Revoche testamentarie e principio di scissione tra documento e documentazione

Jacopo Alcini 27/07/20
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Sommario: 1. Il caso di specie 2. Sulle revoche del testamento 3. Sulla cancellazione di testamento in particolare 4. Riflessioni conclusive

1. Il caso di specie

Una succinta analisi delle problematiche giuridiche evidenziate dalla Suprema Corte impone preliminarmente la ricostruzione della vicenda oggetto di causa. All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale riteneva che i due testamenti, rispettivamente del 1975 e del 1987, fossero stati revocati dall’ereditando con testamento olografo datato 14 aprile 2001, successivamente barrato e annullato dallo stesso autore. Per il giudice di prime cure, la cancellazione di quest’ultimo non avrebbe tolto efficacia alla revoca in esso contenuta ai sensi dell’art. 683 c.c. Contro la sentenza veniva proposto appello, all’esito del quale la Corte territoriale, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava la reviviscenza dei testamenti del 1975 e del 1987. A giudizio dei giudici meneghini, l’art. 683 c.c., riferendosi a cause di inefficacia esterne alla volontà del testatore, non potrebbe essere esteso fino a ritenere che la revoca stessa resti efficace anche in caso di volontaria cancellazione del testamento olografo successivo, con la conseguente applicabilità degli artt. 681 e 684 c.c. Per effetto della cancellazione del testamento olografo del 14 aprile 2001, la Corte territoriale statuiva la reviviscenza delle schede testamentarie antecedenti, rispettivamente del 1975 e del 1987. Avverso tale statuizione, veniva proposto ricorso per Cassazione, sostenendo che la Corte di appello non avesse fatto buon governo delle norme codicistiche, in quanto l’art. 683 c.c. avrebbe dovuto essere interpretato nel senso che l’effetto revocatorio dell’ultimo testamento rispetto al precedente sarebbe dovuto rimanere fermo, fatta salva comunque la revoca del medesimo. La Suprema Corte non ha condiviso questa tesi, confermando la sentenza impugnata. Per gli ermellini l’art. 683 c.c. non trova applicazione in caso di cancellazione del testamento olografo. Infatti, la nozione di inefficacia  del testamento successivo contemplata dall’art. 683 c.c., anche se suscettibile di estensione a ipotesi diverse da quelle contemplate nella norma, può ricorrere solo quando la nuova disposizione attributiva non abbia effetto per ragioni attinenti all’onorato (ossia per ragioni esterne alla volontà del de cuius) e non in situazioni diverse. Il fatto che il testamento posteriore venga barrato nella sua interezza e quindi a sua volta revocato, fa si che la fattispecie concreta vada ricondotta dapprima all’art. 684 c.c. e poi all’art. 681 c.c. Ne deriva che la cancellazione del testamento olografo configuri un comportamento concludente avente valore legale, riconducibile in via presuntiva al testatore (negozio di attestazione). Si tratterebbe, quindi, di revoca tacita, estranea al campo applicativo dell’art. 683 c.c., ma riconducibile nell’alveo dell’art. 681 c.c. (revocazione della revocazione). Quindi la revocazione mediante cancellazione del testamento olografo, contenente a sua volta una revocazione, ha per effetto la rimozione della revoca con efficacia retroattiva ed automatica. Né varrebbe a negare l’ammissibilità di una revoca tacita insita nella cancellazione del testamento olografo, l’argomentazione secondo cui l’art. 681 c.c. impone la revoca con forma espressa della revoca precedente, con la conseguenza che la revoca tacita, ossia la cancellazione o la distruzione, sia inidonea a determinare la reviviscenza delle disposizioni revocate. A giudizio della Cassazione, quindi, l’art. 681 c.c. impone la forma espressa per le sole revoche diverse dalla soppressione (cancellazione, distruzione o lacerazione) ovvero alterazione del documento e la cancellazione del testamento olografo, se operata dal testatore intenzionalmente, elide la  revoca di altra pregressa disposizione testamentaria, che rivive automaticamente.

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  1. Sulle revoche del testamento

Stante il decisum degli ermellini, ci si interroga sulla correttezza della ricostruzione operata dai medesimi. Certamente la fattispecie in esame si colloca tra quelle che attenuano il principio della revocabilità del testamento. Il punto di partenza da cui è indispensabile avviare l’analisi riguarda la revoca in generale e quella testamentaria in particolare.

In riferimento al primo aspetto, si ribadisce l’assenza di un quadro unitario in materia di revoca[1]. Nell’assenza di una definizione normativa, pare doversi far riferimento all’oggetto della stessa, vale a dire l’atto giuridico[2]. Sul punto è nata una controversia in dottrina riguardante le implicazioni di tale assunto. In base al primo orientamento minoritario[3], la revoca farebbe venir meno gli effetti già prodotti (fatto estintivo) ovvero impedirebbe il verificarsi di qualche presupposto necessario per il prodursi di tali effetti (fatto impeditivo). Tuttavia, la revoca in senso proprio riguarda atti che non abbiano ancora prodotto i propri effetti, escludendo così l’ipotesi che possa assumere la connotazione di fatto estintivo, né tantomeno configurarsi come fatto impeditivo, non essendo configurabile quale mancato presupposto di efficacia previsto dalla legge[4]. Considerare la revoca come ipotesi di invalidità successiva[5], implicherebbe inquadrare la volontà espressa come requisito di validità permanente, anziché limitato alla fase formativa dell’atto[6].

