Riforma forense al senato: almeno due sono gli evidenti vizi di costituzionalità

Scarica PDF Stampa

Segnalo due vizi di costituzionalità che si frappongono alla approvazione, da parte del Senato, d’un testo di legge di riforma forense tal quale quello licenziato dalla Camera il 31 ottobre 2012 (ora AS601-711-1171-1198-B).

Ritengo si tratti di due censure di incostituzionalità che, in base alla loro evidente fondatezza, dovrebbero addirittura costringere il Presidente della Repubblica a non promulgare l’eventuale legge che il Senato approvasse nel medesimo testo approvato dalla Camera. In fine segnalo altri due vizi di costituzionalità altrettanto gravi ma forse meno evidenti.

Le evidentissime incostituzionalità stanno:

1) nella previsione legislativa di un nuovo giudice speciale della disciplina forense e della tenuta degli albi;

2) nella permanente promiscuità di ruoli, di natura amministrativa e giurisdizionale, che i singoli consiglieri del CNF continuerebbero a rivestire.

Si approfondiscono di seguito i due aspetti di incostituzionalita’.

1) IL CNF COME NUOVO GIUDICE SPECIALE NON AMMESSO DALLA COSTITUZIONE. NUOVO PER COMPOSIZIONE E DURATA E NUOVO PER ATTRIBUZIONI GIURISDIZIONALI AGGIUNTIVE.

a) – nuova composizione e durata del CNF: Il giudice della disciplina degli avvocati e della tenuta dei loro albi (qualora il Senato approvasse il testo che gli è pervenuto dalla Camera), si chiamerebbe ancora “Consiglio Nazionale Forense” ma la sua composizione e durata sarebbero diverse dal passato e ciò ne farebbe un giudice speciale sicuramente nuovo che, in quanto tale, non si può istituire (art. 102 Cost.).

Riassumo i dati normativi che evidenziano la diversa composizione e durata in carica del CNF secondo la attuale disciplina e secondo la disciplina prevista dal testo di riforma (e dunque la suddetta “novità” del CNF quale giudice speciale).

La disciplina vigente:

Il CNF attualmente è formato da tanti membri quanti sono i distretti di Corte d’appello (art. 1, D.Lgs. P. 21/6/1946, n. 6, che ha modificato il primo comma dell’art. 21 del D.Lgs. 23/11/1944, n. 382).

Gli avvocati degli ordini del distretto eleggono il componente del CNF tra gli avvocati degli ordini del distretto iscritti all’albo degli abilitati al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori (art. 21, comma 1, D.Lgs. Lgt. 23/11/1944, n. 382).

I componenti del CNF restano in carica tre anni (art. 13, ult. comma, D.Lgs. Lgt. 23/11/1944, n. 382) e sono rieleggibili (art. 15, comma 1, D.Lgs. Lgt. 23/11/1944, n. 382).

Per l’elezione del CNF, a ciascun consiglio dell’ordine territoriale spetta un voto per ogni cento iscritti o frazione di cento, fino a duecento iscritti; un voto ogni duecento iscritti fino a seicento iscritti; un voto ogni trecento iscritti da seicento iscritti in poi (art. 11, D.Lgs. Lgt. 23/11/1944, n. 382).

In caso di parità di voti l’art. 11 richiama l’art. 5 per cui è preferito il candidato più anziano per iscrizione nell’albo dei cassazionisti (vedasi Cons. Stato, n. 741/1971) e tra coloro che abbiano pari anzianità di iscrizione il maggiore di età (art. 11, D.Lgs. 23/11/1944, n. 382).

La disciplina di cui alla proposta di legge all’esame del Senato:

L’art. 34 della proposta di riforma forense, intitolato, “Durata e composizione”, prevede che

1. Il CNF, previsto e disciplinato dagli articoli 52 e seguenti del regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 gennaio 1934, n. 36, e dagli articoli 59 e seguenti del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37, ha sede presso il Ministero della giustizia e dura in carica quattro anni. I suoi componenti non possono essere eletti consecutivamente più di due volte nel rispetto dell’equilibrio tra i generi. Il Consiglio uscente resta in carica per il disbrigo degli affari correnti fino all’insediamento del Consiglio neoeletto.

