38 c.p.c. (e, quindi, dopo il 30 aprile 1995) tale forma d’incompetenza territoriale del giudice adito è rilevabile, anche d’ufficio, ma solo entro la prima udienza di trattazione”. Cassazione civile , sez. I, 20 aprile 2005, n. 8294Della Mora c. Min. int. e altro – Giust. civ. Mass. 2005, 4 –
([2]) “Le sentenze del giudice di pace non sono soggette a regolamento di competenza, nè necessario, nè facoltativo, come espressamente dispone l’art. 46 c.p.c. e, se il valore della causa non supera Euro 1.100, il mezzo di impugnazione ammissibile è il ricorso per cassazione, a norma degli art. 113, comma 2, e 339, comma 3, dello stesso codice sia che il giudice abbia pronunciato sul merito della controversia, sia che si sia limitato ad una pronuncia sulla competenza o su altra questione preliminare di rito o di merito, sia che abbia pronunciato sulla competenza e sul merito”. Cassazione civile , sez. I, 20 aprile 2005, n. 8294Della Mora c. Min. int. e altro – Giust. civ. Mass. 2005, 4 –
([3]) “Nei giudizi dinanzi al giudice di pace, ai sensi dell’art. 44 c.p.c., qualora il giudice preventivamente adito declini la propria competenza, affermando la competenza per materia o territoriale inderogabile di altro giudice, e la parte non impugni con l’appello la relativa decisione, provvedendo a riassumere tempestivamente il giudizio dinanzi al giudice indicato come competente, si ha acquiescenza alla declaratoria di incompetenza e la competenza del giudice indicato rimane incontestabilmente stabilita”. Cassazione civile , sez. I, 04 agosto 2006, n. 17695Brotini c. Pref. La Spezia -Giust. civ. Mass. 2006, 7-8-
([4]) Cassazione civile , sez. un., 22 febbraio 2007, n. 4109Soc. Golf Vacanze c. Com. Opera – Guida al diritto 2007, 13 94
([5])4.3. Deve, pertanto, essere affermato il seguente principio di diritto: "Il giudice tributario innanzi al quale sia stato impugnato un provvedimento di fermo di beni mobili registrati ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 86, deve accertare quale sia la natura – tributaria o non tributaria – dei crediti posti a fondamento del provvedimento in questione, trattenendo, nel primo caso, la causa presso di se, interamente o parzialmente (se il provvedimento faccia riferimento a crediti in parte di natura tributaria e in parte di natura non tributaria), per la decisione del merito e rimettendo, nel secondo caso, interamente o parzialmente, la causa innanzi al giudice ordinario, in applicazione del principio della translatio iudicii. Allo stesso modo deve comportarsi il giudice ordinario eventualmente adito. Il debitore, in caso di provvedimento di fermo che trovi riferimento in una pluralità di crediti di natura diversa, può comunque proporre originariamente separati ricorsi innanzi ai giudici diversamente competenti".
([6])” È costituzionalmente illegittimo l’art. 30 l. 6 dicembre 1971 n. 1034, nella parte in cui non prevede che gli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione si conservino, a seguito di declinatoria di giurisdizione, nel processo proseguito davanti al giudice munito di giurisdizione. Premesso che non può addebitarsi al rimettente di non aver valutato la praticabilità di una soluzione costituzionalmente orientata – in quanto non è condivisibile l’assunto, fatto proprio dalla Corte di cassazione a Sezioni Unite, secondo il quale non esisterebbe nel nostro ordinamento un divieto espresso di "translatio iudicii" nei rapporti fra g.o. e giudice speciale, dal momento che l’espressa previsione della translatio con esclusivo riferimento alla competenza non può significare altro se non divieto di applicare il medesimo istituto alla giurisdizione -, il principio della incomunicabilità dei giudici appartenenti ad ordini diversi, se comprensibile in altri momenti storici, è certamente incompatibile, oggi, con fondamentali valori costituzionali, non potendo la previsione di una pluralità di giudici risolversi in una minore effettività, o addirittura in una vanificazione, della tutela giurisdizionale; evenienza, questa, che si verifica quando la disciplina dei rapporti tra diverse giurisdizioni, per di più innervantesi su un riparto di competenze complesso ed articolato, è tale per cui l’erronea individuazione del giudice munito di giurisdizione, o l’errore del giudice in tema di giurisdizione, può risolversi in un pregiudizio irreparabile della possibilità stessa di un esame nel merito della domanda, con conseguente pregiudizio per il diritto alla tutela giurisdizionale e ad una ragionevole durata del giudizio. La disciplina legislativa che necessariamente dovrà essere emanata per colmare una lacuna dell’ordinamento processuale sarà vincolata solo nel senso che dovrà dare attuazione al principio della conservazione degli effetti, sostanziali e processuali, prodotti dalla domanda proposta a giudice privo di giurisdizione nel giudizio ritualmente riattivato davanti al giudice che ne è munito, ed il legislatore è libero di disciplinare, nel modo ritenuto più opportuno, il meccanismo della riassunzione”. Corte costituzionale, 12 marzo 2007, n. 77Soc. Totò pizzeria c. Com. Genova e altro – Giur. cost. 2007, 2 .
