Ricostruzione del nesso causale: si applica criterio dello scopo della norma violata

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La Cassazione, con sentenza n. 8429 del 28 marzo 2024, chiarisce il criterio di ricostruzione del nesso causale, almeno in ambito legale, anche se i principi richiamati possono essere di aiuto nella comprensione dei fenomeni oltre la sfera processuale.

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Corte di Cassazione – Sez. III Civ. – Sent. n.8429 del 28/03/2024

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Indice

1. Il caso

In seguito ad un incidente stradale, un uomo riporta delle lesioni, viene sottoposto ad un intervento chirurgico e a cinque trasfusioni di sangue, all’esito delle quali, a distanza di anni, scopre di aver contratto l’epatite da virus HCV. L’uomo chiama in giudizio il proprietario del veicolo su cui era trasportato al fine di ottenere il risarcimento del danno. Secondo la sua ricostruzione, il sinistro è causa dell’evento dannoso, in quanto, in mancanza di esso, egli non sarebbe stato sottoposto all’emotrasfusione infetta.
Nelle sue difese, il danneggiato ricorda un precedente di legittimità (Cass. 6023/2001) reso in una fattispecie del tutto analoga, in base al quale il rapporto causale tra l’evento (l’epatite) e l’ultimo fattore di una serie causale (la trasfusione) non esclude la rilevanza di quelli anteriori (l’incidente).
Il sinistro stradale può considerarsi in rapporto causale con il danno patito dall’uomo?

2. Ricostruzione del nesso causale: la decisione della Corte

La Corte di Cassazione, Sezione III, con la sentenza 28 marzo 2024, n. 8429 risponde negativamente. Non sussiste il rapporto di causalità fra l’evento dannoso costituito dall’epatite C, contratta per le emotrasfusioni effettuate in seguito alle lesioni riportate in un sinistro stradale, e la condotta colposa di chi abbia violato le regole sulla circolazione stradale.
Nella ricostruzione del rapporto eziologico occorre avere riguardo al criterio dello scopo della norma violata.
Nel caso di specie, il sinistro è stato provocato dalla violazione delle norme della circolazione stradale e tali norme sono volte ad evitare scontri tra veicoli, l’incidente, pertanto, rappresenta un mero antecedente del fatto ma non ne costituisce la causa.
Infatti, deve escludersi che l’epatite C, contratta a causa di trasfusioni effettuate in seguito al sinistro, rappresenti la concretizzazione del rischio che la regola violata mira ad evitare.
L’attore ha chiamato in giudizio il proprietario del mezzo (ex art. 2054 c. 3 c.c.) ma, secondo i giudici, andava esclusa la responsabilità del conducente del veicolo (poi deceduto); inoltre, la causa della patologia andava ricercata nelle emotrasfusioni e non nell’incidente.
In altre parole, la malattia non rientrava in una delle conseguenze ordinarie di un sinistro stradale il quale, al contrario, rappresentava un mero antecedente temporale.
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3. Il precedente di legittimità (Cass. 6023/2001): il concorso di cause