Per la seconda opinione[7], invece, la revoca agisce direttamente sull’atto revocato, facendone venir meno non la validità o l’efficacia, bensì la sua stessa giuridicità[8].

Quanto alla revoca testamentaria, si tratta di un atto giuridico unilaterale, secondo taluni mortis causa[9], secondo altri inter vivos[10], costituito dalla dichiarazione di volontà del testatore, volta ad eliminare o modificare le disposizioni a contenuto patrimoniale e non (ad eccezione del riconoscimento del figlio), accessorio (perché subordinato all’esistenza di un altro atto), formale, revocabile, personale (che dunque non consente l’ambasceria, né la rappresentanza, nemmeno nel caso dell’alienazione della cosa legata, dal momento che la procura riguarda il negozio di alienazione e non quello di revoca) e non recettizio[11].

Essa può essere perfezionata in forma espressa ovvero tacita. La prima si configura con la dichiarazione del testatore di voler revocare in tutto o in parte le disposizioni anteriori mediante nuovo testamento olografo ovvero con atto ricevuto da notaio alla presenza di due testimoni. La revoca tacita[12], invece, costituisce un’eccezione al principio della formalità espressa. Essa può risultare soltanto da atti o fatti tipici (artt. 682[13], 684[14], 685 e 686[15] c.c.) successivi all’olografo ed incompatibili con almeno una clausola testamentaria precedente[16]. In ogni caso, l’effetto revocatorio del nuovo testamento dipende dalla sua validità e non dalla sorte della delazione. Ai fini della revoca appare, dunque, irrilevante che l’erede o il legatario non abbiano potuto o voluto accettare l’eredità o il legato. L’art. 683 c.c. non si configura come revoca tacita, ma disciplina soltanto le conseguenze risultanti da un testamento posteriore inefficace[17]. La nozione di inefficacia insita nella norma in questione non ha natura tassativa[18] e, benché sia estensibile anche ad ipotesi non contemplate, può ricorrere solo quando la nuova disposizione attributiva non abbia effetto esclusivamente per ragioni riguardanti l’onorato[19].

Ai sensi dell’art. 682 c.c.[20], un nuovo testamento successivo che non revochi espressamente la revoca, annulla il precedente solo per le disposizioni con esso incompatibili[21]. Quest’ultimo potrà revocare tacitamente il testamento contenente il negozio revocatorio, senza conferire efficacia alle disposizioni revocate, che potranno perciò essere riprodotte oppure richiamate esplicitamente a prescindere dal testamento revocato[22]. I criteri per verificare la presenza di disposizioni del primo testamento con quelle di un secondo testamento sono due: incompatibilità oggettiva (nel caso di impossibilità materiale di dare esecuzione simultanea ad una o più disposizioni contenute nel testamento precedente)[23] e soggettiva (avuto riguardo alle circostanze si inferisce la volontà del testatore di revocare in tutto o in parte il testamento precedente)[24]. Dunque la semplice sopravvenienza di un testamento successivo non determina di per se stessa la revoca di quello precedente. Per questa ragione, si considera ammissibile la coesistenza di due o più testamenti appartenenti allo stesso autore, qualora non siano incompatibili ed anzi si completino a vicenda dando luogo ad una manifestazione di volontà unitaria.

La revocazione della revocazione (art. 681 c.c.) rientra nelle ulteriori tipologie di revoca[25]. Dal tenore letterale della norma si evince che la revoca di un testamento avviene soltanto con apposita dichiarazione e non mediante comportamento concludente. Ne deriva che la cancellazione dell’atto revocante non comporti la reviviscenza delle disposizioni revocate[26]. Pertanto, la cancellazione o la distruzione della revoca del testamento non comporterebbe la riviviscenza delle disposizioni revocate.

Peraltro, mentre è sempre ammessa la revoca espressa della revoca espressa, quanto alla revoca espressa di revoca tacita, essa sarebbe consentita nel caso in cui fosse stata attuata mediante un nuovo testamento incompatibile col precedente, essendo in tal caso sufficiente revocare il secondo testamento per far rivivere le disposizioni contenute nel primo. Qualora, invece, il testatore ritiri il proprio testamento segreto (art. 685 c.c.), non si avrebbe alcuna revoca tacita.

Più discussa è l’ipotesi in cui vi sia stata la distruzione del testamento olografo[27]. Si è infatti osservato[28] che la revoca espressa di tale revoca sarebbe inammissibile se il documento è venuto del tutto a mancare nella sua materialità. In tal modo, tuttavia, si confonde il documento contenente il testamento (che può sempre essere ricostruito ai sensi degli artt. 2725 e 2724 n. 3 c.c.) con il fatto storico della documentazione[29].

