Riforma delle professioni e parametri: formalizzate le impugnative

Redazione 16/11/12
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Anna Costagliola

Il Consiglio Nazionale Forense ha formalizzato le impugnative avverso la riforma degli ordinamenti professionali (D.P.R. 137/2012) e i nuovi parametri per i compensi professionali (D.M. 140/2012).
Numerosi i vizi dedotti a proposito del D.P.R. 137/2012, adottato dal Governo sulla base delle disposizioni di cui all’art. 3, co. 5, D.L. 138/2011. Si denuncia, in particolare, come norme nate come previsioni di principio non immediatamente cogenti siano state poi disinvoltamente riqualificate dal legislatore come «norme generali regolatrici della materia» ai sensi e per gli effetti dell’art. 17, co. 2, L. 400/1988. Si tratta, infatti, di disposizioni di rango primario del tutto inidonee, per la loro genericità, a consentire un esercizio del potere regolamentare autorizzato conforme alle regole sul riparto delle fonti, tanto da generare vizi di legittimità costituzionale che il Collegio difensivo non ha mancato di eccepire.

In ogni caso, il D.P.R. 137/2012 presenta innumerevoli vizi autonomi e non ripetuti dalla fonte primaria, che integrano altrettanti motivi di ricorso: tra essi la manifesta violazione di legge occorsa in relazione al regolamento sulla formazione permanente, che il D.L. 138/2011 affida all’autonomia delle categorie (regolamenti dei CN) mentre il D.P.R. 137/2012 sposta di fatto in capo al Ministro della giustizia con la previsione di un parere vincolante.

Più in generale, l’intero impianto del regolamento si considera viziato per avere mancato di esercitare correttamente il potere normativo autorizzato: invece che fornire la disciplina delle materie delegificate, l’atto demanda tale disciplina a successivi regolamenti sostanzialmente ministeriali (è sempre previsto un parere vincolante del Ministro) spostando di fatto dal Consiglio dei ministri al Ministro la responsabilità di dettare le regole professionali, in violazione del principio delegatus delegari non potest.

In CNF ha poi precisato in un comunicato stampa come sia stato altresì necessario impugnare il D.M. 140/2012 recante i nuovi parametri per la determinazione dei compensi professionali, non avendo avuto alcun seguito le interlocuzioni avviate dal Ministero della giustizia: a settembre, il Ministro aveva convocato i rappresentanti dei CN di tutte le professioni per ascoltare rilievi e criticità, dicendosi disponibile a valutare eventuali correttivi. Il CNF aveva presentato un corposo documento recante le richieste di modifica di un atto complessivamente punitivo nei confronti della categoria, ma nessuna ulteriore notizia è pervenuta da Via Arenula.

Tra i vizi dedotti a proposito del D.M. 140/2012, uno dei principali riguarda la totale soppressione della voce «spese generali» che le vecchie tariffe determinavano nel 12,5% e che componeva in realtà una terza voce della parcella, oltre a diritti ed onorari, da corrispondere comunque. Più in generale, poi, si profila un eccesso di potere per sviamento nella parte in cui l’atto comporta una sensibile riduzione dei compensi professionali senza che al riguardo alcuna autorizzazione fosse stata data al Ministro dalla fonte primaria (art. 9, D.L. 1/2012). Ritiene l’Avvocatura che, se non è dato rintracciare alcuna motivazione circa il modo in cui si è arrivati alla fissazione degli importi, è tuttavia evidente ictu oculi che l’operazione complessiva compiuta dall’ufficio legislativo del Ministero si sia incentrata sull’abbattimento sistematico dei valori di cui alle precedenti tariffe forensi del 2004. Un abbattimento immotivato, ingiustificato e del tutto incoerente con gli obbiettivi del provvedimento, che consistono in una semplificazione del sistema in funzione di una maggiore trasparenza, non certo in una mortificazione del reddito degli avvocati.

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