Rinnovo del permesso di soggiorno e reddito minimo (Cons. Stato, n. 2596/2012)

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Massima

A norma dell’art. 26, comma 3, del D.Lgs. 286/1998, ai fini del rilascio o del rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro autonomo, lo straniero deve dimostrare di disporre di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria.

 

 

1. Premessa

La legislazione nazionale adottata negli ultimi anni, D.Lgs. 286/1998 e successive modifiche, si fonda sulla radicale premessa per la quale nessun soggetto extracomunitario può entrare nello Stato, ed ivi stabilmente soggiornare, qualora non sia munito di visto di ingresso e di permesso di soggiorno, e cioè di un titolo amministrativo che autorizzi questi allo stabilimento, alla circolazione ed allo svolgimento di attività per specifiche tassative ragioni (di visita, affari, turismo, studio, lavoro, ricongiungimento familiare e motivi familiari, protezione sociale, asilo e protezione temporanea, cure mediche).

Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo è subordinato per il lavoratore non appartenente all’Unione europea alla dimostrazione di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (art. 26, art. 3 d.lgs 286 del 1998). L’art. 26 del d.lgs. n. 286 del 25-7-1998 disciplina l’ingresso e soggiorno degli stranieri per lavoro autonomo, richiedendo la dimostrazione di requisiti particolari e diversi rispetto a chi richieda il permesso di soggiorno per lavoro subordinato. In particolare, infatti, la norma prevede che lo straniero che intenda esercitare in Italia una attività industriale, professionale, artigianale o commerciale, ovvero costituire società di capitale o di persone o accedere a cariche societarie debba dimostrare di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere in Italia; di essere in possesso dei requisiti previsti dalla legge italiana per l’esercizio della singola attività, compresi, ove richiesti, i requisiti per l’iscrizione in albi e registri; di essere in possesso di una attestazione dell’autorità competente in data non anteriore a tre mesi che dichiari che non sussistono motivi ostativi al rilascio dell’autorizzazione o della licenza prevista per l’esercizio dell’attività che lo straniero intende svolgere. Inoltre deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria. A tale disciplina molto rigorosa per presupposti e modalità di cui all’art 26, per l’ingresso in Italia di lavoratori che vogliano svolgere un’attività autonoma, l’art. 21 della legge n. 189 del 30 luglio 2002, n. 189 ha aggiunto un comma 7-bis, in base al quale la condanna con provvedimento irrevocabile per alcuno dei reati previsti dalle disposizioni del Titolo III, Capo III, Sezione II, della L. 633/1941, e successive modificazioni, relativi alla tutela del diritto di autore, e dagli artt. 473 e 474 c.p. comporta la revoca del permesso di soggiorno rilasciato allo straniero e l’espulsione del medesimo con accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica.

E’ evidente che tale ulteriore norma si riferisca esclusivamente alla disciplina del permesso di soggiorno rilasciato per lo svolgimento di un lavoro autonomo. Ciò deriva sia dalla collocazione nello stesso art 26 sia da una interpretazione sistematica, in relazione alla circostanza che l’intera disciplina del lavoro autonomo è più rigorosa di quella per i lavoratori subordinati (dimostrazione del reddito minimo, della disponibilità di un alloggio) che giustifica anche il maggior rigore richiesto rispetto alle fattispecie penali.

In questo quadro trova ingresso la previsione per cui reati che impediscono l’ingresso nel territorio dello Stato, e i conseguenti diniego e revoca del permesso di soggiorno non sono solo quelli di cui all’art. 380 c.p.p., ma anche i reati di falso, considerati dall’ordinamento i genere di minore offensività, ma che assumono una particolare rilevanza per chi voglia svolgere una attività commerciale o professionale, trattandosi di fattispecie di reati che tutelano anche l’affidabilità dei rapporti commerciali.

 

2. Rassegna giurisprudenziale

È legittimo il diniego di rinnovo del permesso di soggiorno avente fondamento sulla rilevata carenza in atti della documentazione richiesta dall’Amministrazione, ex art. 10bis, L. 241/1990, necessaria ai fine di provare la sussistenza di un reddito minimo, di cui all’art. 26, comma, terzo, T.U. Immigrazione, ossia D.Lgs. 286/1998 (Cons. Stato, Sez. VI, 31/10/2011, n. 5814).

Il rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo è subordinato per il lavoratore non appartenente all’Unione europea alla dimostrazione di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria (art. 26 del D.Lgs. 286/1998). L’art. 39, comma 3, D.P.R. 394/1999 specifica la necessaria disponibilità in Italia, da parte del richiedente, di una somma non inferiore alla capitalizzazione, su base annua, di un importo mensile pari all’assegno sociale (T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 28/07/2011, n. 2000).

Poiché, a norma del comma 5, dell’art. 5 del D.Lgs. 286/1998, non è possibile opporre un rifiuto alla richiesta di rinnovo del permesso di soggiorno laddove siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio, si deve considerare illegittimo il diniego in questione qualora, fondandosi su un insufficiente reddito del richiedente, non abbia tenuto nel dovuto conto che al momento dell’adozione del provvedimento, essendo interamente decorso l’anno di imposta successivo a quello in relazione al quale è stato fondato il provvedimento, lo straniero avesse, invece, dichiarato un reddito superiore a quello minimo previsto dal comma 3, dell’art. 26 del D.Lgs. 286/1998 (Cons. Stato, Sez. VI, 29/10/2008, n. 5424).

A norma del comma 2, dell’art. 13 del D.P.R. 394/1999 il rinnovo del permesso di soggiorno è subordinato, tra l’altro, alla sussistenza della disponibilità di un reddito, da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento del richiedente e dei familiari conviventi a carico. A sua volta, l’art. 26 del D.Lgs. 286/1998 stabilisce che l’ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato è consentito ai lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione Europea che dimostrino di disporre di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria. Ne discende che legittimamente l’autorità amministrativa, rilevando la mancanza di una condizione di legge per concedere il rinnovo del permesso di soggiorno, adotta il provvedimento di diniego (T.A.R. Campania Napoli, Sez. VI, 13/04/2007, n. 3574).

 

 

 

Rocchina Staiano
Docente all’Univ. Teramo; Docente formatore accreditato presso il Ministero di Giustizia e Conciliatore alla Consob con delibera del 30 novembre 2010; Avvocato. E’ stata Componente della Commissione Informale per l’implementamento del Fondo per l’Occupazione Giovanile e Titolare di incarico a supporto tecnico per conto del Dipartimento della Gioventù.

Sentenza collegata

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Staiano Rocchina

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