Al contrario, per la giurisprudenza[30] la cancellazione di un testamento revocante travolge anche la revoca ivi contenuta, ritenendo che l’art. 681 c.c. imponga la forma espressa per le sole revoche di revoca diverse dalla soppressione (distruzione, lacerazione o cancellazione) o alterazione del documento olografo, quali tipologie sui generis di revoca tacite idonee a “smascherare” documentalmente la precedente revoca. Ne consegue la considerazione secondo cui l’art. 681 c.c. conchiuderebbe sia la revoca espressa che quella tacita e dunque il testamento originariamente revocato, per effetto della rimozione della revoca operata dalla cancellazione del documento revocante, viene – nelle vesti di novello Lazzaro – miracolosamente riesumato[31].

La Suprema Corte ha anche affermato che ove la revoca del testamento sia inserita in un testamento posteriore, contenente disposizioni attributive, non è sufficiente la successiva generica revoca di quest’ultimo perché possa ritenersi revocata anche la revoca in esso contenuta[32]. In tal caso, rimane dubbio se l’intenzione del revocante sia stata quella di morire intestato ovvero far rivivere le precedenti disposizioni testamentaria, trovando applicazione l’art. 681 c.c.

Secondo parte della dottrina, la revoca della revoca costituisce una conferma ex art. 590 c.c. del testamento a suo tempo revocato. Si tratterebbe di un testamento per relationem[33] (relatio formale), perché chi revoca la revoca non fa altro che disporre attualmente delle proprie sostanze nello stesso modo in cui ne aveva disposto a suo tempo nel testamento revocato[34]. Pertanto, il de cuius predisporrebbe un nuovo testamento attributivo del proprio patrimonio, richiamando il contenuto del testamento revocato, che tornerebbe così ad avere vigenza con efficacia ex nunc.

Tuttavia, tale tesi non può essere condivisa, essendo evidente la ontologica diversità che intercorre tra i due istituti[35]. In entrambi l’ordinamento riconosce la possibilità di far salva la volontà testamentaria, ma nella conferma questa possibilità è concessa ai superstiti, i quali possono mantenere fermo il testamento, ancorché nullo, mentre nella revoca della revoca vi è un atto personale del testatore, per il quale non è consentita né la rappresentanza né l’ambasceria. Inoltre, mentre la conferma riguarda un testamento valido, la revoca della revoca deve riguardare un atto necessariamente valido. Quest’ultima ha per scopo non l’attribuzione dei beni, ma soltanto l’eliminazione degli effetti della revoca precedente. Il titolo su cui si fonda la delazione non è quindi un nuovo testamento con cui si confermano le precedenti disposizioni revocate, bensì l’originario testamento, le cui disposizioni, ancorché viziate, tornano ad esplicare efficacia una volta eliminata la revoca[36].

3. Sulla cancellazione di testamento in particolare

Secondo i giudici di piazza Cavour, la cancellazione della scheda testamentaria dà luogo a un comportamento concludente qualificabile come negozio giuridico di attuazione[37], o meglio negozio tacito di una volontà presunta[38]. Si tratta di una presunzione relativa di revoca[39] del testamento, suscettibile di prova contraria[40]. Non sempre, infatti, la soppressione del documento[41], inteso come supporto materiale atto a veicolare la volontà del testatore, coincide con l’intenzione di revocarlo[42] (ad esempio se l’atto viene compiuto a seguito di minaccia oppure per errore[43]). In tal caso si può far valere il testamento sempre che si dia prova del contenuto del negozio e della sua regolarità formale. Parte della dottrina ritiene che la revoca sia un negozio di secondo grado avente i requisiti di capacità richiesti per il testamento[44].

Altri autori propendono per la revoca tacita come atto giuridico in senso stretto[45]. In particolare, si sostiene che la revoca intesa come negozio sia incompatibile con la predeterminazione legislativa circa il significato del comportamento e che tale meccanismo non risponderebbe a criteri di tipicità, bensì alla verifica in concreto circa l’esistenza effettiva dell’intento di revoca[46].

Secondo un orientamento ulteriore, infine, il testamento così soppresso sarebbe da ricondursi alla categoria dell’inesistenza[47].

Oltre che direttamente dal testatore, la cancellazione può essere materialmente effettuata da un terzo su incarico del testatore medesimo[48].

Ai sensi dell’art. 684 c.c. non si ha distruzione, lacerazione o cancellazione del testamento quando rimangono in vita disposizioni aventi senso logico e giuridico[49]. Inoltre, tale comportamento concludente spiega i suoi effetti non nei confronti di qualsiasi disposizione, ma solo verso quelle che il testatore ha la possibilità di revocare[50].

