Risarcibile la perdita del rapporto parentale per riduzione di chance

La madre di un paziente che ha perso il 40% di chance di sopravvivere ha diritto al risarcimento per la perdita della possibilità del rapporto.

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La madre di un paziente che ha perso il 40% di chance di sopravvivere ha diritto al risarcimento per la perdita della possibilità di proseguire il rapporto parentale. Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

Tribunale di Urbino – Sentenza n. 144 del 19-06-2025

SENTENZA_TRIBUNALE_DI_URBINO_N._144_2025_-_N._R.G._00000670_2019_DEPOSITO_MINUTA_19_06_2025__PUBBLICAZIONE_19_06_2025.pdf 345 KB

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Indice

1. I fatti: la perdita delle chance di sopravvivenza e del rapporto


Un signore accedeva al Pronto soccorso di un ospedale marchigiano in quanto da alcuni giorni aveva la febbre a 39 gradi, associata ad agitazione e difficoltà nel dormire. Al Pronto Soccorso gli veniva somministrata una terapia antibiotica ed antipiretica per abbassare la febbre e nella stessa giornata veniva trasportato nell’ospedale del capoluogo. Il giorno dopo il paziente veniva trasferito presso un altro ospedale della regione, dove veniva ricoverato con diagnosi di febbre e ed epatite. Dopo ulteriori tre giorni di permanenza presso detto ultimo ospedale, il paziente veniva nuovamente trasferito presso l’ospedale del capoluogo sempre in presenza di febbre alta.
Però, nonostante i vari spostamenti tra ospedali e le indicazioni date dagli specialisti che erano stati contattati (cioè un infettivologo e un neurologo), il paziente non veniva trasferito in una struttura sanitaria dotata del reparto di neurologia, affinché venisse studiata l’origine della febbre e quindi venisse trattata adeguatamente.
Infatti, i sanitari dell’ultimo ospedale dove era ricoverato il paziente, provavano più volte a richiedere il trasferimento presso un’altra struttura sanitaria nella regione dotata di tale reparto, ma senza esito. Infine, dopo 18 giorni dal primo ingresso in ospedale, il paziente decedeva.
La madre del paziente adiva quindi il Tribunale di Urbino per chiedere la condanna della locale ASL al risarcimento dei danni subiti dal proprio congiunto personalmente nonché per quelli subiti direttamente dall’attrice, ritenendo sussistente una responsabilità della predetta ASL per non aver mai ricoverato il paziente in un reparto di neurologia dal 22 luglio (data di primo ingresso in ospedale) al 9 agosto (data del decesso).
In particolare, i danni invocati dall’attrice iure hereditario erano quelli biologico e morale subiti dal figlio a causa della morte, nonché il danno iure proprio subito dalla madre per la perdita del rapporto parentale.
La struttura sanitaria convenuta si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto della domanda attorea, in quanto non era stata accertata alcuna condotta colpevole in capo alla medesima, mentre il paziente era stato sottoposto a ripetuti ed accurati accertamenti diagnostici e il mancato accesso ad un reparto di neurologia non era imputabile alla convenuta medesima (perché non era responsabile dei posti letto di un’altra struttura sanitaria). Per approfondire questa materia, consigliamo il volume Manuale pratico operativo della responsabilità medica, disponibile su Shop Maggioli e su Amazon

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2. Le valutazioni del Tribunale


