In materia di reclamo giurisdizionale di cui all’art. 35-bis della legge n. 354 del 1975, il giudice competente ad assumere la decisione è tenuto a procedere in contraddittorio? Per approfondimenti sul tema consigliamo il volume: Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia
Indice
1. La questione: il procedimento in contraddittorio
Il Magistrato di sorveglianza di Macerata dichiarava l’inammissibilità di un’istanza diretta all’esatta ottemperanza — con contestuale sostituzione del Commissario ad acta — di un provvedimento avente ad oggetto la consegna delle cartine geografiche.
Ciò posto, avverso questo provvedimento il difensore dell’istante proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge per avere il Tribunale di sorveglianza proceduto senza l’instaurazione del contraddittorio camerale sul fallace presupposto dell’insuperabile genericità della richiesta di ottemperanza. Per approfondimenti sul tema consigliamo il volume: Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia
Dibattimento nel processo penale dopo la riforma Cartabia
Nel presente volume viene esaminata una delle fasi salienti del processo penale, il dibattimento, alla luce delle rilevanti novità introdotte dalla Riforma Cartabia con l’intento di razionalizzare i tempi del processo di primo grado e di restituire ad esso standards più elevati di efficienza, come la calendarizzazione delle udienze, la ridefinizione della richiesta di prova e la nuova disciplina della rinnovazione della istruzione dibattimentale.L’opera, che contempla anche richiami alla nuovissima disciplina relativa al Portale deposito atti penali (PDP), è stata concepita come uno strumento di rapida e agile consultazione a supporto dell’attività dell’avvocato.Oltre a quelle previste dal codice di rito penale, la trattazione passa in rassegna tutte le ipotesi in cui si svolge il dibattimento, come il procedimento innanzi al giudice di pace, il processo penale minorile e quello previsto in materia di responsabilità degli enti.Il testo è corredato da tabelle riepilogative e richiami giurisprudenziali e da un’area online in cui verranno pubblicati contenuti aggiuntivi legati a eventuali novità dei mesi successivi alla pubblicazione.Antonio Di Tullio D’ElisiisAvvocato iscritto presso il Foro di Larino (CB) e giornalista pubblicista. Referente di Diritto e procedura penale della rivista telematica Diritto.it. Membro del comitato scientifico della Camera penale di Larino. Collaboratore stabile dell’Osservatorio antimafia del Molise “Antonino Caponnetto”. Membro del Comitato Scientifico di Ratio Legis, Rivista giuridica telematica.
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2. La soluzione adottata dalla Cassazione
La Suprema Corte considerava il ricorso suesposto fondato.
In particolare, gli Ermellini – dopo avere fatto presente che l’art. 35-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, ord. pen. — introdotto nell’ordinamento dall’art. 3, comma 1, lett. b), dl. 23 dicembre 2013, n. 146, convertito dalla legge 21 febbraio 2014, n. 10, al fine di colmare il deficit di tutela nei confronti degli atti dell’Amministrazione penitenziaria lesivi dei diritti di detenuti ed internati — istituisce e regola, allo scopo, un procedimento di natura giurisdizionale, che si svolge in contraddittorio dinanzi alla magistratura di sorveglianza, in duplice grado di merito, destinato a concludersi, in caso di accertata fondatezza delle ragioni dell’interessato, con l’adozione di provvedimenti idonei a conformare l’operato dell’Amministrazione stessa e rammentato che, trattandosi di provvedimenti costituenti esercizio della funzione giurisdizionale, ed al fine ulteriore di assicurare l’effettività della tutela rispetto ad eventuali condotte dell’Autorità amministrativa inerti, elusive o, addirittura, di aperto contrasto, i commi 5 e seguenti del menzionato art. 35-bis strutturano un procedimento ulteriore, diretto a garantire, se del caso, l’ottemperanza della precedente decisione, una volta che questa sia divenuta definitiva per esaurimento dei mezzi d’impugnazione, fermo restando che il predetto procedimento rappresenta una «prosecuzione funzionale» del giudizio di cognizione rivelatosi non ancora pienamente satisfattivo (cfr. Sez. 1, n. 39142 del 13/04/2017), nel quale, da un lato, non possono trovare ingresso profili nuovi di lesione, e, dall’altro, non possono essere rimesse in discussione le statuizioni di accoglimento già adottate e, per tale via, la legge delinea un rimedio giudiziario particolarmente incisivo, all’esito del quale il giudice adito può dettare all’Amministrazione tempi e modalità di adempimento, dichiarare nulli gli atti della medesima violativi o elusivi del giudicato e, all’occorrenza, nominare un Commissario ad acta con poteri sostitutivi, che opera sotto il suo controllo – osservavano che il giudice competente ad assumere la decisione a seguito della richiesta di ottemperanza, individuato nel magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento, è tenuto a procedere in contraddittorio tra le parti all’esito dell’udienza fissata a tal fine in camera di consiglio, fatti salvi i casi in cui l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali, ipotesi nelle quali è, invece, possibile adottare una decisione de plano, ai sensi dell’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. (in questo senso, cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018), applicabile anche al procedimento di ottemperanza in forza dell’espresso richiamo, da parte dell’art. 35-bis, comma 5, ultimo periodo, legge 26 luglio 1975, n. 354, alle disposizioni di cui agli artt. 666 e 678 cod. proc. pen..
Orbene, essendo stato disatteso siffatto principio di diritto nel caso di specie, la Suprema Corte annullava l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Magistrato di Sorveglianza di Macerata.
3. Conclusioni
La decisione in esame desta un certo interesse essendo ivi chiarito se, in materia di reclamo giurisdizionale di cui all’art. 35-bis della legge n. 354 del 1975, il giudice competente ad assumere la decisione è tenuto a procedere in contraddittorio.
Difatti in tale pronuncia, si fornisce risposta positiva a siffatto quesito sulla scorta di un pregresso indirizzo interpretativo secondo cui il giudice competente ad assumere la decisione a seguito della richiesta di ottemperanza, individuato nel magistrato di sorveglianza che ha emesso il provvedimento, è tenuto a procedere in contraddittorio tra le parti all’esito dell’udienza fissata a tal fine in camera di consiglio, fatti salvi i casi in cui l’istanza manchi dei requisiti posti direttamente dalla legge e la presa d’atto di tale mancanza non richieda accertamenti di tipo cognitivo né valutazioni discrezionali.
Ove quindi il contraddittorio non avvenga laddove non si possa procedere senza, ben si potrà impugnare un provvedimento emesso de plano, come avvenuto nel caso di specie, ricorrendo per Cassazione.
Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in codesta sentenza, poiché contribuisce a fare chiarezza su siffatta tematica procedurale sotto il versante giurisprudenziale, non può che essere positivo.
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