2. Le elezioni per la nomina dei componenti del CNF non sono valide se non risultano rappresentati entrambi i generi.

3. Il CNF è composto da avvocati aventi i requisiti di cui all’articolo 38. Ciascun distretto di corte d’appello in cui il numero complessivo degli iscritti agli albi è inferiore a diecimila elegge un componente. Risulta eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti. Non può appartenere per più di due mandati consecutivi allo stesso ordine circondariale il componente eletto in tali distretti. Ciascun distretto di corte di appello in cui il numero complessivo degli iscritti agli albi è pari o superiore a diecimila elegge due componenti; in tali distretti risulta primo eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti, secondo eletto chi abbia riportato il maggior numero di voti, garantendo la rappresentanza tra i generi, tra gli iscritti ad un ordine circondariale diverso da quello al quale appartiene il primo eletto. In tutti i distretti, il voto è comunque espresso per un solo candidato. In ogni caso, a parità di voti, è eletto il candidato più anziano di iscrizione. Le elezioni per la nomina dei componenti del CNF devono svolgersi nei quindici giorni prima della scadenza del Consiglio in carica. La proclamazione dei risultati è fatta dal Consiglio in carica, il quale cessa dalle sue funzioni alla prima riunione del nuovo Consiglio convocato dal presidente in carica.

4. A ciascun consiglio spetta un voto per ogni cento iscritti o frazione di cento, fino a duecento iscritti; un voto per ogni successivi trecento iscritti, da duecentouno fino ad ottocento iscritti; un voto per ogni successivi seicento iscritti, da ottocentouno fino a duemila iscritti; un voto per ogni successivi mille iscritti, da duemilauno a diecimila iscritti; un voto per ogni successivi tremila iscritti, al di sopra dei diecimila.

5. Il CNF elegge il presidente, due vicepresidenti, il segretario ed il tesoriere, che formano il consiglio di presidenza. Nomina inoltre i componenti delle commissioni e degli altri organi previsti dal regolamento.

6. Si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo luogotenenziale 23 novembre 1944, n. 382, per quanto non espressamente previsto.

b) – attribuzioni giurisdizionali aggiuntive del CNF: ANCHE LA “PROVVISTA DI GIURISDIZIONE” DEL CNF VIENE INCREMENTATA DALLA PROPOSTA DI LEGGE APPROVATA DALLA CAMERA IL 31 OTTOBRE 2012. ANCHE CIO’ RENDE IL CNF NUOVO GIUDICE SPECIALE SU UNA CERTA MATERIA, IN CONTRASTO COL DIVIETO COSTITUZIONALE DI ISTITUIRE NUOVI GIUDICI SPECIALI.

Il Tar Lombardia, Sez. Milano, con sentenza n. 823/2012, ha ribadito i limiti attuali della giurisdizione del Consiglio Nazionale Forense. In particolare si legge, tra l’altro, in sentenza: “In via pregiudiziale, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo. E’ noto che i Consigli dell’ordine degli avvocati, nell’adempimento dei compiti loro demandati dalla legge quali enti pubblici esponenziali, svolgono una attività di natura amministrativa ed in ragione di detta natura l’impugnativa dei provvedimenti e degli atti da essi emessi rientrano nella giurisdizione attribuita all’autorità giudiziaria amministrativa.

A detta giurisdizione si sottraggono, per essere affidati a quella esclusiva del Consiglio nazionale forense, secondo le previsioni del R.D.L. n. 1578 del 1933, soltanto i ricorsi avverso: a) i provvedimenti adottati in materia di iscrizioni e cancellazioni dagli albi; b) le decisioni assunte all’esito dei procedimenti disciplinari; c) le deliberazioni del Comitato per la tenuta dell’albo speciale degli avvocati ammessi al patrocinio innanzi alle giurisdizioni superiori ed i reclami contro: d) i risultati delle elezioni dei Consigli dell’ordine; e) il diniego di rilascio del certificato di compiuta pratica; f) i conflitti di competenza tra Consigli territoriali. Orbene, come recentemente precisato dalla Suprema Corte di Cassazione, in tale elencazione, di cui l’art. 54, R.D.L. cit., e il d.lgs. CPS. maggio 1947, n. 597, art. 3, sottolineano la tassatività, non è compresa l’impugnativa delle delibere ricognitive e degli atti esecutivi dell’obbligo imposto dai Consigli dell’Ordine dal R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 46, di dare comunicazione alle autorità ed enti in esso indicati della radiazione degli avvocati dagli albi professionali o della loro sospensione dall’esercizio della professione. In definitiva, il sindacato sulla legittimità dell’atto impugnato non si sottrae alla giurisdizione de giudice amministrativo, ancorché sia stato censurato sotto il profilo della carenza del presupposto della esecutività della decisione del Consiglio nazionale forense (cfr. Cassazione civile , sez. un., 15 dicembre 2008 n. 29293, alla cui stregua “le delibere dei Consigli degli ordini degli avvocati che dispongono dar corso alle comunicazioni previste dal R.D.L. n. 1578 del 1933, art. 46, non costituiscono pronunce rese in materia disciplinare nei confronti degli avvocati e la loro impugnazione, al pari di quella delle comunicazioni che ne seguono rientra conseguentemente nella giurisdizione del giudice amministrativo e non del Consiglio nazionale forense”)”.

