Revoca dell’aggiudicazione purchè adeguatamente motivata

Lazzini Sonia 17/04/08
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Non può non rilevarsi che, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, benché nei contratti della Pubblica Amministrazione l’aggiudicazione, in quanto atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segna di norma il momento dell’incontro della volontà della pubblica amministrazione di concludere il contratto e della volontà del provato manifestata con l’offerta ritenuta migliore (con la conseguenza che da tale momento sorge il diritto soggettivo dell’aggiudicatario nei confronti della stessa pubblica amministrazione), non è precluso all’amministrazione stessa di procedere, con atto successivo, purché adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico, alla revoca d’ufficio ovvero all’annullamento dell’aggiudicazione: in caso di aggiudicazione definitiva sussiste in capo all’Amministrazione l’obbligo di inviare la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela
 
 
In tema di annullamento di un’aggiudicazione a seguito di un errore dell’amministrazione per aver trovato la documentazione di un’impresa partecipante ad una gara in quella destinata ad altra procedura, Il Consiglio di Stato con la decisione numero 6456 del 31 ottobre 2006 ci insegna che:
 
<Detta potestà di annullamento in autotutela si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire>
 
sulla natura dell’aggiudicazione provvisoria e sulla necessità in caso invece di aggiudicazione definitiva di avvertire l’aggiudicatario dell’eventuale annullamento, appare inoltre importante sapere che:
 
<E’ stato altresì precisato che l’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endprocedimentale, inserendosi nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del contraente risulta consacrata soltanto con la aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che, allorquando l’amministrazione intende esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria non è tenuta a dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara , vantando l’aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa alla conclusione del procedimento; per contro, in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitivo l’esercizio del potere di autotutela deve essere necessariamente preceduto, a pena di illegittimità, dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendo darsi modo all’aggiudicatario definitivo, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve indirizzata la potestà pubblica>
 
 
ma nella fattispecie sottoposta al Supremo Giudice amministrativo, vi è un ulteriore aspetto molto importate:
 
poiché l’appalto risulta del tutto eseguito:
 
<Al riguardo la Sezione ricorda che una volta intervenuto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione ai fini dell’ammissibilità dell’azione di risarcimento del danno deve valutarsi la sussistenza dell’elemento psicologico quanto meno della colpa, in quanto la responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione conseguente all’annullamento di provvedimenti illegittimi deve essere inserita nel sistema delineato dall’articolo 2043 C.C. (C.d.S., sez. IV, 29 settembre 2005, n. 5204): tuttavia, deve anche precisarsi, che al fine dell’accertamento dell’elemento soggettivo non deve farsi riferimento all’atteggiamento dell’agente, dovendo piuttosto farsi riferimento al funzionamento complessivo dell’apparato pubblico, al fine da verificare se, in concreto, tale funzionamento sia stato tale coerente con le regole di legalità, imparzialità e buon andamento che devono presiedere, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, all’esercizio della funzione amministrativa>
allora
 
<Orbene, nel caso di specie, indipendentemente da eventuali specifiche responsabilità personali di determinati funzionari o agenti, non è revocabile in dubbio che la confusione che ha determinato la omesso valutazione della offerta della società appellante è stato senza dubbio causato da un comportamento ascrivibile alle violazioni elementari dell’obbligo di minima diligenza (e dunque della imparzialità e del buon andamento), così che sussiste l’elemento psicologico della colpa (c.d. di apparato).
 
     L’azione risarcitoria, quindi, è sicuramente ammissibile ed anche fondata, atteso che, come è poi emerso dall’effetto esame della offerta della società appellante., essa era anche quella economicamente più vantaggiosa (avendo offerto il massimo ribasso).>
 
In tema di quantificazione del danno:
 
<La Sezione ritiene di dover condividere quell’indirizzo giurisprudenziale secondo cui in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un appalto già esaurito, il lucro cessante, ovverosia l’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione non avvenuta per illegittimità dell’azione amministrativa, deve essere risarcito riconoscendo la spettanza nella sua interessa dell’utile di impresa nella misura del 10% qualora l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre nel caso in cui tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con la conseguenza che il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell’offerta dell’impresa>
 
 
a cura di *************
 
N.6456/R E P U B B L I C A     I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
   Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente
 