([7]) “La competenza per l’opposizione a decreto ingiuntivo, attribuita dall’art. 645 c.p.c. all’ufficio giudiziario cui appartiene il giudice che ha emesso il decreto, ha carattere funzionale ed inderogabile, stante l’assimilabilità del giudizio di opposizione a quello di impugnazione, sicché essa non può subire modificazioni neppure per una situazione di connessione, senza che rilevi in contrario la eliminazione della regola della rilevabilità d’ufficio delle competenze cosiddette forti in ogni stato e grado. Ne consegue che, nel caso in cui, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace, sia proposta dall’opponente domanda riconvenzionale eccedente i limiti di valore della competenza del predetto giudice, questi è tenuto a separare le due cause, trattenendo quella relativa alla opposizione e rimettendo l’altra al giudice superiore, e che, in difetto, il giudice superiore cui sia stata rimessa l’intera causa può richiedere, nei limiti temporali fissati dall’art. 38 c.p.c., il regolamento di competenza ex, art. 45 c.p.c.”. Cassazione civile , sez. III, 20 settembre 2006, n. 20324 in Giust. civ. Mass. 2006, 9 – Cassazione civile , sez. II, 17 marzo 2006, n. 6054 in Giust. civ. Mass. 2006, 3 – Giudice di pace Bari, 19 gennaio 2007, n. 597 in Giurisprudenzabarese.it 2007
([8]) “L’inderogabilità della competenza territoriale si ha soltanto nei casi in cui sia espressamente disposta dalla legge (art. 28 c.p.c.). Fra questi casi non è compreso il foro stabilito dalle parti – che, appunto perché pattizio e non legale, dà luogo ad un’ipotesi di competenza derogata e non già inderogabile – e, pertanto, tale foro, ancorché sia esclusivo (art. 29 c.p.c.), non impedisce, al pari di ogni altro criterio determinativo della competenza, che questa sia suscettibile di modificazioni per ragioni di connessione, in base alle regole della prevenzione e dell’assorbimento ovvero del cumulo soggettivo (art. 31, 33, 39 e 40 c.p.c.)”. Cassazione civile , sez. II, 15 luglio 1985, n. 4143 in Giust. civ. Mass. 1985, fasc. 7
([9]) “Le disposizioni di cui al comma 3, 4, 5 dell’art. 40 c.p.c. dettano i criteri di individuazione del rito applicabile nell’ipotesi di cause connesse assoggettate a riti differenti, e derogano ad uno dei riti applicabili; esse non possono, invece, derogare alla disciplina della competenza, quale è ad esempio la competenza inderogabile per materia del pretore ex art. 45 l. n. 392 del 1978”. Cassazione civile , sez. III, 02 febbraio 1996, n. 898 in Giur. it. 1997, I,1, 75
([10]) “Ove il giudice di pace, adito con domanda rientrante nella sua competenza "ratione materiae" (nella specie, per il rispetto delle distanze legali nella piantagione di alberi), sia investito, in via riconvenzionale, di una domanda eccedente la sua competenza per valore o per materia (nella specie, di accertamento dei confini tra i due fondi e condanna al risarcimento dei danni cagionati dai lavori di scavo e sbancamento eseguiti dall’attore), egli è tenuto, non operando la translatio iudicii a norma del citato art. 36 c.p.c., a trattenere la causa principale, separando la causa riconvenzionale per la quale non è competente, senza che possa assumere alcuna rilevanza in contrario la disposizione del comma 6 del novellato art. 40 del codice di rito, secondo la quale, se una causa di competenza del giudice di pace sia connessa per i motivi di cui agli art. 31, 32, 34, 35 e 36 c.p.c. con altra causa di competenza del tribunale, le relative domande possono essere proposte davanti al tribunale per essere decise nello stesso processo, nè quella del comma 7 dello stesso articolo, che prevede che, se le cause connesse ai sensi del comma 6 sono proposte davanti al giudice di pace e al tribunale, il primo deve pronunciare anche di ufficio la connessione a favore del tribunale. Infatti, tali disposizioni non prevedono l’ipotesi in cui le predette domande siano proposte sin dall’inizio davanti al giudice di pace, rimanendo ferma, in tale ipotesi, in caso di riconvenzionale di competenza del giudice togato, la competenza funzionale e inderogabile del giudice di pace per la causa principale”. Cassazione civile , sez. II, 08 maggio 2002, n. 6595 in Giust. civ. Mass. 2002, 788

Amoroso Renato

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