Quando una impugnazione non può considerarsi inammissibile per genericità dei motivi quando vengano in rilievo questioni giuridiche: un chiarimento da parte della Cassazione

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(Annullamento con rinvio)

Il fatto

Il Tribunale di Sorveglianza di Torino dichiarava inammissibile un reclamo avverso una decisione emessa dal Magistrato di Sorveglianza di Novara in tema di tutela di posizioni giuridiche soggettive (artt. 35 bis e 619 co. 6, ord. pen.).

Si evidenziava a tal proposito come le originarie istanze, avanzate da un detenuto sottoposto al regime differenziato di cui all’art.41 bis ord. pen., riguardassero temi di potenziale contrasto tra la circolare DAP del 2.10.2017, per come applicata dalla Direzione dell’Istituto di Novara, e pretesi diritti soggettivi del soggetto ristretto (in relazione alla limitazione degli orari di accensione della TV, allo scambio di oggetti tra appartenenti al medesimo gruppo di socialità, alle modalità di realizzazione dei colloqui con i minori).

Il Tribunale, dal canto suo, dopo aver illustrato i contenuti della decisione di rigetto (essenzialmente in diritto posto che il Magistrato di Sorveglianza non riteneva possibile fornire diversa interpretazione né disapplicare i contenuti della circolare), evidenziava come i motivi del reclamo fossero del tutto sovrapponibili ai contenuti della domanda iniziale e ne veniva, pertanto, affermata la genericità attesa la mancanza di precise ragioni di dissenso o di critica dell’atto impugnato.

I motivi addotti nel ricorso per Cassazione

Avverso detta ordinanza proponeva ricorso per cassazione – a mezzo del difensore – l’istante deducendo erronea applicazione di legge e motivazione apparente quanto alla declaratoria di inammissibilità del reclamo.

Il ricorrente evidenziava in particolare come la (pretesa) identità, tra i contenuti della domanda e quelli del reclamo, fosse stata solo affermata e non dimostrata il che, a suo avviso, già determinava apparenza di motivazione.

Ad ogni modo, al di là di tale aspetto, il ricorrente osservava come il reclamo avesse introdotto ulteriori spunti di critica, su temi di particolare rilevanza, del tutto ignorati trattandosi, peraltro, di aspetti in diritto oggetto di valutazione, in sede di legittimità in modo difforme rispetto ai contenuti della decisione del Magistrato di Sorveglianza il che ulteriormente rendeva doveroso, da parte del Tribunale, per il ricorrente, l’esame concreto del reclamo.

 

Le valutazioni giuridiche formulate dalla Cassazione

 

Il ricorso veniva ritenuto fondato alla stregua delle seguenti considerazioni.

Si rilevava prima di tutto come il Tribunale di Sorveglianza non avesse realizzato, nel caso in esame, una corretta applicazione dell’istituto della inammissibilità di un atto di impugnazione per genericità dei motivi ricordandosi  a tal proposito che il limite della genericità dell’atto riguarda essenzialmente il dovere dell’impugnante di esprimere le ragioni di critica alla prima decisione ma è al contempo evidente che lì dove vengono in rilievo questioni in diritto non può pretendersi che l’impugnante esprima critiche ‘diverse’ rispetto alla sua prospettazione originaria dovendosi esclusivamente verificare che nell’atto di reclamo ci sia confrontati dialetticamente con le ragioni del diniego.

A sostegno di quanto appena esposto, i Ermellini facevano presente come, in caso analogo, vertente su reclamo in sede di sorveglianza (Sez. I, n. 29068 del 2018) la Cassazione avesse affermato taluni principi, condivisi nella pronuncia qui in commento, nel senso che la necessaria specificità dei motivi di impugnazione (art. 581 cod. proc. pen.) si atteggia in maniera diversa non solo tra impugnazione di merito (a critica libera) e di legittimità (a critica vincolata) ma anche in rapporto ai contenuti della prima decisione giurisdizionale e ai temi rilevanti per la decisione finale; in particolare, lì dove sia incontroverso il ‘fatto’ e il motivo del primo diniego sia esclusivamente articolato in ‘diritto’, il potere di critica spettante alla parte soccombente può – e per certi versi deve – tendere alla riproposizione degli argomenti in diritto disattesi dal primo giudice atteso che resta coessenziale alla natura della impugnazione (intesa come rivalutazione della quaestio iuris) la facoltà della parte di ottenere un nuovo (e auspicabilmente diverso) apprezzamento dei possibili significati delle disposizioni normative incidenti sul tema.

