Risarcibilità offese all’amministratore di condominio

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Le offese all’amministratore di condominio sono sempre risarcibili?
riferimenti normativi: artt. 2043; 2049 c.c.
precedenti giurisprudenziali: Cass. civ., Sez. II, Sentenza del 09/11/2018, n. 28742

Tribunale di Monza -sez. II civ.- sentenza n.231 del 01/02/2023

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Indice

1. La vicenda


L’amministratore di un condominio citava in giudizio un condomino di uno dei caseggiati amministrati, sostenendo che da tempo aveva assunto un comportamento ostile, persecutorio ed ingiurioso nei suoi confronti. In particolare l’attore sosteneva di essere stato offeso in occasione di una riunione assembleare che poi era stata interrotta, con conseguente impossibilità di votare i diversi punti posti all’o.d.g.; inoltre evidenziava che il convenuto, con missiva recapitata a tutti i condomini, aveva posto in discussione il suo operato (quale amministratore del condominio). Alla luce di quando sopra l’amministratore lamentava un danno di immagine, la lesione della reputazione, nonché la compromissione dell’onere e del decoro, con conseguente richiesta di condanna della controparte al risarcimento di tali pregiudizi.

3. La soluzione


Il Tribunale ha dato torto all’amministratore: il danno all’immagine ed alla reputazione (nella specie, per un articolo asseritamente diffamatorio), inteso come “danno conseguenza”, non sussiste “in re ipsa”. Come ha notato lo stesso giudice nell’atto di citazione, però, l’attore non ha indicato alcun elemento idoneo a fornire la dimostrazione anche solo in via presuntiva, della concreta integrazione di un pregiudizio all’immagine, al decoro ed alla reputazione; del resto, ad avviso del Tribunale, l’atteggiamento tenuto dagli altri condomini nel corso dell’assemblea ha confermato che le offese del convenuto non hanno fatto presa su coloro che sono intervenuti all’assemblea (né sul resto della compagine condominiale) e neppure alcun seguito risulta aver avuto la missiva spedita alla collettività condominiale. In ogni caso il Tribunale ha sottolineato che l’attore, chiamato a ricoprire la carica di assessore alla sicurezza, proprio in ragione dell’aumentato peso degli impegni politici, si è dimesso, rinunciando volontariamente al ruolo di amministratore dello stabile condominiale; di conseguenza l’attività politica dell’attore non ha patito nessun contraccolpo per colpa delle dichiarazioni del convenuto. Assente qualsiasi elemento che attesti l’integrazione in capo all’attore di danni all’onore, alla reputazione, al decoro ed all’immagine, la domanda risarcitoria non è stata accolta.

4. Le riflessioni conclusive


Nella lite sopra esaminata la difesa dell’attore ha sostenuto la tesi secondo cui i pregiudizi della tipologia di quelli lamentati in citazione, una volta provata la condotta illecita imputata alla controparte, determinano necessariamente l’attribuzione di una somma di denaro a titolo risarcitorio, versandosi in ipotesi di danno “in re ipsa”, vale a dire di quello che sorge per il solo verificarsi dei suoi presupposti senza che occorra alcuna allegazione o dimostrazione (si veda, al riguardo, Cass. civ., Sez. II, 30/08/2022, n.25541). In coerenza con quanto sopra l’attore non ha indicato alcun elemento idoneo a fornire dimostrazione (neppure in via presuntiva) della concreta integrazione in capo all’attore di un pregiudizio all’immagine, al decoro ed alla reputazione. La pronuncia in commento, invece, aderisce al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui il danno non patrimoniale da lesione di diritti fondamentali, quale tipico danno-conseguenza, non coincide con la mera lesione dell’interesse in sé considerato. Infatti l’opinione maggioritaria sostiene che il danno all’onore ed alla reputazione, di cui si invoca il risarcimento, non è “in re ipsa”, identificandosi il danno risarcibile non con la lesione dell’interesse tutelato dall’ordinamento ma con le conseguenze di tale lesione, sicchè la sussistenza di siffatto danno non patrimoniale deve essere oggetto di allegazione e prova, anche attraverso presunzioni, assumendo a tal fine rilevanza, quali parametri di riferimento, la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima (Cass. civ., Sez. VI, 31/03/2021, n. 8861; Cass. civ., Sez. III, 26/10/2017, n. 25420). Pertanto, la sua liquidazione deve essere compiuta dal giudice, con accertamento non sindacabile in sede di legittimità, sulla base non di valutazioni astratte, bensì del concreto pregiudizio presumibilmente patito dalla vittima, per come da questa dedotto e dimostrato, anche attraverso presunzioni gravi, precise e concordanti, che siano fondate, però, su elementi indiziari diversi dal fatto in sé, ed assumendo quali parametri di riferimento la diffusione dello scritto, la rilevanza dell’offesa e la posizione sociale della vittima (Cass. civ., Sez. VI, 18/02/2020, n. 4005; Cass. civ., Sez. VI, 06/12/2018, n. 31537).

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