Ebbene, l’art. 37 del progetto di legge di riforma forense approvato dalla Camera il 31 ottobre 2012, al suo comma 2, stabilisce: “I provvedimenti del CNF su impugnazione di delibere dei Consigli distrettuali di disciplina hanno natura di sentenze“.

I provvedimenti dei Consigli distrettuali di disciplina non erano certo sino ad oggi soggetti alla giurisdizione precostituzionale del CNF (per il semplice fatto che non esistevano tali consigli distrettuali di disciplina).

La novità della attribuzione di giurisdizione è evidentemente incostituzionale e, se confermata dal Senato, impedirà la promulgazione dell’eventuale legge da parte del Presidente della Repubblica.

2) E’ ORMAI INCOSTITUZIONALE (PERCHE’ NON GARANTISCE IL LIVELLO ESSENZIALE DI TERZIETA’ DEL GIUDICE CNF) NON PREVEDERE -NELLA LEGGE DI RIFORMA CHE CONTINUI AD ATTRIBUIRE ALL’UNITARIO CNF SIA FUNZIONI AMMINISTRATIVE SIA FUNZIONI GIURISDIZIONALI- CHE I MEMBRI DEL CNF DEBBANO ESSER SOGGETTIVAMENTE DISTINTI IN DUE GRUPPI: QUELLI CHE SVOLGONO SOLTANTO LE FUNZIONI AMMINISTRATIVE DEL CNF, DA UNA PARTE, E QUELLI CHE SVOLGONO SOLTANTO LE FUNZIONI GIURISDIZIONALI DEL CNF, DALL’ALTRA.

E’ incostituzionale la permanente promiscuità di ruoli, di natura amministrativa e giurisdizionale, che i singoli consiglieri del CNF continuerebbero a rivestire. Tale promiscuità di ruoli è stata da ultimo ribadita dalla Commissione tributaria provinciale di Roma, con sentenza n. 325/2012, depositata l’8/10/2012, in tema di debenza, da parte degli avvocati non cassazionisti, del contributo al CNF per il funzionamento del medesimo come giudice e come amministratore incaricato della tenuta dell’albo dei cassazionisti. Scrive la Commissione tributaria: “… l’ammontare dei contributi da corrispondere al CNF non risultano in alcun modo, determinati dalla legge, né determinabili in base a parametri tecnici, né è dato ricavarne indicazioni dal costo del servizio che, per quanto attiene a quello svolto dal CNF, è un servizio indivisibile“.

Non si può, perciò, nemmeno sostenere che la proposta di legge di riforma forense realizzi quella revisione (CONFORME A COSTITUZIONE) del giudice speciale CNF richiesta dalla sesta disposizione transitoria e finale della Costituzione.

All’art. 37 del progetto di riforma forense (dedicato al funzionamento del CNF) non si prevede affatto una ripartizione delle funzioni disciplinari ed amministrative fra i consiglieri del Consiglio Nazionale Forense. Nemmeno si prevede che una tale separatezza soggettiva di compiti sia necessariamente stabilita con un successivo regolamento, magari adottato dal Consiglio Nazionale Forense, previo parere favorevole del Ministro della giustizia.

E’ però evidente che, a garanzia dell’indipendenza, autonomia e terzietà del giudice speciale C.N.F., è essenziale introdurre con legge una tale separatezza soggettiva, con l’individuazione dei soggetti chiamati a svolgere solo la funzione giurisdizionale e altri soggetti chiamati a svolgere solo le (molteplici e di grande portata economica) attività amministrative attribuite al CNF, le quali potrebbero (se non generare in concreto) di certo far sospettare sussistenti dei gravissimi conflitti di interesse.