DECISIONE
 
sul ricorso in appello iscritto al NRG. 2535 dell’anno 2004 proposto da LA *** s.a.s., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato *************é, con il quale è elettivamente domiciliata in Roma, Piazza Adriana, n. 15 presso *************;
 
contro
 
*** IMPIANTI s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati **************** e ************, con i quali è elettivamente domiciliata in Roma, via F. Confalonieri, n. 5;
 
e nei confronti di
 
MINISTERO DELLA DIFESA, 12° REPARTO INFRASTRUTTURE UDINE, INFRASTRUTTURE NORD, in persona del ministro in carica, non costituito in giudizio;
 
per l’annullamento
 
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia ******, n. 13 del 26 gennaio 2004;
 
     Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
 
     Visto l’atto di costituzione in giudizio della *** Impianti s.r.l.;
 
     Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive tesi difensive;
 
     Visti gli atti tutti della causa;
 
     Visto il dispositivo di sentenza n. 430 del 6 luglio 2006;
 
     Relatore alla pubblica udienza del 4 luglio 2006 il Consigliere **************;
 
     Udito l’avvocato *******, su delega dell’avvocato *****é, e l’avvocato *****;
 
     Ritenuto in fatto e considerato quanto segue.
 
FATTO
 
     Con bando in data 25 giugno 2003, pubblicato per estratto all’Albo del 12° Reparto Infrastrutture di Udine – Comando Infrastrutture Nord e all’Albo Pretorio del Comune di Casarsa della Delizia (PN), il Ministero della Difesa – 12° Reparto Infrastrutture di Udine – indiceva una pubblica gara per l’aggiudicazione dell’appalto integrato per la progettazione e l’esecuzione dei lavori di revisione e messa a norma dell’impianto elettrico generale della Caserma “Trieste” nel comune di Casarsa della Delizia (PN).
 
     Ai sensi del punto 10 del predetto bando l’aggiudicazione sarebbe avvenuta ai sensi dell’articolo 21, co. 1, lett. c), della legge 11 febbraio 1994, n. 109, e successive modificazioni ed integrazioni, con il criterio del prezzo più basso, inferiore a quello posto a base di gara, con applicazione dell’esclusione automatica delle offerte prevista dallo stesso articolo; il punto 26 del predetto bando stabiliva anche che il plico, contenente la busta dell’offerta e i relativi documentai, sarebbe dovuto pervenire entro le ore 14.00 del 28 luglio 2003 solo per posta, a mezzo raccomandata, ovvero a mezzo servizio di agenzia, con affrancatura raccomandata, mentre, giusta quanto previsto dal punto 9, le operazioni di gara sarebbero iniziate alle ore 10.00 del giorno 29 luglio 2003, con l’apertura dei plichi e con l’esame della documentazione allegata, con la precisazione che la gara avrebbe potuto essere sospesa esclusivamente per procedere alla verifica a campione dei requisiti di carattere generale dichiarati in forma autocertificativa.
 
     Alla predetta procedura concorsuale partecipavano ventinove imprese, a seguito della verifica dei documenti ne rimanevano in gara ventisei e all’esito dell’esame della regolarità delle offerte presentate ne restavano in gara ventiquattro: la migliore offerta risultava essere quella della *** Impianti s.r.l., con un ribasso pari al 19,69%, che veniva dichiarata aggiudicataria definitiva della gara, giusta verbale in data 4 agosto 2003 e successivo verbale di deliberamento n. 25796 di repertorio del 5 agosto 2003.
 
     A seguito di richiesta di notizie sull’esito della ricordata procedura concorsuale da parte della società *** s.a.s. di *** & C., che asseriva di aver tempestivamente inoltrato la relativa offerta e che non risultava neppure menzionata negli atti di gara, l’amministrazione appurava che detta offerta era effettivamente pervenuta, ma che per un mero disguido era stata acclusa ai plichi di un altro esperimento di gara: di tanto veniva dato atto con apposito verbale di rinvenimento.
 
