Rimessa nuovamente alla Plenaria l’interpretazione dell’articolo 42 bis del T.U. espropri in presenza di un giudicato restitutorio del giudice ordinario

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La quarta sezione del Consiglio di Stato con l’ordinanza n. 4950 del 15 luglio 2019 rimette nuovamente all’Adunanza Plenaria l’interpretazione dell’articolo 42 bis chiedendo in particolare se possa configurarsi l’atto di acquisizione in presenza di un giudicato che abbia già disposto la restituzione del bene.

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I fatti ad oggetto del giudizio

Per comprendere al meglio la questione occorre affrontare una breve sintesi dei fatti del giudizio che hanno portato, alla fine, alla rimessione all’Adunanaza Plenaria.

Il Comune ha concluso un contratto di vendita con un privato, pagandone il prezzo. In seguito ha iniziato a possedere l’area su cui ha realizzato un parcheggio aperto al pubblico e piantato delle piante ad alto fusto, opere realizzate in conformità al vigente programma di fabbricazione che destinava le aree rispettivamente a parcheggio e a verde pubblico.

In seguito viene giudizialmente dichiarata la nullità del contratto di vendita e viene ordinato al Comune di restituire l’area. Tale sentenza è passata in giudicato.

Successivamente il Consiglio Comunale ha emanato un atto di dichiarazione di pubblica utilità e di imposizione di una servitù di passaggio pedonale e carrabile, quale titolare del fondo dominante, ai sensi dell’art. 42 bis del testo unico sugli espropri n. 327 del 2001.

Tale atto viene impugnato poichè: il giudicato di cui alla sentenza precluderebbe l’esercizio dei poteri previsti dall’art. 42 bis del testo unico; trattandosi di una vicenda privatistica non potrebbe applicarsi un atto di acquisizione; l’atto di acquisizione sarebbe illegittimo, per mancato rispetto delle regole sulla partecipazione procedimentale e per inadeguata motivazione.

L’Adunanza Plenaria del 2016 esclude l’atto di acquisizione in presenza di un giudicato che abbia già disposto la restituzione del bene

L’Adunanza Plenaria n. 2 del 2016 esclude l’atto di acquisizione in presenza di un giudicato che abbia già disposto la restituzione del bene.

In particolare, afferma la Plenaria nel 2016 che un elemento caratterizzante l’istituto di cui all’art.42 bis èl’impossibilità che l’Amministrazione emani il provvedimento di acquisizione in presenza di un giudicato che abbia disposto la restituzione del bene al proprietario

Tale elemento si desume implicitamente dalla previsione del comma 2 dell’art. 42 bis nella parte in cui prevede “il provvedimento di acquisizione può essere adottato anche durante la pendenza di un giudizio per l’annullamento degli atti”.

In definitiva il comma 2 dell’art. 42 bis consente all’autorità di adottare il provvedimento durante la pendenza del giudizio avente ad oggetto l’annullamento della procedura ablatoria (ovvero nel corso del successivo eventuale giudizio di ottemperanza) ma non oltre, e quindi dopo che si sia formato un eventuale giudicato non soltanto cassatorio ma anche esplicitamente restitutorio.

Già nell’anno precedente la Corte costituzionale n.71 del 2015 si era pronunciata evidenziando che il carattere non retroattivo dell’acquisto impedisce l’utilizzo dell’istituto in presenza di un giudicato che abbia già disposto la restituzione del bene”.

Rimessione all’Adunanza Plenaria del 15 luglio 2019

Il Collegio con l’ordinanza n. 4950 del 15 luglio 2019 rimette all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato la questione interpretativa avente ad oggetto il principio enunciato dalla sentenza della precedente Adunanza Plenaria sul tema. L’ordinanaza tratta diversi quesiti, tuttavia di fondamentale importanza è chiarire la portata del principio enunciato con la sentenza del 2016, ovvero se sia applicabile ai soli casi in cui il giudicato restitutorio sia caratterizzato dalla espressa statuizione sulla inapplicabilità dell’art. 42 bis del TU in materia di espropriazioni per pubblica utilità oppure anche ai casi in cui l’ordine di restituzione non abbia menzionato tale disposizione.

Pertanto, il nodo che è chiamata a sciogliere l’Adunanza Plenaria riguarda la portata del giudicato restitutorio, ovvero se il giudicato sia applicabile anche quando la sentenza non abbia espressamente precluso l’esercizio dei poteri previsti dall’art. 42 bis per adeguare lo stato di fatto a quello di diritto.

In definitiva sono state deferite all’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, le seguenti questioni: “Se il giudicato civile sull’obbligo di restituire un’area al prorpietario da parte dell’Amministrazione occupante sine titulo precluda o meno l’emanazione di un atto di imposizione di una servitù di passaggio, col mantenimento del diritto di proprietà in capo al suo titolare; b) se la formazione del giudicato interno – sulla statuizione del TAR per cui il giudicato civile consente l’attivazione di un ordinario procedimento espropriativo – imponga nella specie di affermare che sussiste anche il potere dell’Amministrazione di imporre la servitù di passaggio ex art. 42 bis, comma 6; c) se la preclusione del ‘giudicato restitutorio’ sussista anche quando la sentenza (nella specie, del giudice civile) non abbia espressamente precluso l’esercizio dei poteri previsti dall’art. 42 bis per adeguare lo stato di fatto a quello di diritto; d) se la preclusione del ‘giudicato restitutorio’ sussista solo in relazione ai giudicati formatisi dopo la pubblicazione della sentenza della Adunanza Plenaria n. 2 del 2016, ovvero anche in relazione ai giudicati formatisi in precedenza”.

La descrizione dell’istituto dell’utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico

L’articolo 42 bis prevede che “valutati gli interessi in conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo di pubblica utilità, può disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo forfetariamente liquidato nella misura del dieci per cento dal valore venale del bene”.

Tale disposizione, nel tentativo di adeguersi ai principi della CEDU che escludono la configurabilità di un’espropriazione sostanziale in assenza di un idoneo titolo, ha disciplinato la c.d. occupazione provvedimentale o acquisizione sanante, con cui attribuisce alla Pubblica Amministrazione il potere di acquisire in sanatoria con atto ablativo avente effetti ex nunc.

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Sentenza collegata

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Dott.ssa Laura Facondini

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