Rilascio di licenza commerciale da parte di un Comune oltre diciassette anni dopo la richiesta: la chance, o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimo

Lazzini Sonia 09/11/06
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Merita di essere segnalata la decisione del Consiglio di Stato numero 4634 del 25 luglio  2006 per la fattispecie particolare di responsabilità della pa in essa discussa:
 
<La sezione rileva che la licenza è stata rilasciata alla signora oltre diciassette anni dopo la richiesta, a causa dell’illegittimità del primo diniego accertata dal Tribunale amministrativo regionale. Così che il ritardo con cui la signora ha visto soddisfatto il proprio interesse pretensivo è stato accertato come imputabile al comportamento illegittimo del Comune di San Michele al Tagliamento.
 
     Se il Comune avesse rilasciato la licenza tempestivamente, ossia nel 1980 anziché nel 1997, la ricorrente avrebbe probabilmente conseguito la concessione demaniale da parte della competente Capitaneria e, quindi, potuto esercitare la conseguente attività commerciale. La titolarità della licenza costituisce uno dei due presupposti, insieme alla concessione demaniale, per potere svolgere l’attività commerciale di cui trattasi. Così che l’avere atteso per oltre diciasette anni il rilascio della licenza non l’ha agevolata nel procedimento finalizzato alla concessione demaniale>
 
Relativamente alla quantificazione del danno..
 
< Con riguardo alla liquidazione del danno da perdita di chance esso, non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, va liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 del c.c.
 
Il risarcimento per equivalente della perdita di chance può essere poi quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile, scontato percentualmente.>
 
A cura di *************
 
 
 
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello n. 331/04, proposto da:
 
*** EDDA, rappresentata e difesa dagli avv. ******************* e *************************, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in Roma, via Cosseria, n. 5;
 
contro
 
COMUNE DI SAN MICHELE AL TAGLIAMENTO, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avv. *******************, ******************** e ***********, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’ultimo in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;
 
e nei confronti di
 
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici domicilia per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
 
CAPITANERIA DI PORTO DI VENEZIA, in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio;
 
per l’annullamento
 
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Veneto, sezione prima, 16 luglio 2003, n. 3789;
 
     visto il ricorso in appello, con i relativi allegati;
 
     visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune e del Ministero appellati;
 
     viste le memorie prodotte dall’appellante e dal Comune appellato;
 
     visti tutti gli atti della causa;
 
    relatore all’udienza pubblica del 9 maggio 2006 il consigliere *************, e uditi l’avv. *************** per l’appellante, nonché gli avv. ******** e **************** per il Comune appellato;
 
     ritenuto e considerato quanto segue.
 
FATTO E DIRITTO
 
     1. Il primo giudice, con la sentenza indicata in epigrafe, ha dichiarato inammissibile la domanda risarcitoria presentata dalla signora **** *** per la perdita della chance di conseguire il rilascio della concessione demaniale, a seguito dell’attività illegittima del Comune di San Michele al Tagliamento, costituita dal ritardo con cui le è stata rilasciata la licenza per pubblico esercizio dalla medesima richiesta.
 
     Questi i fatti della vicenda per cui è causa.
 
     La signora ***, il 18 marzo 1980, aveva chiesto al detto Comune il rilascio della licenza per l’apertura stagionale di un chiosco bar su roulotte, da installare sull’arenile della frazione di Bibione in località “Lido del sole”. La licenza veniva negata dal sindaco di San Michele al Tagliamento, con provvedimento 9 luglio 1980, n. 13039, con la seguente motivazione: “i servizi di spiaggia verranno assunti direttamente dall’Amministrazione Comunale, in conformità a quanto espresso dal Consiglio Comunale nella seduta del 23.4.1980, delibera n. 140”. Con siffatta delibera il Comune aveva espresso parere sfavorevole su alcune richieste di concessione demaniale, “in attesa della redazione ed approvazione dei piani particolareggiati dell’arenile di Bibione”.
 
