Rischio sistemico e “parresia”

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Nell’intervento di Donato Masciandaro, Tassare la finanza : istruzioni per l’uso ( in E. & M. – SDA Bocconi, 46-47, Etas 3/2011), si affronta il rapporto tra regolamentazione, tassazione e rischio sistemico finanziario secondo un’ ottica complessiva e non più separata.

Quello che emerge sia per il controllo che per la tassazione è il problema della valutazione del rischio sistemico, sia in termini di prevenzione che di redistribuzione dei costi una volta esplosa la crisi, deve tuttavia osservarsi che una valutazione del rischio sistemico è molte volte mancata negli stessi istituti preposti.

Vi è stata sostanzialmente una scarsa coscienza, più o meno voluta, delle problematiche derivanti sia dall’uso di determinati strumenti finanziari sia del riflesso fiduciario che su di essi si proietta nell’adottare determinati comportamenti politico-amministrativi.

L’ottica del breve  e della necessità di non confliggere sui fondamentali, secondo una lettura politicamente corretta, ha fatto si che affrontare il problema del rischio sistemico allargandolo dalle dinamiche finanziarie a quelle sociali diventasse per i controllori e i regolamentatori troppo complesso ed oneroso, d’altronde il continuo pendolo tra pubblico e privato, tra socialismo e liberismo, ossia tra sopravvivenza del gruppo e quella del singolo in un equilibrio stabile impossibile, fa sì che diventi difficoltoso determinare il rapporto tra logica del gruppo e comportamento individuale in una probabile strategia mista dalla difficile definizione (L. Mèro, Calcoli morali, parte II – Alle origini della diversità, Dedalo ed. 2005).

La difficoltà stessa è diventata quindi alibi per non dire, per non disturbare i manovratori e gli interessi coalizzati, se non a sua volta elemento per piegare le valutazioni sui binari desiderati, la stessa tecnologia nell’aumentare le possibilità di analisi a seguito dell’abbondanza di dati disponibili e della potenza di calcolo, complica di fatto le valutazioni sulle possibili conseguenze dell’interagire di innumerevoli sistemi collegati fra loro, rendendo le stesse metodologicamente arcane per la generalità dei cittadini.

Si evita quella che gli antichi chiamano “parresia”, ossia la capacità e/o volontà di dire quella che si ritiene essere la verità attraverso il dialogo, anche e proprio in contrasto con il potente quale proprio dovere, la critica motivata che crea il rischio per chi la espone ma proprio per questo acquista un valore di verità.

Il controllore attraverso la valutazione del rischio sistemico e l’esposizione del metodo diventa soggetto, ma anche oggetto, di un dibattito sull’esistenza del rischio che può essere spiacevole ma senz’altro moralmente necessario per la democrazia.

Nel campo delle istituzioni politiche, la problematizzazione della parresia comportò un gioco tra logos, verità e nomos ( legge); c’era bisogno del parresiastes per mettere in luce quelle verità che avrebbero assicurato la salvezza ed il benessere della città” ( M. Foucault, Discorso e verità nella Grecia antica, 67, Donzelli ed. 2005), la parresia era e resta la qualità personale necessaria di un consigliere, in quanto se non lui che ha possibilità e mezzi chi potrà parlare e spiegare?

Il rischio sistemico deve trasformarsi in un rischio etico e quindi personale, quello di non compiacere il potente ma anche il pubblico, dello scambio dell’utile personale per un utile collettivo, in quanto compito di un consigliere pubblico è collegare il gene egoista all’interesse di gruppo, nel risolvere il problema essenziale della coincidenza tra parresia politica e parresia etica si che il “bios” si risolva nel “nomos” ( Platone, Le Leggi, in Opere Complete, VII, AA.VV., Laterza 1992).

Dott. Sabetta Sergio Benedetto

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