In particolare, la cancellazione lascia integra la scheda dal punto di vista materiale, corrompendone la scrittura. Diversamente dalle ipotesi di distruzione e lacerazione, la cancellazione riguarda i soli segni grafici contenuti nell’olografo e può attuarsi mediante molteplici modalità: tracciando linee in senso orizzontale su ogni riga, ovvero linee perpendicolari o trasversali sull’intero scritto (con una grande X, come nel caso di specie), con la raschiatura o l’abrasione della scheda testamentaria, ovvero la sovrapposizione di carta bianca nella parte che si intende occultare[51]. Secondo la dottrina sul punto, la cancellazione importerebbe revoca anche se fosse possibile leggere le disposizioni sulle quali è stata tracciata la linea[52]. Invece, qualora la cancellazione avesse ad oggetto soltanto parole prive di senso logico, ciò non lascerebbe desumere la volontà di revocare la precedente manifestazione di volontà[53], ma solo di rettificarne il contenuto.

Per la giurisprudenza[54] la parziale cancellazione della data e della sottoscrizione comporta la revoca totale dell’atto per mancanza dei requisiti negoziali richiesti ex lege[55] e qualora il testatore intendesse utilizzare lo stesso documento per confermare le disposizioni non cancellate o rendere efficaci ulteriori clausole aggiunte, dovrebbe apporre altra data e sottoscrizione affinché si perfezioni un nuovo testamento valido ed efficace.

Al contrario, la dicitura «annullato» posta in più punti della scheda non farebbe presumere l’esistenza di una revoca. A ragionare diversamente infatti, si farebbe riferimento a una revoca espressa, la quale però non può essere effettuata se non con successivo testamento o atto notarile[56].

4. Riflessioni conclusive

La Cassazione, sulla scia di un consolidato orientamento, qualifica coerentemente l’ipotesi di cancellazione del testamento posteriore come revoca tacita di una revoca espressa contenuta in un testamento precedente. Tuttavia, un primo aspetto che potrebbe mettersi in dubbio, anche se non è stato oggetto di giudizio, riguarda l’autenticità del segno X presente sul testamento. Ci si domanda cioè se la cancellazione sia stata opera del testatore ovvero di terzi. Solo nel primo caso, infatti, potrebbe esplicare efficacia revocatoria. Nella seconda ipotesi, invece, si applicherebbe la disciplina dell’indegnità e le sanzioni penali a tutela della libertà testamentaria, escludendo naturalmente l’effetto revocatorio.

La pronuncia in epigrafe conclude affermando che il testamento precedente riacquista vigore non in virtù dell’art. 683 c.c., bensì per il combinato disposto degli artt. 681 e 684 c.c.

Una tale argomentazione, tuttavia, oltre a forzare eccessivamente il dato normativo, risulta avulsa dalla prassi corrente in materia di olografo, che invece ammette la soppressione del documento da parte dell’autore (a seguito di errori o ripensamenti) senza efficacia giuridicamente rilevante[57]. Peraltro, secondo alcuni precedenti[58], la tassatività delle ipotesi di revoca del testamento olografo ex art. 684 c.c. non si estenderebbero alle modalità concrete con cui ciascuna di esse può essere realizzata, attesa la molteplicità e diversità dei mezzi atti a conseguire lo stesso risultato.

La prova che la cancellazione è opera di un terzo o che è stata fatta dal testatore senza l’intenzione di revocare le disposizioni contenute nella scheda testamentaria deve essere fornita da chi vi ha interesse[59]. Si tratta di un onere che può essere assolto ricorrendo alle deposizioni testimoniali[60], alle presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.[61] ed al giuramento sia decisorio che suppletorio[62], salvo il dolo o la colpa grave dell’erede in possesso della scheda[63]. La prova contraria alle presunzioni ex art. 684 c.c. comporta l’eseguibilità delle disposizioni testamentarie, purché sia possibile dimostrarne il contenuto, unitamente ai requisiti stabiliti dal legislatore[64].

Constatata l’ammissibilità della prova da parte del testatore della propria intenzione di non revocare il testamento (vale a dire la documentazione), ma solo di cancellare il documento[65], è necessario addivenire a conclusioni ulteriori rispetto alla mera alternativa, normativamente insussistente, tra cancellazione implicante revoca tacita della revoca precedente ovvero revoca espressa successiva della revoca anteriore. Restringendo l’ottica al testamento cancellato, sarà possibile distinguere ulteriormente la revoca del documento da quella della dichiarazione[66], senza che dalla prima discenda automaticamente la seconda.

Il documento dal punto di vista giuridico consente la formulazione di un giudizio circa l’esistenza di un fatto o di un atto[67]. Esso è caratterizzato da materia, mezzo e contenuto. La materia costituisce la res sulla quale un soggetto giuridico imprime segni o tracce, che in un momento successivo potranno rappresentare un atto o un fatto. Il mezzo può essere considerato sotto un duplice profilo: come modo di comunicazione, verbale (testo scritto) o figurativo (immagine), ovvero quale strumento con cui imprimere i segni rappresentativi (penna, matita e così via). Relativamente al contenuto, si distinguono i documenti dichiarativi (rappresentativi di quel particolare fatto-dichiarazione proveniente da chi lo ha formato) e narrativi (cioè i documenti non contenenti dichiarazioni, ma solo l’esposizione di un accadimento).