     Con provvedimento n. 4 del 26 agosto 2003 del Comandante del 12° Reparto Infrastrutture, responsabile del procedimento, veniva disposto l’annullamento dell’aggiudicazione e la riapertura dei termini di gara per la verifica dei documenti presentati proprio dalla società *** s.a.s., con successiva eventuale apertura del plico contenente l’offerta e rimodulazione della classifica delle gara.
 
     A seguito di tale attività l’amministrazione, giusta verbale in data 28 agosto 2003, constatata la regolarità della documentazione prodotta e verificato il ribasso offerto (pari al 19,612%, il più alto in assoluto), dichiarava miglior offerente e aggiudicataria dell’appalto proprio la società *** s.a.s., perfezionando poi l’aggiudicazione definitiva con il verbale di deliberamento n. 25497 del 17 settembre 2003 e stipulando in data 28 ottobre 2003 anche il relativo contratto.
 
     La *** Impianti s.r.l. con ricorso giurisdizionale notificato il 4 febbraio 2003 chiedeva al Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia Giulia l’annullamento: a) del verbale del 26 agosto 2003, di rinvenimento della offerta della società *** s.as., b) della nota del 26 agosto 2003 di riapertura dei termini di gara; c) del decreto, pure in data 26 agosto 2003, di annullamento della precedente aggiudicazione definitiva dell’appalto in suo favore; d) del verbale del 28 agosto 2003 di aggiudicazione provvisoria dell’appalto alla *** s.a.s., nonché e) di tutti gli atti presupposti, connessi e successivi.
 
     A sostegno dell’impugnativa venivano formulati cinque ordini di motivi, incentrati sulla violazione dell’articolo 2 della legge 11 febbraio 1994, n. 10, dei principi di pubblicità ed evidenza pubblica degli atti di gara, dell’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, del principio di trasparenza degli atti di gara, della par condicio dei concorrenti, dei principi di segretezza delle offerte, oltre che di abuso di potere ed illogicità della motivazione.
 
     In sintesi, secondo la ricorrente, l’annullamento della originaria aggiudicazione e la determinazione di riaprire il procedimento di gara erano irrimediabilmente viziati per non essere state precedute da apposita comunicazione a tutti i partecipanti alla gara e per non aver consentito, quindi, la loro partecipazione alla nuova fase procedimentale; ciò soprattutto in considerazione delle assai singolari modalità di rinvenimento del plico di gara della società *** s.a.s.; d’altra parte, le concrete modalità di svolgimento di tale nuova fase procedimentale avevano poi alterato evidentemente sia il principio della par condicio, sia quello della segretezza delle offerte, mentre le motivazioni addotte dall’amministrazione a sostegno degli atti impugnati erano finalizzate esclusivamente ad eliminare eventuali profili di responsabilità degli uffici e non già a perseguire l’interesse pubblico alla parità di trattamento dei concorrenti o al rispetto dei principi costituzionali in materia di azione amministrativa.
 
     L’adito Tribunale, nella resistenza dell’intimata amministrazione statale e della società *** s.a.s., con la sentenza segnata in epigrafe, accoglieva il ricorso e annullava i provvedimenti impugnati, ritenendo fondata la censura relativa all’omessa comunicazione di avvio del procedimento di annullamento della originaria aggiudicazione, non essendo sufficiente a tal fine la comunicazione in data 26 agosto 2003 che non solo riguardava la sola riapertura della gara, per quanto risultava pervenuta alla società ricorrente (e originaria aggiudicataria) il 29 agosto 203, cioè dopo che in data 28 agosto 2003 la gara era già stata effettivamente riaperta con aggiudicazione dell’appalto alla società *** s.a.s., d’altra parte, sempre secondo il tribunale, l’amministrazione non aveva in alcun modo rappresentato le eventuali ragioni di urgenza che avrebbero potuto giustificare l’omissione della comunicazione di avvio del procedimento e, per di più, in violazione delle stesse prescrizioni del bando di gara non aveva comunicato, né indicato la data in cui le operazioni di gara sarebbero state rinnovate.
 