     Il diniego, a seguito di ricorso presentato dalla signora ***, veniva annullato dal Tribunale amministrativo regionale del Veneto, con sentenza 24 dicembre 1996, n. 2314, il quale rilevava che la delibera richiamata dal Comune non disciplinava i servizi di spiaggia ma riguardava solo alcune richieste di concessione demaniale sulle quali si era espresso parere sfavorevole. Il Comune poi, con provvedimento in data 24 luglio 1997, rilasciava la richiesta licenza stagionale.
 
     La signora ***, il 21 e 22 dicembre 2001, notificava un nuovo ricorso innanzi al detto Tribunale nel quale avanzava domanda risarcitoria nei confronti del Comune di San Michele al Tagliamento. La stessa sosteneva che, se il Comune avesse tempestivamente rilasciato la licenza, la Capitaneria di Porto di Venezia molto probabilmente le avrebbe rilasciato la concessione demaniale. Come avvenuto a favore del signor *** che, avendo avuto la licenza l’11 luglio 1978 (poi in seguito rinnovata), aveva ottenuto la concessione demaniale sin dal 1980. La probabilità di ottenere la concessione, incisa dal rifiuto-ritardo della licenza, costituiva l’oggetto della domanda di risarcimento dei danni.
 
     Il primo giudice, premesso che la Capitaneria aveva negato la concessione con provvedimento che non era stato impugnato, ha ritenuto che la pronuncia di annullamento del diniego fosse pregiudiziale rispetto alla richiesta di risarcimento del danno; così che, essendo preclusa la prima, la seconda era inammissibile.
 
     2. La sentenza viene appellata dalla signora *** per i seguenti motivi:
 
     1) erroneità della decisione impugnata per travisamento dei fatti e dei presupposti, nonché per contraddittorietà e difetto di motivazione in relazione alla domanda risarcitoria proposta.
 
     Si insiste sulla circostanza per la quale, se la licenza fosse stata rilasciata tempestivamente (nel 1980), ci sarebbe stata qualche chance in più di ottenere, come i signori ***, il rilascio della concessione demaniale;
 
     2) erroneità della decisione sull’affermata pregiudizialità della domanda impugnatoria rispetto alla domanda di risarcimento del danno.
 
     Si deduce che non sarebbe stato necessario impugnare previamente i provvedimenti della Capitaneria;
 
     3) erroneità della decisione per contraddittorietà e difetto di motivazione sotto altro profilo in ordine all’interpretazione della domanda risarcitoria sotto il profilo del quantum debeatur.
 
     Si afferma che il danno risarcibile sarebbe stato rettamente rapportato all’attività commerciale che l’appellante avrebbe potuto intraprendere.
 
     Il Comune di San Michele al Tagliamento e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti si sono costituiti in giudizio. Il Ministero ha chiesto dichiararsi il difetto di legittimazione a resistere dell’amministrazione statale.
 
     L’appellante e il Comune appellato hanno prodotto memorie con le quali hanno ulteriormente illustrato le rispettive difese.
 
     3. La sezione ritiene, in primo luogo, che il ricorso in appello sia stato correttamente notificato anche al Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, dato che esso si era costituito nel giudizio di primo grado.
 
     4. Il ricorso in appello è fondato.
 
     La sezione rileva che la licenza è stata rilasciata alla signora *** oltre diciasette anni dopo la richiesta, a causa dell’illegittimità del primo diniego accertata dal Tribunale amministrativo regionale. Così che il ritardo con cui la signora ha visto soddisfatto il proprio interesse pretensivo è stato accertato come imputabile al comportamento illegittimo del Comune di San Michele al Tagliamento.
 
     Se il Comune avesse rilasciato la licenza tempestivamente, ossia nel 1980 anziché nel 1997, la signora *** avrebbe probabilmente conseguito la concessione demaniale da parte della competente Capitaneria e, quindi, potuto esercitare la conseguente attività commerciale. La titolarità della licenza costituisce uno dei due presupposti, insieme alla concessione demaniale, per potere svolgere l’attività commerciale di cui trattasi. Così che l’avere atteso per oltre diciasette anni il rilascio della licenza non l’ha agevolata nel procedimento finalizzato alla concessione demaniale.
 