In relazione ai documenti dichiarativi, è particolarmente evidente la tendenza a confondere il documento con la documentazione. Mentre il documento è un bene corporale in grado di ricevere, conservare e trasmettere la rappresentazione di un fatto giuridico, la documentazione riguarda la rappresentazione dei fatti, cioè l’operazione necessaria per creare il documento, l’attività mediante la quale si manifesta una volontà[68]. Quest’ultima può essere posta in essere da notai o da altri pubblici ufficiali autorizzati ad attribuire pubblica fede al documento oppure direttamente dai privati (il documento in tale ipotesi può essere autografo ovvero eterografo). In buona sostanza, la documentazione attiene alla fase di formazione di un atto o, più in generale, al momento in cui si verifica l’accadimento di cui si vuole offrire una rappresentazione, mentre il documento costituisce la prova del fatto rappresentato, cioè il risultato dell’attività di documentazione. Se il documento è per sua natura transeunte, la documentazione, una volta compiuta, conserva sine die il rilievo attribuitole dalla legge[69]. Il documento potrà essere distrutto, ma ricorrendo all’art. 2724 n.3 c.c., sarà possibile ricostruire la forma ed il suo contenuto[70].

Conseguentemente, se la revoca riguarda la sola scheda testamentaria per le ragioni più disparate (ad esempio l’intenzione di utilizzare un supporto diverso, magari non utilizzato per sopravvenuto decesso, ovvero di agevolare l’apertura della successione legittima) a venir meno è soltanto il documento (inteso come veicolo di volontà) e non la documentazione (la volontà in senso proprio). Va da se che il fatto storico contenuto nell’atto non verrà eliminato, ma anzi potrà essere ricostruito indipendentemente dal “contenitore” espunto (principio di scissione tra documento e documentazione). Qualora la prova avente ad oggetto il contenuto disveli una revoca, ne seguiranno le relative conseguenze, altrimenti resterà fermo l’unico effetto di soppressione materiale della scheda, in ogni caso senza la riviviscenza di testamenti anteriori.

Nel caso in cui la revoca riguardi la sola dichiarazione (con effetto di “smascherare” il documento, che resta in piedi come un formale contenitore svuotato), invece, si configura una vera e propria revoca tacita della revoca espressa anteriore, con reviviscenza del testamento in precedenza revocato. Tale ultimo effetto non può discendere dalla prima fattispecie, perché per il principio descritto non si produce alcuna conseguenza giuridica oltre alla mera cancellazione della scheda, fatta salva la dimostrazione che vi sia stata l’intromissione di un terzo, diretta o indiretta (mediante coercizione del testatore), ovvero che il de cuius intendeva revocare sia il documento che la dichiarazione (ad esempio incollando le pagine del testamento in modo da renderlo illeggibile ed inutilizzabile).

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Note

[1] Salv. Romano, Revoca (Diritto privato), in Noviss. Dig. it., XV, 1968, p. 808 ss. M. Talamanca, Osservazioni sulla struttura del negozio di revoca, in Riv. dir. civ., 1964, p. 152.

[2] Sarebbero esclusi gli atti reali, le dichiarazioni di sentimento (Salv. Romano, La revoca degli atti giuridici privati, Padova, 1935, p. 151 ss. e p. 318 ss.), quelle di scienza (G. Giampiccolo, La dichiarazione recettizia, Milano, 1959, p. 198 ss. V. Panuccio, La confessione stragiudiziale, Milano, 1960, p. 33 ss.) e quelle non negoziali (Id., Le dichiarazioni non negoziali di volontà, Milano, 1966, p. 282 ss).

[3] Cfr. A. Fedele, La invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Torino, 1942, p. 141 ss. e p. 201 ss. C. M. Bianca, Diritto civile, La famiglia. Le successioni, 2, Milano, 1985, p. 633.

[4] P. Senofonte, Il fatto impeditivo, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, p. 1525 ss.

[5] R. Scognamiglio, Scritti giuridici, I, 1996, p. 198 ss. C. Donisi, In tema di nullità sopravvenuta del negozio giuridico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1967, p. 800 ss.

[6] R. Tommasini, Invalidità (dir. priv.), in Enc. dir., XXII, Milano, 1972, p. 593. Né più convincente appare il ricorso alla nozione di inefficacia successiva, «che incide sulla situazione effettuale, dopo che questa è sorta». Mentre la revoca in senso proprio può configurarsi solo rispetto ad atti che non abbiano ancora prodotto i loro effetti. Cfr. V. Scalisi, Inefficacia (dir. priv.), in Enc. dir., XXI, Milano, 1971, p. 328 ss.

