Reato di indebito utilizzo carta di credito anche nel caso di carta “bloccata” dal titolare

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(Riferimento normativo: Cod. pen., art. 493-bis)

Indice:

Il fatto

Il Tribunale di Modena, per quello che rileva in questa sede, aveva dichiarato, all’esito del giudizio abbreviato, l’imputato responsabile del reato di indebita utilizzazione di due carte di credito (capo a), del reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose (capo b) e del reato di porto ingiustificato di chiavi e grimaldelli (capo c) e, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti all’indicata circostanza aggravante e alla recidiva reiterata, con la continuazione e la diminuente per il rito, lo aveva condannato alla pena di anni 1 di reclusione ed euro 300 di multa.

Ciò posto, investita dall’impugnazione dell’imputato, a sua volta la Corte di Appello di Bologna aveva assolto l’imputato dal reato sub a), limitatamente a una delle due carte di credito oggetto di contestazione, ha ritenuto assorbita la contestazione sub c) nel reato di furto, rideterminando la pena in mesi 10 e giorni 20 di reclusione ed euro 233 di multa, confermando nel resto la sentenza di primo grado.

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I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso il provvedimento emesso dai giudici di seconde cure proponeva ricorso per Cassazione il difensore dell’imputato, deducendo i seguenti motivi: 1) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 49 e 493-bis cod. pen. in quanto il tentativo di prelievo avvenne quando la carta di credito era già stata bloccata dalla persona offesa e una carta bloccata è uno strumento inefficiente per la realizzazione di un profitto mediante il suo inserimento in uno sportello bancomat; orbene, per la difesa, come si ricava dall’utilizzo del verbo “utilizzare” (e non della locuzione “usare con il fine di profitto“), il profitto non è una finalità al quale deve tendere la condotta, ma un carattere della stessa condotta, sicché se il profitto non è realizzabile per il blocco della carta di credito si verte nell’ipotesi del reato impossibile ex art. 49 cod. pen.; 2) inosservanza o erronea applicazione degli artt. 56 e 493-bis cod. pen. poiché erano diverse le condotte di chi utilizzi la carta di credito sottratta e bloccata per effettuare acquisti rispetto a quella di chi usi la carta di credito sottratta e bloccata per cercare di prelevare delle somme da un bancomat dal momento che solo la prima condotta pone in pericolo il bene protetto, ma non la seconda, rispetto alla quale, come ritenuto in passato dalla giurisprudenza, è configurabile solo il tentativo.

La posizione assunta dalla Procura generale presso la Corte di Cassazione

Con requisitoria scritta, la Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione concludeva per l’inammissibilità del ricorso.

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

Il ricorso era rigettato essendo stimati infondati entrambi i motivi che, ad avviso del Supremo Consesso, per l’affinità dei temi trattati, dovevano essere trattati congiuntamente.

In particolare, ll primo motivo non era reputato meritevole di accoglimento dato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il reato di indebita utilizzazione a fini di profitto di una carta di credito (già previsto dall’art. 55, comma 9, d.lgs. 21 novembre 2007, n. 231, oggi riproposto dall’art. 493-bis cod. pen.; cfr. Sez. 4, n. 13492 del 21/01/2020) si consuma anche nell’ipotesi in cui l’utilizzazione di una carta bancomat, di provenienza furtiva da parte di chi non è in possesso del codice PIN, sia effettuata mediante la digitazione casuale di sequenze numeriche presso uno sportello di prelievo automatico di denaro, senza ottenere alcun prelievo di denaro (Sez. 5, n. 17923 del 12/01/2018) e, dunque, indipendentemente dall’effettivo conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine (Sez. 5, n. 5692 del 11/12/2018; Sez. 2, n. 45901 del 15/11/2012) sicché non si ha reato impossibile, in riferimento alla fattispecie criminosa in esame, nel caso in cui la carta di credito venga “bloccata” dal titolare (Sez. 2, n. 37016 del 05/10/2011; Sez. 5, n. 34019 del 14/05/2021).

Ciò posto, quanto al secondo motivo, anch’esso era reputato infondato visto che la giurisprudenza di legittimità ha già avuto modo di rilevare come non sia ravvisabile l’ipotesi tentata per l’utilizzo della carta “non abilitata” in quanto «l’indebita utilizzazione a fini di profitto di una carta di credito da parte di chi non ne sia titolare integra il reato (consumato) di cui alla L. n. 143 del 1991, art. 12 (ed ora quello di cui al D.Lgs. n. 231 del 2007, art. 55, comma 9) indipendentemente dal conseguimento di un profitto per il soggetto agente o dal verificarsi di un danno per il legittimo titolare della carta, non essendo necessario ai fini della consumazione del reato che la transazione giunga a buon fine» (Sez. 2, n. 7019 del 17/10/2013) rilevando al contempo come siffatta conclusione sia in linea con il tenore letterale della norma e corroborata dal rilievo che la fattispecie in esame ha natura di reato di pericolo, in quanto «non prevede la verificazione di un evento in senso naturalistico, né il concreto raggiungimento del fine di profitto perseguito» (Sez. 2, n. 37016 del 2011; Sez. 5, n. 34019 del 2021) tenuto conto altresì del fatto che anche le Sezioni unite hanno avuto modo di puntualizzare che la fattispecie in esame punisce l’indebita utilizzazione, ossia il concreto uso illegittimo della carta da parte del non titolare al fine di realizzare un profitto per sè o per altri, con un’anticipazione della «soglia di punibilità alla mera condotta fraudolenta finalizzata al conseguimento del profitto indipendentemente dalla verificazione di esso e del danno» (Sez. U, n. 22902 del 28/03/2001).

Il ricorso, pertanto, come suesposto, era rigettato e il ricorrente era condannato al pagamento delle spese processuali.

Conclusioni

La decisione in esame è assai interessante essendo ivi chiarito, sulla scorta di un pregresso orientamento nomofilattico conforme, – dopo essere stato fatto presente che il reato di indebita utilizzazione a fini di profitto di una carta di credito si consuma anche nell’ipotesi in cui l’utilizzazione di una carta bancomat, di provenienza furtiva da parte di chi non è in possesso del codice PIN, sia effettuata mediante la digitazione casuale di sequenze numeriche presso uno sportello di prelievo automatico di denaro, senza ottenere alcun prelievo automatico di denaro, senza ottenere alcun prelievo di denaro, e, di conseguenza, indipendentemente dall’effettivo conseguimento di un profitto o dal verificarsi di un danno, non essendo richiesto dalla norma che la transazione giunga a buon fine – che non si ha reato impossibile, in riferimento alla fattispecie criminosa in esame, nel caso in cui la carta di credito venga “bloccata” dal titolare.

E’ dunque sconsigliabile, perlomeno alla luce di tale approdo ermeneutico, intraprendere una linea difensiva che al contrario sostenga l’insussistenza di siffatto illecito penale, pure nella forma soltanto tentata, nell’ipotesi in cui la carta di credito sia stata bloccata dall’avente diritto.

Ad ogni modo, il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché contribuisce a fare chiarezza su codesta tematica giuridica, non può che essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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