Riforma forense, cancellati dall’Albo se l’esercizio della professione non è continuativo

Redazione 12/11/12
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Lilla Laperuta

Lo prevede l’articolo 21 della legge di riforma dell’ordinamento forense approvata alla Camera il 31 ottobre e ora all’esame del Senato.

L’articolo, con formulazione particolarmente innovativa rispetto all’ordinamento vigente, richiede infatti all’avvocato l’esercizio effettivo, continuativo, abituale e prevalente della professione, pena la cancellazione dall’albo.

Spetterà ad un regolamento di attuazione (da emanarsi nel rispetto delle procedure previste dall’art. 1) disciplinare le modalità di accertamento dell’esercizio della professione e le modalità per la reiscrizione all’Albo. Sul punto, il testo di riforma, diversamente dalla versione originaria, esclude espressamente che uno dei criteri che potrà essere tenuto in considerazione sia quello facente riferimento al reddito professionale.

Attualmente, la dimostrazione della continuità dell’esercizio professionale viene intesa come la capacità del professionista di raggiungere, per ciascun anno di iscrizione alla Cassa di previdenza forense, almeno uno dei due parametri reddituali (reddito professionale IRPEF netto o volume di affari IVA), stabiliti dal Comitato dei delegati della Cassa, a dimostrazione dell’effettivo svolgimento dell’attività professionale forense, con possibilità di media nel triennio. Più chiaramente per i professionisti iscritti all’Albo sussiste l’obbligo di iscrizione alla Cassa Forense a partire dall’anno in cui producono un reddito od un volume di affari di importo maggiore o uguale al limite minimo stabilito per quell’anno dal Comitato per la prova dell’esercizio continuativo della professione. In caso di mancata soddisfazione del requisito della continuità professionale, l’avvocato iscritto può richiedere la cancellazione della Cassa, dal momento che ricorrendo tale fattispecie, l’iscrizione non rientra più fra le ipotesi di iscrizione obbligatoria, bensì fra quelle di iscrizione facoltativa.

Ora invece si prevede, che la verifica sull’esercizio della professione dovrà essere svolta ogni 3 anni dal consiglio dell’ordine che provvederà conseguentemente ad aggiornare gli albi, gli elenchi ed i registri, dandone poi comunicazione al Consiglio nazionale forense (CNF).

Se il consiglio dell’ordine omette tale verifica periodica ovvero la svolge in modo parziale sarà lo stesso CNF a nominare dei commissari (avvocati con più di 20 anni di anzianità, eventualmente anche iscritti in ordini territoriali diversi) che – sostituendosi ai colleghi – svolgano tali procedure e aggiornino gli albi a spese del consiglio inadempiente

In ossequio ai principi del giusto procedimento l’esercizio della professione in modo non effettivo, non continuativo, non abituale e non prevalente comporterà la cancellazione dell’avvocato dall’albo solo all’esito di una procedura che prevede il contraddittorio con l’interessato. In particolare, attraverso il contraddittorio l’avvocato potrebbe dimostrare l’esistenza di giustificati motivi che impedivano l’esercizio effettivo e continuativo della professione.

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