[7] Cfr. G. Dejana, Contrarius consensus, in Riv. dir. priv., 1939, p. 106 ss. E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, II, Torino, 1952, p. 251 ss. L. Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1950, p. 673 ss. S. Puleo, I diritti potestativi, Milano, 1959, p. 111 ss. R. Scognamiglio, Contributo alla teoria del negozio giuridico, Napoli, 1969, p. 286. C. Varrone, Ideologia e dogmatica nella teoria del negozio giuridico, Napoli, 1972, p. 42 ss.

[8] Secondo G. Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, Milano, 1954, p. 76, «chi revoca il precedente negozio […] ripudia questo come espressione attuale della propria volontà, nega come più a sé imputabile il precetto di autonomia privata che vi si contiene», con la conseguenza che l’atto «è privato di un suo modo di essere di fronte al diritto […], perde il valore di fatto giuridico (negoziale) e si riduce alla semplice espressione del fatto storico di una dichiarazione non più giuridicamente imputabile al soggetto».

[9] A. Palazzo, A. Sassi, Trattato della successione e dei negozi successori, I, Padova, 2012, p. 400. R. Triola, Il testamento, Milano, 1998, p. 431.

[10] S. Pugliatti, Dell’istituzione di erede e dei legati, II, Firenze, 1941, p. 579. C. Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, II, Milano, 1964, p. 341. G. Azzariti, Le successioni e le donazioni, Padova, 1982, p. 582. Sulla natura della revoca si veda altresì le considerazioni di G. Perlingieri, La revocazione delle disposizioni testamentarie e la modernità del pensiero di Mario Allara. Natura della revoca, disciplina applicabile e criterio di incompatibilità oggettiva, in Rass. dir. civ., 3, 2013, p. 748 ss., che chiarisce come l’oggetto della revoca testamentaria, secondo Allara, sia al contempo l’atto ed il rapporto giuridico ad esso sotteso. Conseguentemente, la revoca assume una qualificazione plurima: dal punto di vista strutturale è un atto inter vivos (negozio accessorio di secondo grado che modifica la volontà attuale dell’autore ed ha ad oggetto il testamento come atto), mentre dal punto di vista funzionale è atto mortis causa (perché riguarda il rapporto sul quale incide l’efficacia impeditiva della revoca, che si esplica a partire dal momento dell’apertura della successione). L’autore ribadisce la necessità di individuare la disciplina applicabile attraverso l’esame delle singole e specifiche peculiarità afferenti al caso concreto.

[11] G. Capozzi, Successioni e donazioni, II, Milano, 2009, p. 984 ss.

[12] Configurabile anch’essa come negozio a causa di morte. Cfr. M. Talamanca, Successioni testamentarie, Bologna-Roma, 1976, p. 84 ss.

[13] M. Allara, La revocazione delle disposizioni testamentarie, Torino, 1951, p. 116 ss.

[14] R. Giampietraglia, La revoca testamentaria, I, Padova, 2010, p. 1199. A. Cicu, Testamento, Milano, 1951, p. 153 ss. In giurisprudenza, cfr. Cass., 6 maggio 1965, n. 834, in questa Rivista, 1965, I, p. 1325, secondo cui ciò non esclude, comunque, la varietà dei comportamenti e delle circostanze che in concreto possono condurre alla revoca, sempre che tali comportamenti possano sussumersi nello schema tipico di cui all’art. 684 c.c.

[15] G. Perlingieri, La revocazione delle disposizioni testamentarie e la modernità del pensiero di Mario Allara. Natura della revoca, disciplina applicabile e criterio di incompatibilità oggettiva, cit., p. 771. Cfr. anche V. Scalisi, La revoca non formale del testamento e la teoria del comportamento concludente, Milano, 1974, p. 119. G. Azzariti, Alienazione o trasformazione della cosa legata e revoca del legato, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1976, p. 1631. G. Stolfi, Questioni sulla revoca tacita del legato, in Riv. dir. civ., 1975, p. 208. M. Segni, Autonomia privata e valutazione legale tipica, Padova, 1972, p. 314. A. Scacchi, L’alienazione della cosa legata, in Riv. dir. civ., 2008, p. 425. M. Vietti, La revocazione del legato per alienazione della cosa legata, in Rass. dir. civ., 1983, p. 1070. G. Vidiri, Sulla revoca del legato per alienazione o trasformazione dell’oggetto, in Dir. e giur., 1974, p. 945. Sui rapporti tra art. 686 c.c. ed institutio ex re certa, cfr. S. Delle Monache, Revoca tacita dell’istituzione ex re certa, in Riv. dir. civ., 2008, p. 395 ss.

[16] A Palazzo, Le successioni, II, Milano, 2000, p. 820. Id., A. Sassi, Trattato della successione e dei negozi successori, I, cit., p. 403 ss. Cass., 26 novembre 1987, n. 8780, in Riv. not., 1988, p. 1397.

[17] Cfr. G. Musolino, Il testamento posteriore come fattispecie di revoca tacita, in Riv. not., 5, 2012, p. 1216 ss.

[18] Cass., sez. un., 1 luglio 1993, n. 7186, in Arch. civ., 1993, p. 1155.

