Riconoscimento delle sentenze penali di condanna negli spazi UE

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L’esecuzione penale nell’UE: il reciproco riconoscimento delle sentenze penali di condanna negli spazi comunitari dopo quattordici anni dalla decisione quadro 2008/909/GAI del Consiglio europeo.

Indice

1. Considerazioni generali

Col decreto legislativo del 7 settembre 2010, nr.161 l’ordinamento giuridico italiano si è conformato alla Decisione Quadro 2008/909/GAI – del 27 novembre 2008, dunque esattamente quattordici anni fa – relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento alle sentenze penali, che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale, ai fini della loro esecuzione nell’Unione Europea[1].
Nell’ambito delle disposizioni di principio, vengono esaltati i limiti in cui tali norme non sono incompatibili con i principi supremi dell’ordinamento costituzionale in tema di diritto fondamentali, nonché in tema di libertà e di giusto processo.
Concetti chiave del d. lgs. nr.161 sono innanzitutto quelli di sentenza di condanna e di persona condannata. Mentre quest’ultima è la persona fisica nei cui confronti è stata pronunciata una sentenza di condanna, la medesima è una decisione definitiva emessa da un organo giurisdizionale di uno Stato membro UE con la quale vengono applicate, anche congiuntamente, una pena o una misura di sicurezza nei confronti di una persona fisica.
Con la parola pena si intende qualsiasi pena detentiva, di durata limitata o illimitata, irrogata con una sentenza di condanna a causa di un reato e a seguito di un procedimento penale; per contro, misura di sicurezza è qualsiasi misura personale detentiva di durata come quella della pena applicata con una sentenza di condanna, a causa e a seguito rispettivamente di un reato e di un procedimento penale.
Fondamentali i concetti di Stato di emissione e di Stato di esecuzione. Il primo è lo Stato membro in cui viene emessa la sentenza di condanna; il secondo è quello Stato membro al quale è trasmessa la sentenza medesima, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione.
Il riconoscimento è il provvedimento pronunciato dall’autorità competente dello Stato esecutivo, con il quale si consente di eseguire nello stesso una sentenza di condanna, pronunciata dall’A.G. dello Stato emittente.
Cardini della normativa in materia sono quelli relativi all’autorità competente e alle procedure attive o passive di riconoscimento. Per quanto concerne il primo aspetto definitorio l’Italia designa come autorità competenti il ministero della giustizia e le autorità giudiziarie; la designazione avviene nell’ambito dell’articolato legislativo del decreto legislativo nr.161.
In estrema sintesi, il ministero della giustizia provvede alla trasmissione e alla ricezione delle sentenze e del relativo certificato, nonché della corrispondenza ufficiale ad esse relativa[2].
Sempre nei limiti indicati dal d. lgs. nr.161, è consentita la corrispondenza diretta tra le autorità giudiziarie. In tale caso l’A.G. italiana competente informa immediatamente il ministero della giustizia della trasmissione o della ricezione di una sentenza di condanna.
La dicotomia trasmissione all’estero/trasmissione dall’estero è focale per l’intero sistema. La prima è la procedura con cui una sentenza di condanna pronunciata in Italia è trasmessa a un altro Stato membro UE, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione in detto Stato. Il secondo sintagma normativo, allude alla procedura con sui è trasmessa in Italia, ai fini del suo riconoscimento e della sua esecuzione, una sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro dell’UE
Sulla dicotomia trasmissione all’estero/trasmissione dall’estero si forma l’intero articolato normativo del decreto legislativo nr.161/2010[3].