L’accertamento della sussistenza del nesso eziologico è un giudizio di fatto rimesso all’apprezzamento del giudice di merito (Cass. 14358/2018) e, in sede di legittimità, è possibile verificare se il giudicante abbia rispettato la disciplina normativa sul rapporto causale tra condotta e danno (Cass. 21772/2019). Il ricorrente lamenta proprio la suddetta violazione. Egli contesta la decisione gravata sostenendo che l’emotrasfusione non possa considerarsi come causa esclusiva della patologia, atteso che, in assenza del sinistro, essa non sarebbe avvenuta e, in tal senso, invoca un precedente di legittimità in base al quale era stato riconosciuto il nesso eziologico in una fattispecie analoga (Cass. 6023/2001).
Secondo la sua ricostruzione, gli antecedenti in mancanza dei quali l’evento non si sarebbe verificato vanno considerati come causa. L’unica eccezione è l’ipotesi in cui la causa sopravvenuta sia imprevedibile ed eccezionale.
Secondo la pronuncia del 2001, il rapporto causale tra l’evento (l’epatite) e l’ultimo fattore di una serie causale (la trasfusione) non esclude la rilevanza di quelli anteriori (l’incidente stradale).
Il rapporto di causalità può instaurarsi anche con gli antecedenti causali con un solo limite: l’idoneità della causa successiva ad essere da sola sufficiente a cagionare il danno, per la sua eccezionalità.
Per la Corte in questo caso la questione da risolvere non è se l’epatite provocata dalla trasfusione fosse una conseguenza “normale” discendente da un incidente stradale, ma se l’epatite sia una conseguenza “regolare” nel caso in cui le lesioni prodotte dall’incidente richiedano di eseguire sull’infortunato interventi chirurgici e trasfusione di sangue.
Questo precedente fa riferimento al concorso di cause e ritiene che il nesso eziologico tra la causa antecedente e l’evento venga interrotto solo dal sopravvenire di un evento assolutamente anormale ed eccezionale rispetto all’ordinario svolgersi della catena causale.
In quel caso, il giudice di merito aveva ritenuto che l’epatite non costituisse un esito anomalo ma un rischio insito nelle trasfusioni ed un evento che ne consegue con una determinata regolarità. Infatti, l’epatite rappresenta una conseguenza prevedibile di una trasfusione di sangue.
Per tali ragioni, in quel precedente, è stato ritenuto sussistente il nesso di causalità tra l’evento (epatite da trasfusioni) e l’incidente stradale nel quale le lesioni prodotte avevano richiesto di eseguire sull’infortunato un intervento chirurgico a cui erano seguite le trasfusioni infette.

4. Il criterio dello scopo della norma violata

La Corte considera infondata la doglianza del danneggiato.
Il ricorrente censura la decisione gravata chiedendo il riconoscimento del nesso eziologico. Pertanto, la vicenda può essere esaminata da un punto di vista più ampio rispetto al concorso di cause a cui si riferisce il precedente del 2001.
Secondo la giurisprudenza penale in tema di nesso causale la violazione della regola cautelare da parte del soggetto agente deve aver provocato la realizzazione del rischio che la norma voleva prevenire.
Può ravvisarsi la colpa dell’agente non per qualsiasi evento realizzatosi, ma solo per quello che sia causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare (Cass. Pen. 30985/2019; Cass. Pen. 40050/2018; Cass. Pen. 35585/2017; Cass. Pen. 1819/2015).
Il criterio dello scopo della norma violata utilizzato in ambito penale rappresenta un’integrazione della regola sul nesso causale anche in sede civile (Cass. SS. UU. 13246/2019).
Quando il fatto illecito consiste nella violazione di regole di condotta, preordinate ad evitare un determinato rischio, la responsabilità si estende solo agli eventi dannosi che costituiscano la realizzazione del rischio per il quale la condotta è vietata.
Il divieto di una certa condotta presuppone l’individuazione della sequenza causale che conduce all’evento che si vuole evitare.
L’illecito colposo derivante dalla violazione della regola cautelare stabilisce così un peculiare nesso fra colpa ed evento.
In caso di colpa specifica, il giudice deve verificare se l’evento dannoso abbia realizzato il rischio per evitare il quale è stata posta la regola violata e se l’evento dannoso sarebbe stato evitato tenendo la condotta alternativa lecita.
Le stesse valutazioni valgono anche per la colpa generica ma, in tale circostanza, la regola di condotta non è preesistente rispetto all’illecito, ma viene ricostruita ex post, partendo dalla fattispecie concreta e valutando se l’evento di danno si ponga quale esito di una sequenza eziologica regolare, che l’agente avrebbe potuto e dovuto prevedere ed evitare.
A norma dell’articolo 43 c.p. la colpa generica consiste nella violazione dei generali doveri di prudenza e diligenza, mentre la colpa specifica consiste nella violazione di leggi, regolamenti, ordini e discipline.