[19] Cass., 7 febbraio 1987, n. 1260, in questa Rivista, 1987, I, p. 794, secondo cui un testamento che poi non abbia efficacia per ragioni attinenti all’onorato, se contiene revoca di altro precedente testamento, conserva il suo valore revocatorio. Se il testamento olografo, che revoca altro testamento olografo, sia poi revocato, riacquista valore ed efficacia il testamento originario.

[20] G. Musolino, Il testamento posteriore come fattispecie di revoca tacita, in Riv. not., 2012, p. 1216 ss.

[21] G. Giampiccolo, Su alcune figure di c.d. revoca tacita del testamento, in Riv. dir. civ., 1961, I, p. 527.

[22] Cass. 11 maggio 2009, n. 10800, in questa Rivista, 2010, I, p. 102.

[23] M. Allara, La revocazione delle disposizioni testamentarie, cit., p. 214 e p. 246 ss. G. Perlingieri, La revocazione delle disposizioni testamentarie e la modernità del pensiero di Mario Allara. Natura della revoca, disciplina applicabile e criterio di incompatibilità oggettiva, cit., p. 776 ss. L. Rossi Carleo, Una precisazione – che è quasi un revirement – in tema di incompatibilità tra successive disposizioni testamentarie, in Giur. it., 1982, I, 1, p. 1533.

[24] C. Giannattasio, Delle successioni, Torino, 1964, p. 350.

[25] G. Azzariti, La revocazione delle disposizioni testamentarie, VI, Torino, 1997, p. 315.

[26] R. Triola, Sull’ammissibilità della revoca espressa di revoca tacita del testamento, in questa Rivista, 1987, p. 801, secondo cui il legislatore abbia implicitamente ammesso l’impossibilità di ritrattare la revoca tacita, collocando la norma sulla revoca della revoca subito dopo la revoca espressa e prima di elencare le ipotesi di revoca tacita.

[27] S. Pagliantini, Il potere del testatore sull’olografo: per une rivisitazione dell’art. 684 c.c., in Rass. dir. civ., 4, 2007, p. 1042 ss.

[28] M. Talamanca, Successioni testamentarie, cit., p. 70.

[29] S. Pagliantini, Il potere del testatore sull’olografo: per une rivisitazione dell’art. 684 c.c., cit., p. 1047 ss. Cfr. anche A. Palazzo, A. Sassi, Trattato della successione e dei negozi successori, I, cit., p. 406: «Ed è, inoltre, necessario tenere sempre presente la distinzione tra testamento negozio e testamento documento. Infatti, se l’interprete dovesse trovarsi in presenza di due testamenti olografi redatti in tempi diversi, se è vero che deve riconoscere prevalenza a quello successivo, questa prevalenza opera sul piano sostanziale, ma non comporta deroghe alle regole processuali sull’efficacia probatoria della scrittura privata».

[30] Cass., 7 febbraio 1987, n. 1260, in Riv. not., 1987, p. 387.

[31] A. Fois, La reviviscenza delle disposizioni revocate, in Riv. dir. civ., 1976, II, p. 42.

[32] Cass., 3 maggio 1997, n. 3875, in Riv. not., 1998, p. 338.

[33] G. Baralis, Il testamento per relationem, in P. Rescigno (a cura di), Successioni e donazioni, Padova, 1994, p. 967.

[34] G. Giampiccolo, Il contenuto atipico del testamento, cit., p. 81 ss. G. Mondello, Il testamento per relazione, Milano, 1966, p. 160.

[35] Per L. Rossi Carleo, Revoca degli atti, in Enc. giur., XXVII, Roma, 1991, p. 7, la revoca della revoca «limita la sua portata sostanzialmente confirmatoria agli effetti della revoca della disposizione precedente, si limita cioè ad eliminare l’impedimento costituito dalla revoca precedente. La disposizione confirmatoria ha, invece, una portata assai più estesa, è generica e si riferisce a tutte le possibili cause di inefficacia e di impugnabilità della disposizione confermata».

[36] Cfr. A. Albanese, La revoca della revoca testamentaria, in Fam. pers. succ., 10, 2009, p. 825-826.

[37] Cfr. E. Betti, Teoria generale del negozio giuridico, Napoli, 1994, p. 250. G. Spagnolo, Limiti probatori in tema di lacerazione, distruzione e cancellazione del testamento, in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1964, p. 772. In giurisprudenza: Cass., 9 gennaio 1973, n. 10, in questa Rivista, 1973, I, p. 1350.

[38] F. Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 2002, p. 142.

[39] Cass., 26 gennaio 1962, n. 146, in questa Rivista, 1962, I, p. 909.

[40] Cass., 24 marzo 1979, n. 1739, in Riv. not., 1979, p. 937. S. Pagliantini, Il potere del testatore sull’olografo: per une rivisitazione dell’art. 684 c.c., cit., p. 1032.