2. L’attuazione attiva del riconoscimento

La trasmissione all’estero è disposta sempre che ricorrano le condizioni di emissione disciplinate dal decreto legislativo nr. 161. Essa è disposta dal pubblico ministero presso il giudice indicato all’art.665[4] c.p.p., per quanto attiene all’esecuzione delle pene detentive; dal pubblico ministero individuato ai sensi dell’art.658[5] c.p.p., per quanto attiene all’esecuzione di misure di sicurezza personali detentive.
La trasmissione all’estero è disposta all’atto dell’emissione dell’ordine di esecuzione, ovvero quando l’ordine è già stato eseguito in un qualsiasi momento successivo, non oltre la data in cui la residua pena o misura di sicurezza da scontare è inferiore a 6 mesi.
L’A.G. competente dispone la trasmissione, se non ricorre una causa di sospensione dell’esecuzione e quando ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni:
l’esecuzione della pena o delle misure di sicurezza all’estero ha lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata;
il reato per il quale è stata emessa la sentenza di condanna è punito con una pena massima di durata non inferiore a 3 anni;
la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di esecuzione;
la persona condannata non è sottoposta ad altro procedimento penale o non sta scontando un’altra sentenza di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza, salvo diverso parere dell’A.G. competente per il procedimento penale in corso o per l’esecuzione.
La trasmissione all’estero è disposta verso lo Stato membro UE di cittadinanza della persona condannata in cui quest’ultima vive, ovvero verso la Stato membro UE di cittadinanza della persona condannata in cui quest’ultima sarà espulsa, una volta dispensata dall’esecuzione della pena o della misura di sicurezza a motivo di un ordine di espulsione o di allontanamento inserito nella sentenza di condanna, o in una decisione giudiziaria o amministrativa o in qualsiasi altro provvedimento adottato, in seguito alla sentenza di condanna ovvero verso lo Stato membro dell’UE che ha consentito alla trasmissione[6].
L’autorità giudiziaria competente procede alla trasmissione all’estero d’ufficio o su richiesta della persona condannata o dello Stato di esecuzione. Se la persona condannata si trova nel territorio dello Stato l’A.G. procede alla trasmissione all’estero, solo dopo averla sentita. Comunque, prima di procedere alla trasmissione all’estero, l’A.G., anche tramite il ministero della giustizia, consulta l’autorità competente dello Stato di esecuzione.
La consultazione è finalizzata ad un quadruplice ordine di esigenze. In primo luogo verificare che l’esecuzione all’estero favorisca il reinserimento sociale; in secondo luogo comunicare il parere espresso dal condannato; in terzo luogo acquisire il consenso dello Stato di esecuzione e, in quarto luogo, conoscere le disposizioni applicabili nello Stato di esecuzione, in materia di liberazione anticipata o condizionale.
Allorquando ricorre l’ipotesi dello Stato membro unionale consenziente alla trasmissione, quest’ultima è disposta previa acquisizione del consenso medesimo; la trasmissione è disposta sempre previa acquisizione del consenso del condannato.
Nell’ambito del procedimento di trasmissione all’estero rileva evidenziare che il provvedimento con cui è disposta la trasmissione all’estero, deve contenere l’indicazione dello Stato esecutivo. Di esso è data in ogni caso comunicazione all’interessato, mediante notifica di un atto contenente taluni specifici requisiti capitolati nella Decisione Quadro.[7]
Il provvedimento è trasmesso, unitamente alla sentenza di condanna e al certificato debitamente compilato, al ministero della giustizia che provvede all’inoltro, con qualsiasi mezzo che lasci una traccia scritta, all’autorità competente dello Stato di esecuzione, previa traduzione del testo del certificato.
Se la traduzione del certificato non è necessaria, ovvero se a questa provvede l’A.G., il provvedimento può essere trasmesso direttamente all’autorità competente nello Stato di esecuzione. In tale ultimo caso esso è altresì trasmesso per conoscenza al ministero della giustizia. La sentenza e il certificato sono trasmessi in originale o in copia autentica allo Stato di esecuzione che ne fa richiesta.
L’autorità giudiziaria sospende la trasmissione quando sopravviene una causa di sospensione dell’esecuzione e può revocare il provvedimento quando, prima dell’inizio dell’esecuzione all’estero, sia venuta meno una delle condizioni su scrutinate.
Della sospensione e della revoca è data comunicazione all’interessato, al ministero della giustizia, all’autorità competente dello Stato di esecuzione in uno ai motivi determinanti[8].
La persona condannata che si trova nel territorio dello Stato, anche se detenuta, è trasferita nello Stato di esecuzione entro 30 giorni dalla data in cui la decisione definitiva dello Stato sul riconoscimento della sentenza di condanna è comunicata al guardasigilli che provvede a informarne l’A.G. che ha disposto la trasmissione al servizio per la cooperazione internazionale di polizia del ministero dell’interno.
Il ministero della giustizia e l’autorità competente per lo Stato di esecuzione, possono concordare il trasferimento in un termine più breve. Se il trasferimento non è possibile per circostanze imprevedibili nei termini suindicati, il ministero della giustizia ne informa immediatamente l’autorità competente dello Stato di esecuzione e il servizio di polizia suindicato, concordando una nuova data per il trasferimento. In tale caso il trasferimento avviene entro i 10 giorni successivi alla nuova data concordata.
Salvo il caso di evasione della persona condannata, non si procede all’esecuzione in Italia dopo che questa ha avuto inizio nello Stato di esecuzione.
Se successivamente al trasferimento lo Stato di esecuzione chiede che la persona trasferita sia perseguita, condannata o altrimenti privata della libertà personale per un reato commesso anteriormente al suo trasferimento diverso da quello per cui la stessa è stata trasferita, sulla richiesta provvede la Corte di appello del distretto dell’A.G. competente. A tal fine la Corte verifica che la richiesta dello Stato di esecuzione, contenga le informazioni previste dall’art.26, co.3 della legge nr.69 del 2005[9].
Il consenso è dato quando il reato per il quale è richiesto, permette il trasferimento ai sensi delle disposizioni sulle condizioni per il riconoscimento disciplinate dal d. lgs. nr.161. Per contro la Corte negherà il consenso, allorquando ricorreranno anche uno solo dei motivi di rifiuto del riconoscimento disciplinati dal medesimo decreto.
Se ai fini del trasferimento verso la Stato di esecuzione è necessario che la persona condannata transiti sul territorio di un altro Stato membro, la relativa richiesta – cosiddetta richiesta di transito – è formulata dal ministero della giustizia.
Nell’ambito della procedura di trasmissione all’estero è altresì prevista la fattispecie di arresto provvisorio. L’autorità giudiziaria competente, se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione, può chiederne l’arresto provvisorio o l’adozione nei suoi confronti di ogni altro provvedimento idoneo ad assicurare la permanenza nel territorio di quello Stato, in attesa del riconoscimento.