5. Nel caso concreto

Alla luce di quanto sopra esposto, deve escludersi che l’epatite C, contratta a causa di trasfusioni effettuate in seguito ad un sinistro, rappresenti la concretizzazione del rischio che la regola violata mirava ad evitare. Infatti, l’osservanza delle regole della circolazione stradale non mira ad evitare la contrazione dell’infezione.
La violazione della regola di circolazione stradale non costituisce una causa in senso tecnico: occorre applicare il criterio dello scopo della norma violata e l’emotrasfusione risulta estranea al comportamento prescritto dalla regola cautelare.
La valutazione su cosa sarebbe accaduto nel caso in cui fosse stata tenuta la condotta alternativa lecita va effettuata non rispetto all’evento estraneo alla regola cautelare (in questo caso, l’emotrasfusione infetta) ma a quello che essa voleva evitare (ossia lo scontro tra i veicoli).

6. Oltre la sentenza

La sentenza in commento è particolarmente interessante perchè chiarisce il criterio di ricostruzione del nesso causale, almeno in ambito legale, anche se i principi richiamati possono essere di aiuto nella comprensione dei fenomeni oltre la sfera processuale.
In questo senso è evidente che se volessimo ricostruire una catena causale all’infinito “sarebbe di tutto e in tutto colpa del big-bang”, ma questo ci aiuta poco.
In ambito legale è particolarmente rilevante non solo inquadrare e definire con precisione la causa rilevante nell’intera causale, ma anche più in generale questa catena a ritroso dove debba iniziare/terminare (a seconda della linea del tempo scelta).
Se come ho sostenuto in incipit vogliamo ragionare extra lite il principio enunciato pone elementi sicuramente di chiarezza e maggiore certezza del diritto in tema di una corretta ricostruzione (dove ex ante, dove ex post) del nesso causale.
Come abbiamo visto infatti in caso di colpa specifica, il giudice deve verificare se l’evento dannoso abbia realizzato il rischio per evitare il quale è stata posta la regola violata e se l’evento dannoso sarebbe stato evitato tenendo la condotta alternativa lecita.
Le stesse valutazioni valgono anche per la colpa generica ma, in tale circostanza, la regola di condotta non è preesistente rispetto all’illecito, ma viene ricostruita ex post, valutando se l’evento di danno si ponga quale esito di una sequenza eziologica regolare, che l’agente avrebbe potuto e dovuto prevedere ed evitare.
Uscendo come detto dall’ambito processuale (che per inciso estende in questa sede un ragionamento penalistico alla ricostruzione di un fatto in sede civile) va rilevato come l’esigenza di identificare criteri chiari per la definizione di una “sequenza eziologica” esula dalla sfera meramente giuridica.
Nei ragionamenti di tutti i giorni, su quasi tutte le questioni, ci poniamo il problema di quale sia la causa di un fenomeno o di un fatto o di un evento storico. In tutti questi casi è facile che il dibattito ed il confronto si perdano in una lunga catena che ha sempre meno un rapporto eziologico diretto e immediato e si protrae alla ricerca di antecedenti e cause (apparenti) tese maggiormente a sostenere una posizione (politica, ideologica, di opinione personale) più che un nesso effetti e diretto.
Spesso abbiamo le spiegazioni semplici corrono in sostegno del nostro bisogno di ricercare una causa per un fenomeno: una causa cui dare la colpa; e se questa “non è sufficiente” o viene contestata si procede a ritroso.
Pensiamo ai conflitti bellici, in cui spesso arriviamo a fatti di alcuni secoli fa. Pensiamo ad alcune patologie. Pensiamo alle nostre opinioni personali su fatti politici e accadimenti personali.

Michele Di Salvo

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