     E’ questo il danno patito dall’appellante e del quale la stessa chiede il risarcimento; danno costituito dalla perdita della possibilità di conseguire il risultato utile (così detta perdita di “chance”) qualora sussistano quelle probabilità di successo maggiore al 50% valutabile con giudizio prognostico “ex ante” secondo l’“id quod plurumque accidit” sulla base di elementi di fatto forniti dal danneggiato. La chance, o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una mera aspettativa di fatto ma un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione; così che la sua perdita, ossia la perdita della possibilità consistente di conseguire il risultato utile del quale risulti provata la sussistenza, configura un danno concreto e attuale, e chi subisce un danno da perdita di chance può chiederne il ristoro; o mediante la ripetizione dell’occasione perduta o per equivalente monetario (Cons. Stato, sez. VI, 5 dicembre 2005, n. 6960).
 
     Nella specie trattasi della consistente possibilità di ottenere la concessione demaniale, ultimo ostacolo all’esercizio dell’attività commerciale che si intendeva svolgere. La chance è di per sé sussistente sulla base delle seguenti duplici considerazioni.
 
     Per l’esercizio di analogo chiosco bar sullo stesso arenile, il Comune l’11 luglio 1978 aveva rilasciato la licenza di commercio al signor *** ***; licenza poi rinnovata nel 1980. La Capitaneria di porto di Venezia, il 13 giugno 1980, aveva rilasciato la concessione demaniale alla signora ****** ***, moglie del signor *** ***, e negli anni successivi l’aveva anche rinnovata.
 
     Ciò comporta quanto meno che, in presenza di situazioni che appaiano analoghe in fatto e in diritto, la mancanza di ostacoli al rilascio dei provvedimenti richiesti vi sarebbe dovuta essere non solo per il signor *** e i suoi familiari ma anche per la signora ***.
 
     Prima della presentazione della domanda di licenza al Comune negata con il detto provvedimento n. 13039/1980, la Capitaneria di porto di Venezia (si vedano le note 24 marzo 1977, n. 5810/DE e 3 aprile 1980, n. 5010) non aveva rilasciato la concessione demaniale chiesta dall’appellante (con istanze del 7 giugno 1975 e del 15 dicembre 1977), affermando, una prima volta, che si doveva attendere che il Comune di San Michele al Tagliamento predisponesse il piano particolareggiato della zona e, una seconda volta, che il Comune aveva espresso parere negativo (l’8 febbraio 1978) e che aveva in corso di approvazione la ristrutturazione dell’arenile di Bibione.
 
     Tutte le motivazioni addotte dalla Capitaneria, innanzitutto, avevano a che fare con l’opposizione del Comune all’iniziativa commerciale dell’appellante; opposizione poi ritenuta del tutto inconsistente da parte del primo giudice con la citata sentenza n. 2314/1996 e venuta anche meno a seguito del rilascio della licenza nel 1997.
 
     I provvedimenti di diniego della Capitaneria, tra l’altro antecedenti al diniego di licenza comunale poi annullato dal primo giudice, non impedivano alla signora ***, se la stessa avesse conseguito tempestivamente la licenza da parte del Comune, di ripresentare la domanda di concessione alla Capitaneria di porto; e, probabilmente, di conseguirla, una volta che il Comune aveva manifestato il suo assenso. Anche perché quanto addotto dalla Capitaneria a giustificazione dei propri provvedimenti negativi si muove sulla falsariga della motivazione del diniego di licenza annullato dal primo giudice.
 
     Di qui la non necessità della previa impugnazione dei dinieghi della Capitaneria. Anche perché l’appellante non chiede alla Capitaneria il risarcimento del danno a seguito di illegittimo esercizio del potere da parte della stessa; caso nel quale avrebbe dovuto pregiudizialmente impugnare i provvedimenti di diniego della Capitaneria stessa. Ma intende unicamente conseguire il danno patito per la lesione di quella aspettativa costituita dalla chance, ossia dalla probabilità di conseguire la concessione demaniale; necessaria, ma non sufficiente, per esercitare la pretesa attività commerciale. Situazione che è stata lesa dall’illegittimo e colpevole ritardo dell’amministrazione comunale, di per sé impeditivo della probabilità di conseguire un ulteriore provvedimento favorevole. La colpevolezza la si può presuntivamente dedurre dal motivo di illegittimità sostanziale accertato dal primo giudice con la sentenza n. 2314/1996.
 