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Compendio di Diritto dell’Unione europea

Il volume risponde all’esigenza di disporre di un testo di rapida consultazione in cui reperire le principali fonti del diritto dell’Unione europea. In particolare, l’opera esamina le disposizioni espresse dai Trattati e affronta il ruolo delle singole istituzioni dell’Unione. Ampio spazio è dedicato ai profili evolutivi dell’integrazione europea, alla natura dell’Unione europea e ai rapporti tra il diritto dell’Unione e il diritto nazionale, ripercorrendo il percorso interpretativo offerto dalla Corte di giustizia. Viene trattata anche la materia della tutela dei diritti umani in ambito europeo e vengono affrontate le principali politiche dell’Unione. Sono analizzati vari aspetti operativi che consentono di ottenere informazioni pratiche sulle diverse tipologie di procedure che si svolgono dinanzi agli organi giurisdizionali dell’Unione. È presente un glossario utile per disporre di una rapida panoramica della materia.  Andrea Sirotti GaudenziÈ avvocato e docente universitario. Svolge attività di insegnamento presso vari Atenei e centri di formazione. È responsabile scientifico di alcuni enti, tra cui l’Istituto nazionale per la formazione continua di Roma e ADISI di Lugano. Direttore di collane e trattati giuridici, è autore di numerosi volumi, tra cui «I ricorsi alla Corte europea dei diritti dell’uomo», «Il nuovo diritto d’autore», «Manuale pratico dei marchi e brevetti», «Trattato pratico del risarcimento del danno», «Codice della proprietà industriale». Magistrato sportivo, attualmente è presidente della Corte d’appello federale della Federazione Ginnastica d’Italia. I suoi articoli vengono pubblicati da diverse testate. Collabora stabilmente con «Guida al Diritto» del Sole 24 Ore.