     Veniva, altresì, respinto il ricorso incidentale proposto dalla società *** s.a.s. avverso gli originari atti di gara, rilevandosi che la mancata valutazione della sua offerta era dipesa da mero caso fortuito, cui peraltro la stessa amministrazione aveva posto riparo proprio con la (sia pur contestata) rinnovazione della gara.
 
     Avverso tale statuizione, ritenuta ingiusta ed illegittima, ha interposto appello la *** s.a.s., sostenendo innanzitutto che il procedimento volto alla riapertura della gara disposto dall’amministrazione per valutare il suo plico contenente l’offerta e i documenti per partecipare alla gara, non costituiva un nuovo procedimento di gara, ma la semplice prosecuzione di quello precedente (evidentemente illegittimo proprio per la omessa valutazione della sua offerta ritualmente e tempestivamente pervenuta all’amministrazione), così che non sussisteva alcun obbligo di comunicare l’avvio del procedimento, anche perché il relativo contratto non era stato ancora stipulato; peraltro, sempre secondo la tesi dell’appellante, non solo un tale obbligo era previsto dalla normativa generale sul procedimento amministrativo, non automaticamente applicabile a quello concorsuale della scelta del contraente nei contratti ad evidenza pubblica, per quanto esso costituiva un mero adempimento formale, non potendo apportare alcuna utilità stante l’esito vincolato della nuova procedura, priva di qualsiasi margine di discrezionalità, tanto più che nessuna contestazione era stata fatta sulla veridicità di quanto riportato nel verbale di rinvenimento del plico della offerta di essa appellante e ciò senza contare ancora che, essendo nelle more del giudizio di primo grado intervenuta anche la stipula del contratto di appalto, alla *** Impianti poteva residuare solo un interesse risarcitoria.
 
     L’appellante, che ha anche evidenziato come la comunicazione del 26 agosto 2003 (con cui l’amministrazione aveva informato della riapertura della gara) era stata portata a conoscenza della originaria aggiudicataria nello stesso giorno a mezzo fax, ha altresì riproposto le censure svolte a confutazione dei motivi di ricorso e ritenuti assorbiti ed ha altresì impugnato il capo della sentenza recante il rigetto del suo ricorso incidentale, sostenendone l’erroneità in quanto la mera constatazione che l’omessa valutazione della sua offerta non fosse ascrivibile a dolo, ma solo a caso fortuito, non escludeva l’illegittimità del procedimento (che si era concluso con l’originaria aggiudicazione) per colpa dell’amministrazione, a nulla rilevando la successiva attività riparatoria (peraltro oggetto del ricorso di primo grado e annullata dalla sentenza impugnata); è stata quindi riproposta, condizionatamente all’eventuale conferma della sentenza impugnata, la domanda risarcitoria già spiegata in primo grado.
 
     La *** Impianti s.r.l. si è costituita in giudizio, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza dell’avverso gravame, di cui ha chiesto il rigetto.
 
DIRITTO
 
     ****’ controversa la legittimità della riapertura della gara bandita dall’Amministrazione della difesa (12° Reparto Infrastrutture Nord – Udine), disposta a seguito del rinvenimento del plico recante la istanza di partecipazione alla gara della ******** s.a.s., con conseguente annullamento della precedente aggiudicazione definitiva dell’appalto integrato per la progettazione e la esecuzione dei lavori di revisione e messa a norma dell’impianto elettrico generale della Caserma “Trieste” nel Comune di Casarsa della Delizia (PN) alla *** Impianti s.r.l., valutazione della offerta della ******** s.as. e successiva aggiudicazione definitiva del predetto appalto a quest’ultima impresa, in virtù della migliore offerta economica formulata (in particolare: a) del verbale del 26 agosto 2003, di rinvenimento della offerta della società *** s.a.s., b) della nota del 26 agosto 2003 di riapertura dei termini di gara; c) del decreto, pure in data 26 agosto 2003, di annullamento della precedente aggiudicazione definitiva dell’appalto in suo favore; d) del verbale del 28 agosto 2003 di aggiudicazione provvisoria dell’appalto alla *** s.a.s.).
 