[41] Per la distinzione tra manomissione (disfare) e revoca (disdire) del testamento, cfr. F. Carnelutti, Distruzione o destinazione alla distruzione del testamento olografo, in Foro it., IV, 1937, c. 97 ss.

[42] L. Ferrara, La lacerazione del testamento come manifestazione di volontà, in Foro it., 1949, I, c. 879., cit., p. 129. B. Biondi, Successione testamentaria e donazioni, Milano, 1955, p. 594. Cfr. anche Salv. Romano, Revoca, in Noviss. dig. it., XV, Torino, 1968, p. 819.

[43] G. Azzariti, La revocazione delle disposizioni testamentarie, cit., p. 272.

[44] S. Romano, La revoca degli atti giuridici privati, Padova, 1935, p. 326. G. Manzini, La revoca testamentaria tacita e la manifestazione indiretta dell’intento, in Vita not., 1995, p. 488.

[45] G. Criscuoli, Il testamento. Norme e casi, Padova, 1991, p. 171 ss.

[46] V. Scalisi, La revoca non formale del testamento e la teoria del comportamento concludente, Milano, 1974, p. 142.

[47] V. Carnelutti, Distruzione o destinazione alla distruzione della scheda del testamento olografo, in Foro it., 1937, IV, c. 1283.

[48] C. Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, III, Milano, 1952, p. 172.

[49] C. M. Bianca, Diritto civile. Le successioni, Milano, 2005, p. 373.

[50] Vi sono, infatti, clausole testamentarie irrevocabili anche per le fattispecie ex art. 684 c.c., come quella atipica con cui si riconosce un figlio naturale. Cfr. A. Cicu, Riconoscimento di figlio naturale in testamento distrutto, in Foro pad., 1947, I, c. 267.

[51] L. Barassi, Le successioni per causa di morte, Milano, 1947, p. 479 ss., osserva che la cancellazione «ha per effetto veramente di sopprimere la dichiarazione senza sopprimere il documento».

[52] C. Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, III, cit., p. 171.

[53] Cfr. Cass., 25 marzo 1946, n. 313, in Giur. it., 1947, I, 1, c. 66.

[54] Cass., 29 gennaio 2004, n. 1668, in Riv. not., 2004, p. 1276.

[55] M. Talamanca, Successioni testamentarie, cit., p. 145.

[56] G. Azzariti, La revocazione delle disposizioni testamentarie, cit., p. 272. C. Gangi, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, III, cit., p. 171, precisa che le parole «annullato» o «cancellato» sono equivalenti alle righe di cancellazione solo se scritte, anche di traverso, sopra le disposizioni. Diversamente, Cass., 24 marzo 1979, n. 1739, in Foro it., 1979, I, c. 1440. In ogni caso, lo stabilire se i segni aggiunti, le correzioni o le cancellature apportate dal de cuius all’olografo debbano essere interpretati come revoca, costituisce apprezzamento di fatto spettante al giudice di merito. Cfr. Cass., 6 maggio 1965, n. 834, in Foro it., 1965, I, c. 967.

[57] Sulla rilevanza sociale dei “gesti” cfr. L. Ricca, Sui cosiddetti rapporti contrattuali di fatto, Milano, 1965, p. 18.

[58] Cass., 14 novembre 2012, n. 19915, in Vita not., 2013, p. 230.

[59] Cass., 4 dicembre 1998, n. 12290, in Giur. it., 1999, c. 2035.

[60] Cass., 20 gennaio 2010, n. 918, in Mass. Giust. civ., 2010, p. 72.

[61] Cass., 24 febbraio 2004, n. 3636, in Riv. not., 2005, p. 193.

[62] Cass., 5 gennaio 1950, n. 48, in Giur. it., 1951, I, 1, c. 378.

[63] Cass., 28 dicembre 1954, n. 4623, in Foro it., 1955, I, c. 1021.

[64] Cass., 13 ottobre 1975, n. 3286, in Giur. it., 1976, I, p. 365.

[65] Cfr. S. Pagliantini, Il potere del testatore sull’olografo: per une rivisitazione dell’art. 684 c.c., cit., p. 1021, secondo cui nella revoca il documento testamentario continua ad esistere, mentre nel caso della distruzione viene ovviamente soppresso, rimarcando la distinzione carneluttiana tra disdire e disfare.

[66] Cfr. G. Bonilini, Le disposizioni testamentarie, Torino, 2012, p. 5. N. Irti, Il contratto tra faciendum e factum, in Rass. dir. civ., 1984, p. 938 ss. Id., Studi sul formalismo negoziale, Padova, 1997, p. 97 ss.

[67] G. Verde, Profili del processo civile, II, Napoli, 2000, p. 86 ss. G. Chiovenda, Principii di diritto processuale civile, Napoli, 1965, p. 842 ss.

[68] F. Carnelutti, La prova civile, Roma, 1947, p. 134 ss.

[69] S. Patti, Della prova documentale, Bologna, 1996, p. 12.

[70] N. Irti, Idola libertatis, Milano, 1985, p. 60.

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Jacopo Alcini

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