Con l’Ordinanza n. 35/2025 la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile la questione sollevata in relazione all’articolo 628 c.p., nella parte in cui prevede che la pena comminata per rapina sia diminuita per i casi in cui il fatto risulti di lieve entità, poiché la medesima questione è risultata sovrapponibile a quella già decisa con sentenza n. 86/2024, in occasione quella quale aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale sul punto. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
Indice
1. La questione sollevata sulla rapina di lieve entità
Il GUP presso il Tribunale ordinario di Palermo aveva sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27, commi I e III, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 628 c.p., “nella parte in cui non prevede una diminuente quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o le circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità”. Il rimettente esponeva di dover giudicare con rito abbreviato un’imputazione per rapina, qualificata come impropria, consistente nella sottrazione, da parte di quattro donne, di detersivi da un supermercato, seguita da una breve colluttazione, nel corso della quale una dipendente dell’esercizio commerciale, che aveva inseguito le imputate, riceveva un ceffone e qualche graffio, mentre le donne riuscivano a fuggire. Le condotte contestate, secondo il giudice a quo, sono consistite in un’iniziativa occasionale, connotata dal modesto valore dei beni sottratti e da una azione violenta, frutto di una iniziativa estemporanea e circoscritta per guadagnarsi la fuga, risultando sussumibili nella circostanza aggravante non comune a effetto speciale di cui all’art. 628, comma 3, numero 1), c.p., per aver commesso il fatto più persone riunite. Per lo stesso rimettente, in caso di condanna, la misura minima della pena base, fissata dal legislatore per il delitto aggravato di cui all’art. 628, comma III, numero 1), c.p. in 6 anni di reclusione, risulterebbe eccessiva rispetto alla effettiva gravità dei fatti. Pertanto, ad avviso del giudice a quo, il trattamento sanzionatorio disposto dalla disposizione censurata si porrebbe in contrasto coi principi di eguaglianza, di ragionevolezza, di personalità della responsabilità penale e di funzione rieducativa della pena. Per supporto ai professionisti, abbiamo preparato uno strumento di agile consultazione, il “Formulario annotato del processo penale 2025”, giunto alla sua V edizione.
Formulario annotato del processo penale 2025
Il presente formulario è stato concepito per fornire all’avvocato penalista uno strumento di agile consultazione.Attraverso gli schemi degli atti difensivi, sono esaminati i vari istituti processuali alla luce delle novità intervenute nell’ultimo anno, con l’evidenziazione della normativa di riferimento e delle più rilevanti linee interpretative della giurisprudenza di legittimità. La selezione delle formule, accompagnate da suggerimenti per una migliore redazione di un atto, tiene conto degli atti che un avvocato è chiamato a predisporre come difensore dell’imputato, ma anche come difensore delle parti private (parte civile, persona offesa, responsabile civile, civilmente obbligato per la pena pecuniaria). Il volume contiene sia gli atti che vanno proposti in forma scritta, sia quelli che, pur potendo essere proposti oralmente nel corso di un’udienza, sono di più frequente utilizzo.Un approfondimento particolare è dedicato al fascicolo informatico e al processo penale telematico, alla luce del D.M. 27 dicembre 2024, n. 206, che ha introdotto rilevanti novità in materia di tempi e modi del deposito telematico.Completa il volume una sezione online in cui sono disponibili le formule anche in formato editabile e stampabile. Valerio de GioiaConsigliere della Corte di Appello di Roma.Paolo Emilio De SimoneMagistrato presso il Tribunale di Roma.
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2. La sentenza n. 86/2024
La Consulta, con la sentenza n. 86/2024, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma II dell’art. 628 c.p., che attiene alla rapina impropria e, in via consequenziale, del comma I, inerente alla rapina propria, nella parte in cui non prevedono che la pena da essi comminata sia diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità. Detta sentenza aveva esteso al reato di rapina, propria o impropria, la ratio decidendi della sentenza n. 120/2023 concernente il reato di estorsione, poiché “la descrizione tipica operata dall’art. 628 cod. pen. evidenzia una latitudine oggettiva e una varietà di condotte materiali non meno ampia di quella del delitto di estorsione, poiché, anche nella rapina, la violenza o minaccia può essere di modesta portata e l’utilità perseguita, ovvero il danno cagionato, di valore infimo”, e perché d’altronde, “per l’estorsione come per la rapina, il notevole innalzamento del minimo edittale – a un livello che rende sostanzialmente inaccessibile il beneficio della sospensione condizionale della pena – è stato realizzato senza introdurre una “valvola di sicurezza”, che permetta al giudice di temperare la sanzione quando l’offensività concreta del fatto di reato non ne giustifichi una punizione così severa”.
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3. L’illegittimità costituzionale già dichiarata
La sopravvenuta declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 628 c.p., in accoglimento di una questione sovrapponibile a quella posta sotto la lente della Consulta, ha reso quest’ultima priva di oggetto e, quindi, per giurisprudenza costante, ne ha determinato la manifesta inammissibilità. Pertanto, la Consulta ha dichiarato la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 628 c.p., sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27, commi I e III, della Costituzione.
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