     Quest’ultima ha chiesto l’annullamento della sentenza del tribunale amministrativo regionale per il Friuli – Venezia n. 13 del 26 giugno 2004 che, accogliendo il ricorso della *** Impianti s.r.l., ha ritenuto illegittimo gli atti annullati per la omessa comunicazione di avvio del procedimento finalizzato all’annullamento della originaria aggiudicazione definitiva: il gravame contesta innanzitutto la fondatezza della tesi posta dai primi giudici a fondamento del loro convincimento, sia con riferimento alla ritenuta illegittimità della delineata nuova fase procedimentale, sia con riferimento al rigetto del ricorso incidentale con cui era stata dedotta l’illegittimità dell’originaria procedura di gara culminata nell’aggiudicazione definitiva dell’appalto alla *** Impianti S.r.l. per la omessa valutazione della propria offerta di gara.
 
     L’appellante ha altresì riproposto l’istanza risarcitoria.
 
     La impresa controinteressata si è difesa, deducendo la inammissibilità ed infondatezza delle avverse richieste.
 
     II. Al riguardo la Sezione osserva quanto segue.
 
     II.1. Non può non rilevarsi che, secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, benché nei contratti della Pubblica Amministrazione l’aggiudicazione, in quanto atto conclusivo del procedimento di scelta del contraente, segna di norma il momento dell’incontro della volontà della pubblica amministrazione di concludere il contratto e della volontà del provato manifestata con l’offerta ritenuta migliore (con la conseguenza che da tale momento sorge il diritto soggettivo dell’aggiudicatario nei confronti della stessa pubblica amministrazione), non è precluso all’amministrazione stessa di procedere, con atto successivo, purché adeguatamente motivato con richiamo ad un preciso e concreto interesse pubblico, alla revoca d’ufficio ovvero all’annullamento dell’aggiudicazione (ex multis, C.d.S., sez. IV, 12 settembre 2000, n. 4822; sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973; sez. VI, 14 gennaio 2000, n. 244).
 
     Detta potestà di annullamento in autotutela si fonda sul principio costituzionale di buon andamento che, com’è noto, impegna la pubblica amministrazione ad adottare atti il più possibile rispondenti ai fini da conseguire (C.d.S., sez. V, 20 settembre 2001, n. 4973; C.d.S., sez. IV, 22 ottobre 2004, n. 6931).
 
     E’ stato altresì precisato che l’aggiudicazione provvisoria ha natura di atto endprocedimentale, inserendosi nell’ambito della procedura di scelta del contraente come momento necessario, ma non decisivo, atteso che la definitiva individuazione del contraente risulta consacrata soltanto con la aggiudicazione definitiva, con la conseguenza che, allorquando l’amministrazione intende esercitare il proprio potere di autotutela rispetto all’aggiudicazione provvisoria non è tenuta a dare comunicazione dell’avvio del relativo procedimento, versandosi ancora nell’unico procedimento iniziato con l’istanza di partecipazione alla gara (C.d.S., sez. IV, 25 luglio 2001, n. 4065, 29 ottobre 2002, n. 5903), vantando l’aggiudicatario provvisorio una mera aspettativa alla conclusione del procedimento; per contro, in presenza di un provvedimento di aggiudicazione definitivo l’esercizio del potere di autotutela deve essere necessariamente preceduto, a pena di illegittimità, dalla comunicazione di avvio del procedimento, dovendo darsi modo all’aggiudicatario definitivo, titolare di una posizione giuridica evidentemente qualificata, di poter interloquire con l’amministrazione, rappresentando fatti e prospettando osservazioni e valutazioni finalizzate alla migliore individuazione dell’interesse pubblico, concreto ed attuale, alla cui unica cura deve indirizzata la potestà pubblica.
 