Occorre sottolineare che il DPR 137/2012, di riforma delle professioni (compresa quella di avvocato, almeno fino a quando non sarà altrimenti regolata dala legge ora all’esame del Senato), all’art. 8, comma 8, ribadisce addirittura per i consigli nazionali non giurisdizionali di tutte le professioni l’incompatibilità tra funzioni amministrative e funzioni disciplinari. Dispone, in particolare, il citato comma 8 dell’art. 8 del DPR 137/2012: “I consiglieri dei consigli nazionali dell’ordine o collegio che esercitano funzioni disciplinari non possono esercitare funzioni amministrative. Per la ripartizione delle funzioni disciplinari e ammnistrative tra i consiglieri, in applicazione di quanto disposto al periodo che precede, i consigli nazionali dell’ordine o collegio adottano regolamenti attuativi, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del presente decreto, previo parere favorevole del ministro vigilante“.

Occorre pure ricordare che il Consiglio di Stato, con parere 3169/2012 (reso sullo schema di D.P.R. di riforma delle professioni, poi divenuto DPR 137/2012 e col quale pure deve coordinarsi l’eventuale legge di riforma forense), ha chiarito che è urgente anche (a maggior ragione, si dovrebbe dire) per il giudice speciale CNF l’introduzione di garanzie di terzietà e differenziazione soggettiva tra titolari del potere amministrativo e titolari del potere giurisdizionale in materia di disciplina. Ha, in particolare, raccomandato il Consiglio di Stato al Governo di “intraprendere successivamente le idonee iniziative legislative per attuare i principi della riforma anche con riferimento alla composizione dei consigli nazionali con natura giurisdizionale“. Con ciò il Consiglio di Stato ha evidenziato al Governo l’urgenza di intervenire in via legislativa perchè (se proprio non si vuole abbandonare la c.d. “giurisdizione domestica” del CNF, chioserei) il “trattamento giurisdizionale” della disciplina e della tenuta degli albi non può certo essere meno garantista del “trattamento amministrativo” della disciplina (quello che la proposta di riforma forense vorrebbe realizzare innanzi ai futuri organi separati di disciplina: i c.d. Consigli distrettuali di disciplina).

Ebbene, si tratta di garanzie che il progetto di riforma forense nel testo approvato dalla Camera il 31 ottobre 2012 non realizza affatto con riguardo ai molteplici (incrementati) compiti dell’unitario CNF. Sono, peraltro, garanzie essenziali alla funzione giurisdizionale e la loro mancata previsione integra gravissima e evidentissima incostituzionalità del progetto di riforma forense.

Per concludere si può accennare a due ulteriori ragioni di incostituzionalità della proposta di legge di riforma forense, forse meno evidenti ma non certo meno gravi:

1) la configurazione d’una tutela giurisdizionale dell’avvocato in tema di disciplina e di tenuta degli albi troppo debole nella sua articolazione innanzi al CNF e alle SS.UU. della Cassazione (l’avvocato, infatti, può far valere argomenti fondamentali a sua difesa solo innanzi al giudice speciale C.N.F., senza un giudizio d’appello e con limitati spazi per il ricorso in Cassazione- vedi Cass. SS.UU. 19705/2012) ;

2) il mantenimento d’una giurisdizione speciale in capo a soggetto unitario il cui potere d’amministratore viene enormemente ampliato. Altrimenti detto: se pure non si cambiassero le regole di nomina e durata del CNF, rimanendo dunque in vigore quelle ancor oggi vigenti; se pure non si attribuisse al CNF nuova giurisdizione sui provvedimenti dei nuovi Consigli territoriali di disciplina; se pure si prevedesse una rigida separatezza di funzioni tra consiglieri del CNF incaricati di funzioni giurisdizionali e consiglieri incaricati di funzioni amministrative; ciò non basterebbe comunque per ritenere che il CNF, quale ente pubblico non economico con rappresenzanza istituzionale degli avvocati che lo eleggono e sono destinatari della sua pervasiva azione amministrativa, possa ancora riconoscersi “giudice” in un ordinamento che asserisce d’aver ripudiato il corporativismo fascista. La attribuzione al CNF della qualità di giudice speciale con una certa “provvista di giurisdizione” poteva, infatti, ritenersi giustificata dalla sopravvivenza, sino ad oggi, d’un ordinamento complessivo precostituzionale della professione forense ma non può certo sopravvivere ancora nel momento in cui l’ordinamento forense viene rinnovato integralmente. La giurisdizione speciale del CNF (che, a rigore, ben prima delle altre peculiarità del c.d. “ordinamento forense” sarebbe dovuta cadere coll’entrata in vigore della Costituzione repubblicana) non può certo essere l’unica cosa che resta in piedi della regolazione corporativa fascista della professione di avvocato.

Perelli Maurizio

Scrivi un commento

Accedi per poter inserire un commento