Responsabilità diretta dei giudici: l’Associazione Nazionale Magistrati chiede l’intervento del Governo

Redazione 18/05/12
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Anna Costagliola

Al convegno organizzato dall’Associazione Nazionale Magistrati (ANM) e tenutosi a Roma il 16 maggio scorso, al quale hanno partecipato non solo le toghe, ma anche avvocati, esponenti politici e giuristi, è emersa l’assoluta impraticabilità, adeguatamente motivata, dell’ipotesi della responsabilità civile diretta dei magistrati.

L’emendamento alla legge comunitaria approvato dalla Camera dei Deputati e confluito nel testo attualmente all’esame del Senato (articolo 25), che prevede modifiche alla disciplina della responsabilità civile dei magistrati, con possibilità di citazione diretta in giudizio dei magistrati da parte delle persone danneggiate, ha ricevuto una drastica bocciatura, auspicandosi un intervento del Governo che venga incontro alle aspettative della magistratura associata, nel senso del rispetto dei principi a difesa dell’indipendenza e dell’autonomia della categoria. Non si tratta, si è chiarito da parte degli esponenti della magistratura, di una difesa corporativa, venendo piuttosto in rilievo l’interesse del cittadino ad avere un giudice sereno e non condizionato.

La normativa attualmente vigente (L. 117/1988) già contempla la responsabilità civile del magistrato per tutti i fatti costituenti reato o comunque dolosi, nonché per gli errori derivanti da colpa grave, ma l’azione civile va esperita contro lo Stato e non contro il magistrato personalmente, ferma poi l’azione in rivalsa dell’amministrazione nei confronti del magistrato responsabile. Detta normativa è nata dall’esigenza di contemperare due opposte esigenze: da un lato, garantire i beni e i diritti dei cittadini vittime di errori giudiziari; dall’altro, evitare condizionamenti al magistrato nell’esercizio delle sue funzioni a tutela dei cittadini medesimi.

Ove il giudice fosse direttamente esposto all’attacco da parte del soggetto che si ritiene ingiustamente danneggiato, anziché essere solo esposto a un’eventuale e parziale rivalsa da parte dello Stato che abbia pagato il risarcimento, verrebbe a determinarsi una inevitabile distorsione nel procedimento decisorio, poiché il magistrato potrebbe sentirsi indotto a preferire, fra le diverse soluzioni possibili, non già quella più corretta, ma quella, che può essere diversa, che implichi per lui stesso il minor rischio di essere esposto a un’azione per danni. Il concreto pericolo insito in una modifica della disciplina della responsabilità dei giudici nel senso indicato sarebbe proprio la perdita della loro autonomia e indipendenza, in quanto essi non sarebbero più equidistanti dalle parti nell’esprimere il proprio giudizio, restando piuttosto esposti e condizionati soprattutto da chi ha i mezzi, anche economici, per intraprendere contenziosi contro i magistrati.

Compito del giudice, viceversa, è quello di distribuire torti e ragioni, scontentando una parte o, se necessario, entrambe, a tutela della collettività. Né a scongiurare il rischio di condizionamenti esterni rappresentati da un uso strumentale delle azioni risarcitorie potrebbe valere la previsione, sulla quale pure la Commissione Giustizia del Senato sarà chiamata a pronunciarsi il prossimo 23 maggio, circa la obbligatorietà per il giudice di dotarsi di una polizza professionale. Osservano, infatti, gli esponenti dell’ANM, come nessun contratto di assicurazione possa valere a restituire al giudice la serenità necessaria per essere realmente libero e indipendente.

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