Posto che, nei casi di malpractice medica, la responsabilità di natura contrattuale che grava sulla struttura sanitaria nei confronti del paziente (così come quella extracontrattuale che la struttura ha nei confronti dei congiunti del paziente) impone all’attore di provare la relazione causale tra la condotta attiva o omissiva della struttura sanitaria e l’evento dannoso lamentato dal danneggiato, il giudice ha evidenziato come la regola per accertare detta relazione causale è quella del “più probabile che non”.
Detta regole impone di considerare sussistente il nesso causale quando, attraverso un criterio necessariamente probabilistico, si possa ritenere che l’opera del sanitario, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto fondate probabilità di evitare l’evento dannoso, superiori a quelle opposte.
Secondo il giudice, poi, nel caso in cui sia provato il nesso di causalità tra la condotta dei sanitari ed un evento di danno accertato effettivamente nella sua esistenza e nelle sue conseguenze, il relativo risarcimento sarà dovuto integralmente. Invece, nel caso in cui sia provata la relazione tra le predette condotte e un risultato positivo sperato ma incerto, dovrà essere risarcita la chance perduta.
Inoltre, il giudice ha analizzato anche la figura del danno da perdita del rapporto parentale, ricordando che la domanda giudiziale che configuri una ipotesi di danno da perdita di chance di sopravvivenza (fatto valere dai congiunti della vittima iure hereditatis) e un danno da perdita di chance di godere del rapporto parentale fatto valere dai parenti iure proprio, ripete il suo autonomo fondamento in ragione dell’incertezza sull’anticipazione dell’evento morte.
Invece, nel caso in cui sia certo e dimostrabile, sul piano eventistico, che la condotta illecita abbia cagionato l’anticipazione della morte, dette domande si tramutano in domanda di risarcimento tout court del danno da perdita anticipata del rapporto parentale (oltre che di danno per la morte del paziente).
Per quanto riguarda il danno parentale, il giudice ha evidenziato che detto danno si configura anche in presenza di mera lesione del rapporto parentale, che consiste non già nella mera perdita delle abitudini e dei riti propri della quotidianità, bensì nello sconvolgimento dell’esistenza, rivelato da fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita, nonché nella sofferenza interiore derivante dal venir meno del rapporto e/o dall’inevitabile atteggiarsi di quel rapporto in modo differente.
Detto danno può essere allegato e dimostrato ricorrendo a presunzioni semplici, a massime di comune esperienza e al fatto notorio, dato che l’esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare.
Infatti, il danno da perdita del rapporto parentale, nel caso in cui venga invocato dal coniuge, dal genitore, dal figlio o dal fratello, non necessità di una specifica prova da parte del danneggiato, ma deve essere liquidato in base ad una valutazione equitativa che tenga conto dell’intensità del vincolo familiare, della convivenza e di ogni altra ulteriore circostanza allegata.
In altri termini, nel caso di morte di un prossimo congiunto (coniuge, genitore, figlio, fratello), l’esistenza stessa del rapporto di parentela deve far presumere, secondo l’id quod plerumque accidit, la sofferenza del familiare superstite, giacché tale conseguenza è per comune esperienza, di norma, connaturale all’essere umano. Naturalmente il convenuto avrà la possibilità di dedurre e provare l’esistenza di circostanze concrete dimostrative dell’assenza di un legame affettivo tra la vittima ed il superstite.

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3. La decisione del Tribunale


Nel caso di specie, secondo il Tribunale, il consulente d’ufficio ha accertato che le condotte omissive dei sanitari della convenuta hanno determinato un danno da perdita di chance di sopravvivenza del paziente pari al 40%, in considerazione del tempo intercorso tra la possibile diagnosi e la morte del paziente.
Infatti, anche in sede di risposta alle osservazioni dei consulenti di parte, il CTU ha ribadito la sostanziale incertezza quanto all’evitabilità dell’evento in ragione della condotta alternativa che avrebbero dovuto tenere i sanitari della convenuta. Ma ha comunque ritenuto che, in caso di trasferimento del paziente in altra struttura, quest’ultimo avrebbe ricevuto cure adeguate.
Pertanto, la carente organizzazione delle strutture sanitarie coinvolte nel caso concreto ha precluso al paziente la possibilità di avere accesso ad un più elevato livello di indagine e conseguentemente ha comportato una concreta perdita di chances diagnostiche ed eventualmente terapeutiche per evitarne il decesso.
Nel caso concreto, quindi, il giudice ha ritenuto che la condotta colpevole dei sanitari (che non hanno compiuto le indagini diagnostiche necessarie e non hanno trasferito il paziente in idonea struttura) hanno avuto come conseguenza un evento di danno incerto, rappresentato dalla perdita di una apprezzabile chance di sopravvivere in capo al paziente.
Conseguentemente, il giudice ha riconosciuto a favore del paziente (e quindi della sua erede) il diritto al risarcimento del danno per la perdita di chances consistenti nella privazione della possibilità di un miglior risultato sperato, anche se incerto ed eventuale (cioè la maggior durata di vita) ed ha liquidato detto danno in via equitativa.
Inoltre, il giudice ha altresì riconosciuto alla attrice il danno subito per la perdita della possibilità di proseguire il rapporto parentale con il figlio, liquidandolo in via equitativa attraverso l’applicazione dei parametri previsti dalle apposite tabelle di Milano del 2024, opportunamente decurtati in considerazione della natura meramente potenziale di tale rapporto per ragioni non riconducibili all’operato dei sanitari.

Avv. Muia’ Pier Paolo

Co-founder dello Studio Legale “MMP Legal”, svolge la professione di avvocato in Firenze, Prato e Pistoia, occupandosi in via principale con il suo staff di responsabilità professionale e civile; internet law, privacy e proprietà
intellettuale nonchè diritto tributario. …Continua a leggere

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