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3. L’attuazione passiva del riconoscimento

La procedura passiva – trasmissione dall’estero – non può essere autorizzata senza la decisione favorevole della Corte di appello.
La competenza a decidere sul riconoscimento e sull’esecuzione appartiene, nell’ordine, alla Corte di appello nel cui distretto la persona condannata ha la residenza, dimora o il domicilio nel momento in cui il provvedimento è trasmesso all’autorità giudiziaria[10].
Quando la richiesta di trasmissione dall’estero ha per oggetto una sentenza di condanna che deve essere eseguita in Italia nei riguardi di più persone e, non è possibile determinare la competenza nei termini su indicati, è competente la Corte di appello del distretto in cui hanno residenza, dimora o domicilio il maggior numero delle persone; se anche in tale modo non è possibile determinarla, la competenza si appartiene alla Corte distrettuale romana. In caso di arresto della persona condannata la competenza, invece, appartiene alla Corte di appello del distretto in cui l’arresto è avvenuto.
La Corte riconosce la sentenza di condanna emessa in un altro Stato membro UE ai fini della sua esecuzione in Italia, nella ricorrenza di un quintuplice ordine di circostanze: ad esempio che la persona condannata abbia cittadinanza italiana; che la medesima vi risieda, dimori o domicili nel territorio dello Stato; che la stessa si trovi o in territorio dello Stato o in quello di emissione; che il condannato presti il proprio consenso alla trasmissione.
Il procedere della Corte di appello al riconoscimento vuole la ricorrenza congiunta di almeno quattro condizioni. Se la Corte ritiene di poter procedere al riconoscimento parziale ne informa immediatamente, anche tramite il ministero della giustizia, l’autorità competente dello Stato di emissione e concorda con questa le condizioni del riconoscimento e dell’esecuzione parziale, purché tali condizioni non comportino un aumento della durata della pena. In mancanza di accordo il certificato s’intende ritirato.
Se la durata o la natura della pena applicata con la sentenza di condanna sono incompatibili con quelle previste in Italia per reati simili, la Corte procede al loro adattamento[11].
Fondamentale in materia di riconoscimento passivo è la fattispecie sulle deroghe alla doppia punibilità. Si fa luogo al riconoscimento, indipendentemente dalla doppia incriminazione, se il reato per il quale è chiesta la trasmissione è punito nello Stato di emissione con una pena detentiva o una misura privativa della libertà personale della durata massima non inferiore a 3 anni sola o congiunta alla pena pecuniaria; in tal caso la Corte competente accerta la corrispondenza tra la definizione dei reati per i quali è richiesta la trasmissione, secondo la legge dello Stato emittente, e le fattispecie medesime.
Il procedimento di attuazione passiva del riconoscimento della sentenza penale di condanna segue scansioni tutto sommato tradizionali.
Allorquando il guardasigilli riceve da un altro Stato membro UE, ai fini dell’esecuzione in Italia, una sentenza di condanna corredata dal certificato tradotto in lingua italiana, la trasmette senza ritardo al presidente della Corte di appello competente.
In caso di incompletezza del certificato, di sua manifesta difformità rispetto alla sentenza di condanna o comunque quando il suo contenuto sia insufficiente per decidere sull’esecuzione della pena o della misura, la Corte può formulare richiesta allo Stato di emissione di trasmettere nuovo certificato o la traduzione in lingua italiana della sentenza di condanna o di parti essenziali della stessa. A tale scopo fissa un termine congruo.
Se lo Stato di emissione ha chiesto l’arresto della persona condannata, in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna, il ministero della giustizia ne dà altresì comunicazione al servizio per la cooperazione internazionale di polizia del ministero dell’Interno, trasmettendoli copia della documentazione disponibile.