     II.2. Alla stregua del delineato indirizzo giurisprudenziale, la Sezione è dell’avviso che il primo motivo di gravame non sia meritevole di accoglimento, avendo i primi giudici correttamente annullato i provvedimenti di originaria aggiudicazione definitiva dell’appalto in favore della *** Impianti s.r.l. e riapertura della gara, oltre che di successiva definitiva aggiudicazione dell’appalto stesso alla *** s.a.s., in quanto gli stessi non erano stati preceduti dalla rituale comunicazione di avvio del procedimento di autotutela proprio alla originaria aggiudicataria definitiva dell’appalto, *** Impianti s.r.l.
 
     Questa, invero, proprio quale aggiudicataria definitiva, aveva una posizione qualificata di cui l’Amministrazione non poteva non tener conto, neppure in presenza della pure evidente situazione di illegittimità (omessa valutazione della offerta ritualmente inviata e tempestivamente pervenuta della *** s.a.s.) in costanza della quale si era giunti alla aggiudicazione definitiva.
 
     Infatti, tale situazione di illegittimità non era stata né creata, né in qualche modo conosciuta (né poteva essere altrimenti conoscibile) dalla ricordata *** Impianti s.r.l., la quale aveva quindi fatto legittimamente affidamento sul provvedimento di aggiudicazione definitiva dell’appalto in suo favore ed aveva diritto a poter rappresentare fatti ovvero a proporre osservazioni e controdeduzioni utili ad indirizzare correttamente la pubblica amministrazione nell’esercizio del potere di autotutela, per giungere ad un provvedimento amministrativo “giusto”, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, cioè che rappresentasse il giusto contemperamento degli interessi, pubblici e privati, in gioco.
 
     Nel caso di specie, come risulta in modo inconfutabile dall’esame della documentazione in atti, l’Amministrazione appaltante non ha invece dato comunicazione dell’avvio del procedimento alla predetta originaria assegnataria, limitandosi a darle notizia della riapertura del procedimento di gara, quasi che si fosse in presenza di una continuazione (laddove, evidentemente, essa con il provvedimento di aggiudicazione definitiva si era irrimediabilmente conclusa).
 
     Pur non indulgendo in una visione formalistica e anche a voler ammettere effettivamente che la ricordata mera comunicazione (in data 26 agosto 2003) di pretesa riapertura del procedimento di gara sia effettivamente stata trasmessa via fax alla società *** Impianti s.r.l., così che quest’ultima ne ha avuto piena conoscenza immediatamente, la Sezione non può non rilevare che detta comunicazione non può in nessun modo essere equiparata alla comunicazione di avvio del procedimento, di cui all’articolo 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241, non solo perché essa non contiene alcuna informazione o notizia espressa circa la effettiva determinazione dell’amministrazione di esercitare il potere di autotutela rispetto al precedente provvedimento di aggiudicazione definitiva, né invita la *** Impianti s.r.l. a formulare osservazioni e controdeduzioni, ma anche perché tra la data della predetta comunicazione (26 agosto 2003) ed il giorno stabilito per la pretesa riapertura della gara (28 agosto 2003) non intercorre neppure un lasso di tempo adeguato e sufficiente a consentire alla più volte ricordata *** Impianti di svolgere effettivamente ed in modo idoneo le opportune osservazioni e controdeduzioni (ovvero addirittura di sollecitare l’esercizio di un adeguato comportamento di buona fede per rendersi conto ed apprezzare l’effettiva volontà dell’amministrazione).
 
     Né sussistevano, o quanto meno non sono stati in alcun modo evidenziati, ragioni giustificatrici dell’urgenza di provvedere, tali da rendere impossibile o non utile o opportuna la comunicazione di avvio del procedimento.
 
     D’altra parte, la Sezione ritiene che non sia condivisibile la tesi della parte della parte appellante secondo cui nel caso di specie non sussisteva in capo all’Amministrazione l’obbligo di inviare la comunicazione di avvio del procedimento di autotutela, stante che l’annullamento della aggiudicazione definitiva in favore della *** Impianti s.r.l. doveva considerarsi un atto vincolato, privo di discrezionalità proprio in conseguenza della evidente e patente illegittimità a causa della omessa considerazione della propria offerta ritualmente spedita e tempestivamente ricevuta dagli uffici dell’amministrazione: è sufficiente ricordare, a tal riguardo, che proprio la circostanza che la *** Impianti s.r.l. vantava una posizione qualificata, ricollegabile alla aggiudicazione definitiva dell’appalto pronunciata in sua favore, esclude in radice qualsiasi automatismo tra rinvenimento della offerta della ******** s.a.s. e annullamento dell’aggiudicazione definitiva in favore della *** Impianti s.r.l.
 