Da ciò se ne faceva conseguire come il dissenso della parte dalla interpretazione fornita dal primo giudice possa essere esercitato tramite la riproposizione degli argomenti – in diritto – disattesi posto che nessuna disposizione processuale potrebbe attribuire al primo giudice il monopolio dell’attività interpretativa, nè potrebbe costringere la parte ‘soccombente’ a variare la prospettiva interpretativa lì dove resti convinta della bontà della sua opzione iniziale tenuto conto altresì del fatto di come tali principi di fondo del sistema siano, peraltro, del tutto in linea con i contenuti del noto arresto rappresentato da Sez. U.,n. 8825 del 27.10.2016 (dep. 2017) dal momento che in tale decisione, lungi dal muoversi sul crinale della piena omologazione tra l’appello ed il ricorso per cassazione (posto che ne evidenziava la diversità strutturale, del resto ineludibile portato della diversa conformazione legislativa dei poteri giurisdizionali), veniva semplicemente ribadito come anche l’atto di appello (e dunque le forme di impugnazione allo stesso assimilabili) sia soggetto alla operatività della previsione di legge in punto di necessaria specificità dei motivi posti a suo sostegno adottando un modello interpretativo di maggior rigore circa i criteri di identificazione della genericità fermo restando però che tali modelli interpretativi, tuttavia, non si spingono al punto di esigere – in caso di questioni in diritto – la necessaria «novità» delle argomentazioni poste a sostegno della impugnazione ben potendo in secondo grado essere dedotte «questioni già prospettate e disattese dal primo giudice» , come ribadito dalla stessa decisione Sez. U., con il solo limite della pertinenza ai contenuti e alla ratio decidendi della decisione impugnata; in altre parole, quando si discuta di temi in diritto, il requisito della «specificità» dei motivi di una impugnazione di merito risulta soddisfatto lì dove la riproposizione della questione interpretativa – anche senza elementi di novità – risulti essere pertinente ai contenuti della decisione impugnata e miri ad una rivalutazione della quaestio iuris da parte del giudice di grado superiore.

Ciò posto, veniva rilevato come il Tribunale avesse del tutto trascurato la rilevanza in diritto dei temi riproposti, aspetto che impediva l’adozione di una declaratoria di inammissibilità del reclamo per genericità e imponeva la valutazione dei suoi contenuti, e da ciò se ne faceva discendere l’annullamento della decisione impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Sorveglianza di Torino.

 

Conclusioni

 

La decisione in questione è assai interessante in quanto in essa si affronta il caso in cui l’impugnazione non può essere dichiarata inammissibile ove vengano in rilievo questioni in diritto.

Difatti, in tale pronuncia, viene osservato, dopo essersi fatto presente che, qualora sia incontroverso il ‘fatto’ e il motivo del primo diniego sia esclusivamente articolato in ‘diritto’, il potere di critica spettante alla parte soccombente può – e per certi versi deve – tendere alla riproposizione degli argomenti in diritto disattesi dal primo giudice atteso che resta coessenziale alla natura della impugnazione (intesa come rivalutazione della quaestio iuris) la facoltà della parte di ottenere un nuovo (e auspicabilmente diverso) apprezzamento dei possibili significati delle disposizioni normative incidenti sul tema, che il dissenso della parte dalla interpretazione fornita dal primo giudice può essere esercitato tramite la riproposizione degli argomenti – in diritto – disattesi posto che nessuna disposizione processuale potrebbe attribuire al primo giudice il monopolio dell’attività interpretativa, nè potrebbe costringere la parte ‘soccombente’ a variare la prospettiva interpretativa lì dove resti convinta della bontà della sua opzione iniziale.

Dunque, il requisito della «specificità» dei motivi di una impugnazione di merito risulta soddisfatto lì dove la riproposizione della questione interpretativa – anche senza elementi di novità – risulti essere pertinente ai contenuti della decisione impugnata e miri ad una rivalutazione della quaestio iuris da parte del giudice di grado superiore.

Tale pronuncia, di conseguenza, deve essere presa nella dovuta considerazione ogniqualvolta si debba appurare l’ammissibilità o meno di una impugnazione nel caso in cui in essa si verta su questioni prettamente giuridiche.

Il giudizio in ordine a quanto statuito in siffatto provvedimento, proprio perché fa chiarezza su questa tematica procedurale, pertanto, non può essere positivo.

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Sentenza collegata

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Avv. Di Tullio D’Elisiis Antonio

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