Espropriazione: nozione e procedimento

Redazione 25/02/20
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La nozione di espropriazione fa riferimento al provvedimento ablatorio con cui viene sottratto un bene al proprietario privato.

Tale attività trova ragion d’essere nell’art. 42 Cost che stabilisce che la proprietà privata può venir meno per motivi di pubblica utilità; pertanto, si intendono motivi di interesse generale, la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità.

Le fasi

Le tre fasi fondamentale per poter procedere con l’espropriazione per pubblica utilità sono tre, e cioè:

  1. la scelta dell’area da espropriare;
  2. la decisione di cosa vada realizzato su quell’area;
  3. il passaggio di proprietà dal soggetto privato alla p.a.

Queste schema è così ridefinito nell’art. 8 T.U. espropriazione che stabilisce:” Il decreto di esproprio può essere emanato qualora: a) l’opera da realizzare sia prevista nello strumento urbanistico generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, e sul bene da espropriare sia stato apposto il vincolo preordinato all’espropriob) vi sia stata la dichiarazione di pubblica utilitàc) sia stata determinata, anche se in via provvisoria, l’indennità di esproprio”.

Il vincolo preordinato all’esproprio

Il vincolo preordinato all’esproprio risulta la prima fase del procedimento ablatorio a cui deve seguire nel termine di 5 anni la dichiarazione di pubblica utilità. Principalmente, un bene è sottoposto al vincolo preordinato all’esproprio quando diventa efficace l’atto di approvazione del piano urbanistico generale, ovvero una sua variante, che prevede la realizzazione di un’opera pubblica o di pubblica utilità.

E’ bene precisare che il bene che sia gravato da vincolo diventa inedificabile e subisce un deprezzamento. Sulla base di ciò, è opportuno pertanto delimitare la durata temporale dei vincoli in questioni.

Inizialmente, la giurisprudenza considerava perpetua la durata di tali vincoli; questa interpretazione sulla base di quanto previsto dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 55/1968, ha dichiarato l’incostituzionalità degli artt. 7 e 40 della l. n. 1150/1942 nella parte in cui escludono l’indennizzo nei casi di imposizione di limitazione della proprietà con carattere permanente. E’ stato così censurato l’art. 7 nella parte in cui ammetteva vincoli preordinati all’esproprio permanenti senza indennizzo. Il legislatore ha così optato per la temporaneità del vincolo, pari a un quinquennio.

Sul punto, è poi intervenuto il Consiglio di Stato che ha stabilito la possibilità, al termine dei 5 anni, di motivata reiterazione. La Corte costituzionale con la sentenza n. 179/1999 e poi con il successivo art. 39 co. 1 T.U. rubricato “Indennità dovuta in caso di incidenza di previsioni urbanistiche su particolari aree comprese in zone edificabili” che :”In attesa di una organica risistemazione della materia, nel caso di reiterazione di un vincolo preordinato all’esproprio o di un vincolo sostanzialmente espropriativo è dovuta al proprietario una indennità, commisurata all’entità del danno effettivamente prodotto”.

Tale norma ha a oggetto esclusivamente un vincolo preordinato all’esproprio o un vincolo sostanzialmente espropriativo. Si distinguono i vincoli ablatori da quelli conformativi, per cui questi ultimi non sono soggetti all’indennizzo. L’art. 42 co. 2 Cost fa espresso riferimento a quei vincoli che sono iscritti a uno statuto speciale per cui la proprietà privata risulta limitata. La proprietà privata può risultare limitata o dalla legge o da un provvedimento amministrativo che risulti espressione della discrezionalità tecnica, a cui la legge demanda il compito di individuare dei beni assoggettabili a tale disciplina (come nel caso dei vincoli storici di cui alla l. n. 1497/1939).

All’opposto, i vincoli ablatori svuotano il diritto di proprietà su un bene e pertanto, prevedono l’indennizzo ex art. 42 co. 3 Cost:”La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale”.

