Regolamenti condominiali imposti dal costruttore

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Esistono due tipi di regolamento condominiali possibili: quello contrattuale, approvato da tutti i condomini, con cui si possono stabilire ripartizioni delle spese diverse da quelle stabilite dal codice civile, e quello assembleare, approvato a maggioranza dei condomini e dei millesimi, che può solo regolare gli aspetti minori della vita condominiale.
Ora affronteremo un grosso problema, relativo sempre al regolamento, che deriva dalle leggi stesse.
Regolamento meccanismo dell’approvazione.
E’ chiaro che è sarebbe difficile mettere d’accordo tutti i proprietari di uno stabile sul testo di un regolamento, senza che qualcuno di loro si ribelli. In questa condizione, approvare un regolamento contrattuale sarebbe davvero impossibile: per esempio qualsiasi spartizione delle spese troverebbe qualcuno maldisposto all’approvazione, perché si ritiene più danneggiato degli altri.
Inevitabilmente, perciò, la strada c quasi sempre imboccata per l’approvazione del regolamento contrattuale è stata un’altra. Lo scrive cioè, da solo, il costruttore dell’edificio. Poi, via via che vende gli appartamenti, costringe chi l’acquirente ad approvare a scatola chiusa il regolamento che ha stilato. Chi in seguito acquisterà un appartamento da uno dei precedenti proprietari, sarà costretto ad accettare a sua volta il regolamento contrattuale già esistente.
Questo meccanismo dà un evidente strapotere alla ditta edile che costruisce il palazzo o il complesso. Capita quindi spesso che quest’ultima ne approfitti. C’è quindi da chiedersi: esistono margini, per i condomini, di ribellarsi a queste imposizioni?
Clausola illecite.
A questo proposito bisogna distinguere. Esistono clausole che sono evidentemente in contrasto con il codice civile, o meglio con quegli articoli che nel codice che sono definiti come “inderogabili”, a cui non si può fare eccezione.. Molto sfruttata è quella che impone a tutti di riconoscere come amministratore condominiale una persona indicata dal costruttore stesso. Tale nomina è illegittima, perché è in diretto contrasto con l’articolo 1129 del codice civile che impone che l’amministratore sia nominato dall’assemblea. Un’altra clausola abbastanza comune è quella che permette al costruttore (che, non lo dimentichiamo, è anche lui condomino finché non ha venduto tutti gli appartamenti), di rinunciare all’uso delle cose comuni senza perciò contribuire alle spese della loro manutenzione. Anch’essa è in contrasto con un’altra norma obbligatoria, l’articolo 1118 del codice civile.
Clausole vessatorie
Altre clausole che sono evidentemente sbilanciate a favore dell’impresa edile, non sono però in diretto contrasto con le norme sul condominio del codice. Per esempio quella, molto pesante, in cui i condomini danno mandato al costruttore di redigere il regolamento condominiale, con facoltà di definire in seguito le parti, gli impianti e i servizi comuni. Oppure quella in cui si riserva al costruttore la facoltà di sopraelevare senza indennizzo da versare agli altri proprietari. O quella in cui gli si dà la proprietà dei sottotetti. O quella, comunissima, che consente al costruttore stesso di non versare la sua quota di spese condominiali per gli appartamenti ancora invenduti. O infine quella che impone l’accettazione del regolamento senza per questo allegarlo al rogito d’acquisto o comunque consentire ai condomini di prenderne visione.
Sin dal varo, però, della legge n. 52 del 1996 sono state introdotte nella legislazione italiane norme europee contro le clausole vessatorie nei contratti, attualmente riunite nel cosiddetto “codice del consumo” (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articoli dal 33 al 38).
Tali articoli considerano “abusive o vessatorie”, e quindi nulle, certe clausole contrattuali che avvantaggiano in modo evidente il professionista nei rispetti del consumatore. Con “professionista” si intende qualsiasi la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che nel quadro della sua attività imprenditoriale o professionale, utilizza un contratto. Quindi anche l’impresa edile. Con “consumatore” si intende anche, , a tutti gli effetti, il condominio come ha chiarito la Cassazione, in una sentenza abbastanza recente (la n. 10086 del 2001).
Il fatto che patti contrattuali del genere siano sbilanciati a favore del professionista-ditta edile, può facilmente ricavarsi dal dettato dell’articolo 34, primo comma che così dice: "La vessatorietà di una clausola é valutata tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della sua conclusione e alle altre clausole del contratto medesimo o di un altro collegato o da cui dipende." E’ ovvio che le circostanze esistenti al momento dell’accettazione di un regolamento contrattuale sono di forte pressione psicologica sul soggetto che è costretto ad accettarlo: in caso contrario non potrebbe acquistare l’appartamento.
Questa ipotesi è rafforzata da quanto dispone il quarto comma dello stesso articolo: "Nel contratto concluso mediante sottoscrizione di moduli o formulari predisposti per disciplinare in maniera uniforme determinati rapporti contrattuali, incombe sul professionista l’onere di provare che le clausole, o gli elementi di clausola, malgrado siano dal medesimo unilateralmente predisposti, siano stati oggetto di specifica trattativa con il consumatore". Ebbene è evidente che parlare di trattative al momento dell’accettazione del regolamento è da escludersi praticamente sempre.
Quindi e clausole a favore del costruttore che abbiamo elencato sono quasi sempre da considerarsi nulle, come mai scritte, pur restando valido il resto del contratto.
Alcuni esempi
Riportiamo a questo proposito alcuni esempi di clausole vessatorie, elencati nell’articolo 33 del codice del consumo:
1)    Quella che prevede “un impegno definitivo del consumatore mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà”. Quindi il costruttore non può scrivere il regolamento dopo la vendita e stabilire quali siano parti comuni e quali non lo siano.
2)    Quella che “prevedere l’estensione dell’adesione del consumatore a clausole che non ha avuto la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto”. Quindi il regolamento contrattuale deve essere allegato al rogito.
3)    Quella che sancisce “a carico del consumatore decadenze, limitazioni della facoltà di opporre eccezioni, deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria, limitazioni all’adduzione di prove, inversioni o modificazioni dell’onere della prova, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti con i terzi”. La si può richiamare per contrastare l’esonero delle spese del costruttore, insieme al citato primo comma dell’articolo 34.
Ricordiamo infine che le clausole potenzialmente vessatorie possono essere considerate comunque valide qualora si dimostri che, in seguito a una trattativa, si possa dimostrare che il consumatore abbia ricevuto in cambio vantaggi pari o superiori rispetto a quelli persi. E’ prevedibile che, durante una causa promossa dal condominio, i legali della ditta edile tentino di dimostrare che una compensazione c’è stata (per esempio, con l’abbattimento del prezzo a cui l’immobile è stato venduto). Tale tesi è però abbastanza fragile, soprattutto perché l’esistenza di una trattativa per l’abbassamento del prezzo va inoppugnabilmente dimostrata.
Silvio Rezzonico
Giovanni Tucci
 

Rezzonico Silvio ~ Tucci Giovanni

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