     Per il capo in esame, la sentenza impugnata non merita censure.
 
     II.3. E’ invece fondato il secondo motivo di gravame, con il quale la *** s.a.s. ha lamentato che erroneamente i primi giudici avrebbero respinto il suo ricorso incidentale avverso gli atti della procedura di gara, con cui l’appalto in questione era stato definitivamente aggiudicato, originariamente, proprio alla *** Impianti, benché fosse evidente l’illegittimità della procedura stessa per la omessa valutazione della propria offerta.
 
     II.3.1. Non è revocabile in dubbio che la società La *** s.a.s. aveva inviato ritualmente e tempestivamente la domanda per partecipare alla gara bandita dall’amministrazione della difesa e che quest’ultima l’aveva anche ricevuta, confondendola ed inserendola peraltro con altre domande di partecipazione, così che la predetta domanda non era stata ricompressa fra quelle prodotte per la gara di appalto integrato per la progettazione e la esecuzione dei lavori di revisione e messa a norma dell’impianto elettrico generale della Caserma “Trieste” nel Comune di Casarsa della Delizia (PN): di qui l’aggiudicazione dell’appalto stesso alla *** Impianti s.r.l.
 
     E’ appena il caso di ricordare che la veridicità di tali circostanze di fatto risulta dal verbale di rinvenimento della predetta offerta della società La *** s.a.s., verbale le cui risultanze non sono state giammai ritualmente ed adeguatamente contestate.
 
     Non può negarsi, dunque, che il procedimento concorsuale conclusosi con l’aggiudicazione definitiva dell’appalto alla predetta *** Impianti s.r.l. è viziato sotto il dedotti profili di violazione dei principi in materia di appalti (par condicio, trasparenza, concorrenza) e per violazione del bando di gara che imponeva necessariamente l’esame di tutte le offerte, oltre che evidentemente per violazione del giusto procedimento e per eccesso di potere per difetto di istruttoria e travisamento di fatto, essendo rilevante e decisivo che non era stata esaminata la offerta della società La *** s.a.s. ed essendo, per contro, del tutto irrilevanti a tal fine le ragioni di tale omissione.
 
     All’accertata illegittimità del procedimento non può che conseguire l’annullamento (anche) dell’originaria aggiudicazione definitiva dell’appalto alla *** Impianti s.r.l.
 
     II.3.2. Ciò impone alla Sezione di delibare la domanda risarcitoria avanzata, invero sin dal primo grado, dalla società La *** s.a.s., atteso che, come risulta dagli atti di causa, è pacifico che l’appalto di cui si discute è stato ormai interamente eseguito dalla *** appalti s.r.l..
 
     Al riguardo la Sezione ricorda che una volta intervenuto l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione ai fini dell’ammissibilità dell’azione di risarcimento del danno deve valutarsi la sussistenza dell’elemento psicologico quanto meno della colpa, in quanto la responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione conseguente all’annullamento di provvedimenti illegittimi deve essere inserita nel sistema delineato dall’articolo 2043 C.C. (C.d.S., sez. IV, 29 settembre 2005, n. 5204): tuttavia, deve anche precisarsi, che al fine dell’accertamento dell’elemento soggettivo non deve farsi riferimento all’atteggiamento dell’agente, dovendo piuttosto farsi riferimento al funzionamento complessivo dell’apparato pubblico, al fine da verificare se, in concreto, tale funzionamento sia stato tale coerente con le regole di legalità, imparzialità e buon andamento che devono presiedere, ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, all’esercizio della funzione amministrativa.
 