La Corte di appello decide con sentenza in camera di consiglio sull’esistenza delle condizioni per l’accoglimento anche parziale della richiesta sentiti il procuratore generale, il difensore e la persona condannata, anche ai fini dell’acquisizione del consenso al trasferimento, ove non dato in precedenza. Al procedimento si applicano le disposizioni dell’art.702[12] c.p.p.
La decisione deve essere emessa entro il termine di 60 giorni dalla data in cui la Corte di appello ha ricevuto la sentenza di condanna, trasmessa nelle forme e nei modi indicati. Ove per eccezionali circostanze sia ravvisata l’impossibilità di rispettare tale termine, il presidente della Corte ne informa dei motivi il guardasigilli, che dispone darsi comunicazione allo Stato emittente. In tal caso il termine è prorogato di 30 giorni.
Della sentenza è data, al termine della camera di consiglio, lettura immediata; la lettura equivale a notificazione alle parti, anche se non presenti, che hanno diritto a ottenere copia del provvedimento.
Quando la Corte di appello pronuncia sentenza di riconoscimento, la trasmette al procuratore generale per l’esecuzione. Quando la decisione è contraria al riconoscimento la Corte di appello con la sentenza, revoca immediatamente le misure cautelari applicate. La sentenza della Corte di appello è soggetta a ricorso per Cassazione[13].
La sentenza della Corte di appello divenuta irrevocabile è immediatamente comunicata al ministero della giustizia, che provvede a informare le competenti autorità dello Stato membro di emissione e il servizio per la cooperazione internazionale di polizia del ministero dell’interno.
Se il riconoscimento è negato perché la sentenza di condanna deve essere eseguita in un altro Stato membro, la medesima è trasmessa anche tramite il ministero della giustizia allo Stato di esecuzione ritenuto competente.
Vi sono ovviamente motivi di rifiuto del riconoscimento espressamente fissati dalla legge. A parte l’incompletezza o la non corrispondenza del certificato di corredo alla sentenza possiamo citare il caso del ne bis in idem, il caso in cui è stata pronunciata in Italia sentenza di NLP, il caso di una pena prescritta per la legge italiana, la sussistenza di una causa di immunità riconosciuta dall’ordinamento italiano, che rende impossibile l’esecuzione della pena.
Tra i motivi di rifiuto del riconoscimento si pensi al caso della pena irrogata nei confronti di una persona che alla data di commissione del fatto non era imputabile per età secondo la legge italiana; ovvero ancora il caso della sentenza di condanna che si riferisce a reati i quali in base alla legislazione italiana sono considerati commessi per intero o in parte all’interno del territorio dello Stato o in altro luogo a questo equiparato[14].
Le disposizioni sui motivi di rifiuto del riconoscimento ad opera della Corte di appello in materia di sentenza di condanna si applicano, in quanto compatibili, anche alla sentenza con cui è applicata una misura di sicurezza.
Se l’autorità competente dello Stato di emissione ne ha fatto richiesta, la Corte di Appello su domanda del procuratore generale può disporre una misura personale coercitiva nei confronti della persona condannata che si trovi nel territorio dello Stato, allo scopo di assicurare la sua permanenza nel territorio e in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna[15].
Il sistema della procedura passiva di riconoscimento tiene conto delle implicazioni dell’arresto ad opera della polizia giudiziaria (art.15 del decreto legislativo nr.161 cit.), dell’esecuzione conseguente al riconoscimento (ex art.16 decreto cit.), dei provvedimenti adottati dallo Stato di emissione (art.17 decreto cit.).
Resta il principio in virtù del quale la persona trasferita in Italia per l’esecuzione della condanna, non può essere sottoposta a un procedimento penale né privata della libertà personale in esecuzione di una pena o di una misura di sicurezza, né altrimenti assoggettata ad altra misura privativa della libertà personale per un reato commesso anteriormente al trasferimento, diverso da quello per cui la stessa è stata trasferita (cd. principio di specialità).

