Riforma del Senato, in aula il 10 dicembre

Redazione 26/11/14
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Il d.d.l. riforme torna nel vivo dell’esame alla Camera. Gli emendamenti della minoranza Pd

Tratto da www.lagazzettadeglientilocali.it

Dopo l’approvazione del testo da parte del Senato, avvenuta l’8 agosto 2014, è attualmente in corso di esame alla Camera d.d.l. riforme, anche detto d.d.l. Boschi, cioè il disegno di legge costituzionale (A.C. 2613 e abb.) che riforma il Senato e modifica il Titolo V della Parte seconda della Costituzione, oltre a contenere la soppressione di ogni riferimento alle province nella Costituzione e l’abolizione del Cnel.

Dopo la presentazione degli emendamenti, circa mille, ieri la Commissione Affari costituzionali della Camera ha deciso il timing dei lavori nel corso dell’ufficio di presidenza convocato per le 14.45 per portare, questo l’obiettivo legge di stabilità permettendo, il provvedimento in aula il 10 dicembre.

Delle modifiche depositate, secondo quanto si apprende, il governo è disponibile ad accogliere quelle presentate dal gruppo del Partito democratico che prevedono: l’ampliamento della platea per l’elezione il presidente della Repubblica, ampliamento che prevede anche il ripristino della partecipazione dei delegati regionali; l’innalzamento del quorum per l’elezione del capo dello Stato passando dalla maggioranza assoluta prevista dal testo Senato dopo il nono scrutinio ai 3/5 dei votanti dal sesto scrutinio; la semplificazione del procedimento legislativo non basandolo più sulla distinzione per materia.
Anche la parte riguardante il giudizio preventivo di legittimità costituzionale delle leggi elettorali potrebbe essere modificato con l’innalzamento rispetto al testo approvato in Senato da 1/3 a 1/5.

Nessuna possibilità invece per gli emendamenti a firma della minoranza Pd, tra cui quello che vorrebbe il nuovo Senato a modello del Bundesrat tedesco.
Nel ‘pacchetto Bundesrat‘, così viene definito dalla minoranza, viene previsto che “il Senato della Repubblica concorre, nei casi e secondo modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa ed esercita funzioni di raccordo tra l’Unione europea, lo Stato e gli altri enti costitutivi della Repubblica. Esprime pareri sulle nomine di competenza del governo nei casi previsti dalla legge”.
La proposta chiede anche di cambiare la composizione del Senato: quindi sempre 100 senatori – come previsto ora dal testo arrivato dal Senato – ma che rappresentino solo le Regioni e non più anche i sindaci. Rimangono i 5 membri nominati dal capo dello Stato. La proposta prevede anche l’innalzamento del tetto minimo dei senatori: non meno di 3 (e non 2) per Regione. 
“Fanno parte del Senato – si legge ancora nell’emendamento – i presidenti delle Giunte regionali, e i presidenti delle Province autonome di Trento e di Bolzano.Ciascuna Giunta regionale designa, tra i propri componenti, gli altri Senatori ad essa spettanti. I senatori possono farsi rappresentare da altri componenti della medesima Giunta. La delega vale per la singola seduta e può essere rinnovata”. E ancora: “I membri del Senato – si legge – rappresentano la Regione o la Provincia autonoma nella quale sono stati eletti. I membri della Camera dei Deputati rappresentano la nazione ed esercitano le loro funzioni senza vincolo di mandato”.

Anche Rosy Bindi ha presentato un emendamento alle riforme costituzionali che rilancia l’impostazione di un Senato eletto direttamente dai cittadini in concomitanza delle elezioni regionali.
Lo ha detto la stessa Bindi ad un cronista alla Camera.
L’emendamento stabilisce che al momento delle elezioni regionali i cittadini possano votare in un listino a parte i consiglieri regionali che poi diventeranno senatori.
«Non ci saranno costi aggiuntivi», ha osservato Bindi, «dato che gli eletti saranno consiglieri regionali, ma con il vantaggio di essere scelti dai cittadini».
Per l’ex presidente del Pd le recenti elezioni delle province «dimostrano che l’elezione di secondo grado sono un pasticcio».

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