     Orbene, nel caso di specie, indipendentemente da eventuali specifiche responsabilità personali di determinati funzionari o agenti, non è revocabile in dubbio che la confusione che ha determinato la omesso valutazione della offerta della società La *************** è stato senza dubbio causato da un comportamento ascrivibile alle violazioni elementari dell’obbligo di minima diligenza (e dunque della imparzialità e del buon andamento), così che sussiste l’elemento psicologico della colpa (c.d. di apparato).
 
     L’azione risarcitoria, quindi, è sicuramente ammissibile ed anche fondata, atteso che, come è poi emerso dall’effetto esame della offerta della società *** s.a.s., essa era anche quella economicamente più vantaggiosa (avendo offerto il massimo ribasso).
 
     Quanto alla concreta determinazione del danno risarcibile, la Sezione osserva che deve essere accolta la richiesta di pagamento a tale titolo delle spese vive sostenute e provate per £. 210,27 (per biglietti aereo), non essendovi stata al riguardo alcuna contestazione da parte dell’amministrazione appellata.
 
     La società appellante ha poi chiesto a titolo di risarcimento la somma di €. 80.000,00 per mancato utile dell’appalto (13% della base d’asta) e di €. 100.000,00 (per non aver potuto aumentare o mantenere i propri requisiti di qualificazione SOA ovvero per lo stress determinato dalla necessità di aver dovuto partecipare ad altre gare da appalti).
 
     La Sezione ritiene di dover condividere quell’indirizzo giurisprudenziale (C.d.S., sez. IV, 27 dicembre 2004, n. 8244; sez. V, 27 settembre 2004, n. 6302; 24 ottobre 2002, n. 5860) secondo cui in caso di annullamento dell’aggiudicazione di un appalto già esaurito, il lucro cessante, ovverosia l’utile economico che sarebbe derivato dall’esecuzione dell’appalto in caso di aggiudicazione non avvenuta per illegittimità dell’azione amministrativa, deve essere risarcito riconoscendo la spettanza nella sua interessa dell’utile di impresa nella misura del 10% qualora l’impresa possa documentare di non aver potuto utilizzare le maestranze ed i mezzi lasciati disponibili, per l’espletamento di altri servizi, mentre nel caso in cui tale dimostrazione non sia stata offerta è da ritenere che l’impresa possa aver ragionevolmente riutilizzato mezzi e manodopera per lo svolgimento di altri analoghi lavori o di servizi o di forniture, così vedendo in parte ridotta la propria perdita di utilità, con la conseguenza che il risarcimento può essere ridotto in via equitativa, in misura pari al 5% dell’offerta dell’impresa.
 
     Sulla somma spettano gli interessi legali decorrenti dal momento della presentazione della domanda giudiziale e cioè dalla notifica del ricorso incidentale.
 
     III. In conclusione, alla stregua delle osservazioni fin qui svolte, deve essere accolto il primo motivo di gravame e pertanto deve essere confermata, per questa parte, la sentenza impugnata; deve essere, poi accolto il secondo motivo di gravame e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso incidentale proposto in primo grado dalla Giardini s.a.s. con conseguente annullata del provvedimento impugnato, con condanna dell’amministrazione al risarcimento in favore della società La *** s.a.s. dei danni subiti, nei limiti segnati in motivazione.  
 
     L’esito complessivo del giudizio giustifica la integrale compensazione tra le parti delle spese del doppio grado di giudizio.
 
P.Q.M.
 
      Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull’appello proposto dalla società La *** s.a.s. avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Friuli – Venezia ****** n. 13 del 26 gennaio 2004, così provvede:
 
respinge il primo motivo di appello e conferma, per questa parte, la sentenza impugnata;
accoglie il secondo motivo di appello e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso incidentale proposto in primo grado dalla società La *** s.a.s., annulla il provvedimento impugnato;
condanna il Ministero della Difesa al risarcimento dei danni in favore della società La *** s.a.s., nei limiti di cui in motivazione;
dichiara interamente compensate tra le parti le spese di giudizio.
   Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
 
   Così deciso in Roma, dalla IV Sezione del Consiglio di Stato, riunito nella Camera di Consiglio del 4 Luglio
 
DEPOSITATA IN SEGRETERIA – 31 ottobre 2006

Lazzini Sonia

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