Tornando alla questione della motivazione della reiterazione del vincolo, essa deve risultare tale da escludere un contenuto vessatorio o comunque ingiusto dei relativi atti e/o provvedimenti, curandosi di dimostrare l’effettivo pubblico interesse. Infatti, “l’Amministrazione deve indicare la ragione che la induce a scegliere nuovamente proprio l’area sulla quale la precedente scelta si era appuntata: la reiterazione del vincolo espropriativo, sic et simpliciter, non è dunque consentita, dovendo l’Amministrazione evidenziare l’attualità dell’interesse pubblico da soddisfare, in quanto si va ad incidere sulla sfera giuridica di un proprietario che già per un quinquennio è stato titolare di un bene suscettibile di dichiarazione di pubblica utilità e successivamente di esproprio” (Sez. IV, dec. n. 159 del 1994, cit., § 11).  Quanto alla adeguatezza della motivazione, l’Adunanza Plenaria, con sentenza n. 7/2007, ritiene che essa vada valutata tenendo conto, tra le altre, delle seguenti circostanze: a) se la reiterazione riguardi o meno una pluralità di aree, nell’ambito della adozione di una variante generale o comunque riguardante una consistente parte del territorio comunale; b) se la reiterazione riguardi soltanto una parte delle aree già incise dai vincoli decaduti, mentre per l’altra parte non è disposta la reiterazione, perché ulteriori terreni sono individuati per il rispetto degli standard; c) se la reiterazione sia stata disposta per la prima volta sull’area in questione.

La dichiarazione di pubblica utilità

Tale dichiarazione è antecedente al decreto di esproprio, senza di questa qualsiasi successivo provvedimento risulterebbe illegittimo e dovrebbe applicarsi la responsabilità di cui agli artt. 2043 e 2058 c.c.

L’art. 13 T.U. ne fissa i contenuti:” Il provvedimento che dispone la pubblica utilità dell’opera può essere emanato fino a quando non sia decaduto il vincolo preordinato all’esproprio. Gli effetti della dichiarazione di pubblica utilità si producono anche se non sono espressamente indicati nel provvedimento che la dispone. Nel provvedimento che comporta la dichiarazione di pubblica utilità dell’opera può essere stabilito il termine entro il quale il decreto di esproprio va emanato. Se manca l’espressa determinazione del termine di cui al comma 3, il decreto di esproprio può essere emanato entro il termine di cinque anni, decorrente dalla data in cui diventa efficace l’atto che dichiara la pubblica utilità dell’opera. L’autorità che ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera può disporre la proroga dei termini previsti dai commi 3 e 4 per casi di forza maggiore o per altre giustificate ragioni. La proroga può essere disposta, anche d’ufficio, prima della scadenza del termine e per un periodo di tempo che non supera i due anni. La scadenza del termine entro il quale può essere emanato il decreto di esproprio determina l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità. Restano in vigore le disposizioni che consentono l’esecuzione delle previsioni dei piani territoriali o urbanistici, anche di settore o attuativi, entro termini maggiori di quelli previsti nel comma 4. Qualora il vincolo preordinato all’esproprio riguardi immobili da non sottoporre a trasformazione fisica, la dichiarazione di pubblica utilità ha luogo mediante l’adozione di un provvedimento di destinazione ad uso pubblico dell’immobile vincolato, con cui sono indicate le finalità dell’intervento, i tempi previsti per eventuali lavori di manutenzione, nonché i relativi costi previsti“.

L’indennità di esproprio

Il procedimento dell’indennità di esproprio è suddiviso in più fasi:

  1. la determinazione provvisoria: formulata dal promotore dell’espropriazione e soggetta ad eventuali osservazioni da parte dell’interessato e da successive controversie tra le parti;
  2. l’accettazione provvisoria dell’indennità: da parte dell’interessato;
  3. determinazione definitiva dell’indennità.

Esiste anche una determinazione urgente dell’indennità che non risulta soggetta ad alcuna accettazione da parte dell’interessato.

L‘art. 36 del T.U. afferma che l’indennità di esproprio viene calcolata nella misura del valore venale del bene.

La decisione dell’Adunanza Plenaria sulla servitù di passaggio

L’art. 42 bis, d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 si applica a tutte le ipotesi in cui un bene immobile altrui sia utilizzato e modificato dall’amministrazione per scopi di interesse pubblico, in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, e dunque quale che sia la ragione che abbia determinato l’assenza di titolo che legittima alla disponibilità del bene (1).

Il giudicato restitutorio (amministrativo o civile), inerente all’obbligo di restituire un’area al proprietario da parte dell’Amministrazione occupante sine titulo, non preclude l’emanazione di un atto di imposizione di una servitù, in esercizio del potere ex art. 42 bis, comma 6, DPR 8 giugno 2001 n. 327, poiché questo presuppone il mantenimento del diritto di proprietà in capo al suo titolare .

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