     Quanto, infine, deciso, con riguardo alla concessione demaniale, dalle amministrazioni nel frattempo divenute competenti, nel 2000 e 2001 – con riguardo all’indizione di una gara a licitazione privata poiché nessuna delle ditte concorrenti veniva ritenuta in possesso di elementi tali da comportare che qualcuna di esse fosse in grado di offrire una maggiore garanzia di proficua utilizzazione dell’area, ai sensi dell’art. 37, comma ultimo, del codice della navigazione – non incide sulla fondatezza della pretesa azionata. La circostanza, anzi, rafforza ulteriormente l’esistenza di quella probabilità di conseguire la concessione demaniale qualora il Comune si fosse tempestivamente pronunciato in senso favorevole nel 1980 sulla domanda di licenza; dato anche il minore numero, all’epoca esistente, dei pretendenti alla concessione demaniale richiesta dalla signora ***, divenuti con il passare del tempo sempre di più.
 
     5. Deve essere, quindi, affermato il diritto della signora *** al risarcimento del danno, da parte del Comune appellato, conseguente alla perdita della chance di conseguire la concessione demaniale.
 
     Con riguardo alla liquidazione del danno da perdita di chance esso, non potendo essere provato nel suo preciso ammontare, va liquidato in via equitativa ai sensi dell’art. 1226 del c.c. (Cons. Stato, sez. V, 22 gennaio 2003, n. 247). Il risarcimento per equivalente della perdita di chance può essere poi quantificato con la tecnica della determinazione dell’utile conseguibile, scontato percentualmente (Cons. Stato, sez. VI, 8 maggio 2002, n. 2485).
 
     La sezione, allo scopo, in applicazione dell’art. 35, comma 2, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7 della l. 21 luglio 2000, n. 205, stabilisce i seguenti criteri in base ai quali il Comune appellato deve proporre all’appellante il pagamento di una somma di denaro, nel termine di novanta giorni dalla notificazione o comunicazione della presente decisione:
 
     a) considerare il periodo dal 9 luglio 1980 (data del diniego di rilascio della licenza annullato dal primo giudice) al 24 luglio 1997 (data del rilascio della licenza);
 
     b) calcolare, relativamente a ogni stagione annuale, la media degli utili percepiti da altri chioschi bar similari esistenti nella zona balneare di cui trattasi;
 
     c) attribuire, a titolo di risarcimento del danno da perdita di chance, il 20% della somma così calcolata;
 
     d) computare gli interessi nella misura legale, anno per anno, sulle somme via via rivalutate secondo gli indici Istat.
 
     In mancanza di accordo nel termine suindicato, è consentito il rimedio di cui al secondo periodo del comma 2 del citato art. 35.
 
     6. Il ricorso in appello, pertanto, deve essere accolto e, in riforma della sentenza impugnata, il Comune appellato va condannato a risarcire il danno all’appellante nei sensi e secondo le modalità di cui in motivazione.
 
     Le spese del doppio grado di giudizio, come da dispositivo, vanno poste a carico del Comune appellato e, sussistendo giusti motivi, compensate nei riguardi degli altri soggetti appellati.
 
Per questi motivi
 
     il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta:
 
     a) accoglie il ricorso in appello;
 
     b) in riforma della sentenza impugnata, condanna il Comune appellato a risarcire il danno all’appellante nei sensi e secondo le modalità di cui in motivazione;
 
     c) condanna il Comune appellato al pagamento, in favore dell’appellante, delle spese del doppio grado di giudizio, che si liquidano in complessivi euro tremila/00;
 
     d) compensa le spese del doppio grado di giudizio nei riguardi degli altri soggetti appellati;
 
     e) ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
     Così deciso in Roma il 9 maggio 2006 dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione sesta, in camera di consiglio
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – il 25/07/2006

Lazzini Sonia

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