4. Note conclusive

Come appare chiaro dal contenuto delle pagine che precedono il decreto legislativo nr.161 del 7 settembre 2010 conforma, secondo i consueti canoni tradizionali, il diritto europeo in termini di adeguamento alle Decisioni Quadro, funzionali a uno spazio europeo comune in tema di giustizia.
La dicotomia trasmissione all’estero (artt.4/8) trasmissione dall’estero (artt.9/19), nella sua articolazione strutturale e funzionale non pregiudica, comunque, gli obblighi internazionali dello Stato italiano quando la persona condannata deve essere trasferita da o verso uno Stato terzo.
Il sistema normativo in materia è un sistema ormai collaudato; plurime sono le Decisioni Quadro attuate nel nostro Paese col modello normativo del decreto legislativo.
Più si elaboreranno congegni giuridici funzionali alla ricerca di una comune area europea più si ridurranno le distanze tra i Paesi membri della comunità unionale[16].

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Andrea Sirotti Gaudenzi | Maggioli Editore 2021

  1. [1]

    Con questo fondamentale provvedimento legislativo – 161/2010 – si completa il quadro dei principali provvedimenti europeistici in materia di cooperazione penale. Lo avevamo anticipato – vedi S. Ricchitelli, L’euro protezione della vita, dell’integrità fisiopsichica, della dignità, della libertà personale e dell’integrità sessuale dei cittadini comunitari. Lo stato dell’arte sull’attuazione della direttiva UE del 2011 nel nostro Paese, www.diritto.it del 25/11/2022, Maggioli, in particolare la nota nr.20 recante: <<Schema generale che è riproposto anche per quanto concerne la fase esecutiva della pena sulla quale ci sia consentito di far rinvio al nostro scritto in materia di prossima pubblicazione>>.
    [2] Il dicastero della giustizia cura altresì la trasmissione e la ricezione delle informazioni ai sensi dell’art.20 del d. lgs. nr.161 in rassegna.
    [3] Seguendo, come già da chi scrive più volte sottolineato, le scansioni dell’attività attiva e dell’attività passiva nell’ambito dei rapporti internazionali ed europeistici. Su tale connotazione della transnazionalità legislativa vedi, quali scritti recenti, per tutti S. Ricchitelli, L’eurodiritto investigativo. Lo stato dell’arte sugli strumenti di indagine esperibili dai Paesi membri dell’Unione Europea, www.diritto.it del 14/11/2022, Maggioli; S. Ricchitelli, L’euro protezione della vita, dell’integrità fisiopsichica, della dignità, della libertà personale e dell’integrità sessuale dei cittadini comunitari. Lo stato dell’arte sull’attuazione della direttiva UE del 2011 nel nostro Paese, www.diritto.it del 25/11/2022, Maggioli,
    [4] C.p.p. Art. 665. Giudice competente: 1. Salvo diversa disposizione di legge, competente a conoscere dell’esecuzione di un provvedimento è il giudice che lo ha deliberato. 2. Quando è stato proposto appello, se il provvedimento è stato confermato o riformato soltanto in relazione alla pena, alle misure di sicurezza o alle disposizioni civili, è competente il giudice di primo grado; altrimenti è competente il giudice di appello. 3. Quando vi è stato ricorso per cassazione e questo è stato dichiarato inammissibile o rigettato ovvero quando la Corte ha annullato senza rinvio il provvedimento impugnato, è competente il giudice di primo grado, se il ricorso fu proposto contro provvedimento inappellabile ovvero a norma dell’art.569, e il giudice indicato nel comma 2 negli altri casi. Quando è stato pronunciato l’annullamento con rinvio, è competente il giudice di rinvio. 4. Se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi da giudici diversi, è competente il giudice che ha emesso il provvedimento divenuto irrevocabile per ultimo. Tuttavia, se i provvedimenti sono stati emessi da giudici ordinari o giudici speciali, è competente in ogni caso il giudice ordinario. 4-bis. Se l’esecuzione concerne più provvedimenti emessi dal tribunale in composizione monocratica e collegiale, l’esecuzione è attribuita in ogni caso al collegio.
    [5] C.p.p. Art. 658. Esecuzione delle misure di sicurezza ordinate con sentenza: 1. Quando deve essere eseguita una misura di sicurezza, diversa dalla confisca, ordinata con sentenza, il pubblico ministero presso il giudice indicato nell’art.665 trasmette gli atti al pubblico ministero presso il magistrato di sorveglianza competente per i provvedimenti previsti dall’art.679. Le misure di sicurezza di cui sia stata ordinata l’applicazione provvisoria a norma dell’art. 312 sono eseguite dal pubblico ministero presso il giudice che ha emesso il provvedimento, il quale provvede a norma dell’art. 659 co. 2.
    [6] È sempre richiesto il consenso della persona condannata per la trasmissione verso uno degli Stati membri UE che acconsentono alla trasmissione salvo che si tratti dello Stato dove la persona condannata è fuggita o è altrimenti ritornata a motivo del procedimento penale o a seguito della sentenza di condanna. Il consenso alla trasmissione deve esser espresso dalla persona condannata personalmente e per iscritto.
    [7] Se la persona condannata si trova nello Stato di esecuzione l’atto indicato nel testo è trasmesso, anche tramite, il ministero della giustizia all’autorità competente dello Stato di esecuzione perché provveda alla notifica.
    [8] In caso di mancanza di riconoscimento della sentenza di condanna il ministero della giustizia all’A.G. che ha emesso il provvedimento di trasmissione all’estero.
    [9] Si tratta della legge sul MAE sulla quale ci sia consentito di rinviare al nostro lavoro: S. Ricchitelli, La collaborazione interstatuale nella lotta contro il crimine nel quadro della cooperazione europea in materia penale nel primo ventennio del XXI° secolo, Gazzetta Forense nr.6, Giapeto, Napoli, 2020.
    [10] Se la competenza non può essere determinata nei modi indicati nel testo è competente la Corte di appello di Roma.
    [11] La durata e la natura della pena, come anche la misura di sicurezza, adattate non possono essere inferiore alla pena o alla misura di sicurezza previste dalla legge italiana per reati simili né più gravi di quelle applicate dallo Stato di emissione con la sentenza di condanna. La pena detentiva e la misura di sicurezza restrittiva della libertà personale non possono essere convertite in pena pecuniaria.
    [12] C.p.p. Art. 702. Intervento dello Stato richiedente: 1. A condizione di reciprocità, lo Stato richiedente ha la facoltà di intervenire nel procedimento davanti alla Corte di appello e alla Corte di Cassazione facendosi rappresentare da un avvocato abilitato al patrocinio davanti all’autorità giudiziaria italiana.
    [13] Si applicano in materia per espressa previsione legislativa le disposizioni della legge 69 del 2005 sul MAE. Su di essa vedi amplius S. Ricchitelli citato in nota nr.9.
    [14] Su tale particolare aspetto ci sia consentito rinviare al nostro studio sul diritto internazionale penale S. Ricchitelli, Fondamenti di diritto internazionale penale (D.I.Pe). Definizione, oggetto, partizione della materia, La Nuova Mezzina, Molfetta, 2016.
    [15] La Corte di appello decide con ordinanza motivata a pena di nullità. Le misure coercitive non possono essere disposte se vi sono ragioni per ritenere che sussistono cause ostative al riconoscimento. Entro 5 giorni dall’esecuzione delle misure si deve procedere da parte del presidente o del magistrato delegato a sentire la persona sottoposta alla misura custodiale. Informandola in una lingua alla stessa conosciuta della richiesta di trasmissione della sentenza di condanna ai fini della sua esecuzione in Italia.
    [16] Quanto detto nel testo non toglie efficacia all’assunto in virtù del quale il quadrifoglio – MAE, OEI, OPE, riconoscimento esecutivo – resta la piattaforma normativa più pregnante dell’intero sistema europeo elaborato in materia di cooperazione penale transnazionale.

Emanuela Pezone

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